Moll Flanders (Collins Classics) (7 page)

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Authors: Daniel Defoe

Tags: #Fiction, #Classics

BOOK: Moll Flanders (Collins Classics)
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“Povera signorina Betty,” diceva, “è triste essere innamorata; ti ha conciato in modo ben triste.”

Alla fine dissi io qualcosa. “Mi fa tanto piacere vederti, signore,” dico, “ma mi pare che il dottore avrebbe potuto trovar di meglio da fare che divertirsi a spese della sua paziente. Se mi fossi ammalata di un’altra malattia, conosco troppo bene il proverbio, non avrei chiamato il dottore.”

“Che proverbio?” dice lui. “Ah, ora ricordo. Quello che dice

Se l’amore è il vostro male

il dottore poco vale.

Non è questo, signorina Betty?” Io sorrisi e non dissi niente. “Però,” dice lui, “dall’effetto mi pare dimostrato che era proprio amore, visto che il dottore ti è servito a ben poco. Tu guarisci così lentamente, sento; e ho il dubbio che vi sia sotto qualcosa, signorina Betty; ho il dubbio che il tuo male sia di quelli che non si curano, e cioè amore.”

Io sorrisi e dissi: “No davvero, signore, non è questa la malattia che ho.”

Conversammo per un po’ così, dicendo cose che non volevano dir nulla. Più di una volta mi chiese di cantar loro una canzone, al che io sorridendo dissi che era passato per me il tempo delle canzoni. Infine mi domandò se doveva suonar lui il flauto per me; la sorella disse che poteva darmi fastidio, farmi venire mal di testa.

Io chinai il capo e dissi che no, non mi dava fastidio. “Te ne prego, signorina,” dissi, “non proibirglielo; io amo tanto la musica del flauto.”

Allora la sorella disse: “Bene, fratello, fai pure.”

Lui tirò fuori la chiave del suo guardaroba. “Sorella cara,” dice, “io sono così pigro; fai tu un salto fino al mio guardaroba a prendermi il flauto; è nel tal cassetto”, e disse un posto dov’era sicuro che non ci fosse, in modo che lei dovesse stare un po’ a cercarlo.

Appena quella se ne fu andata, lui mi riferì tutta la storia dei discorsi che il fratello aveva fatto al riguardo mio, della stoccata che aveva tirato a lui, e della sua preoccupazione, che era il motivo per cui aveva escogitato di venire a farmi visita. Io gli assicurai che non avevo mai aperto bocca né con suo fratello né con nessun altro. Gli dissi in quale spaventoso frangente mi trovavo: il mio amore per lui, e la sua pretesa che dimenticassi quel sentimento per dedicarlo a un’altra persona, mi avevano messa a terra; mille volte avevo desiderato morire piuttosto che guarire per trovarmi a lottare di nuovo contro le stesse circostanze di prima, e proprio quella mia riluttanza a vivere era stata il vero motivo della lentezza della mia guarigione. Aggiunsi che capivo che, appena sarei stata bene, avrei dovuto andarmene di casa, e quanto all’idea di sposare suo fratello, mi ripugnava il solo pensiero dopo quel che c’era stato fra noi, e poteva star certo che suo fratello non l’avrei più nemmeno visto. Se lui infrangeva tutti i voti, i giuramenti, le promesse che m’aveva fatto, la cosa riguardava lui, la sua coscienza e il suo onore; ma non avrebbe mai potuto dire che io, convinta da lui a considerarmi sua moglie e a lasciarmi come moglie adoperare, non ero stata fedele a lui, qualunque cosa fosse lui per me, come una moglie deve.

Lui aveva cominciato a replicare, aveva già detto che gli dispiaceva che io non volessi persuadermi, e stava per dire altro quando sentì la sorella arrivare. La sentii anch’io, ma riuscii a infilare ancora due parole, che cioè non mi sarei mai fatta persuadere ad amare un fratello e a sposare l’altro. Lui scosse la testa e disse: “Allora sono rovinato”, con un tono molto compreso di sé.

