Gai-Jin (5 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Vi farà sentire meglio.”

“Che cos'è?”

“Un filtro magico... in gran parte laudano, una tintura di oppio e morfina di mia invenzione. Farà smettere il dolore. Devo ricucirvi un pò, ma non c'è niente di cui preoccuparsi, userò l'etere e vi addormenterete in un bel sonno profondo.”

Struan fu percorso da un brivido di paura.

L'impiego a uso chirurgico dell'etere era un'innovazione recente, molto decantata ma ancora in via sperimentale.

“Io non, io non sono mai stato, mai stato operato e io non... credo ...”

“Non temete. Nelle mani giuste gli anestetici sono perfettamente sicuri.” Il dottor George Babcott aveva ventott'anni, superava il metro e novanta e di corporatura proporzionata all'altezza.

“Negli ultimi anni ho usato molto spesso etere e cloroformio con ottimi risultati. Credetemi, non sentirete niente, è una manna piovuta dal cielo per chi deve subire un intervento.”

“E' proprio così, signor Struan”

Tyrer cercava di rendersi utile pur non nutrendo troppe illusioni sui risultati.

Il suo braccio era già stato spennellato di tintura di iodio, ricucito, bendato e ingessato, e lui ringraziava la sorte di non aver riportato dallo scontro con i samurai che una ferita superficiale.

“C'era un ragazzo all'università che mi ha raccontato di esser stato operato d'appendicite con il cloroformio e di non aver sentito niente.” Avrebbe voluto essere rassicurante, ma l'idea di un intervento chirurgico, e della cancrena che troppo spesso ne seguiva, spaventava anche lui.

“Non dimenticate, signor Struan” stava dicendo Babcott per mascherare la preoccupazione, “che sono ormai quindici anni da quando il dottor Simpson usò per la prima volta il cloroformio in chirurgia, e da allora abbiamo imparato molte cose. Io ho studiato con lui alla Royal Infirmary per un anno prima di andare in Crimea.”

Quel ricordo lo rattristò.

“Ho imparato molto anche in Crimea. Comunque quella guerra è finita perciò non temete, se siete fortunato il buon laudano vi procurerà anche qualche sogno erotico.”

“E se non avrà fortuna?”

“Ne avrete. Ne avete avuta entrambi.”

Struan si sforzò di sorridere malgrado il dolore.

“Siamo stati fortunati a trovarvi qui, e così in fretta, questo è certo.” Provando un'istintiva fiducia per Babcott bevve il liquido incolore e si lasciò ricadere sul letto quasi svenendo per il dolore.

“Adesso lasciamolo riposare un momento” disse Babcott.

“Voi dovete venire con me, signor Tyrer, abbiamo qualcosa da sbrigare.”

“Certo dottore. Struan, avete bisogno di qualcosa, posso fare qualcosa per voi?”

“No... no, grazie. No, anzi, non c'è bisogno che voi restiate ad aspettarmi.”

“Non dite sciocchezze, certo che aspetterò.”

Nervosamente Tyrer seguì il dottore e richiuse la porta alle sue spalle. “Se la caverà?”

“Non lo so. Per nostra fortuna le lame dei samurai in genere sono pulite e tagliano come bisturi. Scusate un istante, ma sono l'unico ufficiale della Legazione, oggi pomeriggio, e visto che per il momento abbiamo fatto tutto il possibile dal punto di vista medico, è meglio che mi dedichi al ruolo di rappresentante di Sua Maestà britannica.”

Babcott faceva le veci di sir William.

Mandò la lancia della Legazione a Yokohama, dall'altra parte della baia, a dare l'allarme.

Spedì un servo cinese a chiamare il governatore locale, un altro a scoprire quale daimyo o principe avesse attraversato Kanagawa un paio di ore prima, mise un drappello di sei uomini di guardia e infine versò a Tyrer una dose abbondante di whisky.

“Bevete, è medicinale. Avete detto che gli assassini vi hanno gridato qualcosa?”

“Si, era... suonava come... “sono... sono, gi”.”

“Non mi dice niente. Mettetevi a vostro agio, tornerò tra un momento. Mi devo preparare” disse, e uscì.

La ferita nel braccio con i sette punti di sutura doleva.

Benché Babcott l'avesse ricucito con perizia Tyrer aveva faticato a non gridare. Tuttavia c'era riuscito, e ciò lo rendeva felice.

Quello che lo spaventava erano le ondate di paura che a tratti lo assalivano e gli facevano provare il desiderio di cominciare a correre per non fermarsi più.

“Sei un vigliacco” si disse, e quelli scoperta lo annichilì.

Anche in quella stanza aleggiava lo stesso odore intenso che aveva sentito nella sale operatoria, ed era un odore che gli dava la nausea.

