Gai-Jin (221 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Non mi dimenticherò di voi.”

“Ecco, Otami-sama.” Lo shoya gli porse un sacchetto pieno di monete.

“Qui ci sono cento oban d'oro e venti dollari messicani.” Sul tavolo erano pronti un pennello, la tavoletta dell'inchiostro e un foglio. Hiraga firmò la ricevuta. “E per mio cugino?”

“Spiacente, è tutto quello che sono riuscito a trovare in così poco tempo” rispose lo shoya lanciando a Jamie un'occhiata che sfuggì agli altri.

“Non importa.” Hiraga non gli credette, d'altra parte Akimoto non aveva credito, né qualcuno che garantisse per lui. “Grazie. Per favore, fate arrivare questo al mio garante.” Diede allo shoya un piccolo rotolo.

Era un messaggio d'addio per il padre e la madre, nel quale descriveva in codice il suo piano e raccontava della morte di Sumomo. Per sicurezza i nomi erano tutti fasulli.

Disse in inglese: “Taira-sama, sono pronto.

Qui abbiamo finito”.

“Voi siete pronto, Jamie?” chiese Tyrer. Sentiva una strana nausea, non sapeva se causata dall'emozione o dalla paura, dalla stanchezza o dalla disperazione. Da quando era scampato all'incendio immaginava continuamente il volto di Fujiko che urlava tra le fiamme. “Meglio affrettarci, Otami-sama” disse a Hiraga.

Si erano accordati per non usare mai più i nomi Hiraga e Nakama. “Copriti meglio il volto con il passamontagna. Domo, shoya, mataneh.” Grazie, shoya, buonanotte.

Uscì di nuovo in strada e quando vide che tutto era tranquillo fece cenno agli altri di raggiungerlo.

“Guidate voi, Jamie” sussurrò.

L'avvicinarsi improvviso di un drappello di granatieri li costrinse ad appiattirsi nell'ombra. Passato il pericolo, Tyrer riprese a respirare e mormorò: “Stanno cercando gli sciacalli, i ladri, wakatimasu ka?”.

“Wakatimasu.”

Jamie si riportò alla testa del gruppo, svoltò e serpeggiò tra le macerie dirigendosi verso il molo sull'altro lato della passeggiata, vicino a quello che era stato l'edificio del “Guardian”. Attorno molti sfaccendati bighellonavano guardando con espressione stolta la desolazione del villaggio, dello Yoshiwara e della Città Ubriaca perchè era ancora troppo presto per andare a dormire.

Riconoscendo alcuni di loro Jamie rallentò il passo per non attirare l'attenzione. Salutò con un sorriso Dmitri che tornava a casa. Quel mattino l'americano era andato a cercarlo per comunicargli che qualche ora prima aveva trovato Nemi e che la ragazza era sana e salva, a parte qualche bruciatura.

“Ringrazio Dio, Dmitri.”

“La prima cosa che ha chiesto è stata: Jamie sta bene? Le ho risposto di sì e per la gioia mi ha abbracciato.

Poi le ho riferito il vostro messaggio, che sareste andato a trovarla al più presto.”

“Grazie, è un sollievo enorme. Temevo il peggio. Quando finalmente sono riuscito a identificare la sua casa, era ridotta a un mucchio di cenere, anche il nostro padiglione non c'è più. E nessuno mi sapeva dire...

Ringrazio Dio.”

“Vi ricordate quello che io...

“Sì, me ne ricordo, ma prima lasciate che le parli. Non è un oggetto, per Dio.“

“Ehi, calmatevi, amico, non intendevo dire niente che...” Jamie sospirò mentre cercava un passaggio tra i resti di una distilleria di sakè. Ormai il lungomare non era lontano. Dmitri è un bravo tipo, pensò, però Nemi era speciale e...

“Oh, mio Dio, guardate!” Accovacciati intorno a un falò accanto al molo, alcuni vigili del fuoco samurai si preparavano un tè. McFay valutò velocemente le diverse possibilità. Non avevano scelta. “Non c'è altro da fare, andiamo.” Appena furono sul lungomare Lunkchurch sbucò dall'oscurità. “Jamie” disse in tono lamentoso, “cosa farai? Sei rovinato come me...”

