“Fantastico!” esclamò senza pensare, con un grande sorriso.
“Oh” si riprese, “si, uhm, questi primi tentativi di parlare, leggere e scrivere mi divertono molto. Il vecchio Shikisha mi sta insegnando molte parole, soprattutto riguardanti il lavoro, e Ukiya” indicò Hiraga alacremente impegnato a zappare a poca distanza da loro, ignorando che “Ukiya” fosse uno pseudonimo e in realtà significasse semplicemente “giardiniere”, “mi aiuta a scrivere.
E' un ragazzo molto intelligente per essere giapponese.” Durante la lezione di scrittura del giorno prima, volendo verificare le voci che aveva sentito, gli aveva chiesto a gesti e con le parole imparate da Poncin di scrivere gli ideogrammi di “guerra”, senso, e “presto”, jiki-ni e li aveva copiati sommariamente componendo la frase “Guerra in Giappone presto. Prego?” Il volto del giovane si era trasformato per la sorpresa. “Gai-jin toh nihon-go ka?” Tra stranieri e giapponesi?
“Iyé, Ukiya. Nihonjin to nihonjin.” No, Ukiya, tra giapponesi e giapponesi.
Il giovane era scoppiato a ridere. Typer aveva notato com'era bello d'aspetto e diverso dagli altri giardinieri.
La sua superiorità intellettuale era evidente, sebbene in Giappone, al contrario di quanto accadeva in Inghilterra, quasi tutti i lavoratori sapessero leggere e scrivere.
“Niho njin tsuneni senso nihonjin!” I giapponesi sono sempre in guerra con i giapponesi, aveva detto Ukiya ridendo di nuovo e contagiando Tyrer.
A Tyrer quel ragazzo piaceva ogni giorno di più.
Allegro Tyrer esortò Pallidar: “Dai, che altro c'è? Non intendo sul lavoro, per l'amor di Dio, ma Angélique?“.
Pallidar grugnì. “Ah, ti interessi a lei?” chiese in tono indifferente, mentre in realtà era divertito.
“No, per niente” rispose Typer. I due risero insieme consapevoli delle rispettive finzioni.
“Domani ci sarà la festa di fidanzamento.”
“Beato Malcolm! Meno male che mi hanno rimesso in libertà.
Mi dispiacerebbe mancare al ricevimento. Lei come sta?”
“Bella come sempre. E' stata nostra ospite d'onore al Circolo Ufficiale.
Quando è arrivata sembrava una dea, l'accompagnavano quell'arrogante del ministro francese e André Poncin. Non mi piacciono proprio, quei due...”
“André non è male, mi sta aiutando molto con il giapponese.”
“Sarà, ma io non mi fido. Sul “Times” c'è un lungo articolo sull'imminente conflitto in Europa: la Francia e forse la Russia contro la Germania. Ci trascineranno dentro di nuovo.”
“Ecco una guerra di cui potremmo fare a meno. Stavi dicendo?”
“E' stata una serata fantastica” riprese Pallidar raggiante. “Ho ballato con lei, eccezionale. Un valzer, ci ho messo l'anima. Da vicino, senza mancarle di rispetto, il suo seno è fantastico e il suo profumo...”
Inebriato, Pallidar rievocò quel momento: tutti gli occhi su di loro che volteggiavano sulla pedana da ballo costruita in fretta, le brillanti uniformi tutt'intorno, lei l'unica donna presente, il bagliore delle candele e delle lampade a olio, la banda militare che suonava con vigore e loro due che ballavano come una coppia perfetta suscitando la gelosia di tutti.
“Invidio davvero Struan.”
“Lui come sta?”
“Chi? Oh, Struan? Un pò meglio, dicono, Io non l'ho visto ma dicono che si sia alzato dal letto. L'ho chiesto ad Angélique ma mi ha risposto solo che sta meglio.” Sorrise ancora.
“Si sta occupando di lui il dottore che è appena arrivato, si chiama Hoag, è il loro medico di famiglia.
Pare che sia bravissimo.” Non appena Pallidar finì la birra l'attento e gioviale Chen gliene portò un'altra.