In quel momento entrò la sorella e gli disse che non era riuscita a trovare il flauto. “Bene,” dice allora lui allegramente, “questa mia pigrizia proprio non va.” Si alza e va lui a cercarlo, ma ritorna senza; e non perché non l’avesse trovato, ma perché aveva la testa un po’ distratta e nessuna voglia di suonare; lo scopo per cui aveva mandato via la sorella, inoltre, l’aveva già raggiunto; l’occasione per parlarmi era tutto quel che voleva, e l’aveva ottenuta, sia pure senza troppa soddisfazione.

Grande fu, invece, la soddisfazione mia d’avergli detto chiaro e tondo, con tutta libertà, il mio pensiero, come ho narrato; anche se non funzionò come io volevo, nel senso cioè di tenermi più stretto lui, tolse tuttavia a lui la possibilità di lasciarmi se non a patto di perdere anche l’onore e rinnegare la sua parola di gentiluomo: che cioè, come tante volte aveva promesso, non mi avrebbe lasciato mai, mi avrebbe sposato appena entrava in possesso dei suoi averi.

Non trascorsero che poche settimane, e io mi rimisi a girare per casa e stavo meglio; ma restavo malinconica, silenziosa, tetra, in disparte; ciò stupiva la famiglia intera, eccetto lui che ne conosceva il motivo. Tuttavia passò molto tempo prima che lui mostrasse di accorgersene, e io che, come lui, non avevo nessuna voglia di aprir bocca, mi comportavo in modo rispettoso nei suoi confronti, ma evitavo di rivolgergli anche una sola parola della minima importanza. Come ero preparata a vedermi mettere da un giorno all’altro fuori di casa, per l’antipatia che mi aveva procurato da parte loro l’altra storia, di cui io non avevo colpa, così ero preparata pure a non sentir più parlare di quel signorino, dopo tutti i suoi giuramenti e le sue solenni promesse, ma ad esser abbandonata alla mia rovina.

Alla fine fui io stessa a compiere in famiglia il primo passo per il mio allontanamento. Un giorno che ero rimasta a parlar seriamente con la vecchia signora della mia situazione al mondo e del fatto che la malattia mi aveva lasciato un peso sul cuore e io non ero più la stessa di prima, la vecchia disse: “Io temo, Betty, che quel che ti dissi a proposito di mio figlio t’abbia impressionata, e che per questo tu sia malinconica. Vuoi, per piacere, se non c’è nulla che non sia per bene, farmi capire come stanno le cose tra voi? Robin, quando gliene parlo, risponde solo con giri di parole e sciocchezze.”

“Sinceramente, signora,” dico io, “le cose stanno non come io vorrei, ma vi dirò tutta la verità, qualunque sorte debba toccarmi. Più volte il signorino Robert mi ha domandato di sposarlo, cosa che io non avevo motivo d’aspettarmi, data la mia misera condizione sociale; ma io gli ho sempre detto di no, forse in modo anche più reciso di quel che dovevo permettermi, dato il rispetto che devo ad ogni membro della vostra famiglia; ma,” dissi, “signora, mai potrei giungere a dimenticare i miei obblighi nei confronti vostri e della vostra famiglia intera, osando consentire a cosa che io so dispiacervi; e questo fu il discorso che feci a lui, dicendogli chiaramente che non avrei mai accettato quell’idea a meno di avere il consenso vostro e quello di suo padre, poiché non mi è possibile sciogliermi dagli obblighi che ho nei vostri confronti.”

“È mai possibile, Betty?” dice la vecchia signora. “Dunque sei stata molto più giusta tu di quel che siamo stati noi con te. Io ti vedevo come una trappola per mio figlio, e per questa paura, volevo chiederti di andartene. Ma non te ne avevo ancora parlato perché mi pareva che tu non stessi completamente bene, temevo di angustiarti troppo o addirittura di farti ammalare di nuovo. Noi tutti, infatti, abbiamo ancora un gran rispetto per te, anche senza poter per questo accettare la rovina di mio figlio. Ma, se le cose stanno come tu dici, ci siamo tutti sbagliati di grosso.”

“Per la verità di quanto ho detto, signora,” dico io, “vi rinvio a vostro figlio. Se lui vorrà essere giusto con me, dovrà raccontarvi i fatti come ve li ho raccontati io.”

