“Va bene.” Il forte corpo di Gornt contro il suo le piaceva, e a lui quelle morbide curve facevano perdere la concentrazione. Attento, questa è la sua carta vincente e il gioco è arrivato alla fase più pericolosa: definire il futuro. Dannazione! Facile trasformare questo bacetto in un bacio più serio, troppo facile, e facile anche portarla di peso fino al letto della stanza accanto e, comunque vada a finire, perdere prima ancora di aver raggiunto la porta.
Per lui era più eccitante trattenersi, aspettare il momento perfetto, come per Morgan Brock, accantonare il desiderio e tentare di penetrare nella sua mente. Tre condizioni? Ne conosco almeno cinque, pensò. Voleva vincere, aveva bisogno, come sempre, di vincere.
“L'ordine di importanza non è necessariamente questo” disse, “comunque la prima è che io riesca a ottenere di più per te, diciamo almeno quattromila ghinee all'anno. Un'altra che passiamo un pò di tempo a Parigi e a Londra, diciamo un mese ogni due anni, contando il viaggio saranno circa sei mesi. Poi che il denaro della rendita di Tess rimanga sotto il tuo controllo, non sotto il mio.” Vide che le danzavano gli occhi e capì di aver vinto.
“Ne aggiungo un altro, che ti devo amare alla follia per sempre.”
“Sei intelligente, Edward, saremo molto felici, lo so.” Sul viso di Angélique comparve di nuovo quello strano sorriso. “Dunque, se fossero cinquemila anziché quattromila sarebbe meglio, e due mesi sarebbero meglio di uno.”
“Punterò su cinquemila, ma non prometto niente” rispose subito lui, “e accetto due mesi a Parigi, circostanze permettendo. E poi?”
“Niente di importante. Avremo bisogno di una casa a Parigi, ma sono sicura che ti innamorerai della mia città quando la conoscerai. Nient'altro, salvo la promessa di volermi molto bene.”
“Non serve chiederlo, ma lo prometto.” Gornt la strinse a sé. Lei si abbandonò all'abbraccio, si sentiva protetta e al tempo stesso diffidava ancora di lui. “Sei la donna più desiderabile che io abbia mai conosciuto” disse Gornt. “E questo sarebbe già un problema, ma poi sei anche intelligentissima, e le tue macchinazioni, no, non è la parola giusta, i tuoi colpi di genio...” L'allontanò da sé per un istante guardandola con attenzione. “Sei straordinaria, da ogni punto di vista.” Angélique sorrise e rimase tra le sue braccia. “E come?”
“Il matrimonio cattolico.”
“Ah!”
“Sì, ah!” Lui rise.
“Quello infatti, mia astuta giovane signora, sarebbe la soluzione ottimale per te: finalmente ho capito ciò che mediti da tempo e che la lettera lascia intuire: sposandoti con il rito cattolico smetteresti per sempre di essere una minaccia per Tess. Per lei infatti un matrimonio cattolico annullerebbe automaticamente il matrimonio protestante celebrato in mare, anche se la legge britannica dovesse riconoscerlo legale.” Angélique rise e si strinse contro di lui. “Se tu le dicessi che pensi di convincermi a sposarti e, pur essendo protestante, ti offrissi di affrontare spontaneamente un sacrificio del genere, è certo che quella donna accetterebbe ogni richiesta, da parte di entrambi, entro limiti ragionevoli.
Vero?”
“Sì.” Gornt sospirò. “Che richiesta hai in mente?”
“Niente di speciale, ma Malcolm una volta mi ha spiegato che sia a Hong Kong sia a Shanghai tutti gli affari più importanti si discutono e si combinano al Jockey Club e nel Consiglio. Grazie all'influenza di Tess potresti diventare amministratore di uno e consigliere dell'altro.
No?” Gornt rise e l'abbracciò. “Sei sublime, signora. Per ottenere questo potrei anche diventare cattolico.“
“Non ce n'è bisogno, Edward.”