Chen era grassoccio, assomigliava a Lim, e come lui era una spia nonché un lontano cugino del compradore della Struan. “Grazie.” Pallidar la sorseggiò con gusto. “Questa birra è buonissima.”
“E' di produzione locale. Ukiya dice che i giapponesi la fabbricano da anni e che la migliore viene da Nagasaki. Devono aver imparato a farla dai portoghesi qualche secolo fa. Cos'altro mi racconti?” Pallidar guardò pensieroso Tyrer.
“Cosa ne pensi della storia dell'assassino raccontata da Hoag? Dell'intervento chirurgico e della ragazza misteriosa?”
“Non so davvero. Mi è sembrato di riconoscerne uno. Quel tipo era ferito proprio nello stesso punto. I conti tornerebbero. Che peccato che tu e Marlowe non l'abbiate beccato. Sarebbe una beffa se uno di noi, curandolo, lo avesse messo in condizione di uccidere altri dei nostri.” Tyrer abbassò la voce per non essere sentito dagli inservienti e dai soldati che si aggiravano a poca distanza.
“Rimanga tra noi, ma sir William ha chiesto rinforzi e navi da Hong Kong.”
“L'ho sentito anch'io. Presto ci sarà la guerra, oppure dovremo intervenire se cominceranno a combattere tra loro...” Mentre strappava erbacce e zappava, Hiraga non perdeva una parola e pur non capendo tutti i particolari del dialogo ne coglieva tuttavia la sostanza e le notizie da parte inglese non facevano che confermare quanto già sapeva aumentando la sua preoccupazione.
Dopo aver appiccato il fuoco al palazzo di Utani, lui e i suoi amici avevano raggiunto il loro rifugio senza incidenti. Todo e gli altri avevano deciso di tornare a Kanagawa all'alba, all'apertura delle barriere, ed erano partiti.
Lui, Joun e Akimoto avevano invece scelto di rimanere per avere l'occasione di attaccare la Legazione, e si erano divisi in nascondigli separati.
All'alba di quella stessa notte la Bakufu con una celerità senza precedenti raddoppiò il numero di barriere sulla Tokaidò ed estese il controllo sulle quattro strade principali e su tutte le possibili vie di comunicazione con Edo.
Quell'aumento di sorveglianza li immobilizzava e impediva ogni movimento anche a tutti gli altri shishi presenti nella capitale.
Quattro giorni prima la mama-san Noriko aveva inviato da Kanagawa una lettera nella quale si scusava di non aver potuto mandare prima notizie a causa dell'accresciuta sorveglianza e raccontava di Ori e Sumomo e del medico gai-jin.
La lettera terminava:
Ancora non ho avuto notizie di Todo e degli altri due shishi, sono spariti nel nulla. Sappiamo che hanno superato la prima barriera ma niente di più. Temiamo che siano stati traditi e che veniate traditi anche voi.
Fuggite finché potete. Ori si sta rapidamente riprendendo, la ferita è pulita. Per sicurezza l'ho mandato a Yokohama, l'ultimo posto in cui la Bakufu lo cercherebbe. La tua signora rifiuta di partire senza un tuo ordine, provvedi subito, perchè temo che la mia casa sia sorvegliata. Se mi dovessero prendere rivolgiti a Rajko, alla casa delle Tre Carpe, a Yokohama. Le notizie dell'assassinio di Utani si sono diffuse in tutto il Giappone seminando terrore. Sonno-joi!
Hiraga si accinse a rispondere ma il messaggero di Noriko era molto spaventato.
“Arrivare qui è stato terribile, Hiraga-san. Le guardie alle barriere perquisiscono tutti, denudano uomini, donne e bambini, nel caso i messaggi siano nascosti nel perizoma. L'hanno fatto anche a me, signore.
“E come mai non ti hanno scoperto?”
Il messaggero si toccò il sedere. “Ho nascosto la lettera in un piccolo tubo di metallo, Hiraga-san, ma non voglio rischiare più, certe guardie sono ben informate sui trucchi dei contrabbandieri. Per favore, affidatemi un messaggio a voce.”