Andò alla finestra a respirare profondamente, cercando, ma senza successo, di schiarirsi le idee, poi, sconfitto, sorseggiò un pò di whisky.

Il sapore gli sembrò come sempre aspro e sgradevole.

Fissò il liquido nel bicchiere e vide il riflesso di brutte immagini. Orrende.

Rabbrividì.

Si costrinse nuovamente a fissare il liquore.

Era bruno dorato, e il suo odore gli ricordò la casa natale a Londra, il padre che dopo cena sedeva di fronte al camino con il suo bicchierino mentre la madre lavorava a maglia, i due domestici sparecchiavano e tutto intorno ora caldo e confortevole e sicuro.

Quel ricordo gliene suggerì un altro, quello di Garroway's, il suo bar preferito sulla Cornhill, caldo e brulicante d'umanità e soprattutto sicuro, e poi l'università, eccitante e amichevole ma sicura.

Quanta sicurezza! Era al sicuro la sua, vita in quel momento?

Il panico lo assalì di nuovo.

Gesù, che ci faccio qui?

 

Durante la fuga, a poche centinaia di metri dalla Tokaidò il pony ferito di Struan scartò bruscamente quando il muscolo reciso della spalla cedette del tutto, e Struan finì a terra in una pericolosa caduta che aggravò ulteriormente le sue condizioni.

Debole e spaventato a sua volta, Tyrer l'aiutò con grande difficoltà a risalire sul suo pony e a stento riuscì a mantenerlo in sella poiché lo scozzese era molto più robusto di lui.

Non riusciva a distogliere l'attenzione dal corteo in lontananza, aspettandosi di vedere da un momento all'altro un samurai a cavallo lanciato al loro inseguimento.

“Ce la fate a reggervi?”

“Si, credo di sì”

La voce di Struan era molto debole perchè la ferita gli procurava enormi sofferenze.

“Angélique è riuscita a scappare?”

“Sì, sì... si è messa in salvo. Quei diavoli hanno ucciso Canterbury.”

“Ho visto. E voi... siete ferito?”

“No, niente di serio. Non mi sembra. Solo un graffio nel braccio.”

Tyrer lacerò la manica della giacca imprecando per il dolore. La ferita era un taglio netto nel muscolo dell'avambraccio.

Ripulì il sangue con un fazzoletto che poi usò come benda.

“Né vene né arterie recise. Ma perchè ci hanno attaccato? Perché? Non stavamo facendo niente di male.”

“Io ... io non mi posso girare. Quel bastardo mi ha preso in un fianco... che ... che aspetto ha?”

Con grande attenzione Tyrer lacerò la giacca di Struan.

La lunghezza e la profondità della ferita, che la caduta aveva peggiorato, lo lasciarono atterrito.

Il sangue usciva a fiotti, in quantità spaventosa.

“Non ha un bell'aspetto. Dobbiamo trovare subito un dottore.”

“E' ... è meglio... meglio fare il giro per Yokohama.”

“Sì, suppongo di si.”

Mentre sorreggeva Struan il giovane Tyrer cercò di raccogliere le idee. La gente che sulla Tokaidò li additava ai curiosi non faceva che accrescere la sua ansia.

Kanagawa era vicina, ne poteva già vedere i templi.

“Uno di quelli dev'essere il nostro” mormorò sentendo un cattivo sapore in bocca.

Quando vide che le sue mani erano coperte di sangue ebbe un tuffo al cuore per lo spavento, e subito dopo ne ebbe un altro per il grande sollievo che gli procurò scoprire che si trattava del sangue di Struan.

“Proseguiamo.”

“Cosa... cosa avete detto?”

“Proseguiamo per Kanagawa, è vicina, e la strada è facile. Vedo già alcuni templi, uno deve essere il nostro. Dovrebbe esserci una bandiera.” Secondo la tradizione giapponese le legazioni erano ospitate nei templi buddisti.

Soltanto templi e monasteri avevano un numero di stanze sufficienti e edifici adatti ad accogliere gruppi numerosi di persone, così la Bakufu aveva deciso di alloggiarvele fino a quando non fossero state costruite delle residenze private.

“Ce la fate, signor Struan? Io mi occupo del pony.”

“Sì”

Struan guardò la sua cavalcatura contorcersi disperatamente e cercare di correre ancora, ma con una zampa inutilizzabile non poteva andare lontano.

Era coperta di sangue.

Si fermò all'improvviso, rabbrividendo.

“Mettete fine alle sue sofferenze e poi ripartiamo.”

Tyrer non aveva mai sparato a un cavallo. Si asciugò il sudore dai palmi delle mani.

Il Derringer aveva due canne ed era caricato con due cartucce di bronzo nuovo modello.

Il pony si mosse ma non riuscì ad allontanarsi.

Tyrer gli accarezzò il muso con gentilezza, gli appoggiò la canna dell'arma all'orecchio e tirò il grilletto.

