Gai-Jin (118 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Uff! Bella speranza...

“Un rublo per i vostri pensieri, sir William” disse il conte Zergeyev con un sorriso, offrendogli una bottiglietta d'argento ornata a sbalzo con lo stemma di famiglia in oro. “La vodka aiuta a pensare.”

“Grazie.”

Sir William ne bevve un sorso infuocato, che gli riportò alla memoria il magnifico soggiorno all'ambasciata di San Pietroburgo, quando aveva più o meno venticinque anni; quello si era un vero centro di potere, non un avamposto come Yokohama. Si beveva, si faceva baldoria, e poi i balli, la danza classica e le dacie, la vita notturna e il lusso, seppure per pochi, la tensione e gli intrighi, le cene prelibate e Vertinskya, che non aveva mai dimenticato.

Era stata la sua amante per cinque dei sette anni di permanenza in Russia. Figlia minore di uno dei gioiellieri favoriti di corte, era un'artista, come suo padre. La loro relazione era vista con favore dal padre di lei e anche dalla madre di sir William, di origine russa, che stravedeva per la giovane e lo incoraggiava a sposarla.

“Mi dispiace mamma, non è proprio possibile, anche se la amo molto il corpo diplomatico non me lo consentirebbe mai. Mi sposerò con Daphne, la figlia di sir Roger. Mi dispiace... “ Bevve un altro sorso, addolorato come al momento della separazione. “Stavo pensando a Vertinskya” disse in russo.

“Ah! Sì, le ragazze della Madre Russia sono speciali” rispose comprensivo Zergeyev nella stessa lingua. “Il loro amore, se avete la fortuna di possederlo, dura per l'eternità.” L'ambiente diplomatico sorrideva di quella relazione che era ben nota anche alla Ceka, la polizia segreta dello zar; Zergeyev infatti ne era venuto a conoscenza leggendo il dossier su sir William. E stata stupida a togliersi la vita, pensò, sempre in dubbio se sir William fosse al corrente che la ragazza si era suicidata poco dopo il ritorno di lui a Londra.

Quell'episodio non faceva parte del piano, e non era suo dovere comunicarglielo. Perché lo avrà fatto? Per questo bifolco? Non è possibile, ma qualsiasi sia stata la ragione, è un peccato, quella ragazza sarebbe stata utile, a lui come a noi, per molti anni ancora.

“Magari il vostro Foreign Office vi rispedisce là. Ci sono tante altre Vertinskya.”

“Temo che non sia molto probabile...”

“Continuiamo a sperarlo. E speriamo anche, mon ami, che il vostro Lord Palmerston capisca le nostre rivendicazioni sulle Kurili. Le Kurili, come i Dardanelli, dovrebbero appartenere alla Russia.” Sir William notò un bagliore negli occhi scuri del russo. “Sono portato a credere che non vi siano grandi possibilità.”

Un fischio segnò la fine del primo tempo, concluso con un punteggio di due pari, e intorno al campo si levò un boato di critiche, lodi e promesse di tremende punizioni per chi avesse perso. Marlowe si avvicinò a Jamie. “Credete che il signor Struan e la signorina Angélique accetterebbero il mio invito a pranzo sulla Pearl e una gita in mare di un giorno?” chiese, fingendo che si trattasse di una pensata improvvisa.

“Devo fare delle prove, non appena la flotta tornerà, e sarei felice di ospitarli a bordo.”

“Credo che accetterebbero volentieri, perchè non glielo domandate direttamente?”

“Qual è il momento migliore?”

“Tutti i giorni, intorno alle undici, o prima di cena.”

“Grazie, grazie mille.” Marlowe sorrise, poi notò il pallore di Jamie.

“Ma vi sentite bene?”

“Sì, grazie.” Jamie si sforzò di sorridere e si allontanò.