Lanciò un'occhiata a Phillip, ma non si accorse quasi degli altri due. Gli shishi sembravano due marinai asiatici come ve ne erano tanti sulle navi mercantili.

“E' una dannazione...”

“Forse ce la faremo, Barnaby, ho qualche idea, ti vengo a cercare domani.” Jamie lo superò, si diresse verso il molo e alzò con un gesto educato il cappello per salutare i samurai e il loro ufficiale che ricambiarono distrattamente. Il pontile di legno sostenuto da pali traballanti si allungava sul mare per circa cinquanta metri.

A Jamie si fermò il cuore.

La lancia non c'era e non la si vedeva neppure nel tratto di mare fino al molo della Struan, più a nord. Al largo la Atlanta Belle era illuminata e circondata da un andirivieni di barche.

Quel pomeriggio Jamie aveva chiesto a MacStruan se dopo il tramonto gli avrebbe dato la lancia per andare a salutare il capitano della Belle, Johnny Twomast, suo vecchio amico. Phillip si era precipitato da McFay appena ricevuta da sir William la conferma della presunta morte di Hiraga.

Mangiandosi le parole per l'emozione gli aveva raccontato che Hiraga era vivo, che la notte prima gli aveva salvato la vita e che adesso era nascosto in un pozzo della Città Ubriaca. E infine gli aveva illustrato il piano per farlo fuggire. “Lo imbarchiamo di nascosto sulla Belle, nessuno lo verrà mai a sapere.”

“E' vivo? Avevo sentito che era morto nell'incendio, siete sicuro che sia vivo?”

“Ma sì. Dobbiamo soltanto farlo salire a bordo.”

“Chiederò a Johnny Twornast di nasconderlo, ma soltanto se otterrete l'approvazione di Willie. Hiraga è pur sempre un ass... “

“Hiraga, o Nakama, è lo stesso, è ufficialmente morto. Lo ha detto Willie, il sergente gli ha confermato che è morto nell'incendio. Nakama è morto, è passato per sempre ad altra vita, e anche Hiraga.

Portarlo fuori di qui con una nave è un'ottima soluzione, e merita di essere salvato!

Stiamo soltanto aiutando due studenti samurai, uno dei quali si chiama Otami, ad andare a conoscere il mondo, il nostro mondo, per un paio di anni.”

“Se verremo scoperti Willie ci farà sputare sangue.”

“Non verremo scoperti. Otami, si chiama davvero così, mi ha raccontato che voi e lo shoya state organizzando affari di vario genere.

Quando tornerà vi sarà molto utile, lo sarà a tutti noi. Dobbiamo aiutarlo! “ Infine Jamie aveva ceduto ed era andato a trovare lo shoya per convincerlo a concedere a Hiraga un prestito per il quale lui stesso si sarebbe reso garante. Stava calando la sera. Al tramonto Tyrer era andato al pozzo per preparare Hiraga e Akimoto e adesso erano tutti in attesa sulla banchina.

“Dov'è la lancia, Jamie?” chiese Tyrer nervoso.

“Arriverà.” Sentendosi tremendamente esposti davanti ai samurai e al loro capitano che passeggiava su e giù, i quattro uomini si portarono in fondo alla banchina, vicino ai gradini malfermi coperti di alghe.

Hiraga sussurrò: “Taira-sama, ti ricordi di quel capitano? E' della Bakufu.

Te lo ricordi al cancello?”.

“Quale cancello?”

“A Edo. Nella vostra Grande Casa di Edo. Quando ci siamo conosciuti.”

“Oh, mio Dio!

“ Adesso ricordava benissimo: era il rude samurai che aveva insistito per perquisire la Legazione mentre loro erano barricati all'interno in attesa di evacuare con Hiraga in barella avvolto nelle bende come un appestato.

“Cosa succede?” intervenne Jamie. Tyrer glielo spiegò. Oltre le sue spalle Jamie vide che l'ufficiale li guardava. Fu colto dall'ansia. “Quel maledetto si sta insospettendo.”

