Gai-Jin (2 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Il capitano Pallidar aveva ventiquattro anni e adorava il suo reggimento. Guardò il gruppo eterogeneo dei mercanti con malcelato disprezzo. “Suggerisco che tutti voi... signori... cominciate le vostre ricerche in gruppetti divisi ma senza mai perdervi di vista. Brown, tu vai con il primo gruppo e cerca tra quei boschetti. Sergente, voi siete il responsabile della spedizione.”

“Signorsì. Avanti, voi.”

McFay si sfilò la giacca e ricoprì quel che restava del corpo di Canterbury, poi rimontò sul suo pony e in compagnia dell'amico americano si affrettò verso nord in direzione di Kanagawa.

Alcune ore prima i tre uomini e Angélique avevano varcato il cancello principale superando la Dogana e, salutate con disinvoltura le guardie che avevano fatto un negligente inchino di risposta, si erano addentrati al trotto nella terraferma lungo sentieri serpeggianti che conducevano alla Tokaidò.

Erano tutti cavalieri esperti e montavano agili animali.

In onore di Angélique indossavano i loro abiti e cilindri migliori ed erano invidiati da tutti gli uomini dell'insediamento: centodiciassette europei residenti tra diplomatici, mercanti, macellai, negozianti, fabbri, maestri d'ascia, armatori, avventurieri, giocatori, molti perdigiorno mantenuti in Asia dalle famiglie che li preferivano lontani.

Soprattutto inglesi, con alcuni contabili eurasiatici o cinesi, qualche americano, pochi francesi, olandesi, tedeschi, russi, australiani e un solo svizzero, e tre donne soltanto, tutte signore in età, due inglesi mogli di mercanti e una madame della Città Ubriaca come veniva chiamato il quartiere popolare.

Nessun bambino.

Circa cinquanta o sessanta servi cinesi.

John Canterbury, un mercante inglese di bell'aspetto con il volto coperto di rughe, faceva loro da guida.

Lo scopo dell'escursione era di mostrare a Phillip Tyrer il percorso via terra che conduceva a Kanagawa dove, di tanto in tanto, avevano luogo gli incontri con gli ufficiali giapponesi, entro i confini della zona concessa all'Insediamento.

Tyrer era un giovanotto di ventun anni arrivato il giorno prima da Londra via Pechino e Shanghai per assumere l'incarico di studente interprete presso la legazione britannica.

Quel mattino, sentendo gli altri due parlare della gita al circolo, Malcolm Struan aveva detto: “Posso essere dei vostri, signor Canterbury, signor Tyrer? E' un giorno perfetto per ammirare il panorama, e mi piacerebbe chiedere alla signorina Richaud di unirsi a noi... Non ha ancora visto granché della campagna”.

“Ne saremmo onorati, signor Struan.”

Canterbury aveva ringraziato la sua buona stella.

“Siete entrambi benvenuti. E' una buona passeggiata anche se non c'è granché da vedere per una signora.”

“Come?” aveva chiesto Tyrer.

“Kanagawa è sempre stato un villaggio indaffarato, una stazione di cambio per viaggiatori in arrivo o in partenza da Edo attivo da molti secoli, dicono.

E' ben fornito di Case da Tè, come chiamano i bordelli qui.

Alcuni di loro meritano una visita, anche se non sempre noi occidentali siamo benvenuti come dal nostro Yoshiwara di là dell'acquitrino.”

“Postriboli?” Gli altri due avevano riso dell'aria perplessa di Tyrer. “Esattamente, signor Tyrer” era stata la risposta di Canterbury. “Ma non assomigliano ai tuguri e ai lupanari di Londra o di qualsiasi altro posto il mondo, sono posti molto speciali. Lo scoprirete presto; anche se qui è tradizione avere la propria amante, se ci si può permettere di mantenerla.

“Io non ne sarò mai in grado.”

Canterbury aveva riso. “Non è detto. Grazie a Dio il tasso di cambio ci favorisce, oh, parola mia! Quel vecchio yankee di Townsend Harris era un accorto bastardo.”

Si era illuminato al pensiero.

Harris era stato il primo console generale americano nominato due anni dopo l'apertura del Giappone al mondo esterno, voluta e imposta dal Commodoro Perry nel '53 e poi nel '56 con le sue quattro Navi Nere, le prime navi a vapore viste in acque giapponesi.

Quattro anni prima, dopo anni di negoziati, Harris aveva ottenuto un trattato, poi ratificato anche dalle maggiori potenze mondiali, che garantiva l'accesso ad alcuni porti.

Il trattato stabiliva inoltre un tasso di cambio molto favorevole tra il mex d'argento, il dollaro d'argento messicano, moneta universale di scambio in Asia, e l'oban d'oro giapponese, cosicché se si cambiavano mex per oban e si ricambiavano poi questi ultimi in mex si riusciva a raddoppiare o triplicare il proprio guadagno.

“Facciamo uno spuntino veloce e poi partiamo” aveva proposto Canterbury.

“E saremo di ritorno per la cena, signor Struan.”

“Eccellente. Forse voi due vorrete unirvi a me nella sala da pranzo della compagnia? Offro un piccolo ricevimento in onore di mademoiselle Richaud.”

