Purgatorio (71 page)

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Authors: Dante

BOOK: Purgatorio
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ma leggi Ezechïel, che li dipigne   

               
come li vide da la fredda parte

102
         
venir con vento e con nube e con igne;

               
e quali i troverai ne le sue carte,

               
tali eran quivi, salvo ch’a le penne

105
         
Giovanni è meco e da lui si diparte.   

               
Lo spazio dentro a lor quattro contenne   

               
un carro, in su due rote, trïunfale,

108
         
ch’al collo d’un grifon tirato venne.   

               
Esso tendeva in sù l’una e l’altra ale   

               
tra la mezzana e le tre e tre liste,

111
         
sì ch’a nulla, fendendo, facea male.

               
Tanto salivan che non eran viste;

               
le membra d’oro avea quant’ era uccello,   

114
         
e bianche l’altre, di vermiglio miste.

               
Non che Roma di carro così bello   

               
rallegrasse Affricano, o vero Augusto,

117
         
ma quel del Sol saria pover con ello;

               
quel del Sol che, svïando, fu combusto

               
per l’orazion de la Terra devota,

120
         
quando fu Giove arcanamente giusto.

               
Tre donne in giro da la destra rota   

               
venian danzando; l’una tanto rossa

123
         
ch’a pena fora dentro al foco nota;

               
l’altr’ era come se le carni e l’ossa

               
fossero state di smeraldo fatte;

126
         
la terza parea neve testé mossa;

               
e or parëan da la bianca tratte,

               
or da la rossa; e dal canto di questa

129
         
l’altre toglien l’andare e tarde e ratte.

               
Da la sinistra quattro facean festa,   

               
in porpore vestite, dietro al modo

132
         
d’una di lor ch’avea tre occhi in testa.

               
Appresso tutto il pertrattato nodo   

               
vidi due vecchi in abito dispari,

135
         
ma pari in atto e onesto e sodo.

               
L’un si mostrava alcun de’ famigliari

               
di quel sommo Ipocràte che natura

138
         
a li animali fé ch’ell’ ha più cari;

               
mostrava l’altro la contraria cura

               
con una spada lucida e aguta,

141
         
tal che di qua dal rio mi fé paura.

               
Poi vidi quattro in umile paruta;   

               
e di retro da tutti un vecchio solo

144
         
venir, dormendo, con la faccia arguta.

               
E questi sette col primaio stuolo   

               
erano abitüati, ma di gigli

147
         
dintorno al capo non facëan brolo,

               
anzi di rose e d’altri fior vermigli;

               
giurato avria poco lontano aspetto

150
         
che tutti ardesser di sopra da’ cigli.

               
E quando il carro a me fu a rimpetto,   

               
un tuon s’udì, e quelle genti degne

               
parvero aver l’andar più interdetto,

154
         
fermandosi ivi con le prime insegne.

PURGATORIO XXX

               
Quando il settentrïon del primo cielo,   

               
che né occaso mai seppe né orto

3
             
né d’altra nebbia che di colpa velo,

               
e che faceva lì ciascuno accorto

               
di suo dover, come ’l più basso face

6
             
qual temon gira per venire a porto,

               
fermo s’affisse: la gente verace,

               
venuta prima tra ’l grifone ed esso,   

9
             
al carro volse sé come a sua pace;

               
e un di loro, quasi da ciel messo,   

               
“Veni, sponsa, de Libano”
cantando

12
           
gridò tre volte, e tutti li altri appresso.

               
Quali i beati al novissimo bando   

               
surgeran presti ognun di sua caverna,

15
           
la revestita voce alleluiando,

               
cotali in su la divina basterna   

   

               
si levar cento,
ad vocem tanti senis
,   

18
           
ministri e messagger di vita etterna.

               
Tutti dicean:
“Benedictus qui venis!”
   

               
e fior gittando e di sopra e dintorno,   

21
           
“Manibus,
oh,
date lilïa plenis!”
   

               
Io vidi già nel cominciar del giorno

               
la parte orïental tutta rosata,

24
           
e l’altro ciel di bel sereno addorno;

               
e la faccia del sol nascere ombrata,

               
sì che per temperanza di vapori

27
           
l’occhio la sostenea lunga fïata:

               
così dentro una nuvola di fiori

               
che da le mani angeliche saliva

30
           
e ricadeva in giù dentro e di fori,

               
sovra candido vel cinta d’uliva   

               
donna m’apparve, sotto verde manto

33
           
vestita di color di fiamma viva.

               
E lo spirito mio, che già cotanto   

               
tempo era stato ch’a la sua presenza

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non era di stupor, tremando, affranto,

               
sanza de li occhi aver più conoscenza,

               
per occulta virtù che da lei mosse,

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d’antico amor sentì la gran potenza.   

               
Tosto che ne la vista mi percosse   

               
l’alta virtù che già m’avea trafitto

42
           
prima ch’io fuor di püerizia fosse,

               
volsimi a la sinistra col respitto   

               
col quale il fantolin corre a la mamma

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quando ha paura o quando elli è afflitto,

               
per dicere a Virgilio: “Men che dramma

               
di sangue m’è rimaso che non tremi:

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conosco i segni de l’antica fiamma.”   

               
Ma Virgilio n’avea lasciati scemi   

               
di sé, Virgilio dolcissimo patre,

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Virgilio a cui per mia salute die’mi;

               
né quantunque perdeo l’antica matre,   

               
valse a le guance nette di rugiada

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che, lagrimando, non tornasser atre.   

               
“Dante, perché Virgilio se ne vada,   

               
non pianger anco, non piangere ancora;   

57
           
ché pianger ti conven per altra spada.”

               
Quasi ammiraglio che in poppa e in prora   

               
viene a veder la gente che ministra

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per li altri legni, e a ben far l’incora;

               
in su la sponda del carro sinistra,

               
quando mi volsi al suon del nome mio,

63
           
che di necessità qui si registra,   

               
vidi la donna che pria m’appario

               
velata sotto l’angelica festa,   

66
           
drizzar li occhi ver’ me di qua dal rio.

               
Tutto che ’l vel che le scendea di testa,

               
cerchiato de le fronde di Minerva,   

69
           
non la lasciasse parer manifesta,

               
regalmente ne l’atto ancor proterva

               
continüò come colui che dice

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e ’l più caldo parlar dietro reserva:

               
“Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice.   

               
Come degnasti d’accedere al monte?

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non sapei tu che qui è l’uom felice?”

               
Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;   

               
ma veggendomi in esso, i trassi a l’erba,

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tanta vergogna mi gravò la fronte.

               
Così la madre al figlio par superba,

               
com’ ella parve a me; perché d’amaro

81
           
sente il sapor de la pietade acerba.

               
Ella si tacque; e li angeli cantaro   

               
di sùbito
“In te, Domine, speravi”
;

84
           
ma oltre
“pedes meos”
non passaro.

               
Sì come neve tra le vive travi   

   

               
per lo dosso d’Italia si congela,

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soffiata e stretta da li venti schiavi,

               
poi, liquefatta, in sé stessa trapela,

               
pur che la terra che perde ombra spiri,

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sì che par foco fonder la candela;

               
così fui sanza lagrime e sospiri

               
anzi ’l cantar di quei che notan sempre

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dietro a le note de li etterni giri;

               
ma poi che ’ntesi ne le dolci tempre

               
lor compartire a me, par che se detto

96
           
avesser: “Donna, perché sì lo stempre?”

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