Virus (12 page)

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Authors: Sarah Langan

BOOK: Virus
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Una lacrima le solcò la guancia, ma lei non la asciugò. Sapeva che, se l'avesse fatto, altre l'avrebbero seguita. Sarebbe scoppiata a piangere proprio sotto gli occhi di Miller Walker, di Tim Carroll, di Carl Fritz, di tutta l'associazione genitori. Così chiese a Tim le chiavi della Dodge e si raggomitolò sul sedile posteriore.

Non appena in macchina, la sua mente cominciò a vorticare. C'erano Ronnie e sua madre, e Noreen, e adesso anche James Walker, al quale non aveva mai dato una possibilità, nemmeno lo sforzo di insegnargli a risolvere le divisioni a due cifre. A dispetto del bambino che era, crescendo avrebbe potuto pur sempre migliorare. Avrebbe potuto scoprire una cura per il cancro o inventare apparecchi indolori per i denti. Ma ormai non c'era più modo di scoprirlo.

Stava pensando proprio a questo quando il prurito nel suo stomaco si intensificò al punto che lo avvertì nel cuore, nei reni e nella vescica. Un prurito come se tutto dentro di lei fosse arrossato e infiammato. Poi, d'un tratto, uno stridore rauco le sfuggì di bocca. Un'esplosione di sofferenza, come un pianto senza lacrime, così intensa che ne sentì le vibrazioni nel petto. Durò circa cinque secondi, e poi si interruppe all'improvviso così come era cominciata. Si passò le mani sui seni e li tastò, come cercando un animale che vi si fosse rintanato. Era inquietante riuscisse a produrre un suono simile. Come se qualcosa le si fosse risvegliato nei polmoni, e avesse deciso di abbaiare.

Fuori dal finestrino, una foschia era scesa sul bosco. Come una nebbia sporca. La guardò serpeggiare lungo la collina e attraverso le bocchette dell'aria nell'auto. Una esalazione che sapeva di puzzola. Le particelle di zolfo e ceneri inquinanti dalla vecchia cartiera. Un altro motivo per il quale non avrebbe mai dovuto organizzare una gita di classe in quel posto. In quel preciso momento ciascuno dei soccorritori stava pensando:
Quella Lois Larkin, che imbecille!

D'un tratto, sentì provenire dall'esterno della macchina la voce di un bambino: acuta ma non femminea. Sembrava soffocata, e non riuscì a distinguere cosa dicesse.
James?
,
pensò. Era là fuori? Lo avevano trovato?

Scese dall'auto. Il perimetro del bosco era pieno di Suv, Audi, Saab e Honda parcheggiate. Sentiva i soccorritori che si chiamavano l'un l'altro, ma non sembrava lo avessero trovato. Anche la voce proveniva distintamente dal bosco. Era smorzata, ma non c'erano dubbi che appartenesse a un bambino. Un ragazzo. Sospirò di sollievo. Grazie a Dio. Grazie, grazie, mio Signore.

Corse nel bosco, e ora riusciva a distinguere cosa diceva il ragazzo. «Lois» chiamava.
James
,
pensò con un sollievo così dolce che avvertì nella saliva un sapore di vaniglia: solo una peste come James l'avrebbe chiamata per nome.

Superò di corsa la rete del gruppo dei soccorritori. Aveva la fronte madida di sudore, e cominciava a mancarle il respiro. «E lei, signorina Larkin?» domandò un vigile del fuoco. Con la torcia le puntò un fascio di luce bianca sul volto. Lei si fece scudo con le mani sugli occhi.

«Scì, sciono io.»

«Ok. Non si agiti. Lo troveremo.»

«Certo.»

Dal fondo del bosco, la voce chiamò di nuovo: «Lois!». Il suono riverberò nell'aria. Le venne in mente una cosa, ma non voleva pensarci. Una parte della voce proveniva dal bosco, ma ad essere sincera, davvero sincera, proveniva anche da un luogo più vicino. Era soave e si distingueva appena. Un sussurro. Veniva dalla sua testa.