L'immediatezza della morte lo sorprese.

E lo sorprese anche il rumore dello sparo.

Ripose l'arma in una tasca.

Si asciugò un'altra volta il sudore dalle mani.

Si sentiva completamente immerso in un sogno.

“Faremo meglio a stare lontani dalla strada, signor Struan, meglio stare qui, al sicuro.”

Impiegarono molto più tempo di quanto Tyrer avesse previsto a causa dei canali d'irrigazione e dei corsi d'acqua da guadare.

Per ben due volte Struan sembrò sul punto di perdere coscienza, e Tyrer riuscì a stento a impedirgli di cadere.

I contadini nelle risaie fingevano di non vederli oppure li fissavano malamente e poi tornavano al loro lavoro.

Tyrer si limitò a maledirli e ad andare avanti.

Nel prime tempio c'erano soltanto pochi monaci buddisti spaventati, con i crani rasati e gli abiti arancioni, che si precipitarono nelle loro stanze più interne nel momento stesso in cui li avvistarono.

Nel cortile tuttavia c'era una fontanella, e Tyrer vi bevette dell'acqua fresca con gratitudine.

Poi riempì la tazza e la porse a Struan che l'accettò portandosela alle labbra senza nemmeno vederla, tanto soffriva.

“Grazie... quanta strada ancora?”

“Non molta” mentì Tyrer.

Non sapeva neppure quale direzione prendere ma era determinato a essere coraggioso.

“Siamo quasi arrivati.”

Qui il sentiero si biforcava, da una parte proseguiva verso la costa in direzione di un tempio che si ergeva al di sopra del villaggio, dall'altra si dirigeva verso la città e un altro tempio.

Seguendo l'istinto Tyrer scelse il sentiero verso la costa.

La stradina tortuosa per un tratto tornava su, se stessa e poi si dirigeva di nuovo a oriente; nell'intrico di vicoli non si vedeva anima viva ma sembrava che centinaia d'occhi spiassero da ogni anfratto.

Quando vide il cancello principale del tempio e la bandiere britannica e il soldato con l'uniforme rossa, Tyrer fu sul punto di scoppiare in lacrime per il sollievo e la felicità.

Finalmente qualcuno li vide e un soldato corse ad aiutarli mentre un altro militare si precipitava a chiamare il sergente della guardia.

E in un batter d'occhio il dottor Babcott era accanto a loro.

“Dio onnipotente, che cosa accidenti è successo?”

Raccontare era stato facile, c'era così poco da dire.

 

“Avete mai assistito a un intervento chirurgico?”

“No, dottore.” Babcott sorrise.

L'espressione del volto e le sue maniere erano gioviali mentre con abili mani spogliava il semincosciente

Malcolm Struan come fosse un bambino.

“Bene, tra poco vi assisterete, e non sarà un'esperienza inutile. Ho bisogno di aiuto e oggi qui non c'è nessuno che possa darmelo. Per l'ora di cena sarete di ritorno a Yokohama.”

“Io ci... ci proverò.”

“Probabilmente vi sentirete male, soprattutto per via dell'odore, ma non ve ne dovete preoccupare. Se dovete vomitare fatelo nel bacile, e non sul paziente.”

Babcott lo valutò con un'occhiata: si chiese se quel giovane gli sarebbe stato di qualche aiuto, riconoscendo il Suo terrore represso, e poi tornò a dedicarsi al lavoro.

“Prima gli daremo l'etere, dopo cominceremo. Avete detto che siete stato a Pechino?”

“Si signore. Per quattro mesi. Sono arrivato in Giappone qualche giorno fa via Shanghai.”

Tyrer era contento di poter conversare. Parlare distoglieva i suoi pensieri da quelle immagini tremende.

“Il Foreign Office riteneva che un breve periodo a Pechino dedicato all'apprendimento dei caratteri cinesi ci sarebbe stato d'aiuto con il giapponese.”

“Una perdita di tempo. Per parlare il giapponese, per leggerlo e scriverlo correttamente il cinese non serve, non serve a niente.”

Sistemò in una posizione più comoda il giovane inerte.

“Quante parole di giapponese conoscete?”

L'infelicità di Tyrer aumentò.

“Praticamente nessuna, signore. Ho imparato davvero poche parole. Ci hanno detto che a Pechino avremmo trovato grammatiche giapponesi e libri, invece non c'era niente.”

Malgrado fosse molto preoccupato per l'intervento che l'aspettava Babcott si fermò per un momento e rise.

“Le grammatiche sono rare come coglioni di drago e, che io sappia, non esiste altro dizionario di giapponese al di fuori di quello redatto da padre Alvito nel 1601, ed è in portoghese.

Non c'è nessun altro dizionario di cui io abbia mai sentito parlare oltre a quello a cui il reverendo Priny sta lavorando da anni.”

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