Moll Flanders (Collins Classics) (52 page)

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Authors: Daniel Defoe

Tags: #Fiction, #Classics

BOOK: Moll Flanders (Collins Classics)
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A me questo fece molto piacere. Così, la settimana dopo, fu condotta lì una contadina di Hertford, o di quelle parti, che doveva portarsi via il bambino per dieci sterline in contanti. Ma se io le davo altre cinque sterline, lei si obbligava a condurre il bambino a casa della mia governante quante volte volevamo, oppure saremmo andate noi a visitarlo e a vedere com’era trattato.

La donna aveva un aspetto sano e piacevole, era la moglie di un agricoltore, ma aveva vestiti e biancheria molto belli, e tutta un’aria molto in ordine; e, col cuore grosso e qualche lacrima, le lasciai prendere il bambino. Ero andata a Hertford e avevo visto lei e l’ambiente, che mi piaceva abbastanza; le promisi grandi cose se sarebbe stata affettuosa col bambino, sicché lei capì subito che ero la madre. Ma pareva così fuori mano, e priva di possibilità di aver mie notizie, che io rimasi abbastanza tranquilla. Così, a farla breve, le lasciai prendere il bambino e le detti dieci sterline; o meglio, le detti alla governante, che in mia presenza le consegnò alla povera donna, la quale s’impegnò a non rimandare più indietro il bambino né a chiedere altro per il mantenimento; io però le promisi che, se ne avesse avuto gran cura, le avrei dato qualcos’altro ogni volta che sarei andata a vederlo; sicché non ero impegnata a pagare le altre cinque sterline, ma alla governante promisi che l’avrei fatto. Così della mia preoccupazione maggiore m’ero liberata, in un modo che, se pur non mi andava del tutto, era tuttavia il più conveniente per me, visto come stavano le cose, quelle almeno di cui in quel momento si poteva aver nozione.

Incominciai allora a scrivere al mio amico della banca con un linguaggio più affettuoso, e in particolare all’inizio di luglio gli mandai una lettera dicendogli che mi proponevo di capitare in città durante il mese di agosto. Lui mi inviò una risposta del tono più appassionato possibile, e chiese che lo avvertissi in tempo, mi sarebbe venuto incontro a due giorni di viaggio. Ciò mi mise in un brutto imbarazzo, e non sapevo che risposta mandargli. Infine decisi di prendere la diligenza per West Chester, al solo scopo di prendermi il gusto di ritornare, in modo che lui potesse vedermi davvero su quella diligenza; avevo infatti il sospetto, pur senza il minimo indizio, che lui pensasse che io non mi trovavo realmente in provincia. E non era un sospetto del tutto senza fondamento, come presto sentirete.

Cercai di liberarmene ragionando, ma invano; l’idea mi si era ficcata tanto nella mente, che non riuscivo a scacciarla. Alla fine trovai un motivo di più per il mio progetto di tornare in provincia, e cioè che sarebbe stato uno schermo eccellente rispetto alla mia governante, e avrebbe protetto completamente gli altri affari miei, dato che lei non sapeva affatto se il mio nuovo innamorato viveva a Londra o nel Lancashire; e quando le comunicai la mia decisione, lei si convinse che stava nel Lancashire.

Quand’ebbi disposto ogni cosa per il viaggio glielo dissi, e mandai la cameriera, che fin dal principio mi serviva, a prendere un posto sulla carrozza. Lei avrebbe voluto che la cameriera mi servisse fino all’ultimo e venisse anche in carrozza con me, ma io la convinsi che non era il caso. Quando me ne andai, lei mi disse che non avrebbe fatto nulla per cercare di tenersi in corrispondenza con me perché si rendeva benissimo conto che il mio affetto per il bambino mi avrebbe indotto a scriverle ed anche a farle visita quando sarei venuta di nuovo in città. Io le assicurai che così sarebbe stato, e così presi congedo, ben contenta di uscire da quella casa, benché mi ci fossi trovata piuttosto bene, come ho già detto.