Che desiderasse così tanto trovare il ragazzo da esserlo inventato? Probabile. E ciononostante era possibile che lui fosse laggiù. Forse era vivo, lei l'avrebbe trovato e avrebbe aggiustato il casino combinato. Si sollevò la camicia e cominciò a grattarsi la pancia: il prurito le era passato dalle viscere a tutta la pelle.

Raggiunse il fiume dove i soccorritori si erano fermati per tornare sui propri passi, e lo attraversò. Oltre le rocce c'era una radura. La voce non la chiamava più, eppure lei la avvertiva. Se la sentiva dentro. Che avesse perso la ragione? Forse. Non aveva importanza. In un modo o nell'altro, doveva trovare James Walker.

La foschia e le acque del fiume rispecchiavano la luce della luna illuminando la radura. L'odore di zolfo era intenso. Quel luogo puzzava tanto che le bruciavano gli occhi. Colpa delle ceneri dall'incendio della fabbrica, probabilmente. Avvicinandosi alla radura, intravide qualcosa di rosso sotto la terra annerita dalla fuliggine. Un brandello di tessuto. Lo raccolse. Il cappuccio di una felpa da bambino. Le cuciture erano slabbrate e piene di fili, come se l'avessero strappato a mani nude. Mani forti. La dolcezza del sollievo le si fece amara sulla lingua.

Poi vide la fossa nel terreno. Profonda poco meno di un metro. Era stato James a scavarla? C'era James,
dentro
? Guardò all'interno, ma a parte qualche ciottolo era vuota.

Lois
,
disse la voce. Proveniva da due punti diversi. Le lambiva le orecchie e placava il prurito come pioggia su un fiore assetato. Uno scherzo, pensò con un gemito. La voce era uno scherzo. James gliel'aveva proprio fatta... Ma nessun bambino sarebbe stato capace di uno scherzo del genere. Ronnie? Noreen? Che fossero loro?

Fu la voce a risponderle, solo che questa volta non sembrava quella di un bambino. Era profonda, e rauca.

Lui è quaggiù con me, Lois.

Lei produsse di nuovo quel suono, quel latrato di dolore troppo lancinante per essere accompagnato dalle lacrime. Le vennero le vertigini, e dovette inginocchiarsi sui ciottoli intorno alla fossa per non caderci dentro. Morto, capì in quel momento. Il ragazzo era morto.

Qualcosa le si mosse dentro, e lei si ritrasse di scatto; barcollando per qualche metro si allontanò dalla fossa prima di scivolare col sedere a terra, così che i pantaloni si annerirono di fuliggine. La cosa vedeva attraverso i suoi occhi. La sentiva. Un nemico le si era insinuato tra le orecchie.
Lois
,
sussurrava. Il cuore le martellava nel petto, e per un istante fu tentata di cavarsi gli occhi per strapparsela dalla testa.

Poi, dall'interno della fossa, uscì la voce di un bambino. «Sono qui, signorina Lois!» gridava, come se rispondesse all'appello. Lei si morse un labbro, e avrebbe voluto gridare di speranza o di terrore, non lo sapeva. Era vivo? Era finito chissà come dentro la buca? Oppure era... qualcos'altro? Si mise le mani a coppa intorno alla bocca per chiamare aiuto, ma la voce la fermò.
Se lo dici agli altri, lo uccido. Diranno che è tutta colpa tua. E cosa ne sarà di te allora? Ti chiuderai in casa a guardare
Chi vuol esser milionario?

Lois strinse forte tra le mani il cappuccio rosso strappato. «Ti prego» implorò, «dimmi dov'è.»

La voce non rispose, e lei cominciava a sentire le grida dei soccorritori. Lasciò cadere il cappuccio. Il suo istinto le diceva qualcosa, e cercò di capire cosa. Avrebbe potuto indovinare, se avesse ascoltato attentamente. La voce le era familiare. La conosceva. Ma l'aria era densa di zolfo, e le faceva girare la testa.