“Shanghai ti piacerà molto. Adesso le mie condizioni.”
“Oh?” Il lampo di preoccupazione che vide nei suoi occhi rallegrò Gornt, che assunse un'espressione severa. E' inutile che io ponga condizioni preliminari, pensò divertito: un marito gode di diritti inalienabili e possiede tutti i beni della moglie. Grazie a Dio questo mondo appartiene agli uomini.
“La prima condizione è che tu mi ami con tutta te stessa.”
“Oh, ci proverò, cercherò di essere la migliore moglie del mondo.” Lo strinse a sé. “Poi?
“ Lui sentì la nota di preoccupazione e rise. “E' tutto, se mi prometti ancora di lasciare che ti insegni il bridge e il mah-jogging, così non avrai mai bisogno di chiedere denaro per le tue piccole spese né a me né a nessun altro.” Lei lo guardò un istante, poi si sollevò sulla punta dei piedi. Quel bacio sigillò il patto. Gornt si scostò: si stava eccitando troppo. “Mi costa molta fatica aspettare, Angélique.”
“Anche a me.”
“Adesso dobbiamo elaborare il piano, non ci rimane molto tempo.
Prima di tutto vai a chiedere la firma a sir William, subito. Mia cara, come sono felice che tu abbia accettato di sposarmi.” Angélique avrebbe voluto fare le fusa come una gatta. “Non ho parole per dire quanto sia felice anch'io. Quando tornerai staremo qui o partiremo per Shanghai?”
“Andremo a Shanghai al più presto, non appena la Brock sarà fallita.” La baciò sulla punta del naso.
“Ah, la Brock. Ne sei sicuro? Sei sicuro che fallirà? Tutto il nostro futuro dipende da quello, non è così?”
“E da Tess, ma si, le mie prove sono più che sufficienti e il suo odio cementerà la loro rovina, lei lo sa benissimo, altrimenti non avrebbe neppure fatto questa misera offerta. Ma dobbiamo stare attenti, la nostra relazione deve rimanere segreta e per sei mesi, il tempo che mi servirà per portarti a Shanghai con la reputazione intatta e per mettere in piedi la Rothwell-Gornt e le tue finanze, dovremo comportarci soltanto da buoni amici. Ti adoro.”
Lei gli rispose stringendolo ancora. Poi disse: “Da voi usa stendere un contratto di matrimonio?”.
“No, ma se desideri lo faremo.” Vide ancora quel sorriso che celava, prometteva e celava. “Non è necessario, mi pare. Siamo legati a doppio filo, il nostro futuro è uno, uno solo, già adesso siamo una sola persona. Il successo dipende dalla nostra comune azione, e dalla mia per entrambi. Non dimenticare che Tess è abile, astuta e che non si lascerà ingannare, per lei gli affari sono affari. Comunque ti prometto che avrai quello che vuoi.”
Sì, lo avrò, pensò lei.
Sbalordito, sir William posò sul comodino le pagine di André scritte in francese e con la sua grafia.
“Mio Dio” mormorò cambiando posizione sulla vecchia e comoda poltrona.
L'anticamera era piacevole, il fuoco scoppiettava allegro nel camino e le tende erano accostate per evitare le correnti d'aria.
Sentendosi molto vecchio si alzò, si versò da bere e fissò incredulo l'incartamento, poi si sedette e lo sfogliò daccapo. La seconda parte della lettera del padre di Angélique, incollata con cura, faceva pensare a un piano ben congegnato per accalappiare Malcolm Struan, gli altri fogli precisavano i tempi e i particolari dello stupro compiuto dall'assassino ronin a Kanagawa e della sua strana morte alla Legazione francese, il nome della mama-san che aveva procurato la medicina e il dettaglio degli “orecchini perduti” con cui era stata pagata e l'elenco degli oggetti compromettenti che André stesso era andato a gettare in mare: alcuni asciugamani, le erbe e una delle due bottiglie; l'altra era stata conservata come prova nel cassetto della sua scrivania alla Legazione francese.
