“Ci toglieremo i cappelli e ci inchineremo tre volte. E tu cosa farai?”
“Io, chèri?”
Angélique sorrise trovandolo molto attraente.
Ricordava ciò che il padre le aveva detto prima che partisse per Yokohama:
“Incoraggia questo Malcolm Struan, ma su cauta, cipollina mia. Io l'ho già fatto, anche se con discrezione. Sarebbe un magnifico marito per te, per questo ho acconsentito alla tua visita a Yokohama senza chaperon, se lui ti scorta in una delle sue navi. Tra tre giorni avrai diciotto anni, è ora che ti sposi. So che lui ne ha soltanto venti, è un pò troppo giovane per te, ma è intelligente, e quel che più conta è il primogenito e tra un anno o poco più erediterà la Nobil Casa... si dice che suo padre, Culum, il tai-pan, sia molto più ammalato di quanto la compagnia voglia ammettere pubblicamente”.
“Ma è inglese” aveva risposto lei pensierosa.
“Tu li detesti, papà, e dici sempre che dovrei odiarli anch'io. Li detesti, non è così?”
“Sì, cipollina mia, ma non pubblicamente. L'Inghilterra è il paese più ricco e più potente del mondo. In Asia sono i padroni, e la Struan è la Nobil Casa, mentre la Richaud Frères è soltanto una piccola società. Ne trarremmo benefici immensi se potessimo ottenere la loro concessione per la Francia. Prova a suggerirglielo.”
“Oh, non potrei papà, sarebbe come... non posso, papà.”
“Adesso non sei più una bambina, cucciolo mio. Sei una donna. Usa l'astuzia e sarà lui a suggerirtelo. Il nostro futuro dipende da te. Entro breve Malcolm Struan diventerà tai-pan. E tu, tu potresti essere al suo fianco...”
Certo, mi piacerebbe un marito così, pensò in quel momento.
Quanto è saggio papà!
Com'è magnifico essere francesi e quindi superiori.
E' facile trovare carino e persino amare questo Malcolm con quegli occhi strani e quell'espressione giovane e vecchia insieme.
Oh, spero sul serio che chieda la mia mano.
Con un sospiro tornò a dedicare la sua attenzione al momento presente.
“Chinerò il capo come facciamo al Bois per Sua Maestà, l'imperatore Luigi Napoleone. Cosa c'è, Phillip?”
“Forse faremmo meglio a tornare indietro” rispose Tyrer a disagio.
“Dicono che si innervosiscono se ci avviciniamo troppo ai loro principi.”
“Stupidaggini.”
Canterbury era sicuro di sé.
“Non c'è pericolo, non si è mai verificato un attacco del popolino, qua non siamo in India né in Africa né in Cina.
Come ho già detto i giapponesi sono decisamente succubi delle loro leggi. Siamo entro i limiti del trattato e faremo come facciamo sempre, cioè li lasceremo passare alzando il cappello cortesemente come faremmo davanti a qualsiasi potente, e poi proseguiremo.
Siete armato, signor Struan?”
“Naturalmente.”
“Io no” disse Angélique in tono petulante mentre osservava gli stendardi che si trovavano ormai a meno di cento metri da loro.
“Penso che anche le donne dovrebbero portare le pistole, se le portano gli uomini.”
Erano tutti sbalorditi.
“Dio non voglia. E voi Tyrer?”
Un pò a disagio, Tyrer mostrò a Canterbury il suo piccolo Derringer.
“Un regalo di addio di mio padre. Ma non l'ho mai usato.”
“Non ce ne sarà bisogno, l'unica cosa da cui ci si deve guardare sono i samurai solitari, quelli che girano soli o in coppia, i fanatici nemici degli stranieri. E dai ronin.
“ Poi senza riflettere Canterbury aggiunse: “Comunque non c'è niente di cui preoccuparsi, non abbiamo problemi da più di un anno”.
“Problemi? Che tipo di problemi?”
“Niente, niente” rispose Canterbury cercando di mascherare la gaffe per non preoccuparla.
“Qualche attacco da parte di pochi fanatici, uno o due, niente di importante.”
Angélique era corrucciata.
“Ma monsieur, Tyrer ha detto che c'è stato un attacco di massa alla Legazione britannica e che alcuni soldati sono stati uccisi. Questo non lo chiamate importante?”
“Sì, quello sì.”
Canterbury sorrise debolmente a Tyrer che lesse subito il messaggio: stupido idiota che vai a raccontare a una donna cose di questo genere! “Ma si trattava di una banda isolata di tagliagole. La burocrazia dello shògunato ha giurato che li prenderanno e li puniranno.”
Aveva parlato con convinzione ma non poteva non chiedersi di quanta parte della verità Struan e Tyrer fossero veramente al corrente: cinque uomini assassinati sulle strade di Yokohama durante il primo anno, l'anno dopo due russi, un ufficiale e un marinaio di una nave da guerra modello portoghese fatti a pezzi, sempre a Yokohama.
