Ritual (24 page)

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Authors: William Heffernan

Tags: #Fiction, #Thrillers, #Suspense

BOOK: Ritual
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Per la prima volta monsignor Arpie sorrise. Fu un sorriso amichevole, con appena un accenno di ipocrisia, e una nota di sicurezza data dalla convinzione di avere il gioco in mano. «Prima di tutto, tenente, mi permetta di informarla che ho parlato con queste persone e che sono assolutamente persuaso della» loro totale estraneità ai fatti. Juan Domingo e Roberto Caliento sono uomini semplici, schiacciati e spaventati dalla nuova realtà in cui sono venuti a trovarsi, al punto che per loro sarebbe virtualmente impossibile commettere simili azioni. E certo non qui, a New York. Padre Lopato...» Qui Arpie sollevò le mani, poi le lasciò ricadere in un enfatico gesto di esasperazione. «Temo che sia, come molti dei nostri religiosi, un idealista incapace, o comunque riluttante a comprendere la necessità, per la Chiesa, di un'immagine pubblica positiva.»

Rolk era perplesso. «A sentirla parlare, si direbbe che l'arcidiocesi non è poi così entusiasta della sua opera a favore dei profughi.»

Il monsignore si guardò le mani, poi le congiunse con aria compunta. «Un'enunciazione dei fatti non del tutto imprecisa.»

La cauta osservazione strappò un sorriso a Rolk. Quello era l'eloquio tortuoso e ambiguo tipico dei politici e dei burocrati, delle persone, cioè, capaci di camminare su una torta al cioccolato senza lasciare impronte.

Il tono di Arpie si fece più solenne. «Abbiamo due categorie di religiosi impegnate in questa organizzazione: idealisti che pensano di poter cambiare il mondo trasportando una manciata di contadini ignoranti in una città dove non possono che soccombere, e quelli che vedono ridursi rapidamente le loro congregazioni e considerano questi trasferimenti come un sistema rapido per risolvere il problema. Ma entrambe le categorie si rifiutano di comprendere che non solo rendono un pessimo servizio ai loro cosiddetti assistiti, ma che inoltre addossano un fardello enorme a istituzioni che non sono mai state destinate a servirli.»

«Come per esempio?» volle sapere Rolk.

«Come per esempio le organizzazioni caritatevoli che operano all'interno della Chiesa.» Il monsignore esitò, poi sorrise di nuovo. «Non è che non saremmo felici di renderci utili. Semplicemente non abbiamo le attrezzature necessarie e per questo riteniamo che alcuni tra i nostri religiosi dovrebbero moderare il loro idealismo e trovare altri modi, più tradizionali, di rimpinguare le file dei loro fedeli.»

«Ma se padre Lopato si è rivelato una tale spina nel fianco, perché non vi siete limitati a spedirlo da qualche altra parte?»

Arpie inclinò la testa di lato. «È stata discussa anche questa possibilità. Ma se lo facessimo adesso, mentre le indagini sono in corso, il nostro potrebbe apparire come un tentativo di proteggerlo. E questo non è vero. Né vogliamo dare l'impressione di essere del tutto ostili alla sua iniziativa.»

Rolk annuì, più che altro a se stesso. «Ancora non vedo che cosa vogliate da noi.»

«Due cose, tenente. Ed entrambe riguardano, diciamo, l'aspetto formale. La prima è che se qualcuno di questi maya dovesse risultare coinvolto negli omicidi, come sospetto, testimone o altro, non venga reso pubblico il suo legame con padre Lopato. Perché questo lo collegherebbe anche - e del tutto erroneamente - all'arcidiocesi.»

«E la seconda?» chiese Rolk, ormai completamente affascinato.

Arpie strinse le labbra e scosse la testa con aria triste. «Se le indagini dimostrassero che padre Lopato ha avuto contatti, anche
indiretti
,
con l'autore dei delitti, vi saremmo grati se ce ne informaste prima che venga a saperlo la stampa. Questo ci permetterebbe di prendere iniziative idonee...» agitò le mani disegnando piccoli cerchi nell'aria, «ad evitare all'arcidiocesi uno spiacevole scandalo.»

Rolk fissò a lungo il viso paffuto e roseo del prelato. «Se i miei superiori non solleveranno obiezioni,
credo
che non sarà un problema soddisfare le vostre richieste.»

«Allora siamo d'accordo,» sorrise Arpie, «e prevedo che non ci saranno ulteriori difficoltà.» Si alzò per andarsene, ma Rolk lo fermò.

«Mi dica, monsignore. È al corrente di un crollo nervoso di cui padre Lopato avrebbe sofferto mentre era nello Yucatán?»

Il viso del religioso s'indurì. «Non credo di poterlo affermare,» rispose, cadendo di nuovo nel linguaggio burocratico. «Ma d'altro canto i rapporti medici hanno carattere confidenziale, anche quando riguardano sacerdoti. Ed è una politica che ci soddisfa pienamente.»