La lettera d'accompagnamento diceva:
Sir William, quando leggerete questa mia sarò già morto. Queste prove vanno utilizzate nel caso in cui io abbia incontrato una morte violenta. Confesso di aver usato quanto sapevo per estorcere denaro ad Angélique, si, per ricattarla se preferite, ma il ricatto è uno strumento della diplomazia di cui noi tutti, voi compreso, ci siamo serviti. Vi ho consegnato queste informazioni perchè forse sono stato assassinato, o forse per la mia morte è stato simulato un incidente, non necessariamente per mano sua, ma per causa sua e con la sua complicità, molti sarebbero disposti a uccidere per lei (Babcott, McFay, Gornt) perchè ero l'unico testimone e complice dei suoi... “crimini” è un termine troppo forte... delle sue manipolazioni.
Queste pagine vi forniranno le indicazioni necessarie per trovare l'assassino e per dare la colpa a chi la meriterà. Nei confronti di Angélique non serbo rancore, l'ho usata per quello che mi serviva e non sono mai andato a letto con lei. Se la mia morte sembrerà accidentale potrebbe non esserlo stata. Se lo sarà davvero, così sia, io mi sono confessato (anche se non ho raccontato niente di quanto sopra a padre Leo) e vi precedo nell'avventura suprema, impuro come la maggior parte di noi, e peggio di tanti altri.
Che Dio mi aiuti.
Perché ho consegnato tutto questo a voi e non invece a Henri?
Perché? Seguiva una firma nitida.
“Perché davvero” mormorò sir William, “e come è possibile che quella ragazzina sia riuscita a nascondere la verità non soltanto a Malcolm Struan ma anche a George e a Hoag? Impossibile, per Dio, si direbbe impossibile, Andrè dev'essere impazzito, eppure...”
Tranne la lettera del padre, e anche quella, estrapolata dal contesto com'è, va interpretata con una certa cautela, il resto è solo un'opinione di André, a meno che, interrogata, lei non confessi.
Queste storie potrebbero essere invenzioni di una mente farneticante. E' evidente che anche lui la desiderava, abbiamo visto tutti come spesso la guardava, e poi c'è stato quello strano episodio di Vervene che lo ha trovato nella sua stanza.
Ed è anche molto strano che abbia usato la parola “impuro” per sé, visto che lo era davvero, poveretto.
Rabbrividì. Aveva appreso il segreto di Andrè da Seratard. La sifilide era endemica in ogni ceto sociale, nelle città e nei villaggi, a San Pietroburgo, a Londra, a Parigi, nei palazzi come nei bassifondi della casba, poteva annidarsi in ogni postribolo e nel grembo di qualsiasi signora della notte, in Cina come nel Mondo Fluttuante di Yokohama.
Ah, André, perchè hai consegnato tutto questo a me? E' strano che tu sia morto come sei morto, con la mano nella mano della ragazza che avevi comprato per rovinarla. Che bassezza! Tuttavia lei era libera di scegliere, così almeno hanno detto. La tua morte è stata accidentale. E' così? Henri non ne è sicuro.
“E' tutto molto strano, sir William” gli aveva detto Seratard quella mattina. I corpi, meglio dire gli scheletri, giacevano come se fossero morti prima di essere avvolti dalle fiamme, non vi erano segni di tentativo di fuga. Uno accanto all'altro, mano nella mano. Sono perplesso perchè malgrado i suoi difetti André era molto attaccato alla vita e in caso di incendio è istintivo cercare di scappare, non si può rimanere li sdraiati, è impossibile.”
“Che cosa sarebbe successo dunque?”
“Non lo so. Potrebbero aver deciso di suicidarsi insieme ancora prima dell'incendio. Con il veleno, è l'unica possibilità. Certo, negli ultimi tempi André era morboso sino quasi alla follia e aveva un disperato bisogno di soldi per pagare il contratto della ragazza, ma a parte questo, André suicida? Ci credete?” No, non André, pensò inquieto sir William. Lo avevano avvelenato, erano stati avvelenati entrambi? Un motivo per ucciderlo a quanto pare esisteva. Buon Dio, è mai possibile? Sì, lo è, ma chi sarà stato?