Morirà se non lo aiuti, se non aggiusti il casino che hai fatto, Lois. Devi risistemarlo per bene.

Lasciami stare, avrebbe voluto rispondere lei, ma non poteva. Avrebbe voluto urlare, ma poi la cosa avrebbe potuto fare del male a James solo per punirla.

Dolce Lois
,
diceva la cosa.
Smetti di nasconderti dietro il tuo sorriso scheggiato. Rimetti in ordine il casino che hai fatto.

«Ti prego, dimmi dov'è» ripeté lei.

Per tutta risposta la cosa si agitò come ghiaccio dentro la sua testa. Le placò il prurito. La toccò in posti che nessuno le sfiorava più da tempo. Le venne da pensare che non aveva mai provato grande rispetto per Ronnie, per Noreen, nemmeno per i suoi genitori. Le erano stati tutti di intralcio. Li odiava persino un po'. Li voleva morti, almeno un pochino. Se lo meritavano, dopo quello che le avevano fatto.

Ma cosa le passava per la mente?

Ripulisci il tuo casino, Lois, e ti prometto che avrai tutto ciò che desideri, anche James. Soprattutto James.

«Aiuto!» gridò un bambino da dentro la fossa, e sembrava proprio James Walker, solo che il tono della sua voce era piatto. Senza vita. Camminando carponi Lois fece per avvicinarsi al suono, ma poi si fermò. Avrebbe dovuto scappare subito. Sapeva che avrebbe dovuto fuggire, perché questa cosa era dentro di lei, e lei non era più il capitano della sua stessa nave. «È ferito?» domandò.

Sanguina da tutte le parti
,
rispose la voce, e Lois capì che, anche se si trattava di uno scherzo, doveva guardare. Era la sua maestra. Era suo dovere. Si inginocchiò sul bordo della fossa. I ciottoli risuonarono gli uni contro gli altri, ma produssero un rumore più sordo di quanto si aspettasse. Li guardò più da vicino, e trasalendo si rese conto che non erano ciottoli, ma ossa. Poi vide qualcosa che non aveva notato. Di nuovo le sfuggì quel suono, il latrato. Il respiro le precipitò fuori con tale veemenza che la trachea si tramutò in un corno.

Tutto intorno alla radura era pieno di animali, e con gli occhi della mente lei vide come si erano azzannati l'un l'altro, macchiando di rosso il terreno. Quel luogo non aveva rispetto né per i vivi né per i morti. Quel luogo era infestato.

Ti intralciano. Ti rendono debole. Non sanno cosa sei. Non sanno cosa potresti diventare, ma io lo so. Ripulisci quest'ultimo casino, Lois
,
le disse la voce. Lei la odiò per averlo detto. La odiava perché le stava parlando... E allora perché la faceva sentire tanto bene?

Il terreno mandava un odore acre di rame (sangue?). La cosa strisciava dentro di lei. Un balsamo contro il prurito. Pensò a Noreen, e a Ronnie. A sua madre. A suo padre, che aveva vissuto sempre scusandosi di essere al mondo. Pensò a quello stronzetto di nome James Walker che proprio in quel momento la chiamava per nome: «Mi aiuti, signorina Lois!». Ma non era davvero la sua voce, questo lo aveva capito. Qualcuno le stava facendo uno scherzo. Forse se lo stava facendo da sola. Pensò al sentiero che l'avrebbe condotta fuori dal bosco e verso l'infelicità, e al Dew Drop Inn.

Sai cosa devi fare, Lois. Ripulisci il tuo casino, e ti darò tutto ciò che desideri.

Con l'occhio della mente vide i suoi allievi di quarta che le sorridevano con la bocca rossa. Si vide uscire da quel bosco tenendo James per la mano, come una regina. Soprattutto, vide il sangue versato da coloro che le avevano fatto del male, e anche quello le piacque.

