“Cosa?” Lo scozzese si irrigidì e annusò l'aria. “Non l'avevo notato.
Com'è il curry?” chiese a un vicino.
“Piccante, Jamie.” Lunkchurch sputò un pezzo di osso di pollo sul pavimento coperto di segatura. “Ho fatto persino il bis.” Tyrer chiamò un inserviente che passava ma il giovane, un ragazzo coi dentoni radi, fece finta di non accorgersene.
“Hey, Dew neh loh moh, cameriere!” gridò irritato McFay.
“Un curry, veloce, veloce, heya!” Le imprecazioni in cinese provocarono un'ondata di risa e scherno da parte dei mercanti e l'occhiata dura del sacerdote del battaglione degli highlander che stava pranzando allegramente con il cappellano della chiesa anglicana e con il loro reverendo: Un piatto di roastbeef al sangue fu sbattuto in malo modo sotto il naso di McFay.
“Curry, padrone, curry veloce veloce, heya?” disse il giovane inserviente ridendo.
Esasperato, McFay respinse il piatto. “Questo è roastbeef, per Dio!
Curry, in nome di Dio, portami il CURRY!”
“E per me lo sformato di pollo” si affrettò ad aggiungere Tyrer.
L'inserviente tornò in cucina brontolando e non appena vi giunse si sbellicò dalle risate nel pandemonio che vi regnava. “Fay della Nobil Casa è scoppiato come un barile di petardi quando gli ho messo il roastbeef sotto il nasone fingendo che fosse curry. Ayeeyah” disse tenendosi la pancia dal ridere.
“Me la sono quasi fatta addosso. Tormentare i demoni stranieri è più divertente che fornicare!” Gli altri risero insieme a lui.
Poi fu raggiunto dal capocuoco che lo prese a schiaffi con violenza. “Sentitemi bene, tu, fornicatore da strapazzo, e tutti gli altri, finché Chen della Nobil Casa non ve lo dirà non dovete tormentare i demoni stranieri della Nobil Casa.
E adesso prendi subito il curry e non sputarci dentro o ti cucinerò le palle con la pastella.”
“Ayeeyah, sputare nel cibo del demone straniero è normale, onorevole capocuoco” mormorò il ragazzo, schiaffeggiato così brutalmente da fargli girare la testa. Prese anche un piatto di sformato di pollo e corse nella sala.
Sbatté il piatto di curry e una ciotola di riso sul tavolo davanti a McFay.
“Curry, padrone, heya.” Scappò via imprecando tra sé. Sebbene gli dolesse il capo era soddisfatto perchè, senza disubbidire agli ordini del capocuoco, lungo il tragitto dalla cucina aveva tenuto il pollice sporco nel piatto.
“Bastardo insolente” disse Jamie. “Scommetterei dieci dollari contro un soldo bucato che quella canaglia ci ha sputato dentro prima di portarmelo.”
“Se ne siete così sicuro perchè lo avete sgridato?” chiese Tyrer, tagliando la spessa crosta dello sformato.
“Gli serve una bella strigliata, serve a tutti, ma ci vorrebbe anche un bel calcio nel sedere.” McFay cominciò a mangiare avidamente il suo stufato di montone giallastro e le patate al curry, che navigavano nell'unto. “Ho sentito dire che avete aiutato un samurai che parla un pò di inglese a scappare da Edo, e che ve lo siete portato all'Insediamento.” Tyrer quasi si strozzò con un pezzo di pollo. “Fesserie!”
“Allora perchè siete diventato paonazzo, eh? Suvvia, state parlando con McFay della Nobil Casa! Suvvia, Phillip, come potete pensare di tenere un segreto del genere in questo posto? Vi hanno sentito in molti.”
Aveva la fronte imperlata di sudore per il curry piccante e di tanto in tanto agitava la mano per scacciare le mosche.
“E' piccante da friggere i coglioni. Buono però. Ne volete assaggiare un pò?”
“No, grazie.” McFay continuò a mangiare di gusto. Poi, tra un boccone e l'altro e senza alzare la voce usò un tono più duro: “Se non mi raccontate tutto subito, vecchio mio, prometto di non rivelarlo a nessuno, parola d'onore, e non mi promettete di riferirmi tutte le informazioni che vi darà, passo subito la notizia... a lui”.
