Sbigottiti si voltarono tutti a guardare. Il sergente Towery li stava osservando con freddezza in compagnia di un altro soldato.
“Oh! Oh, buongiorno... salve, sergente” ribatté Hoag sul punto di soffocare. Restò immobile come gli altri.
Towery si avvicinò e osservò la bara. “Che cosa abbiamo di bello qui? Portate la canaglia, chiedo scusa, signora, portate la cassa a Yokohama, eh?”
“Noi, noi... lui ha chiesto di essere sepolto in mare, sergente” rispose Hoag. “Lui, il signor McFay cioè, ci ha gentilmente prestato la sua lancia perciò eccoci qua.”
“Un funerale in mare, eh?” Il sergente Towery li guardò uno a uno come se volesse incidersi i loro volti nella memoria. “Molto lodevole, ne sono commosso.” Poi restò in silenzio lasciandoli morire di paura ancora un pò. Infine ripeté: “Un funerale in mare, eh? Meglio non perdere tempo allora, altrimenti finirete anche voi in pasto ai pesci. Signora”.
Con cortesia salutò Angélique e si allontanò a passo di marcia seguito a poca distanza dal soldato.
Per un istante nessuno si mosse. “Cristo” mormorò Hoag.
“Cosa pensate che ne verrà da questo incontro?” chiese Jamie.
“Dei guai, signore.” Il nostromo bevve un sorso di rum dalla sua fiaschetta personale e la passò a Jamie.
Hoag rifiutò, e anche Angélique.
Per ultimo venne il fuochista. Con grande disapprovazione di Tinker l'uomo trangugiò quasi tutto il rum e ruttò. “Pardon.” Lo stomaco di Jamie era rovesciato. “L'infame è apparso dal nulla come se ci stesse tendendo un agguato. Voi l'avete visto avvicinarsi?” Scossero tutti il capo in segno di diniego. “Sarà meglio partire.” Mentre qualcuno si occupava di assicurare la bara, il nostromo avviò l'imbarcazione verso il mare aperto. Cavalcò le onde imbarcando soltanto pochi spruzzi, quel che bastava per irritare gli uomini sul ponte. Sotto, la cabina era rumorosa ma accogliente, e una buona ventilazione teneva l'aria pulita e respingeva l'odore del fumo prodotto dal motore a carbone. Davanti a loro, verso oriente, dove le acque erano profonde, non c'era più niente tra loro e l'America e il cielo era assai meno benevolo che vicino alla costa.
“Meglio sbrigarci, signore” disse a bassa voce Tinker a Jamie. Erano entrambi in piedi nella timoniera. “Non abbiamo più di un'ora o due di luce.”
“Sentite aria di burrasca, nostromo?”
“Meglio sbrigarci, signore.” Jamie guardò ancora una volta verso oriente. Il cielo sembrava persino più nero. “D'accordo.
Fate voi.” Si girò per allontanarsi.
“Signore, quel sergente spiffererà tutto, vero?”
“Sì.”
“Dobbiamo fare un funerale, vero?”
“Sì.”
“Che cosa ha di così importante questo qui” Tinker indicò con un pollice calloso la cassa, “per rischiare tanto?” e indicò il cielo minaccioso.
“Andiamo a seppellire il tai-pan, Malcolm Struan.” Il vecchio marinaio rise. “La sua cassa è sulla Prancing Cloud, signore, lo sappiamo tutti e due.”
“Sì, lo sappiamo entrambi. Questo è... diciamo... un gesto simbolico, un funerale fasullo per accontentare i suoi desideri, e quelli della sua vedova, che lo vorrebbe sepolto in mare. La signora non crede che a Hong Kong lo farebbero.” Jamie sapeva di correre un rischio ma non c'era altro da fare. Fino a quel momento era riuscito a non mentire.
“Un funerale fasullo, signore?”