“Grazie davvero. Ne deduco che il tai-pan sta meglio?”

“Si, molto meglio, mio padre si è ripreso bene.”

Non è quello che abbiamo saputo dalla posta arrivata ieri, aveva pensato John Canterbury.

Era preoccupato perchè ciò che toccava la Nobil Casa, così la Struan and Company veniva chiamata in tutto il mondo si rifletteva su tutti loro. Secondo le voci il tuo vecchio ha avuto un altro colpo. Joss, destino.

Non fa niente.

A uno come me non capita spesso di poter chiacchierare con il futuro tai-pan o con un angelo come quella ragazza.

Sarà una giornata speciale.

Una volta in viaggio era diventato persino più affabile.

“Oh, signor Struan, vi... vi fermerete a lungo qui da noi?”

“Più o meno per un'altra settimana, poi me ne torno a Hong Kong.” Struan era il più alto e il più aitante dei tre.

Ma gli occhi d'un azzurro pallido e i lunghi capelli castanorossiccio fermati in una coda di cavallo contribuivano a dargli un'aria vecchia per i suoi vent'anni.

“Non c'è nessun motivo perchè io mi fermi, siamo in ottime mani con Jamie McFay, ha fatto un ottimo lavoro per noi, aprendo il Giappone.”

“E' un gentiluomo, signor Struan, su questo non c'è dubbio. Il migliore. La signora partirà con lei?”

“Ah, la signorina Richaud. In effetti credo che farà ritorno con me... anzi lo spero. Suo padre mi ha chiesto di prendermi cura di lei, anche se, mentre si trova qui, è sotto la tutela del ministro francese” rispose con leggerezza fingendo di non notare il bagliore improvviso negli occhi dell'altro o che Tyrer fosse immerso in una fitta conversazione in francese, lingua che lui invece parlava con molta approssimazione, con Angélique, già stregato dal suo fascino.

Non condannare Canterbury né nessun altro, pensò divertito tra sé, poi si slanciò in avanti per far spazio agli altri quando la strada si strinse a imbuto.

Il terreno era punteggiato da boschetti di bambú e macchie d'alberi che si tingevano già dei colori dell'autunno.

C'erano molte anatre e varia selvaggina in volo sulle risaie coltivate intensamente su terra bonificata.

Sentieri stretti e rigagnoli ovunque; la puzza dello sterco umano, il solo fertilizzante usato in Giappone, onnipresente.

Benché una fresca brezza marina ripulisse l'aria anche dei residui dell'umidità estiva allontanando zanzare, mosche e altri insetti, Tyrer e la ragazza si tenevano un fazzoletto imbevuto di colonia premuto sul naso. Le colline lontane coperte di fitte foreste sembravano un broccato rosso, oro e marrone: betulle, larici scarlatti e gialli, aceri, rododendri selvatici, cedri e pini.

“E' bellissimo laggiù, non credete, monsieur Tyrer? E' un peccato che non si possa vedere meglio il monte Fuji.”

“Oui, demain, il est là! Mais mon Dieu, mademoiselle, quelle senteur.

Che puzza, ripeté Tyrer allegramente nel suo ottimo francese, indispensabile per ogni diplomatico.

Con indifferenza Canterbury si accostò ad Angélique separandola dal giovanotto.

“Vi sentite bene, mademoiselle?”

“Oh, si, grazie, ma non mi dispiacerebbe galoppare. Sono così felice di essere uscita dall'Insediamento.”

Era arrivata due settimane prima con Malcolm Struan sul vapore bimestrale della Struan e da allora era stata sempre sottoposta a una rigida sorveglianza.

E giustamente, stava pensando Canterbury, perchè a Yokohama circolavano molti relitti umani e molti balordi, e a essere onesti di tanto in tanto capitava a curiosare anche un pirata.

“Quando torniamo se volete potremo fare un giro della pista.”

“Oh, sarebbe fantastico, grazie.”

“Parlate un inglese perfetto, signorina Angélique, e il vostro accento è adorabile. Avete frequentato le scuole in Inghilterra?”

“Là, signor Canterbury, voi esagerate” rise lei, e un'ondata di calore assalì il mercante, stimolato dalla purezza della sua pelle e dalla sua bellezza. “Non sono mai stata neppure un giorno nel vostro paese. Mio fratello e io siamo stati allevati da zia Emma e zio Michel; la zia è inglese e si è sempre rifiutata di imparare il francese. Per me è stata più una madre che una zia.” Un'ombra attraversò il suo volto.

“Mia madre morì dando alla luce mio fratello e mio padre parti per l'Asia.

“Oh, mi dispiace.”

“E' stato molto tempo fa, monsieur, e quando penso alla mia cara zia la chiamo mamma.”

Il suo pony diede uno strattone alle redini e lei corresse d'istinto la direzione.

“Sono stata molto fortunata.”

“Questa è la vostra prima visita in Asia?”

In realtà Canterbury conosceva già la risposta ed era al corrente di molte altre cose sul suo conto, ma non smetteva di rivolgerle domande solo per il piacere di sentirla parlare.