Stanco e turbato chiuse gli occhi, ma più cercava di vederci chiaro più si confondeva. La porta si dischiuse. Il domestico scivolò nella stanza, accennò un saluto, si fermò un istante a guardare con preoccupazione il volto pallido e invecchiato del suo padrone e pensando che dormisse versò un whisky e glielo posò silenziosamente sul tavolo accanto.
Gettò uno sguardo alla lettera di André in cima al plico e sempre in silenzio se ne andò.
Qualche minuto più tardi il ministro si svegliò di soprassalto perchè qualcuno aveva bussato. Babcott si affacciò. “Avete un minuto?”
“Oh salve, George, certo.” Consapevole del forte magnetismo di cui sembravano dotate quelle lettere, sir William le ripose in una cartellina. “Sedetevi, bevete qualcosa, ci sono novità?”
“Nessuna.” Babcott era più stanco che mai. “Non mi tratterrò, volevo soltanto avvisarvi che vado a dormire per qualche ora. Il conteggio dei morti finora è di tre uomini nella Città Ubriaca, il gestore australiano di un bar e due vagabondi senza documenti, può darsi che altri corpi siano ancora tra le macerie, ma chissà quando finiranno di rimuoverle.
Nessuno sembra preoccuparsene molto.”
“E al villaggio e allo Yoshiwara?”
“Non lo sapremo mai.” Babcott sbadigliò. “Sembrano considerare questi dati un segreto di Stato. Non li possiamo condannare, siamo estranei. Tuttavia ritengo che non abbiano subito molte perdite. Neanche nel nostro Yoshiwara, grazie a Dio, avete sentito che ogni casa da tè ha un rifugio di emergenza?”
“Molto intelligente. Dovremo seguire il loro esempio.”
“Povero André ...” disse Babcott. Sir William sussultò. ”... Siamo stati davvero fortunati che nessun altro sia rimasto intrappolato, non so davvero come Phillip sia riuscito a mettersi in salvo. William, è terribilmente scosso per la perdita della sua ragazza, perchè non gli concedete due settimane di congedo e lo lasciate andare a Hong Kong o a Shanghai?”
“Il lavoro è la cura migliore e qui ho bisogno di lui.”
“Forse avete ragione.” Un altro sbadiglio. “Dio, come sono stanco.
Avete sentito che Hoag parte questa sera con il postale?”
“Sì, mi ha detto che non avevate bisogno di lui.
Immagino che Tess gli abbia ordinato di portarle subito la notizia, nel caso Angélique non fosse incinta.”
“Infatti. Ma parte anche per ragioni personali, William, gli è venuta una grande voglia di tornare in India, pensa di trovarvi la felicità. Spero che parta davvero, è un ottimo medico, ma parla troppo.” Babcott corrugò la fronte e sbadigliò di nuovo. “Vi ha raccontato il contenuto della lettera di Tess?”
“La lettera ad Angélique? No. Ha detto che Tess non gliel'aveva mostrata. Sembra un nodo inestricabile” rispose sir William fissandolo.
“Paradiso è passato di qui poco fa, anche lui non me ne ha voluto parlare, mi ha soltanto detto che Angélique mi avrebbe chiesto di convalidare la sua firma nella lettera di risposta.” Babcott si risvegliò. “Mi piacerebbe proprio sapere cosa ha scritto.”
“Io devo soltanto convalidare la firma, non è necessario che ne conosca il contenuto.” Babcott sospirò e sbadigliò di nuovo. “Mi fa tanta pena, vorrei aiutarla, farei qualsiasi cosa... una ragazza così gentile e una sorte così ingiusta, per lei e per Malcolm. Bene, adesso vado, sono contento che non ci lasci, sarà una moglie magnifica per il fortunato. Mi ritiro per qualche ora, a dopo.“