“E' proprio lui” disse Tyrer. “Faremmo meglio a... Guardate, arriva!” I deboli fanali di fonda della lancia si stavano avvicinando nel buio.

Il nostromo agitò il braccio in segno di saluto, gli risposero. Le onde colpirono i pali sollevando alti spruzzi.

“Quando si avvicinerà alla banchina salite a bordo con la massima fretta” disse Jamie sempre più emozionato. Phillip lo aveva convinto che Hiraga non fosse un assassino bensì un difensore della libertà, e per quello che lo riguardava aveva già le prove dell'estrema utilità di quel ragazzo.

Adesso era più convinto che mai del valore che avrebbe avuto un amico shishi che parlava inglese, un agente preparato personalmente da lui: aveva stilato un elenco di persone alle quali presentarsi in Inghilterra e in Scozia, completo di istruzioni su dove andare e che cosa visitare e gli avrebbe dato tutte le spiegazioni necessarie prima della partenza della nave.

Phillip è un genio, pensò compiaciuto. Quando si voltò per lanciargli un'occhiata di colpo trattenne il respiro: l'ufficiale giapponese stava salendo sulla banchina.

“Mio Dio, quella canaglia viene verso di noi!” Guardarono il samurai e poi la lancia. Era impossibile che la barca arrivasse prima che l'ufficiale li raggiungesse. “Siamo perduti.” Hiraga lo aveva già capito. Cominciò a svolgere gli stracci che nascondevano le spade. “Akimoto, uccidiamolo.”

“Aspetta! Tieni!” Tyrer allungò a Hiraga una grande busta contenente tre lettere di presentazione, a suo padre e a suo zio anche lui procuratore legale, e al preside della sua università.

“Ti avrei spiegato tutto sulla lancia” si affrettò a dire, “ma adesso non c'è tempo, Jamie fatelo voi al posto mio.” Guardò Hiraga per l'ultima volta e gli porse la mano.

“Grazie, ti sarò sempre amico, torna presto.” Sentì la forte stretta, vide il volto dell'altro illuminarsi in un fugace sorriso, poi si voltò e con i sudori freddi andò incontro al nemico.

Il capitano era già arrivato a metà della banchina quando Tyrer gli sbarrò il passo prodigandosi in un inchino cerimonioso. L'uomo che già aveva la mano sull'elsa della spada esitò, poi rispose al saluto. Mentre cercava di passare oltre Tyrer si inchinò di nuovo e nel suo migliore giapponese cominciò a parlare con grande enfasi: “Ah, signor ufficiale, voglio complimentarmi con voi per come i samurai hanno combattuto contro l'incendio.

Vi ricordate di Edo, sì? Per favore, scusatemi, a nome del mio padrone, il capo dei gai-jin in Giappone, accettate la nostra infinita gratitudine per aver salvato tutte le nostre case”.

“Sì, grazie, adesso voglio vedere quei...”

“Vedere? Guardate là, signor ufficiale!” Tyrer indicò la città e i dintorni. Ogni volta che il samurai tentava di aggirarlo si spostava per sbarrargli la strada e adesso le sue frasi in giapponese erano sempre più una litania priva di senso. “Guardate come l'incendio ha...”

“Toglietevi di mezzo!” gridò furente l'ufficiale investendo Tyrer con un alito che puzzava di daikon, di rafano. “Spostatevi!” Tyrer finse di non capire. Allargò come per caso le braccia facendo attenzione a non sfiorare l'avversario, e riprese a descrivere il terribile disastro e a congratularsi per l'ottimo intervento dei samurai.

Poiché dava la schiena a Jamie e agli altri non aveva modo di valutare per quanto tempo avrebbe dovuto insistere. Con una smorfia brutale l'ufficiale esplose: “Baka!” Tyrer si preparò a parare un colpo, ma in quell'istante Jamie gridò: “Mollate gli ormeggi, per Dio!”. L'altro lo spinse da parte e corse verso la lancia.

Ansimante e sudato per il sollievo, Tyrer si rialzò e vide la barca allontanarsi a tutta velocità.