Alcuni mesi dopo due commercianti olandesi.
Poi il giovane interprete della Legazione britannica di Kanagawa pugnalato alle spalle e morto dissanguato.
Heusken, il segretario della Missione americana, massacrato mentre rientrava da una cena ufficiale alla Legazione prussiana.
E nell'ultimo anno un soldato britannico e un sergente con la gola tagliata davanti alla camera da letto del console generale!
Ognuno di questi omicidi è stato premeditato e non provocato, pensò, architettato e commesso da un samurai con due spade.
Non erano mai stati commessi come reazione a un'offesa subita e, quel che era peggio, mai nessuno di quei bastardi era stato catturato e punito dall'onnipotente Bakufu dello shògun malgrado tutte le urla dei capi delle legazioni e tutte le promesse giapponesi.
I nostri capi sono un maledetto mucchio di stupidi perdigiorno!
Se ordinassero alla flotta di distruggere Edo allora si che il terrore avrebbe fine, e noi potremmo finalmente dormire al sicuro nei nostri letti senza sentinelle e camminare lungo le nostre strade, qualsiasi strada, senza paura per la presenza di un samurai nei pressi.
I diplomatici sono soltanto leccapiedi e questo giovane cicisbeo ne è un perfetto esempio.
Guardò gli stendardi cercando di decifrarne gli ideogrammi.
I viaggiatori prostrati si alzavano quando il corteo era passato e riprendevano il cammino.
Quelli che procedevano nello stesso senso della colonna si mantenevano a una ragionevole distanza.
Loro quattro cominciavano a sentirsi a disagio così in sella, molto più alti delle due file di persone inginocchiate sulla strada, le teste affondate nella polvere, i posteriori all'aria.
I tre uomini cercavano di non prestare attenzione alle nudità dei giapponesi.
Erano imbarazzati dalla presenza di Angélique la quale, a sua volta, si sentiva a disagio.
Le file di samurai con gli stendardi si avvicinavano inesorabilmente.
Il corteo era composto di due colonne formate da circa cento uomini; seguivano altre bandiere e altre fila di uomini che circondavano un palanchino laccato di nero sorretto da otto uomini sudati.
Seguivano altri stendardi e altri samurai, dietro ai quali arrancavano i pony carichi di bagagli e una variegata folla di portatori sovraccarichi. Tutti i samurai indossavano un kimono grigio con un'insegna, tre peonie intrecciate, la stessa che c'era anche sugli stendardi, e portavano cappelli di paglia legati sotto il mento.
Alla cintura due spade, una corta e una lunga.
Qualcuno era armato di arco e frecce, o di moschetti ad avancarica.
Alcuni samurai indossavano vesti più ricche di altri.
Anche gli ultimi ormai stavano sfilando davanti ai quattro che sempre più sbalorditi vedevano cosa c'era dipinto sui volti di quegli uomini, dentro tutti quegli occhi fissi su di loro.
Fu Struan il primo a rompere l'incantesimo.
“Penso che faremmo meglio ad allontanarci...”
Ma prima che potessero muoversi un giovane samurai ben piantato ruppe le fila e si precipitò verso di loro, seguito a pochi passi da un compagno, frapponendosi tra loro e il palanchino che si avvicinava.
Soffocando per la rabbia, il primo samurai scagliò al suolo lo stendardo e imprecò contro gli stranieri perchè se ne andassero.
La sua rabbia subitanea e fiammeggiante ottenne l'effetto di paralizzarli. Le due colonne del corteo sbandarono per un attimo per poi riprendere la cadenza della marcia e continuare a sfilare.
La gente prostrata in ginocchio non si mosse.
Regnava un silenzio pesante e gravido di minaccia, rotto soltanto dal suono dei piedi in marcia.
Il samurai urlò altre invettive.
Canterbury, che era il più vicino, nauseato dalla paura cominciò a girare la sua cavalcatura.
Ma la manovra inavvertitamente lo diresse verso il palanchino anziché nell'altra direzione.
Fulmineo, il samurai sguainò la sua spada feroce e il grido di “sonno-joi” si lanciò contro il mercante nell'istante stesso in cui l'altro samurai si lanciava verso Struan.
Il colpo staccò il braccio di Canterbury proprio sopra il bicipite entrandogli nel fianco.
Il mercante guardò incredulo il moncherino mentre il sangue schizzava su Angélique.
La spada si abbatté su di lui con un secondo brutale fendente.
Struan intanto si affannava senza successo a estrarre il suo revolver, mentre l'altro samurai lo assaliva con la lame alzata.
Più per fortuna che per abilità riuscì a schivare un colpo che lo ferì solo di striscio sulla gamba sinistra affondando nella spalle del suo pony.
Con un nitrito tremendo l'animale cercò di retrocedere scaraventando a terra il samurai.
Presa finalmente la mira, Struan tirò il grilletto della piccole colt, ma il pony continuava a retrocedere e il proiettile finì nell'aria senza colpire nessuno.
