Ritual (26 page)

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Authors: William Heffernan

Tags: #Fiction, #Thrillers, #Suspense

BOOK: Ritual
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«Ha detto 'come sempre',» osservò Rolk, dopo una rapida occhiata a Kate. «Intende dire che certi fenomeni si verificano con regolarità?»

«Non di frequente, ma di tanto in tanto sì. Forse ogni vent'anni o giù di lì. Difficile da stabilire.» Il messicano ebbe un sorriso di scusa. «Qui a Quintana Roo i nostri registri non sono come dovrebbero essere. Niente computer, sfortunatamente. E le pratiche hanno una certa tendenza a finire nei posti sbagliati.»

«Quali sono i motivi scatenanti questi episodi?» interloquì Kate.

Il capitano le sorrise. «Chi può saperlo, con gli indios? Probabilmente tutto comincia con qualche sacerdote che si ostina a praticare gli antichi riti. O forse il raccolto di lattice è stato povero e gli indigeni si convincono che è necessario placare gli dei. Difficile da dire.» Sollevò un dito in un gesto che voleva esprimere cautela. «Ma non fraintendetemi. Sono pochissimi quelli rimasti attaccati al passato... che credono ancora nelle divinità maya, cioè. Ormai in maggioranza sono cattolici, fatta eccezione per alcuni villaggi semisolati.»

«Come Chetulak?» chiese Rolk.

«Uh posto molto arretrato, temo,» assentì Rimerez. «La gente lì è povera e non sa quasi nulla del mondo esterno.»

«Mi sembra che ci abbia vissuto un sacerdote cattolico. Un certo padre Lopato. Non è riuscito a convertire gli indigeni?»

Il capitano scosse tristemente la testa. «Sì, l'ho conosciuto, ma ho paura che non abbia riscosso un grande successo. Si diceva che avesse un debole per le donne giovani, ma naturalmente è possibile che fosse soltanto uno dei tanti pettegolezzi delle vecchie. Cose del genere si dicono spesso dei sacerdoti, a meno che non siano molto anziani.»

«Ma, nel suo caso, crede che fosse vero?»

«Difficile da dire. Si dedicava moltissimo al suo lavoro di antropologo, che lo occupava per buona parte del tempo.» Rimerez piegò la testa di lato. «Strano per un sacerdote, no? Interessarsi più ai suoi studi che alla religione. Poi si ammalò di malaria. Aveva... come dire?... delle visioni durante gli attacchi di febbre. Allora gli indigeni cominciarono a pregare per lui secondo i dettami dell'antica religione. E si dice che durante le crisi febbrili pregasse anche lui con loro. Ma non posso assicurarvi che sia la verità.»

«E questo accadeva quando ha avuto inizio il rituale di sangue?» domandò Kate.

«Sì, quando cominciarono a sparire le donne. Ovviamente non siamo mai riusciti a ritrovarne i corpi. La giungla ingoia tutto e molto in fretta. Ma abbiamo trovato tracce di sangue... qualcosa era evidentemente avvenuto. E, naturalmente, abbiamo ritrovato i vestiti.»

«Avete interrogato il sacerdote cattolico?» interloquì ancora una volta Rolk.

«Ci sarebbe piaciuto, ma sfortunatamente, appena la notizia della sua malattia si diffuse, arrivarono altri religiosi del suo Ordine. Si arrabbiarono moltissimo quando seppero delle preghiere degli abitanti del villaggio e spiegarono loro che erano pratiche malvagie. Ma gli indigeni si limitarono a ridere di loro. E, in effetti, ho sentito dire che anche il prete si faceva beffe dei suoi confratelli. È stato allora che l'hanno portato via.»

«Dopodiché i sacrifici sono cessati?»

Rimerez scosse la testa. «Sono continuati per circa un mese, poi, sì, sono cessati.»

Rolk si appoggiò allo schienale della sedia, riflettendo. Cercava di decidere come continuare. Alla fine riprese. «A quel tempo c'erano due antropologi che lavoravano nei pressi di Chetulak. Li ha conosciuti?»

«Sì. Un uomo giovane e una donna più anziana.»

«Infatti. La dottoressa Grace Mallory e il dottor Malcolm Sousi.»

«Mi sembra che fossero proprio questi i nomi, ma dovrei controllare. Ricordo che uno dei sacrifici ebbe luogo nei pressi degli scavi. Ecco come ho avuto modo di conoscerli.»

«Quindi ha parlato con loro di quanto stava accadendo.»

«Sì. Ma mi hanno risposto che non ne sapevano nulla.»

«Sa se per caso avevano qualche contatto con gli abitanti di Chetulak?»

«Credo che alcuni del posto lavorassero alle loro dipendenze. Qui da noi è un modo come un altro per guadagnare un po' di denaro. Questo e il mercato nero.»