I suoi tre compagni stavano scendendo nella cabina, il nostromo era nella timoniera e il marinaio a prua. Le luci della cabina si spensero nello stesso istante in cui il samurai raggiunse il fondo della banchina intimando alla lancia di tornare indietro. Le sue grida furono coperte dal rumore del motore.

Un attimo prima che le luci si abbassassero e che Hiraga e Akimoto si girassero volgendogli le spalle, Tyrer ebbe l'impressione di distinguere chiaramente i loro volti. Sicuramente doveva averli riconosciuti anche l'ufficiale.

“E' soltanto una fantasia” si disse allontanandosi il più in fretta possibile. Sollevò il cappello per salutare i samurai intorno al fuoco che gli risposero appena e quando sentì il capitano che gridava: “Tu, vieni qui” era già immerso tra la folla. Appena capì di essere al sicuro si mise a correre e ricominciò a respirare soltanto tra le ospitali pareti della Legazione.

“Buon Dio, Phillip” disse Bertram spalancando gli occhi, “poveretto, cosa ti è successo?”

“Oh, fottiti” rispose Tyrer che ancora non si era ripreso dallo spavento.

“Perché mai dovrebbe?” lo rimproverò sir William apparso sulla porta del suo ufficio con un'espressione severa.

“Oh, scusate, signore, era... soltanto una battuta.” Sir William accolse la scusa sbuffando per l'irritazione.

“Phillip, vi si sta fondendo il cervello! Dove diavolo siete stato? Sulla vostra scrivania c'è un messaggio urgente della Bakufu da tradurre, un dispaccio da copiare che deve partire questa sera con l'Atlanta Belle per sir Percy e quattro richieste per l'assicurazione da timbrare, approvate e firmate da me.

Non appena avrete finito raggiungetemi. Mi troverete qui o alla banchina a salutare i passeggeri in partenza. Non rimanete lì impalato, svelto!” Sir William tornò nel suo ufficio, chiuse la porta e vi si appoggiò. Come attratti da una calamita, i suoi occhi andarono alla cartellina di André posata al centro della scrivania e fu di nuovo assalito dalla tristezza.

Dopo che Angélique se ne era andata era rimasto immobile per più di un'ora, sforzandosi di prendere una decisione.

Non doveva sbagliare perchè era davvero una questione di vita o di morte.

Esaminò i ricordi più remoti della sua esperienza: l'infanzia in Inghilterra, la Segreteria a Parigi, a San Pietroburgo, la sua casa, il giardino, le risate con Vertinskya in primavera, in estate, in autunno e in inverno e l'amore per lei, il ritorno in Inghilterra, le missioni nei campi di battaglia della Crimea, poi un vortice di immagini fumose e scure che lo spaventavano.

Era stato contento di essere riportato alla normalità dalla voce di Phillip. Di nuovo il suo sguardo vagò per la stanza, si posò sul fuoco del camino, poi sulla cartellina e infine sul giovane e amabile viso che gli sorrideva dalla miniatura.

Gli si spezzò il cuore come sempre ma subito si ricompose. Ogni volta con un pò meno difficoltà.

Si alzò, prese in mano la miniatura e la studiò, benché ogni tocco di pennello fosse già impresso nella sua mente. Se non avessi avuto questo ritratto avrei dimenticato il suo viso come Angélique sta dimenticando quello del suo Malcolm? “E' una domanda senza risposta, Vertinskya cara” disse con tristezza, quasi in lacrime. “Forse il tuo volto, ma tu no, non potrei mai dimenticarti.” Sebbene desiderasse intensamente rivivere il tempo in cui era stato più felice, le lettere di André gli sbarravano l'accesso al passato come una porta d'acciaio.

Che Dio lo maledica!

Non pensare a quei ricordi, prendi una decisione. Smettila di tentennare, si ingiunse. Torna al lavoro, affronta questo problema, così potrai dedicarti di nuovo a questioni più importanti come Yoshi e l'imminente guerra contro Satsuma. Sei un ministro di Sua Maestà britannica, comportati come tale!

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