La lettera recava la data di due mesi e mezzo prima.
Emise un gemito.
“Arriverà a Hong Kong da un giorno all'altro. La mia lettera è giunta troppo tardi in Inghilterra. E adesso che cosa faccio?
Buon viso a cattivo gioco? Mi nascondo? Scappo a Macao come il vecchio Aristotle Quance? Nemmeno per sogno. E la mia vita e non mi posso permettere, né desidero, una moglie... posso scriverle un'altra lettera e fargliela trovare qui quando arriverà. Dovrò...”
Un colpo bussato alla porta interruppe i suoi pensieri.
“Sì!“ gridò.
Vargas si affacciò con aria incerta.
“Posso parlarvi un momento, senhor?”
“Sì, che cosa c'è?” Con aria di disprezzo Vargas disse: “C'è qui fuori un uomo che vi vuole vedere, un tale Corniman, mi pare che abbia detto un nome del genere”.
Il nome però a Jamie non diceva niente. Vargas aprì la porta. L'uomo, piccolo e con un'espressione da furetto, era vestito in modo eccentrico, in parte con indumenti europei e in parte alla giapponese: camicia, pantaloni e un cappotto imbottito; era ben rasato, i capelli puliti e legati in una coda di cavallo, portava un coltello infilato nella cintura e indossava stivali scalcagnati.
Jamie non lo riconobbe, tuttavia in quel luogo gli stranieri spesso non erano ciò che sembravano a prima vista. Senza riflettere disse: “Entrate, prego, e accomodatevi”.
Poi si ricordò del postale. “Vargas, potete chiedere al capitano Biddy di passare un momento da me? Dev'essere al circolo. Sedetevi, signor Corniman, se ho ben capito.”
“C'è del rum, amico?”
“Chi siete e che cosa volete?”
“Johnny Cornishman, ricordo che vi ho visto insieme al tai-pan, io e il mio amico, Charlie Jank, siamo prospettori, ricordate?”
“Prospettori? Oh sì, adesso ricordo.” Ora l'uomo era ripulito e discretamente vestito mentre durante il loro primo incontro era sporco e puzzolente come un barbone. I suoi occhietti malevoli e furtivi, tuttavia, non erano cambiati. “Avevamo fatto un accordo ma poi siete passato coi Brock” ribatté Jamie con durezza, “ci avete tradito.”
“Già, proprio così.
Siamo uomini d'affari. Norbert ci dava più quattrini, o no? Comunque non parliamo di lui che è crepato.
Prima un pò di rum, eh?
E dopo parliamo.” Jamie dissimulò il suo interesse; un uomo come quello non sarebbe tornato da lui senza una buona ragione. Gli versò mezzo bicchiere di rum.
“Avete fatto centro?”
L'ometto tracannò quasi tutto il liquore e tossì scoprendo le gengive e gli unici due denti rimastigli, marci e storti. “Il rum è meglio del sakè, per Dio, ma fa niente, le bamboline di qui me lo fanno dimenticare.” Ruttò e fece una brutta smorfia.
“Finché paghi. Gesù se sono strane con l'acqua e i soldi, molto più strane che nel nostro Yoshiwara, ma se paghi ti agitano il culo sotto il naso che è la fine del mondo!” Rise sguaiatamente della battuta e poi aggiunse in tono duro: “Abbiamo il carbone della miglior qualità, a tonnellate, amico, abbastanza per far andare tutta la stramaledetta flotta. A metà del prezzo di Hong Kong”.
“Dove? Da consegnare dove?” chiese Jamie illuminandosi. Il carbone per le navi a vapore era estremamente prezioso e scarseggiava sempre.
Soprattutto, per la flotta una fornitura locale sarebbe stata una manna dal cielo e quindi una costante fonte di guadagni. Sarebbe riuscito a venderlo anche al doppio del prezzo di Hong Kong, figuriamoci alla metà. “Da consegnare dove?”
“Qui a Yokopoko, per Dio, ma sei pence alla tonnellata di percentuale li mettete in banca per Johnny Cornishman.” Finì il rum. “Pagamento in mex d'oro o d'argento e una percentuale per questa canaglia.” Tese a McFay un foglio. C'era scritto: Villaggio di Yokohama, Shoya Ryoshi, mercante del Gyokoyama. “Questo stronzo sa quello che fa, quello che succede, le mosse giuste. Lo conoscete?”
“Sì, è il capo del villaggio.”
“Bene. Il mio capo diceva che lo dovevate conoscere.”
“Chi è il vostro capo?” Cornishman fece una smorfia. “Il Principe Sua Altezza in persona.
Non c'è bisogno di fare nomi. Non perdiamo tempo. Concludiamo questo affare o no?” Dopo un istante Jamie disse: “Dov'è la miniera?”.