Presi posto sulla diligenza non per tutta la corsa ma fino a una località chiamata Stone, nel Cheshire, mi pare, dove non soltanto non avevo nessun motivo di andare ma non avevo nemmeno una conoscenza nella città e nei dintorni. Ma sapevo che con del denaro in tasca si è a casa propria dappertutto; così rimasi colà un paio di giorni, finché, cogliendo l’occasione, trovai posto su un’altra diligenza e ripresi il viaggio verso Londra, mandando al mio signore una lettera in cui lo avvertivo che mi sarei trovata in un certo giorno a Stony-Stratford, dove il postiglione m’aveva detto che si faceva tappa.

Era una diligenza straordinaria quella che avevo preso; infatti, noleggiata allo scopo di condurre a West Chester alcuni signori che partivano per l’Irlanda, era ora in viaggio di ritorno, e non faceva le stesse strade né le stesse tappe delle diligenze ordinarie; sicché il mio amico, che di domenica non s’era potuto muovere, ebbe il tempo di prepararsi a partire, tempo che altrimenti non avrebbe avuto.

Il mio avvertimento era stato comunque così improvviso che lui non poté raggiungere in tempo Stony-Stratford per passare con me la notte, ma mi venne incontro in una località di nome Brickhill la mattina dopo, quando stavamo quasi per entrare in città.

Confesso che fui molto lieta di vederlo, perché ero rimasta piuttosto delusa la sera prima, accorgendomi che avevo fatto tanta strada senza riuscire a far vedere che arrivavo. Lui mi fece doppiamente contenta per il modo in cui si presentò, perché venne con una carrozza molto bella, da signori, a quattro cavalli, e accompagnato da un cameriere personale.

Subito mi fece scendere dalla diligenza, che si fermò ad una locanda di Brickhill; e entrando nella stessa locanda lui fece fermare la sua carrozza e ordinò il pranzo. Io gli domandai che intendeva fare, perché io dovevo proseguire il viaggio. Lui disse che no, che aveva bisogno di un po’ di riposo lungo la strada, che quella era una buona locanda, anche se la cittadina era piccola; perciò, quella notte, non avremmo proseguito, assolutamente.

Io non insistetti troppo, perché, visto che lui era venuto incontro a me e aveva affrontato tante spese, era abbastanza ragionevole che gli usassi anch’io qualche cortesia; perciò su quel punto fui arrendevole.

Dopo pranzo passeggiammo per vedere la cittadina, la chiesa, i campi e il paesaggio, come di solito fanno i forestieri; il padrone della locanda ci fece da guida nella visita alla chiesa. Mi accorsi che il mio signore s’informava molto del parroco, ed ebbi subito l’idea che certamente voleva proporre che ci sposassimo; e benché il pensiero fosse improvviso, subito ne seguì un altro, e cioè che non l’avrei respinto; infatti, per parlar chiaro, nella mia situazione io non ero in grado di dir di no; non avevo nessun motivo per correre altri rischi.

Ma mentre tali pensieri mi giravano per il capo, cosa che durò pochi istanti, osservai che il padrone della locanda lo prendeva da parte e gli bisbigliava qualcosa, nemmeno troppo a bassa voce, tanto che sentii: “Signore, se avete bisogno…” e non sentii il resto, ma pare che fosse del seguente tenore: “Signore, se avete bisogno di un prete, io ho un amico poco lontano di qui che può esservi utile e avere tutta la discrezione che volete.” Il mio signore rispose a voce alta, tanto che io sentii: “Benissimo, ne ho bisogno.”

Ero appena rientrata alla locanda che lui mi assalì con foga irresistibile, dicendo che, poiché aveva avuto la buona sorte di incontrarmi, e tutto concorreva, un modo di affrettare la sua felicità sarebbe stato da parte mia quello di concludere lì ogni cosa. “Che intendi dire?” dico io, arrossendo un poco. “Come? In una locanda? Lungo la strada? Dio ci protegga,” dissi come se fossi rimasta sorpresa, “come puoi parlare così?”