Appena il prelato fu uscito, Devlin estrasse la cassetta dal piccolo registratore e la posò sulla scrivania di Rolk. «Non sono certo che potrà tornarci utile,» commentò.

Rolk la prese e la lasciò cadere in un cassetto. «Potremmo trovarci nella necessità di rivolgerci a lui, un giorno o l'altro. E sono certo che farebbe molto per impedire che le cose che ha detto in questo ufficio venissero a conoscenza delle persone sbagliate.»

Devlin scosse la testa e sorrise davanti a tanta tortuosità. «Pensi che siano davvero preoccupati per un eventuale coinvolgimento di quei maya e del sacerdote in questa faccenda?»

«Potrebbe essere,» rispose Rolk. «Non si sa mai.»

 

Juan Domingo e Roberto Caliento erano rimasti profondamente impressionati dallo studio di padre Lopato, nella chiesa di St. Helena. Avevano conosciuto il sacerdote quando lavorava nel polveroso, povero villaggio di Chetulak, dove la chiesa era un edificio malconcio e traballante e non c'erano comode sedie, né scrivanie, né quadri di santi alle pareti. Ma ora, seduto dietro la sua scrivania, il sacerdote sembrava una persona diversa, quasi avesse acquisito il potere degli uomini di cui loro avevano solo sentito parlare... gli uomini che vivevano in grandi case a Città del Messico e decidevano della vita degli altri.

Questo tuttavia non significava che al villaggio il prete non fosse stato un uomo importante. Tutti sapevano che i preti parlano direttamente con Dio e quindi in paese tutti comprendevano che bisognava ascoltarlo, che lui aveva la facoltà di giudicare gli altri nel nome di Dio, che poteva condannarti alla sofferenza o alla felicità eterna quando fosse venuto il momento di abbandonare questa vita. E per questo era enormemente rispettato.

Per di più, il sacerdote cattolico li aveva portati in quel nuovo, strano paese, un luogo dove tutti, perfino i più poveri, possedevano i grandi miracoli di cui loro conoscevano a malapena l'esistenza e che avevano profondamente invidiato. Le stanze da bagno e l'acqua corrente; le case con la luce diffusa da piccoli globi di vetro; i negozi straripanti di cibo, abiti e mobili. Le automobili e le televisioni. Bambini che sembravano avere tutto quello che un bambino può desiderare. E ora il prete stava dicendo loro che forse tutto questo sarebbe finito per loro.

Da parte sua, padre Lopato spiava l'effetto delle sue parole sui due uomini. Domingo pareva quello di sempre: piccolo e spaventato. Caliento, basso anche lui ma più robusto, con un viso duro e imperscrutabile, sembrava anche lui intimorito, ma solo lo sguardo lo tradiva.

Lopato era affezionato a entrambi, così come si era affezionato a tutti gli abitanti del villaggio, di cui aveva amato la storia e l'eredità culturale fin da quando aveva visto le prime immagini delle grandi città del passato. Ed ecco che ora li abbandonava, così come aveva abbandonato la gente di Chetulak. Loro lo avevano ascoltato, gli avevano ubbidito, e adesso tutto quello per cui lui aveva lottato minacciava di crollare. Forse, pensò, non c'era modo di sopravvivere a quella minaccia. Sapeva tuttavia di dover tentare.

«Siamo in pericolo,» esordì con voce quieta. «E il pericolo viene dalla polizia. Devo mandarvi in posti nuovi, a fare altri lavori, per evitare il pericolo. Capite quello che sto dicendo?»

Lentamente Caliento volse gli occhi verso Domingo. Anche il suo sguardo si era fatto più duro, ma rivelava ancora una paura infinita.

«È colpa sua,» affermò Caliento, e si riferiva al compagno. «Ha parlato con la polizia. Gli ha raccontato di me e della mia famiglia. Non so che altro può avergli detto.»

Parlavano il linguaggio maya, la cui musicalità rendeva le parole più gentili di quanto non fossero realmente.

Domingo fissava il pavimento, pieno di vergogna. «Quegli uomini non mi hanno lasciato scelta. Hanno detto che avrebbero mandato via mia moglie e le mie bambine.» Guardò supplichevole il sacerdote. «Sono uomini potenti, mentre io non ho alcun potere. Ho solo la forza che lei mi ha dato, padre.» Incespicò nell'ultima parola, ma si riprese in fretta. «Però non gli ho detto nient'altro, solo quello che era necessario per salvare la mia famiglia. Glielo giuro.»

Negli occhi di Lopato brillava una luce di comprensione. «Ti credo, Juan, e so che anche Roberto ti crede.» Spostò lo sguardo su Caliento e continuò a fissarlo finché non lo vide annuire. «Ma proprio come in passato,» riprese, «dovete fare esattamente quello che vi dirò. E uno di voi dovrà intraprendere un viaggio per mio conto.»

 

21

 

Il piccolo bimotore si inclinò al di sopra delle rovine dell'antica città, poi virò e cominciò a scendere verso la pista malandata e sconnessa tracciata fra ampi filari di granturco.