Alla richiesta di spiegazioni di Rolk, Rimerez guardò Kate sorridendo. «Sono certo che la nostra bella dottoressa potrebbe fomirvele. In Messico abbiamo leggi molto rigide sull'esportazione dei manufatti antichi. Ma a volte gli indigeni li vendono ai musei o ai mercanti d'arte. Ovviamente, i reperti devono uscire dal paese clandestinamente.»

Teneva gli occhi fissi su Kate, che distolse lo sguardo, fissandolo sul suo bicchiere. «Temo che sia vero,» ammise poi la giovane donna.
«I
musei sono tra i migliori clienti dei mercati neri di tutto il mondo.»

Rimerez scoppiò in una risata. «Non voglio confessioni, stia tranquilla. Almeno non mentre stiamo bevendo insieme.» Tornò a guardare Rolk. «Quel prete... alcuni dicevano che ha fatto uscire dal paese parecchia roba. Anche questo è piuttosto strano da parte di un religioso, non crede?»

«Certo,» fu d'accordo Rolk. «D'altro canto, padre Lopato sembra essere un sacerdote fuori della norma.»

«Crede che sia anche un assassino?» non esitò a chiedergli il messicano.

«Se lo è, spero di scoprirlo domani. Andiamo a Chetulak.»

«Brutto viaggio,» esclamò Rimerez arricciando il naso. «Avete una jeep?»

«Veramente la dottoressa ha suggerito di andare a cavallo.»

Il capitano parve sorpreso. «La giungla è piena di serpenti.» Poi, guardando Kate, chiese: «Ci è già stata?»

Lei esitò un istante. «Sì. L'ultima volta è stato solo un anno fa. Ho visitato gli scavi a cui lavoravano Mallory e Sousi, ma mi sono trattenuta solo pochi giorni. Il tempo per consegnare certi strumenti di cui la dottoressa Mallory aveva bisogno.»

Rolk la guardava. «Di questo non mi aveva informato. In quell'occasione ha sentito parlare degli omicidi?»

Kate scosse la testa. «Mai. E sono certa che non se sapessero nulla neppure la dottoressa Mallory e Malcolm. In caso contrario me ne avrebbero certamente parlato.»

«Oh, sì che lo sapevano, invece,» saltò su Rimerez. «Li ho informati io stesso.»

 

Più tardi Rolk accompagnò Kate al suo bungalow, ma non le chiese perché gli avesse taciuto la sua visita agli scavi. Avrebbe lasciato che si preoccupasse per le eventuali conseguenze di quella sua missione, e forse sarebbe stata lei ad affrontare per prima l'argomento. Da parte sua, si sentiva perplesso e preferiva muoversi con cautela.

«È molto silenzioso,» osservò Kate.

«Stavo solo ripensando a quello che ci ha riferito Rimerez.»

«Le ha detto qualcosa che non sapesse già?»

«Qualcosa sì.»

Kate abbassò gli occhi. «Già, anche a me.» Lo guardò. «In realtà non mi è mai passato per la testa che potesse essere significativo. Voglio dire, sono stata qui solo tre giorni e non avevo idea di quello che stava succedendo.»

«Ma la Mallory e Sousi sì.»

«Non può esserne sicuro,» insistette lei. «Potrebbero averlo scoperto dopo la mia partenza.»

«Ma a New York mi hanno detto di non saperne nulla. Hanno detto che avevano solo sentito qualche diceria da parte degli indigeni e che non vi avevano attribuito alcuna importanza.»

«Non capisco. Proprio non capisco.»

«Neppure io. Ma spero di capire di più domani.» Le lasciò il braccio e si fermò davanti alla porta del bungalow della dottoressa.

«Ci vediamo domattina,» lo salutò Kate mentre apriva e scompariva all'interno.

Rolk rimase a fissare la porta per qualche secondo, deluso per non essere stato invitato a entrare. «Domani,» mormorò poi a se stesso mentre si avviava verso il suo bungalow.

 

22

 

Quando Kate raggiunse Rolk fuori dell'albergo, il mattino successivo, lo trovò al volante di una malandata jeep blu.

Per il viaggio aveva scelto un paio di jeans, stivali da equitazione e una giacca di pelle scamosciata su una maglietta con la scritta
Museo di Storia Naturale.
Si era fatta la coda di cavallo e ora, mentre se ne stava lì, con le mani sui fianchi, le gambe lievemente divaricate, dimostrava molto meno dei suoi ventotto anni.

«Credevo che saremmo andati con i cavalli,» osservò.

«Quella era la sua idea, non la mia. E dopo quello che Rimerez mi ha detto a proposito dei serpenti, ho deciso di farmi prestare una jeep da lui.» Rolk la guardava, soddisfatto di quello che vedeva a eccezione del disappunto che le leggeva negli occhi. «Salga. Saremo molto più comodi viaggiando in questo modo.»

Kate scivolò al posto del passeggero e si voltò a guardare il cesto di vimini posato sul sedile posteriore. «Generi di conforto?» domandò.

«Proprio così. Qualcosa da mangiare e un thermos di caffè. Ho chiesto all'albergo di prepararcelo. Per caso ha qualcosa contro le comodità?»