“Oh, posso certamente parlar così,” dice lui. “Sono venuto apposta per parlarne, e te lo dimostrerò.” E con ciò tira fuori un gran rotolo di carte.

“Mi spaventi,” dico io, “che cosa sono queste carte?”

“Non spaventarti, mia cara,” disse lui, e mi dette un bacio. Era la prima volta che mi aveva chiamato così confidenzialmente “mia cara”; e lo ripeté: “Non spaventarti: guarda di che si tratta.” Allora le sparpagliò tutte. C’erano in primo luogo l’atto o sentenza di divorzio dalla moglie, e la prova che lei faceva la puttana; c’erano poi i certificati, rilasciati dal prete e dai sagrestani della parrocchia dove lei viveva, che attestavano che era stata sepolta e in che modo era morta; la copia di una ordinanza del magistrato che nominava una giuria per esaminarla, e il verdetto della giuria che era Non compos mentis. Tutto ciò doveva servire allo scopo di convincere me, benché io (avesse saputo lui come stavano davvero le cose) non fossi affatto tanto scrupolosa da aver bisogno di tutta quella roba per sposarlo. Io comunque guardai ogni cosa meglio che potei, e gli dissi che tutto era veramente molto chiaro, ma che lui non doveva prendersi il fastidio di portar con sé tutta quella roba, il tempo c’era.

Bene, disse lui, magari il tempo c’era per me, ma quanto a lui non voleva dar tempo al tempo, per lui il tempo era già venuto.

C’era un altro rotolo di carte, e io gli chiesi che cosa erano. “Ecco,” dice lui, “questa è una domanda che volevo che tu mi facessi.” Così le srotola, tira fuori un astuccio di zigrino e mi dà un anello con un brillante bellissimo. Io non potei rifiutarlo, posto che volessi, perché lui me lo infilò al dito; così io gli feci una riverenza e accettai. Allora lui prende un altro anello. “E questo,” dice, “è per un’altra occasione,” e se lo mette in tasca. “Sì, ma fammelo vedere,” dico io sorridendo; “so che cos’è; penso che tu sia impazzito.”

“Sarei impazzito se non l’avessi fatto,” dice lui, sempre senza lasciarmelo vedere, mentre io ci tenevo a vederlo, sicché dico: “Su, fammelo vedere.”

“Aspetta,” dice lui, “prima guarda qui,” e prende di nuovo il foglio arrotolato e lo legge e, guarda che roba!, era una licenza di matrimonio per noi due.

“Ma,” dico io, “sei impazzito? I casi sono due: o eri sicuro che appena me ne avresti parlato avrei detto di sì, oppure avevi deciso di non permettere che ti dicessi di no.”

“La seconda ipotesi è quella giusta,” disse lui.

“Ma potresti sbagliarti,” dissi io.

“No, no,” dice lui, “come puoi dire una cosa simile? Non mi devi dir di no, non mi puoi dir di no”; e con ciò si buttò a baciarmi con tanta violenza che non riuscii a levarmelo di dosso.

C’era un letto nella stanza, e noi andavamo avanti e indietro, accalorandoci nella conversazione; alla fine lui mi prende di sorpresa fra le braccia, mi getta sul letto, e mi viene addosso, e tenendomi abbracciata forte, ma senza tirar fuori nulla d’indecente, mi corteggiò perché dicessi di sì, con tante suppliche e tante ragioni, dichiarando il suo amore e giurando che non si sarebbe arreso finché io non gli avessi fatto quella promessa, che alla fine io dissi: “Ma allora hai già deciso, mi pare, che non ti si dica di no.”

“No, no,” dice lui, “non mi devi dir di no, non voglio che tu mi dica di no, non puoi dirmi di no.”

“Va bene, va bene,” dico io, e dandogli un bacetto, “allora non ti dirò di no,” dissi, “ma fammi alzare.”