«È questo il posto?» chiese Rolk mentre l'aereo superava le chiazze di vegetazione selvatica che costellavano il fondo di cemento.

«Oggi abbiamo avuto fortuna,» esclamò allegramente Kate. «L'ultima volta che sono venuta abbiamo continuato a girare nell'aria per venti minuti in attesa che un branco di capre si decidesse ad andarsene dalla pista.»

«Probabilmente stavano brucando l'erba,» rise Rolk. Si voltò verso di lei e ancora una volta si compiacque del leggero prendisole che ne rivelava il corpicino aggraziato e la morbida pelle chiara. Quando si erano incontrati all'aeroporto di Mérida non aveva potuto non notare il cambiamento avvenuto in lei; il contrasto fra i tailleur che portava di solito e la femminilissima tenuta di quel giorno era sorprendente e gradevole al tempo stesso.

L'aereo andò a fermarsi davanti a un piccolo edificio di legno, poco più di una baracca. Sulla porta c'era un uomo anziano e altri due sedevano su una panca appoggiata alla parete.

«Il terminal?» chiese Rolk.

«Temo di sì.»

«Non è esattamente il La Guardia.»

«In seguito sarà contento che non lo sia.» Kate sorrise e cogliendo l'espressione interrogativa di lui aggiunse: «Tanta scomodità ha impedito lo sviluppo del turismo di massa. Non ci sono graffiti sui muri della città. E neppure lattine vuote di Coca-Cola sul pavimento del tempio.»

Il pilota aveva cominciato le operazioni di scarico e Kate e Rolk si unirono agli altri passeggeri, poco più di una dozzina, che si stavano già dando da fare per recuperare i bagagli. Si avvicinarono i tre indigeni e cominciarono a far circolare degli scontrini improvvisati, offrendosi di accompagnare i nuovi arrivati nei vari hotel della zona. Kate trattò rapidamente con uno di loro, incaricandolo di portare le loro cose al Mayaland Lodge, nei pressi delle rovine, e rimase a guardare mentre Rolk gli contava sulla mano i pochi
pesos
su cui si erano accordati.

«Ci arriveranno mai?» domandò poi lui mentre si allontanavano dalla pista.

«Oh, sì,» lo rassicurò Kate. «In un qualsiasi momento prima di cena arriveranno. Probabilmente pochi minuti prima.»

«Ma sono solo le due!»

«E qui siamo in Messico.»

Dato che per raggiungere l'albergo dovevano attraversare le rovine, Kate suggerì un tour improvvisato dell'antica città e presto Rolk si scoprì contagiato dal suo entusiasmo.

Visitarono per prima cosa il Cenote Sagrado, il Sacro Pozzo, situato tra il fitto fogliame in fondo a un
saché
,
o strada sacra, lungo circa trecento metri. Simile a una ferita aperta nel cuore stesso della foresta pluviale, il pozzo, spiegò Kate, aveva un diametro di cinquantacinque metri e ne misurava circa ventuno dall'imboccatura alla superficie dell'acqua stagnante e verdastra.
I
maya credevano che fosse senza fondo, ma in realtà scendeva nelle profondità della terra più o meno per altri venti metri soltanto.

In piedi sul bordo della ripida parete rocciosa, Kate allargò le braccia. «È uno dei più antichi luoghi di sacrificio,» spiegò. «Esiste da prima che i toltechi conquistassero la vecchia città e ne costruissero una nuova, più grande. Un tempo si credeva che le vittime abitualmente sacrificate agli dei fossero vergini, ma nel 1968, quando fu completato uno scavo archeologico sott'acqua, furono trovati scheletri che dimostravano come gli uccisi fossero in gran parte bambini sotto i dodici anni di entrambi i sessi e donne mature, ammalate o deformi.»

Si voltò a guardare Rolk, ma senza vederlo realmente. «Le vittime predestinate venivano adornate di gioielli e di amuleti d'oro e di rame e poi scaraventate nel pozzo.» Indicò le pareti, lisce e perpendicolari. «Non c'era niente a cui potessero aggrapparsi, ammesso che riuscissero a liberarsi dei pesanti ornamenti, e così affogavano. Doveva essere uno spettacolo imponente,» continuò fissando l'acqua verdastra. «Centinaia, forse migliaia di fedeli radunati intorno al pozzo, con indosso le vesti cerimoniali, che intonavano preghiere al dio in onore del quale il sacrificio era offerto.»

«Uhm, sì, doveva essere uno spettacolo,» ammise Rolk. Sollevò un braccio e indicò l'acqua immobile. «Tranne che per coloro che finivano là dentro.»

Kate tornò a voltarsi verso di lui. «Sì,» convenne; i suoi modi avevano riacquistato la vivacità di sempre. «Naturalmente, se qualcuno riusciva a sopravvivere fino al mattino successivo veniva recuperato con una fune e per il resto della sua vita era considerato un dio vivente.»

«Insomma, saper camminare sull'acqua era un vantaggio non indifferente a quei tempi.»

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