La vecchia va subito dalle figlie, e racconta tutta la storia come l’avevo raccontata io. Loro, figuratevelo, restarono sbalordite, come io del resto mi aspettavo. Una disse che non l’avrebbe mai immaginato; un’altra che Robin era uno sciocco; la terza che non credeva nemmeno una parola, e scommetteva che Robin l’avrebbe raccontata in tutt’altro modo. Ma la vecchia, decisa com’era ad andare fino in fondo prima che io avessi la minima occasione di informare suo figlio di quanto era avvenuto, prese anche la decisione di parlare immediatamente col figlio, e lo mandò perciò a chiamare, perché lui era andato a casa di un avvocato, in città, per un affare di poco conto; alla chiamata, lui accorse immediatamente.

Appena fu giunto in loro presenza, poiché erano ancora tutte riunite, “Siediti Robin,” dice la vecchia, “devo parlarti di alcune cose.”

“Di buon grado,” dice Robin, con l’aria divertita. “Spero che si tratti di una buona moglie, perché in questa materia io sono un disastro.”

“Che vuoi dire questo?” dice la madre. “Non hai già deciso di sposare la Betty?”

“Sì, signora mamma,” dice Robin, “ma c’è qualcuno che ha posto il veto.”

“Porre il veto!” dice la madre. “Chi può essere?”

“Proprio la Betty in persona,” dice Robin.

“È proprio così?” dice la madre. “Tu le hai dunque fatto la tua domanda?”

“Sì, certamente, signora mamma,” Robin dice. “Cinque volte sono andato all’assalto in piena regola, da quando s’è ammalata, e sono stato sconfitto; la puledra è ostinata al punto che non si arrenderà se non a una condizione per la quale io non posso prendere nessun impegno.”

“Spiegati,” dice la madre, “perché io non ti capisco. Sono molto meravigliata e spero che tu non parli sul serio.”

“Ma, signora mamma,” dice lui, “il caso è per me abbastanza chiaro, si spiega da solo. Lei non mi vuole, così dice. Non è chiaro? Io lo trovo chiaro, e neanche tanto piacevole.”

“Bene, ma,” dice la madre, “tu parli di una condizione per la quale non puoi prendere impegno. Che cosa vuole lei, una sistemazione? Dovrebbe toccarle in proporzione alla dote; ma quali beni di fortuna porta lei?”

“Quanto a doni di fortuna,” Robin dice, “è molto ricca. A me bastano. Ma il fatto è che io non sono in grado di rispondere alla condizione che lei mi pone, e lei, senza questo, è decisa a non accettarmi.”

S’intromisero le sorelle. “Signora mamma,” dice la seconda sorella, “è impossibile parlare sul serio con lui. Non dà mai una risposta diretta a nulla. Farete meglio a lasciarlo stare e a non parlargliene più. Sapete bene come togliergli quella ragazza di torno se pensate che ci sia sotto qualcosa.”

Robin s’irritò un po’ per l’aggressività della sorella, tuttavia si mantenne calmo con lei, conservando anche le buone maniere. “Vi sono, signora mamma, due tipi di persone,” disse rivolgendosi alla madre, “con le quali è inutile discutere: il savio e lo sciocco. Ma è troppo chiedermi che io mi batta contemporaneamente contro tutti e due.”

Allora mise bocca la sorella minore. “Noi dunque dovremmo essere così sciocche,” dice, “secondo mio fratello, da credere che lui ha chiesto sul serio alla Betty di sposarlo e lei gli ha detto di no.”

“Risponderò senza rispondere, come Salomone insegna,” il fratello rispose. “Quando vostro fratello ha detto a vostra madre di aver fatto la sua domanda non meno di cinque volte e di aver sempre ricevuto un diniego, non compete alla sorella minore domandare se è vero, quando la madre non lo ha fatto.”

“Ma vedi che la mamma non ha capito,” dice la sorella.

“Non è la stessa cosa,” dice Robin, “volere che io mi spieghi meglio o dire che non mi si crede.”

“Ma allora, figlio,” dice la vecchia, “se sei disposto a metterci a parte del segreto, qual è la terribile condizione?”