Rifletteva sul suo futuro. Alcune settimane prima aveva scritto alla sua fidanzata, Maureen Ross, in Scozia, alla quale era legato da cinque anni e che non vedeva da tre, dicendole di non aspettarlo più: gli dispiaceva ed era stato ignobile da parte sua averla tenuta impegnata così a lungo, ma si era definitivamente convinto che l'Oriente non fosse adatto a una signora ed era altrettanto deciso a rimanere in Asia.

A Yokohama, Hong Kong o Shanghai si sentiva a casa e non aveva intenzione di partire. Sì, sapeva di essersi comportato male con lei, ma il loro fidanzamento doveva finire. Quella sarebbe stata la sua ultima lettera.

Aveva sofferto di nausea per giorni, prima di scriverla, dopo averla scritta e quando aveva visto il postale prendere il mare. Ma era sicuro del fatto suo. Quel capitolo della sua vita era chiuso. E adesso era anche finito il fulgido capitolo della Struan, insieme alla prospettiva della promozione per l'anno seguente. Dio santissimo! Malcolm non tornerà a Hong Kong, mi restano solo poche settimane per decidere cosa fare. Poi c'è il problema di Norbert, che sarà qui prima di allora. E poi? Si affronteranno davvero in duello? Quello che succederà dipenderà dalla sorte, ma io dovrò fare del mio meglio per proteggere Malcolm.

Un nuovo lavoro! Dove? Mi piacerebbe fermarmi qui, qui c'è Nemi, si vive bene e si possono fare grandi progetti per il futuro. Hong Kong e Shanghai sono già quasi tutte costruite, la rete delle conoscenze familiari è solida, addirittura fantastica se ti chiami Struan, Brock o Cooper, ma impossibile da penetrare per un nuovo arrivato.

L'ipotesi migliore è quella di fermarsi qui. Ma con chi? Con Dmitri alla Cooper-Tillman? Mi prenderebbero?

Sì, ma non al vertice. Con la Brock? Oh sì, ci ho pensato, quando lei si è dimostrata così sleale, ma neppure loro mi affiderebbero una carica importante, perlomeno finché c'è Norbert. Certo che se Malcolm lo uccidesse sarebbe una bella rivincita!

Lunkchurch? Sì, sicuramente, ma chi vorrebbe lavorare per quella canaglia maleducata? E se ti mettessi per conto tuo? Sarebbe la soluzione migliore, ma anche la più rischiosa, chi ti finanzierebbe?

Ho bisogno di denaro, ne ho messo da parte un pò, ma non abbastanza. Me ne serve molto per cominciare, poi per procurarmi le lettere di credito e le assicurazioni, per sistemare i miei agenti a Londra, San Francisco, Hong Kong, Shanghai e in tutta l'Asia, a Parigi e... a San Pietroburgo. Non dimenticare che i russi sono importanti acquirenti di tè, in cambio ti daranno zibellini e pellicce di ogni genere con profitti vantaggiosissimi: hai ottimi contatti con l'Alaska russa e le loro basi commerciali al sud della costa americana occidentale.

E' una buona idea, ma rischiosa, tra l'acquisto, la vendita e il profitto i tempi sono lunghi, e le navi devono affrontare molti pericoli, quante ne vengono inghiottite dal mare o attaccate dai pirati...

Poco lontano anche Phillip Tyrer fissava l'orizzonte. Pensava a Fujiko e per poco non gli sfuggì un lamento.

La sera prima, con l'aiuto dell'amico Nakama, aveva tentato di ottenerla in esclusiva, ma Raiko aveva alzato gli occhi al cielo e scosso la testa dicendo, oh, spiacente, dubito che sia possibile, la ragazza è così preziosa, molti gai-jin la desiderano, gai-jin molto importanti, sottintendendo che anche sir William fosse un suo cliente occasionale pur non nominandolo direttamente.

Quella possibilità aveva inquietato Tyrer accrescendo la sua ansia.