“Allora porta alla tua padrona la mia gratitudine e i miei auguri e di' a Sumomo-san di andare subito da Shinsaku.”
Hiraga usò il nome segreto di suo padre perchè Sumomo potesse avere la certezza che l'ordine di tornare a casa giungeva proprio da lui. Pagò l'uomo.“
Fai attenzione.
“Karma.”
Si, karma, pensò Hiraga tornando a concentrarsi sulle parole straniere, contento che Ori fosse vivo e divertito all'idea che fosse stato proprio un gai-jin a salvarlo per metterlo in grado di uccidere altri gai-jin, come lui che presto avrebbe ucciso quei due. Potrei approfittare della confusione della partenza e ucciderne almeno uno, il primo che mi capita a tiro. Eeeh dei, se esistete, proteggete Sumomo.
Ha fatto bene a resistere alle pressioni dei suoi genitori, ha fatto bene ad andare nella casa dei miei a Choshu, ha fatto bene a venire a Kanagawa e ha fatto benissimo a trovare il coraggio di unirsi a me in battaglia, sarà un'ottima madre per la mia progenie, se questo sarà il mio karma. Quindi meglio che si metta al sicuro a casa. Meglio che stia a Choshu, lontano dal pericolo...
Colse la parola “Shimonoseki”. L'ufficiale gai-jin era loquace e sembrava piuttosto esaltato, e pur non capendo gran parte di ciò che diceva Hiraga intuì che i cannoni avevano colpito le loro navi nello Stretto, uccidendo alcuni marinai, e che i gai-jin erano furibondi perchè la navigazione dello Stretto per loro era essenziale.
Sì, è così, pensò Hiraga divertito, ed è esattamente per questo che non l'avrete mai. Anche con i pochi cannoni di cui disponiamo attualmente siamo in grado di tenerlo chiuso alla flotta dei barbari, e presto la nostra fabbrica di armamenti, costruita e progettata dagli olandesi, sarà in grado di produrre tre cannoni da sessanta libbre al mese completi di affusti!
Finalmente il vento è girato a nostro favore: il principe Ogama di Choshu, unico tra tutti i daimyo, ubbidisce alla volontà dell'imperatore di attaccare e scacciare i gai-jin; le truppe di Choshu mantengono con fermezza il controllo sui cancelli del palazzo; Katsumata sta riunendo tutti gli shishi per tendere un'imboscata e uccidere lo shògun, attirato per miracolo fuori dalla propria tana, in viaggio verso Kyòto; e noi stiamo stringendo la morsa intorno alla roccaforte dei gai-jin, Yokohama...
All'improvviso l'attenzione di quanti erano nel cortile fu richiamata dalle grida provenienti dai cancelli sprangati e sorvegliati.
Lo stomaco di Hiraga si strinse. Un ufficiale samurai a capo di un drappello che portava le insegne della Bakufu e lo stendardo personale di Toranaga Yoshi chiedeva il permesso di entrare.
I soldati di guardia gli risposero di andarsene. In fondo al drappello Hiraga vide Joun, il suo compagno shishi, incatenato, malridotto ed evidentemente terrorizzato.
Una tromba suonò l'allarme.
I soldati all'interno delle mura, alcuni con le giubbe sbottonate e senza berretto ma tutti armati di fucili carichi e baionette, corsero alle postazioni d'attacco e i giardinieri si buttarono carponi con il volto a terra. Hiraga, colto di sorpresa, rimase in piedi per un istante, poi, sentendosi terribilmente esposto, si affrettò a imitare l'esempio degli altri giapponesi. I soldati accorsi nella piazza cominciarono a schierarsi con aria minacciosa.
Tyrer si alzò impaurito. “Che cosa diavolo sta succedendo?” Con grande calma, Pallidar disse: “Sarebbe meglio accertarcene”. Si rivolse tranquillo al capitano, comandante delle guardie della Legazione, che stava aprendo la fondina. “'giorno, sono il capitano Pallidar.”
“Capitano McGregor. Sono contento che siate qui, sì, molto contento.”
“Si va?”
“Sì.”