“Sì. Tutto qua. Non c'è niente da nascondere e niente da temere.” Tinker annuì poco convinto e pensò: Dev'esserci dentro un corpo, deve esserci per forza perchè pesa troppo. Ma inutile fare domande di cui non mi piacerebbe conoscere la risposta, meno so e meglio è e speriamo che il tempo sia dalla nostra e non diventi merdoso come promette. “Grazie, signore.” Jamie guardò verso la baia ormai molto lontana. “Limitati ad arrivare in un punto da cui non si veda terra, nostromo.” Diede un'ultima occhiata alla bussola e poi scese nella cabina.
“Siamo quasi arrivati.” Angélique si protese verso di lui. “Cosa farà quel soldato?”
“Un rapporto. E' inevitabile, ma non importa.”
“Non possono farci niente, vero, signor Skye?”
“Non posso davvero prevedere che cosa potrà fare o non fare sir William” rispose Skye con lo stomaco sgradevolmente in sintonia con ogni movimento dell'imbarcazione.
Jamie andò verso uno degli armadietti e ne estrasse la grande bandiera britannica che vi aveva riposto e quella con il leone e il drago della Struan. Con l'aiuto di Hoag le assicurò entrambe intorno alla bara. Il beccheggio della lancia era più forte di prima e dovettero reggersi con una mano per non cadere. Angélique sedeva accanto alla porta aperta.
L'aria era umida e fredda. Sentiva che stava per piangere perciò abbassò il velo scuro e finse di guardare verso la costa. “Non manca molto ormai” ripeté Jamie.
Quando raggiunsero un punto dal quale la terra era soltanto un filo all'orizzonte, la luce era ancora buona, il mare appena più mosso, le onde increspate di bianco, il vento più intenso, ma tutto era ancora nei limiti.
Non pioveva. Jamie gridò: “Nostromo, rallentate e tenetela il più ferma possibile”.
“E' al minimo, signore!” La riduzione della forza del motore creò un'improvvisa pozza di silenzio che rinfrancò il loro spirito, un benedetto attimo di sollievo dopo il frastuono e l'apprensione per essere così lontani da terra. Sia Hoag che Skye erano sempre più in preda al mal di mare. Si sentivano soltanto il fischio del vento e il rumore delle onde, e il suono confortante del motore al minimo che faceva vibrare il ponte tenendo l'imbarcazione con la prua nel vento. Il vento era tagliente, orientale, e soffiava dall'oceano più forte di prima. Jamie prese un profondo respiro.
“Cominciamo.”
“Sì. Che cosa dobbiamo fare?” chiese Angélique.
“Venite sul ponte, qui a poppa, ma reggetevi. Nostromo e fuochista, venite anche voi.”
“Meglio che io resti al timone, con il vostro permesso, signore.” Poi gridò nel portavoce: “Percy, sali sul ponte”.
Ora faceva più freddo. Si raggrupparono vicini reggendosi per non cadere. Jamie si sistemò a poppa con gli altri di fronte. “Via i cappelli” ordinò dando l'esempio. Skye, Hoag, il fuochista e Tinker, il nostromo, obbedirono. Aprì il Regolamento Navale alla pagina segnata.
In parte leggendo e in parte improvvisando disse: “Siamo qui riuniti al cospetto di Dio per seppellire le spoglie mortali dell'amico Malcolm Struan, marito di Angélique Struan, tai-pan della Nobil Casa, nelle profondità del mare, dandogli quella sepoltura che egli, come sua moglie, desiderava, e comportandoci come gli amici si devono comportare...”.
Sentendo il nome del tai-pan, il fuochista spalancò gli occhi e gettò un'occhiata al nostromo che gli fece cenno di stare calmo.
Borbottando tra sé perchè odiava i funerali il marinaio si strinse nella giacca per proteggersi dal vento freddo desiderando solo potersene tornare al più presto nella sua calda sala macchine.
Il vento aumentò di un nodo. Tutti avvertirono il cambiamento. Dopo un attimo di esitazione Jamie riprese: “Adesso preghiamo. Padre Nostro...”.
Ciascuno dei presenti pregò come sapeva mentre il movimento sempre più ampio del ponte dominava completamente le loro menti.