In preda al panico, Struan cercava di tenere l'animale fermo e di mirare ancora senza rendersi conto che ora il primo samurai lo stava attaccando sul fianco non protetto.
“Attentooo!” gridò Tyrer ritornato improvvisamente in sé.
Era accaduto tutto talmente in fretta che gli sembrava di aver soltanto immaginato l'orrore: Canterbury agonizzante al suolo, il suo pony in fuga, la ragazza impietrita in sella, Struan che puntava la pistola per la seconda volta e la spada crudele che calava sul suo lato scoperto.
Vide Struan reagire all'avvertimento, il pony terrorizzato scartare e il colpo mortale deviato in qualche modo dal pomo o dalla briglia mentre la lama lo colpiva al fianco.
Vacillando sulla sella, Struan gridò di dolore.
Quell'urlo sortì l'effetto di galvanizzare Tyrer.
Spronando la sua cavalcatura si lanciò contro l'attaccante di Struan.
Con un balzo l'uomo si mise in salvo e vedendo la ragazza si precipitò verso di lei brandendo la spada.
Tyrer fermò il suo pony terrorizzato e vide Angélique fissare il samurai in preda a un orrore che le impediva di muoversi.
“Via di qui, cercate aiuto!” le gridò, poi tornò a caricare il samurai che, dopo essere sfuggito un'altra volta all'assalto, lo fronteggiò con la spada in posizione di attacco.
Il tempo sembrò rallentare la sua corsa.
Phillip Tyrer sapeva di essere spacciato.
Tuttavia ciò non aveva alcuna importanza, perchè Angélique stava già galoppando lontano.
Aveva completamente dimenticato il suo Derringer.
Non c'era via di scampo, né tempo per fuggire.
Per una frazione di secondo il giovane samurai esitò esultando nel trionfo della violenza, poi balzò in avanti.
Impotente, Tyrer cercò di schivare l'attacco.
Poi un'esplosione, il proiettile colpì l'uomo proteso e la spada mancò l'obiettivo ferendo un braccio di Tyrer in modo solo superficiale.
Tyrer non riusciva a credere d'essere ancora vivo, poi vide Struan barcollare mentre il sangue gli sgorgava dalla ferita nel fianco.
Cercava di puntare la pistola sull'altro samurai mentre il suo pony si contorceva e saltava.
Struan sparò, ma la pistola era troppo vicina all'orecchio dell'animale, e il colpo lo fece imbizzarrire lanciandolo al gran galoppo mentre Struan si manteneva in sella a stento.
Immediatamente il samurai si scagliò contro Tyrer che vedendo una via di scampo spronò il suo pony allontanandosi dalla strada verso settentrione, all'inseguimento di Struan.
“Sonno-joììì!” gridò il samurai furente, guardandoli darsi alla fuga.
John Canterbury si contorceva gemendo sulla strada accanto ad alcuni viaggiatori pietrificati, chini nella polvere senza fiatare.
Dopo aver allontanato con un calcio rabbioso il cilindro di Canterbury il giovane samurai lo decapitò con un colpo secco.
Poi con grande cura ripulì la spada sulla finanziera del mercante e la ripose nel fodero.
E nel frattempo il corteo continuava a sfilare come se tutto fosse normale, come se niente fosse accaduto, gli occhi che vedevano ogni cosa e non vedevano niente.
Nessuno dei viaggiatori girò la testa.
L'altro giovane samurai, seduto a gambe incrociate sul ciglio della strada, era intento ad arrestare con il kimono arrotolato l'emorragia della spalla. La spada ancora insanguinata giaceva sul suo grembo.
Il suo compagno gli si avvicinò e l'aiutò a rialzarsi.
Ripulì per lui la spada sul kimono della persona inginocchiata più vicina, un'anziana donna che rabbrividì in preda al terrore senza alzare la testa dalla polvere.
I due samurai erano giovani e molto robusti.
Dopo essersi scambiati un sorriso esaminarono la ferita.
Il proiettile si era infilato nel muscolo della parte superiore del braccio. L'osso non era stato sfiorato.
Shorin, il più anziano dei due, disse: “La ferita è pulita, Ori”.
“Avremmo dovuto ucciderli tutti.
“Karma.”
In quell'istante il gruppo più nutrito di samurai e il palanchino sorretto dagli otto terrorizzati portatori cominciò a sfilare, e tutti si comportarono come se i due uomini fermi sul ciglio della strada e il cadavere non esistessero.
I due giovani tuttavia si inchinarono con grande deferenza.
La minuscola finestrella del palanchino si aprì per richiudersi subito.
Capitolo 2
†
“Ecco, signor Struan, bevete questo” disse il dottore con gentilezza troneggiando con la sua mole imponente sul piccolo letto da campo.
Nella sala operatoria della Legazione britannica di Kanagawa il dottore era riuscito ad arrestare l'emorragia quasi del tutto.
Tyrer, arrivato con Struan da poco più di mezz'ora, era accasciato su una sedia accanto alla finestra.