“Si, è la mia prima visita.”

Ancora una volta il suo sorriso lo infiammò.

“Mio padre commercia per la Cina nella vostra colonia di Hong Kong e io sono venuta a trovarlo per la stagione. Mio padre e monsieur Seratard, che gentilmente ha organizzato questo mio viaggio, sono amici.

Forse lei conosce mio padre, Guy Richaud della Richaud Frerès?”

“Ma naturalmente, un gentiluomo”, rispose Canterbury con garbo pur non avendo mai incontrato il padre della ragazza.

Sul suo conto sapeva soltanto ciò che si diceva in giro: che era un donnaiolo, un francese senza arte né parte che da qualche anno abitava a Hong Kong dove sbarcava a stento il lunario.

“Siamo tutti onorati della vostra visita. Forse posso offrire una cena in vostro onore al club?”

“Grazie, lo chiederò al mio ospite, monsieur Seratard.”

Angélique notò Struan che da lontano si girava a guardarla e gli fece un allegro cenno di saluto.

“Il signor Struan è stato così gentile da scortarmi fin qui.”

“Davvero?”

Canterbury era perfettamente al corrente anche di questo e si fermò a riflettere sul conto della ragazza, sulla possibilità di catturare e conservare e permettersi un simile tesoro, nonché sul brillante e giovane Struan che aveva tutte le carte in regola per riuscire nell'impresa, sulle voci che correvano circa la lotta per il dominio tra la Struan e la sua rivale più agguerrita, Brock and Sons, una rivalità che si era riaccesa in tempi recenti per qualcosa che aveva a che fare con la guerra civile americana cominciata l'anno prima.

I guadagni saranno enormi, niente è propizio agli affari quanto una guerra, e i due contendenti si stanno già sbranando come lupi.

Il Sud sarà un osso duro per l'Unione...

“Angélique, guarda!” Struan fermò la sua cavalcatura e indicò oltre il dosso a un centinaio di metri la strada principale.

Si avvicinarono tutti.

“Non avrei mai immaginato che la Tokaida fosse così grande e tanto affollata” disse Philip Tyrer.

Fatta eccezione per pochi pony, i viaggiatori procedevano a piedi.

“Ma... ma dove sono i carri, i carretti, le carriole? E soprattutto” esclamò la ragazza, “dove sono i mendicanti?”

Struan rise.

“La risposta è facile, Angélique. Sono proibiti, come quasi tutto in questo paese. Nessun mezzo di trasporto su ruote è autorizzato in Giappone.

Ordini dello shògun.

Nessuno!”

“Ma perché?”

“E' un modo molto economico e sicuro per tenere la popolazione sotto controllo, non ti sembra?”

“Certamente” rispose Canterbury con una risata sardonica. Poi si avviò verso la strada.

“E a questo bisogna aggiungere che qui ogni Tom, Dick o Mary, ricco o povero non importa, deve portar con sé i documenti per il viaggio, veri e propri lasciapassare, anche se vuole soltanto uscire dal villaggio, e la stessa regola vale per principi e poveri.

E guardate i samurai... sono i soli a poter portare armi.”

“Ma senza diligenze e ferrovie come può funzionare il paese?”

Tyrer non capiva.

“Funziona alla giapponese” ribattè Canterbury.

“Non dimenticate mai che qui c'è un modo solo di fare le cose.

Uno solo. Il loro.

I giapponesi non sono come gli altri, e certo non come i cinesi, giusto signor Struan?”

“In effetti sono diversi.”

“Niente ruote da nessuna parte, signorina. Perciò tutto, tutte le merci, il cibo, il pesce, la carne, il materiale per le costruzioni, ogni sacco di riso, ogni bastoncino di legno, balla di cotone, scatola di tè, barilotto di polvere da sparo, e ogni uomo, donna o bambino che se lo possa permettere, deve essere trasportato sulla schiena di qualcuno oppure andare via acqua, cioè via mare perchè qui non hanno nessun fiume navigabile, dicono, ma soltanto migliaia di ruscelli.”

“Ma nell'Insediamento? Nell'Insediamento i mezzi su ruote sono consentiti, signor Canterbury.”

“Si, sicuramente, signorina, abbiamo tutte le ruote che vogliamo, anche se la loro polizia ha piantato grane a non finire... mi scusi, signorina” aggiunse in fretta con un leggero imbarazzo, “non siamo abituati alle signore da queste parti. Come vi stavo dicendo, la polizia giapponese, che si chiama Bakufu ed è un pò come il nostro servizio civile, si è opposta per anni, fino a quando il nostro ministro gli ha detto di andare a farsi... cioè, di dimenticarselo, perchè il nostro Insediamento era il nostro Insediamento! In quanto ai mendicanti quelli sono effettivamente proibiti.”

Angélique scosse il capo e le piume del suo cappello danzarono allegramente.

“Mi sembra impossibile. Parigi è... Parigi ne è piena, come il resto dell'Europa, è impossibile arginare i mendicanti. Mon Dieu, Malcolm, e Hong Kong?”

“Hong Kong è peggio di tutte le altre città” rispose Malcolm Struan con un sorriso.

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