Indicò con il cucchiaio Nettlesmith, il direttore del “Yokohama Guardian”, che già li stava guardando con interesse. Uno schizzo di curry macchiò la tovaglia. “Se Zia Willie legge il vostro segreto sul giornale darà in escandescenze.” A Tyrer era passata la fame. Con grande disagio disse: “Io... è vero, abbiamo aiutato un dissidente a scappare da Edo. Non posso dirvi altro.
E sotto la protezione di Sua Maestà, per il momento. Scusate, non posso dire di più, è un segreto di stato”.
McFay gli lanciò un'occhiata penetrante. “Sotto la protezione di Sua Maestà britannica, eh?”
“Sì, mi dispiace. Bocca chiusa non acchiappa mosche, non posso dirvi di più. Segreto di stato.”
“Interessante.” McFay finì il suo curry e gridò per farsene portare un'altra porzione. “In cambio non lo dirò ad anima viva.“
“Mi dispiace, ho giurato di mantenere il segreto.” Anche Tyrer stava sudando, e non soltanto perchè in Asia nelle stagioni calde fosse normale.
Tuttavia era soddisfatto per come stava tenendo testa a Jamie, senza dubbio il più importante dei mercanti di Yokohama. “Sono certo che mi capite.” McFay annuì accondiscendente e si concentrò sul piatto. “Vi capisco molto bene, vecchio mio: non appena avrò finito di mangiare Nettlesmith avrà l'esclusiva.”
“Non dovete farlo!” Tyrer non era più tanto soddisfatto di sé.
“E' un segreto di...”
“All'inferno i segreti di stato” sibilò McFay. “Innanzitutto non vi credo, ma se anche fosse come dite noi mercanti abbiamo il diritto di saperlo, siamo noi lo stato, per Dio, non quella manciata di diplomatici mascalzoni incapaci di cavare un ragno dal buco!”
“Ascoltate...”
“Vi sto ascoltando, parlate, Phillip, o leggerete la notizia sull'edizione del pomeriggio.” Sorridendo benevolmente McFay raccolse l'ultimo sugo con un pezzo di pane e se lo portò alla bocca. Ruttò e allontanò la sedia dal tavolo accennando ad alzarsi. “L'avete voluto voi.”
“Aspettate.”
“Siete disposto a raccontarmi tutto?” Tyrer annuì confuso. “Se giurate di mantenere il segreto.”
“Bene. Ma non qui. Il mio ufficio è più sicuro.
Seguitemi.” Passando accanto a Nettlesmith chiese: “Che novità ci sono, Gabriel?”.
“Leggi l'edizione del pomeriggio, Jamie. In Europa scoppierà presto la guerra, in America la guerra è tremenda e qui sta fermentando.”
“Le solite cose insomma. Bene, leggerò. A presto...”
“Buongiorno, signor Tyrer.” Nettlesmith scrutò Tyrer, si grattò il mento, poi riportò l'attenzione su McFay. “Ho una copia in bozze dell'ultimo capitolo di Grandi Speranze.” Jamie e Tyrer si fermarono di botto. “Non ci posso credere, per Dio!”
“Te la do in cambio di dieci dollari e della promessa di una notizia in esclusiva” incalzò Nettlesmith.
“Quale notizia?”
“La prima che ti capiterà tra le mani. Mi fido.” Nettlesmith scrutò ancora Tyrer che si sforzò di non tradire alcuna emozione.
“Oggi pomeriggio, Gabriel? Promesso?”
“Sì, per un'ora, così non lo potrai copiare. E' una mia esclusiva.
Mi è costato tutta l'influenza di cui godo a Fleet Street ottenere ...”
“Rubare, vuoi dire. Due dollari?”
“Otto, ma prima lo do a Norbert.”
“La mia ultima offerta è otto. E lo dai prima a me.”
“Più la notizia in esclusiva? Bene. Sei un galantuomo e una persona colta, Jamie. Sarò nel tuo ufficio alle tre.”