Raiko aveva aggiunto che, prima di discutere di questioni economiche e altri dettagli, avrebbe dovuto consultarsi con Fujiko, e con sgomento di Tyrer precisò che non avrebbe più dovuto vederla finché l'eventuale contratto non fosse stato concluso. Gli fu necessaria un'altra ora di trattative per pervenire al compromesso che Nakama gli aveva suggerito: un periodo di transizione, nel quale non avrebbe mai accennato alla questione con Fujiko quando si incontrava con lei, perchè tutte le trattative erano una responsabilità della mama-san.

Grazie a Dio c'è Nakama, si disse sudando come allora, stavo per mandare tutto all'aria. Se non fosse stato per lui...

Il suo sguardo tornò ad abbracciare la realtà: vide Seratard e André Poncin immersi in una conversazione privata e, poco lontano, Erlicher, il ministro svizzero, che conversava in atteggiamento confidenziale con Johann, molto concentrato.

Cos'avranno di così importante da dirsi durante una partita di calcio, si chiese, imponendosi di non sognare più a occhi aperti, di essere adulto, di ricordarsi il dovere assunto nei confronti della Corona e di sir William, e che in Giappone le cose non erano semplici. Fujiko poteva aspettare fino a sera, quando forse lui avrebbe ottenuto una risposta.

Maledetto Johann! Ora che l'astuto svizzero lasciava il posto di interprete, Tyrer si trovava sommerso di lavoro, con pochissimo tempo per dormire e per distrarsi. E ancora quella mattina, pensò amareggiato, sir William lo aveva aggredito in modo ingiusto: “Per l'amor di Dio, Phillip, dedicate più ore al vostro impegno.

A noi serve che voi impariate quanto prima il giapponese, e che Nakama impari quanto prima l'inglese.

Guadagnatevi il pane quotidiano, smettetela di essere così svogliato, stimolate Nakama e fate in modo che si guadagni il pane anche lui o lo caccerò via!”.

 

Nella Legazione, Hiraga leggeva ad alta voce la lettera scritta da Tyrer per sir William e tradotta con il suo aiuto.

Doveva essere consegnata alla Bakufu l'indomani. Sebbene molte parole gli risultassero ancora incomprensibili, aveva fatto grandi progressi: “Sei portato per l'inglese, Nakama” ripeteva spesso Tyrer; e lui, che di solito disdegnava elogi e critiche da parte dei gai-jin, si sentiva gratificato da quel complimento.

Nelle ultime settimane aveva passato la maggior parte delle ore di veglia a macinare parole e frasi e a ripeterle all'infinito, tanto che nei suoi sogni le due lingue si confondevano.

“Perché ti rompi la testa in questo modo, cugino?” gli aveva chiesto Akimoto.

“Devo imparare l'inglese il più in fretta possibile. Non ho molto tempo, il capo gai-jin è severo e ha un pessimo carattere, non so per quanto ancora potrò fermarmi. Eppure, Akimoto, chissà di quante informazioni potrei impossessarmi se imparassi a leggere. Non puoi immaginare come sono stupidi rispetto ai loro segreti. Centinaia di libri, opuscoli e documenti sono sparsi dovunque, a mia disposizione, posso leggerli quando voglio, e questo Taira risponde a tutte le mie domande.”

La conversazione era avvenuta la sera prima nel loro rifugio nel villaggio: Hiraga si era avvolto un asciugamano fresco intorno alla testa che gli doleva. Non era più confinato alla Legazione. Ora era libero di tornare al villaggio, se lo desiderava, ma spesso era troppo stanco e si fermava a dormire nella casetta che Tyrer condivideva con Babcott.

Inevitabilmente George Babcott era stato informato sul suo conto.

“Fantastico! Nakama potrà aiutarmi a migliorare il mio giapponese e darmi una mano per il mio dizionario!

Fantastico, organizzerò delle lezioni e un corso accelerato!” Il metodo di Babcott era originale: poiché il dottore considerava lo studio un divertimento, trasformò il loro sforzo in un gioco in cui si faceva a gara per vedere chi imparava prima. Era un approccio totalmente nuovo per Hiraga e Tyrer, per i quali lo studio era una cosa seria e imparare significava ripetizione meccanica e perfetta, magari stimolata dal frustino.