Quando la preghiera finì Jamie gettò un'occhiata al libro, anche se non ne aveva bisogno perchè aveva letto il servizio funebre quand'era nella timoniera, ma aveva bisogno di prendere tempo per calmarsi e distogliere i pensieri dai pericoli del mare.
Era l'unico oltre al nostromo ad aver visto la linea temporalesca alle loro spalle, e ad aver notato che sotto di loro il mare sembrava in ebollizione.
“In quanto capitano della lancia della Struan Cloudette” disse a voce un pò più alta per sovrastare il frastuono del vento, “è mio dovere e privilegio affidare lo spirito di quest'uomo alle cure di Dio onnipotente, chiedere a nostro Signore di perdonargli i suoi peccati, benché è nostra opinione che non ne avesse molti, almeno di importanti, e di affidarlo alle profondità del mare dal luogo... dalla terra natia, l'Inghilterra, la patria al di là dell'oceano.
Era un brav'uomo. Malcolm Struan era un brav'uomo e noi ne sentiamo la mancanza. Ne sentiamo la mancanza oggi e la sentiremo in futuro...” Gettò un'occhiata ad Angélique che si stava sorreggendo a un montante del parapetto, le nocche delle mani bianche. Una raffica la investi premendo il velo contro il suo volto.
“Volete dire qualcosa, signora?”
Lei scosse il capo piangendo in silenzio. La spuma cominciava a investirli a dritta dove erano un pò più abbassati nell'acqua per via del loro peso e di quello della bara.
Tristemente Jamie fece un cenno al fuochista e a Skye. Con fatica allentarono le funi che legavano la cassa alla panca e laboriosamente la fecero scivolare verso il mascone per farla poi cadere in acqua. Jamie li aiutò con una mano e quando la bara fu sul punto di lasciare l'imbarcazione, ad alta voce e sempre più infelice disse: “E la polvere tornerà alla polvere, e il mare e il cielo la reclameranno e i venti si sussurreranno l'un l'altro che questo bravo giovane è andato a incontrare il suo Creatore, anche se troppo presto, troppo presto...”.
Insieme agli altri due uomini diede alla bara la spinta finale che la fece inabissare nell'oceano.
La lancia sbandò adeguandosi alla perdita di peso e una raffica improvvisa colpì lo scafo esposto facendola sbandare ulteriormente. Il parapetto di poppa affondò nell'acqua. Si aggrapparono tutti a un sostegno per reggersi in piedi eccetto il nostromo e il macchinista che cavalcarono il movimento.
Angélique, debole per il pianto, abbandonò la presa e scivolò via.
Sarebbe finita in mare se Jamie non si fosse proteso ad afferrarla, trascinandola indietro in preda al panico mentre con una mano si teneva al parapetto. Il vento le strappò il cappello e il velo mandandoli a mulinare sull'acqua, poi il macchinista, grazie alle gambe forti e abituate al mare, la sollevò e la spinse nella cabina ruzzolando dietro di lei.
La temperatura scese.
Cominciò a piovere.
Il temporale si abbatté in pieno su di loro.
Jamie gridò: “Nostromo, a casa!”.
“Meglio restare sotto, signore!” gli gridò Tinker di rimando. Aveva già deciso cosa fare e come. Attese finché il fuochista, imprecando con rabbia, non fu tornato nella sala macchine dopo essersi assicurato che Jamie, Hoag, Skye fossero al sicuro nella cabina. La pioggia divenne torrenziale, il mare violento.
Tinker segnalò: “Avanti piano” e girò il timone verso poppa per uscire dal vento. La prua affondò in un'onda lunga che si stava piegando.
Se ne liberò coraggiosamente con l'acqua che scrosciava sul ponte infrangendosi sull'oblò della cabina e della timoniera e continuò a girare.
“Piano adesso” disse stringendo con forza la pipa tra i denti, “siamo amici, per Dio, ti abbiamo appena consegnato il nipote del Demone dagli Occhi Verdi.”