Attraverso la finestra aperta Tyrer sentì la campana dell'ufficio della capitaneria di porto battere otto rintocchi.
Dimentico degli esercizi di calligrafia del pomeriggio, sonnecchiava con i piedi sulla scrivania.
Sapeva che erano le quattro senza bisogno di guardare l'orologio a muro. A bordo delle navi cominciava il primo gaettone di due ore, quello dalle quattro alle sei; il secondo sarebbe durato dalle sei alle otto e i successivi erano di quattro ore ciascuno, fino all'indomani alla stessa ora.
Marlowe gli aveva spiegato che i turni brevi, detti gaettoni, erano stati inventati per far ruotare l'equipaggio.
Sbadigliò e aprì gli occhi. Fino a poco più di sei mesi fa, pensò, non sapevo nemmeno cosa fosse un gaettone, tantomeno avevo mai visto una nave da guerra, mentre adesso sono in grado di stabilire l'ora ascoltando la campana della capitaneria e senza bisogno di guardare l'orologio.
Il pendolo battè le quattro. Spaccava i], minuto. Tra mezz'ora devo vedere sir William.
E' vero che gli svizzeri producono orologi migliori dei nostri. Dove diavolo è finito Nakama? Che sia scappato? Avrebbe dovuto essere qui già da due ore. Cosa diavolo vorrà sir William? Speriamo che non abbia saputo del mio segreto, che voglia solo appiopparmi altri dispacci da copiare. Accidenti alla mia grafia che è la migliore di Yokohama, sono stato ingaggiato come interprete non come scrivano!
Dannazione!
Si alzò pigramente, mise in ordine i fogli sulla scrivania e andò a lavarsi le mani nella tinozza per togliersi le macchie di inchiostro. Bussarono alla porta. “Avanti.”
Apparve Hiraga accompagnato da due furenti militari britannici che imbracciavano i fucili a baionetta. Hitaga, cereo per la rabbia, era malconcio e pieno di lividi, senza turbante e cappello e con il kimono stracciato. Il sergente lo spinse nella stanza con violenza e salutò.
“Lo abbiamo preso mentre scavalcava il recinto, signore. Ci abbiamo messo un sacco di tempo per farlo stare calmo. Ha un lasciapassare firmato da voi.
E' autentico?”
“Sì, sì, è autentico.” Tyrer si precipitò verso di loro. “E' un nostro ospite, sergente, un ospite di sir William e mio. E un insegnante di giapponese.”
“Un insegnante, eh?” disse il sergente con durezza. “Bene, dite a questa canaglia che gli insegnanti non scavalcano i recinti, non cercano di scappare, non portano i capelli come i samurai e non spaventano la gente né si azzuffano come gatti randagi.
Uno dei miei uomini ha un braccio rotto e un altro il naso rovinato. La prossima volta che lo prendiamo non gliela facciamo passare liscia.” I due soldati se ne andarono.
Tyrer chiuse la porta, corse verso il ripiano e prese dell'acqua.
“Prendi.” Hiraga scosse il capo, ammutolito per la rabbia.
“Per favore. Vuoi un sakè o una birra?”
“Iyé.”
“Per favore... siediti e raccontami che cosa è successo.” Hiraga sbottò con una spiegazione in giapponese.
“Gomen nasai, Ing'erish dozo.” Prego, inglese, per favore.
A fatica Hiraga passò all'inglese, e con lunghe pause tra una parola e l'altra spiegò: “Molte guardie alla porta e al cancello. Io passato per palude e acqua e recinto. Soldati visto. Io fermato, inchinato, preso lasciapassare, loro buttato per terra. Io lottato ma loro troppi”.
Proseguì in giapponese con un profluvio di epiteti all'indirizzo dei soldati e promesse di vendetta.
Quando si fu calmato, Tyrer disse: “Mi dispiace, ma è stato un tuo errore...”. Arretrò d'istinto per evitare l'improvviso scatto di Hiraga.
“Calmati!” gridò. “Il soldato ha ragione. I samurai spaventano la gente!
Sir William, e io ti abbiamo chiesto di stare attento.”
“Mi sono comportato bene, ho fatto solo quello che era giusto!” rispose con durezza Hiraga in giapponese.