Lui fu così commosso dal mio sì e dal modo affettuoso in cui glielo avevo detto, che io fui sul punto di credere che volesse prenderlo per un matrimonio bell’e concluso, senza preoccuparsi più delle formalità; ma gli facevo torto, perché lui smise di baciarmi e poi, dopo avermi dato ancora un paio di baci, mi ringraziò per il mio affettuoso consenso; ed era così sopraffatto dalla gioia e dalla felicità, che gli scorsi le lacrime negli occhi.

Io voltai la faccia, perché anche i miei occhi s’erano riempiti di lacrime, e gli domandai di ritirarmi per un po’ in camera mia. Se mai ebbi un’oncia di autentico pentimento per i ventiquattro anni trascorsi di vita corrotta e deplorevole, quello fu il momento. Oh, che gran fortuna è per l’umanità, dissi tra me, che non si possa leggere nel cuore altrui! Che felicità sarebbe stata per me essere fin dal principio la moglie di un uomo così onesto e così affettuoso!

Poi mi venne fatto di pensare: “Che essere abominevole sono! e quale torto sto per fare a questo ingenuo signore! Quanto poco lui sospetta che, appena divorziato da una puttana, sta per gettarsi nelle braccia di un’altra! che sta per sposare una che s’è coricata con due fratelli e ha avuto tre figli dal proprio fratello! una che è nata nel carcere di Newgate, e sua madre era una puttana ed è adesso una ladra deportata! una che è stata a letto con tredici uomini e che ha avuto un bambino dopo che lui l’ha conosciuta! Povero signore!” dissi, “a che cosa va incontro?”

Quand’ebbi finito di rimproverarmi, così proseguii: “Bene, se devo essere sua moglie, e se Dio me ne fa la grazia, sarò una moglie fedele, lo amerò in modo adeguato alla strana esagerazione del suo amore per me; cercherò di riparare se mi sarà possibile, in quello che lui saprà, agli imbrogli e alle cattiverie che gli ho fatto e che lui non sa.”

Lui attendeva con impazienza che io uscissi dalla mia camera, ma, quando s’accorse che ritardavo, scese giù a parlare del prete con il padrone della locanda.

Il padrone, uomo zelante e perspicace, aveva già mandato a chiamare il prete che abitava non lontano; e, quando il mio signore gli si rivolse dicendogli di mandarlo a chiamare, “Signore,” rispose lui, “il mio amico si trova qui,” e senza altre parole li fece incontrare.

Il mio signore, quando fu davanti al prete, gli domandò se si sentiva di sposare una coppia di forestieri che lo desideravano entrambi.

Il prete disse che il signor… gliene aveva già accennato; sperava che non si trattasse di una faccenda clandestina; lui gli pareva un gentiluomo serio, e s’immaginava che madama non fosse una ragazzina, da aver bisogno del consenso dei parenti.

“Per togliervi questo dubbio,” dice il mio signore, “leggete questa carta,” e tira fuori la licenza.

“Per me è sufficiente,” dice il prete; “dov’è la signora?”

“La vedrete subito,” dice il mio signore.

Ciò detto sale di sopra, e in quel momento io stavo uscendo dalla mia camera; così mi dice che di sotto c’è il prete, il quale, poiché lui gliene aveva già parlato e gli aveva mostrato la licenza, è prontissimo a sposarci; “ma vuole vederti”; e perciò mi chiese di farlo salire.

“Ma è giorno avanzato,” io dico, “non è vero?”

“Ecco, mia cara,” dice lui, “pareva farsi scrupolo che non si trattasse di una fanciulla rapita ai genitori, e perciò gli ho assicurato che siamo tutti e due in età da disporre del nostro consenso; così lui mi ha chiesto di vederti.”

“Bene,” dico io, “come vuoi tu,” e così fanno salire di sopra il prete, un tipo simpatico e cordiale. Gli avevano detto, a quanto pare, che noi ci eravamo incontrati lì per caso, che io ero arrivata da Chester in diligenza e il mio signore mi era venuto incontro in carrozza; avremmo dovuto trovarci la sera prima a Stony-Stratford, ma lui non aveva fatto in tempo.

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