Virare fu difficile: le onde spinte dal vento fecero sbandare la lancia inclinandola, e mentre l'imbarcazione cercava di ritrovare l'equilibrio le onde la incalzavano e cercavano di trascinarla via. Nella cabina i quattro si sostenevano come meglio potevano mentre intorno a loro tutto ciò che non era fissato cadeva. Ancora una volta Angélique perse l'equilibrio ma fu soccorsa dai due uomini.
Nessuno riusciva a pensare ad altro che al temporale. Hoag aveva un colorito terreo, e con un gemito sofferente si sdraiò.
“E' soltanto perchè stiamo virando” gridò Jamie sopra il frastuono del motore e del vento mentre l'imbarcazione si avvitava su se stessa.
Angélique nascose il capo sulla sua spalla, spaventata. “Tra un attimo sarà tutto a posto.”
Vedeva che il mare era cattivo ma non spaventoso.
Per il momento. Inoltre si fidava ciecamente del nostromo e della Cloudette, finché il motore continuava a funzionare. “Non preoccupatevi.” Il nostromo Tinker la pensava allo stesso modo e aveva deciso di mettersi sottovento, perchè c'era tempo, se necessario, per rimettersi nel vento e gettare un'ancora da temporale, un secchio legato a una fune per tenere la prua ferma nel vento, per stare fermi fino a quando la tempesta non si fosse placata.
“Ce la farà a uscire anche se non avrebbe mai dovuto trovarsi in questa situazione” disse lottando per tenere il timone come voleva contro la pressione delle onde.
La lancia uscì dal vortice e si raddrizzò. La prua affondò nell'onda successiva, venne spinta con più forza dal vento, poi si inerpicò, restò sospesa e precipitò. Tutti rabbrividirono. Al maroso successivo accadde la stessa cosa e questa volta imbarcarono molta acqua. Giù giù giù poi su su su ancora più in alto e infine uno schianto violento e acqua e schiuma che inondavano gli oblò e il ponte. Angélique emise un gemito.
Jamie la sorreggeva con un braccio mentre con l'altra mano si stringeva a un parapetto.
La pioggia entrava dagli oblò di poppa e dalla porta. In un angolo Skye vomitava, Hoag era prono e altrettanto impotente.
Di sopra, nella timoniera, il nostromo oscillava con disinvoltura con il movimento dell'imbarcazione. Aveva la lancia sotto controllo. Pioggia e spuma inondavano gli oblò ma la visibilità era ancora buona. Evitando di esporre la poppa al moto delle onde lo assecondava per attutire il rollio. “Tutto bene là sotto?” gridò.
Sorrise radioso divertendosi un mondo, tanti erano stati i temporali che aveva vinto, e tra un'ora o due la paura sarebbe stata dimenticata con tre o quattro ponce caldi in qualche accogliente localino della costa.
Felice, riprese il suo canto a gola spiegata.
Poi il cuore gli si fermò. “Dio Santissimo!” esclamò. La bara galleggiava a dritta, abbassandosi e alzandosi con le onde, ancora avvolta nelle bandiere. Anche Jamie dalla cabina l'aveva vista e capì, con lo stesso orrore del nostromo, che se una grande onda l'avesse colpita avrebbe potuto spingerla a bordo o peggio ancora trasformarla in un ariete contro la fragile struttura dello scafo. Nella più tremenda delle ipotesi avrebbe potuto aprire una falla.
Più Tinker cercava di allontanarsi e più la bara si avvicinava. A un certo punto sfiorò addirittura la fiancata, poi si allontanò girando su se stessa come in un vortice ma restando sempre parallela alla lancia.
Jamie imprecò contro se stesso per non aver previsto quell'eventualità e non aver dotato di un'ancora la bara, tenuta a fior d'acqua dall'aria o dalla galleggiabilità del legno.
Impegnato a sorreggere Angélique, gli era difficile seguire i movimenti di quella che sembrava soltanto una macabra visione prodotta da una mente malata, e tuttavia era contento che lei avesse la testa affondata nel suo cappotto.