Pulisci
,
disse la voce, e lei capì che cosa doveva fare.

Ronnie. Il dottorato. Il matrimonio. Una cucina con il pavimento in vero parquet. Tre cani, perché nessuno di loro soffrisse la solitudine. Le sfuggirono tra le dita. Tutte le cose che aveva desiderato e non era riuscita ad ottenere. Tutte le speranze che aveva coltivato. Uscirono da lei come acqua finché non fu vuota. Una cavità da riempire.

Pulisci, le aveva detto la voce, e lei si leccò le labbra.

Il terreno era umido, e lei ci sprofondò le dita. Abbassò il volto verso la terra e la fiutò. Il prurito nello stomaco era tornato. Le scorreva nel sangue. Le strisciava sulla pelle. Viveva dietro i suoi occhi. Provò un desiderio intollerabile.

Pulisci.

Il suo stomaco ruggì. Aveva fame. Più di quanta ne avesse mai provata in tutta la sua esistenza. I suoi istinti urlavano a squarciagola. Le gridavano di scappare, perché in quel terriccio si intravedeva il sangue di James. Ma per tutta la vita lei aveva preso le decisioni sbagliate. Aveva voluto bene alle persone senza mai chiedere niente in cambio. Forse era arrivato il momento di dare retta a una voce diversa. Una voce migliore.

Ripulisci il tuo ultimo casino, dolce Lois.

Ancora in ginocchio, premette la faccia nel terriccio e spalancò la bocca. Argilla e sabbia, ferro e granito. Sapeva di buono, e lei capì che ogni errore che avesse mai commesso, ogni strada sbagliata che avesse imboccato, in quel momento si rivelavano giusti, aveva avuto ragione lei, perché l'avevano condotta fin qui.

Leccò le ossa. Il sapore le riscaldò le stomaco, le dita, le trasmise il tepore fino alle punte dei piedi. Il sangue di James. La riempiva di quella sensazione di quando sei appena stata scopata che Ronnie non le aveva mai fatto provare: lei aveva fatto finta, aveva sempre fatto finta.

Pulisci tutto, Lois.
Pronunciò il suo nome come una carezza, come un bacio. Si sentì avvampare tra le gambe.
Sai che lo desideri.
Si perse senza nemmeno accorgersene, perché ormai era perduta da tanto tempo. Mangiò la terra a manciate. Mangiò il sangue fino a farlo sparire tutto.

A distanza, il gruppo dei soccorritori chiamava il nome di James, ma lui non c'era più. Se l'era preso la voce. La voce che adesso viveva dentro di lei. La voce alla quale aveva dato dimora.

Ronnie, Noreen, sua madre.
Tim
Carroll.
Carl Fritz.
Miller
Walker.
Fenstad Wintrob. Quella puttana che dal parrucchiere la squadrava sempre da testa a piedi con l'aria di giudicare sciatto il suo modo di vestire. Quello stronzo di TJ Wainright, il barista del Dew Drop Inn, che le allungava con l'acqua il Cosmopolitan alla mela. Adesso li avrebbe fatti pentire tutti.

Lois ingoiò un altro pugno di terra. Questa volta non riuscì a deglutire, le si strozzò la gola. Lo stomaco le si chiuse, e si rovesciò. Le venne un conato. Gli occhi le si colmarono di lacrime. Era passato tanto tempo dall'ultima volta che aveva vomitato (capodanno del 2001?) che non fu sicura di capire cosa stesse accadendo. Tutto il suo corpo fu preso dalle convulsioni. Dalla bocca le uscirono terriccio e sassolini. Il fango le scorreva sul mento e le chiazzava il colletto della felpa rosa, e anche la felpa di James. Sgocciolò lungo il piccolo dislivello nel terreno e si fermò in una pozza intorno alle sue ginocchia.

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