“Quanti uomini avete?”
“Cinquanta.”
“Bene, sono più che sufficienti. Phillip, non ti preoccupare.” Pallidar conservava un'apparente tranquillità ma dentro aveva l'adrenalina alle stelle. “Ma siccome qui sei il funzionario di grado più elevato, tocca a te chiedergli cosa vogliono. Noi ti scorteremo.”
“Sì, sì, molto bene.” Sforzandosi di mantenere la calma, Tyrer si mise il cilindro, si aggiustò la finanziera e scese i gradini nell'attenzione generale. I dragoni guardavano Pallidar in attesa di ordini. Tyrer si fermò a cinque metri dal cancello, protetto alle spalle dai due ufficiali. Per un attimo riuscì a pensare solo che aveva un bisogno impellente di orinare, poi ruppe il silenzio.
Con un balbettato saluto disse: “Ohayo, watashi wa Taira-san. Nan desu ka?”.
Buongiorno, sono il signor Tyrer, che cosa volete per favore?
Uraga, l'ufficiale corpulento che aveva difeso il castello di Anjo dall'imboscata degli shishi, lo fissò, si inchinò e attese. Tyrer rispose con un inchino meno profondo, come André Poncin gli aveva suggerito, e ripeté: “Buongiorno, per favore, cosa volete?”.
Irato per la mancanza di rispetto l'ufficiale sbottò con una raffica di parole in giapponese che travolsero Tyrer, terrorizzandolo. Anche Hiraga rimase impietrito: l'ufficiale chiedeva il permesso immediato di perquisire la Legazione e di interrogare subito i giapponesi presenti perchè era probabile che tra di essi si trovassero certi shishi assassini e rivoluzionari, “come questo” disse indicando Joun.
Tyrer si sforzò di trovare le parole.
“Wakarimasen. Dozo, hanashi wo suru noroku.” Non capisco, per favore parlate lentamente.
“Wakarimasen ka?” Non capite? chiese esasperato l'ufficiale. Poi, alzando il tono di voce, convinto come quasi tutti che rivolgersi a uno straniero gridando faciliti la comprensione, ripeté le parole di prima, ancora più gutturali e spaventose, e concluse: “Non ci metterò molto, per favore, è per la vostra sicurezza!”.
“Spiacente, non capire. Per favore, parlare inglese od olandese?”
“No, certo che no. E' ovvio. Voglio entrare solo per poco tempo. Per favore aprite il cancello! E' per la vostra sicurezza! Guardate, il cancello!
Qui, vi faccio vedere!” Si avvicinò, afferrò una sbarra e scosse forte il cancello. I soldati all'interno si spaventarono e molti di loro tolsero le sicure.
Pallidar gridò: “Sicure innestate! Non sparate se non lo ordino!”.
“Non so di cosa diavolo stia parlando” disse Tyrer, con un rivolo di sudore freddo che gli scendeva lungo la schiena. “Salvo che ovviamente vuole che gli apriamo il cancello.”
“Non lo faremo di certo, non con quella marmaglia armata! Digli di andarsene, digli che questa è proprietà britannica.”
“Questo...” Tyrer rifletté un attimo, poi indicò l'asta e la bandiera britannica, “questo luogo inglese... non si entra. Per favore dovete andare!”
“Andare? Voi siete matto. Come vi ho appena spiegato, si tratta della vostra sicurezza.
Abbiamo appena catturato questo cane e siamo sicuri che dentro o qui intorno ce n'è un altro nascosto.
APRITE IL CANCELLO!”
“Molto spiacente, non capisco...”
Sommerso da una nuova valanga di parole giapponesi, Tyrer si guardò in giro attonito. Poi vide Hiraga poco lontano. “Ukiya, vieni qui” gridò in giapponese. “Ukiya!” Il cuore di Hiraga quasi si fermò. Tyrer lo chiamò di nuovo. Fingendosi terrorizzato Hiraga lo raggiunse con una corsa maldestra, gli si gettò ai piedi e chinò la testa. Il volto era quasi completamente nascosto dal cappello da coolie e dava la schiena al cancello.