“Sì, signora mamma,” dice Robin, “l’avrei già fatto, se queste seccatrici non mi avessero importunato con le loro interruzioni. La condizione è che io convinca mio padre e mia madre a dare il loro consenso, senza di che lei giura sulla propria testa che non mi vorrà nemmeno vedere. Si tratta di una condizione, come dicevo, della quale devo supporre che non potrò mai garantire l’adempimento. Spero che ora le mie impazienti sorelle abbiano avuto la risposta e arrossiscano un po’. Se anche così non fosse, io non avrò altro da dire finché non ne saprò io stesso di più.”

Tutte restarono meravigliate a quella risposta; la madre, per quel che le avevo detto io, un po’ meno. Le figlie se ne stettero zitte per un pezzo; ma la madre, commossa, disse: “Ecco, io lo sapevo già, ma non riuscivo a crederci. Ma se le cose stanno così, allora siamo noi che abbiamo avuto torto con la Betty, e lei si è comportata meglio di quel che mi sarei mai aspettata.”

“Certo,” dice la sorella maggiore, “se le cose stanno così, lei ha agito in modo davvero molto bello.”

“Riconosco,” dice la madre, “che lei non ha avuto nessuna colpa se vostro fratello è stato così sciocco da invaghirsi di lei. Ma l’avergli così risposto rivela un rispetto, per vostro padre e per me, superiore ad ogni mia immaginazione. E io d’ora in poi terrò quella ragazza in migliore considerazione.”

“Ma io no,” dice Robin, “a meno che tu mi dia il tuo consenso.”

“Ci penserò,” dice la madre. “Ti assicuro che, se non vi fossero altri impedimenti, questa sua condotta potrebbe molto servire a farmi avvicinare al consenso.”

“Io vorrei che ci arrivassi, fin lì, e oltre,” dice Robin. “Se tu ti dessi pensiero di far di me un uomo felice quanto te ne sei data di far di me un uomo ricco, acconsentiresti subito.”

“Ma Robin,” dice di nuovo la madre, “parli davvero sul serio? Davvero non ne puoi più di sposarla come vuoi farci credere?”

“In verità, signora mamma,” dice Robin, “è duro che tu ancora metta in dubbio la mia parola, dopo tutto quello che ho detto. Io non ho detto che la sposerò. Come potrei deciderlo io, quando sai che non posso sposarla senza il vostro consenso? Per di più, io non sono affatto costretto a sposarmi. Ma una cosa dico, e parlo sul serio, io farò il possibile per non sposare mai nessun’altra; regolatevi, per quel che riguarda me. O la Betty o nessuna, ecco il problema; e la scelta fra le due soluzioni potrà essere compiuta, signora mamma, nel tuo cuore, purché, s’intende, non abbiano colà diritto di voto le mie spiritose sorelle.”

Tutto ciò fu terribile per me, perché la madre incominciò a cedere, e Robin la spingeva dove voleva lui. La vecchia si consigliò, inoltre, col figlio maggiore, e questi si servì di tutte le possibili ragioni per convincerla a dare il consenso, citando l’amore appassionato che il fratello nutriva per me e il riguardo generoso che io avevo mostrato nei confronti della famiglia rifiutando il mio vantaggio per un così bel motivo d’onore, e mille altre cose. Quanto al padre, era un uomo che si affannava ad occuparsi di affari pubblici e di far soldi, non era quasi mai in casa, badava solo all’indirizzo generale, ma cose del genere le lasciava alla moglie.

Vi è facile capire che ormai, convinti loro di avere scoperto il mistero e di sapere perfettamente come stavano le cose, non era né difficile né pericoloso per il fratello maggiore, che nessuno sospettava di nulla, venirmi a trovare più liberamente di prima. Anzi, fu la madre a chiedergli, proprio come lui voleva, d’esser lui a parlare con la Betty. “Può darsi, figliolo,” dice, “che tu riesca a veder la cosa più a fondo di me e a capire se lei è stata davvero così ostinata sul no come Robin dice.” Era il meglio che gli poteva toccare, l’idea di venire a parlare con me come se lo facesse per cedere alle insistenze della madre. Lei mi condusse da lui nella propria stanza, mi disse che suo figlio aveva qualcosa da dirmi per suo desiderio, mi chiese di essere assolutamente sincera con lui, poi ci lasciò soli, e lui andò a chiuderle la porta dietro.

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