«E lei che cos'ha contro i serpenti?»

Lui sogghignò. «Mi spaventano a morte. E tanto per continuare su questa linea, che cosa c'è tra lei e i cavalli?»

«
Non
mi spaventano a morte.»

«Una cowgirl fatta e finita. Dritta dritta dall'Upper East Side.»

«In realtà da Tuba City, Arizona.» A Kate non sfuggì l'espressione interrogativa sul viso di lui. «È lì che sono cresciuta. E se ha qualche importanza, è lì che ho cominciato a interessarmi di antropologia. Tuba City si trova a est del Grand Canyon, proprio sul limitare della riserva degli indiani navajo.»

Rolk si limitò a stringersi nelle spalle. «Non lo sapevo.» Poi le sorrise di nuovo. «Ma anche se l'avessi saputo, avrei comunque chiesto a Rimerez di prestarci la jeep. Sono salito a cavallo una volta sola e non è stato un successo.»

Kate guardò davanti a sé, reprimendo un sorriso. «Metta in moto, ragazzo di città,» lo esortò. «Le indicherò la strada.»

Attraversarono il piccolo villaggio che circondava Chichén Itzá e presto si trovarono su una strada sterrata che s'inoltrava nella densa foresta tropicale che dominava Quintana Roo. Su entrambi i lati della strada, stretta e indurita dal caldo, la vegetazione era un muro inestricabile e non era raro che qualche ramo si protendesse a frustare il parabrezza della jeep.

Rolk lanciò uno sguardo alla cortina verde sospesa sopra le loro teste. «Spero che quei maledetti serpenti non vivano tra gli alberi,» brontolò.

Kate scoppiò a ridere. «Solo quelli davvero pericolosi.»

Di tanto in tanto superavano piccole capanne con il tetto di paglia, simili a quelle che Rolk aveva notato dall'aereo poco prima dell'atterraggio nell'antica città. Da quel punto di osservazione gli erano parse strane e incongrue e Kate gli aveva spiegato che ce n'erano a centinaia nella giungla, alcune isolate, altre raccolte in minuscoli villaggi; erano gli alloggi degli indios che lavoravano alle piantagioni di lattice o che lottavano per ricavare di che vivere dalla foresta stessa.

Da vicino, tuttavia, l'elemento pittoresco svaniva; le capanne diventavano semplici tuguri piccoli e squallidi e le persone che stavano accovacciate lì davanti avevano un'aria miserevole.

«Sono quelli gli indigeni di cui mi ha parlato?» chiese mentre superavano un'altra di quelle piccole costruzioni.

«Sì. Tutto quello che rimane della civiltà maya.»

Colpito dal suo tono, lui si voltò a guardarla e notò lo sguardo triste, quasi stanco, dei suoi occhi.

«Certo una simile vista spinge a chiedersi come sia potuto accadere,» disse allora.

«Niente affatto,» replicò con durezza Kate. «Io so com'è accaduto.»

«Proprio come immaginavo.»

Kate, tuttavia, era sicura del contrario.

In quel momento la jeep sbucò da dietro una curva e si trovò di fronte un grappolo di capanne dominate da una più grande con una croce di legno fissata sul tetto.

«Chetulak,» annunciò Kate. «Quella è la chiesa dove un tempo operava padre Lopato.»

Rolk andò a fermarsi proprio lì davanti. Per qualche istante rimase a fissare il tetto di paglia della chiesetta, poi ne studiò le pareti fatte di canne; avevano un aspetto così fragile che pareva sarebbe bastato un vento impetuoso per farle crollare. «Non proprio la cattedrale di St. Patrick.»

«E ancora meno il tempio di Ku Kulcan,» rincarò Kate.

Mentre saltava giù dalla jeep, Rolk notò che un gruppetto di indios era improvvisamente apparso sull'estremità opposta della polverosa piazzetta. Erano tutti snelli e bassi di statura e i loro volti, con le fronti strette, i lunghi nasi ricurvi e gli occhi a mandorla, gli ricordarono i bassorilievi dei templi di Chichén Itzá. Su ogni viso era impresso il marchio di un'estrema povertà.

Rolk ripensò all'interrogatorio a cui aveva sottoposto Juan Domingo, pensò che anche lui aveva vissuto lì, tra quella gente, in quella stessa miseria. Per un momento il senso di colpa minacciò di sopraffarlo, ma si affrettò a scacciarlo. Domingo non era che una pedina di un gioco che avrebbe avuto termine solo quando lui avesse scoperto l'assassino. Certo, se si fosse rivelato la pedina sbagliata allora forse si sarebbe scusato con lui. Ma non prima di allora.

«Diciamogli che siamo qui per vedere il prete,» sussurrò Kate. «Questo li renderà meno sospettosi e forse in seguito potrà esserci d'aiuto.»

Con un cenno d'assenso, Rolk fece il giro della jeep e le si avvicinò. «Non credo di avere mai visto gente con l'aria così povera prima d'ora,» brontolò. «Neppure nei quartieri peggiori della città.»

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