“Quelle scimmie maleducate si sono avventate su di me mentre stavo cercando il lasciapassare. Scimmie, li ucciderò tutti!” Il cuore di Tyrer batteva all'impazzata e gli era salito in bocca il sapore nauseabondo della paura. “Ascolta, dobbiamo risolvere questo problema insieme e in fretta. Quando sir William lo verrà a sapere potrebbe scacciarti dall'Insediamento. Lo dobbiamo risolvere insieme, capisci?”
“Iyé! “Risolvere”, prego?”
Tyrer fu contento di sentire quel “prego” e controllò la paura. Quest'uomo è evidentemente pericoloso, violento e facinoroso come tutti i samurai. Grazie a Dio non è armato. “Risolvere” significa trovare una soluzione. Dobbiamo risolvere questo problema, tu e io dobbiamo capire come farti vivere qui al sicuro. Capisci?”
“Hai. So desu ka! Wakarimasu. Taira-san e io risolvere problema.” Hiraga soffocò l'ira. “Prego, cosa suggerisce?
Lasciapassare non buono per soldati. Uomini che vede me odia me. Come risolvere questo problema?”
“Prima di tutto... una saggia e antica abitudine inglese: quando c'è un problema da risolvere si beve il tè.” Hiraga lo fissò senza capire. Tyrer suonò il campanello e ordinò il tè a Chen. Il domestico numero uno, con un coltellaccio nascosto dietro la schiena, lanciò a Hiraga un'occhiata sospettosa.
Mentre aspettavano il tè Tyrer tornò a sedersi sulla sua poltrona e guardò fuori dalla finestra. Ardeva dal desiderio che l'altro gli parlasse di Fujiko ma era troppo educato per porre a bruciapelo una domanda così delicata. Accidenti a lui, pensò, sa bene che sono sulle spine, potrebbe parlarmene spontaneamente anziché lasciarmi friggere nell'attesa.
Devo insegnargli le buone maniere inglesi, devo insegnargli a non perdere le staffe, i soldati hanno ragione. Devo trasformarlo in un gentiluomo. Ma come? E Jamie... quella canaglia è troppo furbo.
Dopo pranzo era andato nell'ufficio di McFay, aveva bevuto un brandy e nel giro di pochi minuti gli aveva raccontato tutto.
“Phillip, siete geniale” commentò McFay con sincero entusiasmo.
“Se gli verranno fatte le domande giuste quel tipo si rivelerà una miniera d'oro. Vi ha detto da dove viene?” Da Choshu, credo che abbia detto così.
“Vorrei parlare con lui in privato.”
“Se parla con voi gli altri lo verranno a sapere e la notizia... si diffonderà ovunque.”
“Se lo so io, lo sa di sicuro anche Norbert e, ci scommetterei, lo sa anche la Bakufu, non sono scemi. Mi dispiace, ma qui non esistono segreti, quante volte ve lo devo ripetere?”
“Va bene, glielo chiederò. Ma potrete parlare con lui soltanto in mia presenza.”
“Non è necessario, Phillip, con tutto quello che avete da fare. Non voglio farvi perdere tempo prezioso.
“Prendere o lasciare!
McFay sospirò. “Siete un duro, Phillip. Accetto.”
“Voglio anche leggere l'ultimo capitolo di Grandi Speranze, gratis, diciamo domani. Vi metterete d'accordo con Nettlesmith.
McFay ribatté subito: “Se io per averlo devo sborsare otto dollari dovete contribuire anche voi”.
“Allora niente intervista e lo dirò a sir William.” Tyrer sorrise tra sé ricordando l'espressione cupa sul volto di McFay. Fu riportato al presente da Chen: “Tè, padrone, veloce veloce”. Il domestico, che aveva lasciato il coltellaccio a portata di mano dietro la porta, posò il vassoio sul tavolo.
Tyrer versò solennemente il tè per entrambi, vi aggiunse latte e zucchero e sorseggiò con sollievo la rovente infusione scura. “Adesso va meglio.” Hiraga lo imitò. Dovette fare uno sforzo per non sputarlo subito: era troppo caldo e aveva un sapore disgustoso.