“E come passa veloce il tempo delle lezioni, Akimoto. Sta diventando ogni giorno più facile. Faremo così nelle nostre scuole quando sonno-joi avrà vinto.

Akimoto rise. “Insegnanti affettuosi e gentili? Niente frustino e bastone?

Mai! Dimmi piuttosto, che notizie ci sono riguardo alla fregata?” Hiraga aveva riferito ad Akimoto della promessa fatta da Tyrer di chiedere a un capitano il permesso di portare a bordo due amici, uno dei quali, Akimoto, sarebbe stato presentato come il figlio di una ricca famiglia di costruttori navali choshu, in visita per alcuni giorni, che in futuro si sarebbe potuto rivelare un interlocutore prezioso.

Dalla finestra aperta Hiraga udiva le grida dei tifosi alla partita di calcio. Sospirò e prese con reverenza il dizionario manoscritto di Babcott.

Quello era il primo dizionario che Hiraga vedeva in vita sua, ma anche il primo esemplare inglese giapponese, giapponese inglese mai scritto. Babcott aveva compilato una lista di parole e di frasi raccolte da lui stesso presso preti e mercanti, sia cattolici che protestanti, e di altre già tradotte dal giapponese in olandese.

Per il momento il libro era scarno, ma l'elenco cresceva di giorno in giorno e Hiraga ne era affascinato.

Una leggenda narrava che più o meno due secoli prima un prete gesuita di nome Tsukku-san aveva compilato una sorta di dizionario portoghese giapponese. Prima di allora non si era mai visto niente di simile.

Col tempo, furono stilati alcuni dizionari olandese giapponese, custoditi gelosamente.

“Questo non c'è bisogno di nasconderlo, Nakama” aveva detto Babcott il giorno prima, “noi inglesi non facciamo così. Le parole vanno diffuse, perchè tutti possano imparare. Quanto più gli abitanti sono istruiti tanto più prospero è il paese.” Sorrise.

“Certo, non tutti sono d'accordo con me. In ogni caso la settimana prossima con l'aiuto delle nostre stampatrici, io...”

“Spiacente, stampatrici?” Babcott spiegò. “Presto cominceremo a stampare, e se tu mi prometti di scrivere la storia di Choshu, io prometto che ti darò una copia del mio dizionario tutta per te.” Circa una settimana prima, sbalordito, Hiraga aveva mostrato ad Akimoto una copia del “Yokohama Guardian”. “Sono le notizie del giorno, da tutto il mondo, e loro ne fanno una versione nuova ogni giorno, in quante copie vogliono, anche migliaia se necessario...”

“Impossibile!” sbottò Akimoto. “I nostri migliori stampatori...”

“Li ho visti io! Lo fanno con le macchine, Akimoto. Mi hanno mostrato le loro macchine! Compongono tutte le parole in fila, loro leggono da sinistra a destra, al contrario di noi che leggiamo da destra a sinistra e in verticale, colonna dopo colonna. Incredibile. Ho visto l'uomo della macchina comporre le parole con simboli distinti, chiamati 'lettere romane'. Dicono che con quei ventisei simboli possono scrivere tutte le parole di qualsiasi lingua e...”

“Impossibile.”

“Ascolta! Ogni lettera o simbolo ha sempre lo stesso suono, così un'altra persona può leggere le lettere a una a una e anche le parole che compongono quando sono unite. Per fare questo 'giornale' lo stampatore mette insieme tanti piccoli pezzi di ferro con il simbolo ritagliato sopra, scusa, non ferro, una specie di ferro chiamato 'acciaio', un nome così. Ho visto l'uomo mettere le lettere in una scatola che veniva sporcata con inchiostro, il foglio è stato premuto sopra ed è uscita una pagina stampata con quello che io avevo scritto un attimo prima. Taira me l'ha letto ed era esatto! E un miracolo.”

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