“Questi sono affari miei amico, non vostri.” L'ometto ebbe una risata cattiva. “Vicina ma in mani nemiche. State a sentire, è la prima miniera che ho aperto, c'è una montagna di carbone già tirato fuori e un migliaio di musi gialli che scavano e trasportano, ce n'è abbastanza per venti flotte per venti anni, per Dio.”
“Perché a me? Perché volete fare questo affare con me?”
“Perché Norbert è morto e adesso, dopo che è morto anche il tai-pan, voi siete il capo qui. Yokopoko è un posto pericoloso, eh?” Cornishman gli tese il bicchiere. “Gradirei dell'altro rum, se non vi dispiace, onnipotente signore a capo della Struan.” Jamie glielo versò e tornò a sedere. Cornishman notò che la seconda dose era inferiore alla prima.
“Allora?”
“Pagheremo un quinto del prezzo di Hong Kong da cui andranno detratte le tasse doganali, da consegnare qui, prima consegna entro trenta giorni, nessuna percentuale.”
Gli occhietti del prospettore si aggirarono per la stanza come quelli di un topo.
“Le tasse della dogana sono affare vostro, amico. La mia percentuale resta. Questa è la proposta: dopodomani mandate una chiatta vicino a Edo, dove vi dico io. Noi la riempiamo, voi pagate un quinto quando è piena e ve la portiamo qui a Yoko e pagate il resto al vecchio, a quello lì che c'è scritto sul foglio. Sei pence a tonnellata vanno in banca a mio nome, Johnny Cornishman.
Un affare più giusto non lo potevate trovare, eh? Voi avrete il carbone prima di pagare e lo pagherete metà del prezzo di Hong Kong.”
“Un quinto del prezzo di Hong Kong tutto compreso.” Il volto dell'ometto si contorse per la rabbia. “A metà del prezzo di Hong Kong farete sempre un grande profitto, per Dio, il carbone è qua, non nella fottuta isola. Risparmiate le spese di trasporto, di assicurazione e Dio sa cosa... non siamo dei ladri di polli, questo è un affare rispettabile!” Jamie rise.
“Questa è la proposta che vi faccio io: per la prima chiatta vi pago un terzo del prezzo di Hong Kong. Se la qualità è quella che voi dite e garantite la consegna di una chiatta alla settimana, o quello che potrete fare, nel giro di un anno arriverò a pagare metà del prezzo di Hong Kong meno il quindici per cento. Tre pence a tonnellata di percentuale per voi. Dov'è finito il vostro socio, come si chiama, Charlie Jank?”
“Sei pence o niente.”
Gettò un'altra occhiata intorno alla stanza e poi tornò a osservare Jamie con occhi scintillanti. “E' morto come il vostro tai-pan ma non ha avuto la stessa fortuna negli ultimi minuti.”
“State attento a come parlate del tai-pan.”
“Andate all'inferno, amico. Non volevo mancare di rispetto, a tutti piacerebbe incontrare la Vecchia Signora mentre una ragazzetta ci sta scopando.” Finì il rum e si alzò.
“Fra due giorni, a mezzogiorno. L'appuntamento è qui.”
Gli tese una piccola mappa disegnata a mano. C'era una X segnata in un punto sulla costa a poche miglia a nord di Kanagawa e a sud di Edo. “Voi portate i sorveglianti, noi carichiamo.”
“Tra due giorni non si può fare, è domenica. Facciamo lunedì.”
“Benissimo, il giorno del Signore è sempre il giorno del Signore. Tre giorni.” Jamie studiò la mappa. Una chiatta carica di carbone non protetta con dei sorveglianti e un equipaggio poteva rappresentare una tentazione.
“Siccome la chiatta sarà della marina e il carbone finirà a loro immagino che manderanno una fregata a tenere d'occhio la situazione.”
“Possono mandare anche tutta la fottuta flotta per quello che me ne frega.
“ Cornishman cercò di assumere un'aria dignitosa. “Questo è un affare pulito, siamo a posto, per Dio, tutti a posto.”
“Sono lieto di sentirvelo dire.”
“Ma... sei pence alla tonnellata o niente.”
“Quattro.” Cornishman sputò. “Sei, per Dio, conosco il valore del carbone; so quanto vale per la flotta e quanto ci guadagnerete voi. Forse è meglio se vado a trattare direttamente con loro.”
“Potete provarci” rispose Jamie tentando un azzardo. “Facciamo così, quattro pence per le prime dieci chiatte e sei pence per il resto.” L'ometto lo guardò con occhi fiammeggianti. “Adesso capisco perchè siete la stramaledetta Nobil Casa.” Tese una mano dura e callosa. “Ho la vostra parola come agente della Struan?” Si scambiarono una stretta di mano poi il prospettore disse: “A proposito, avete per caso del mercurio?”.
Jamie si mise di nuovo all'erta.
Il mercurio veniva usato per l'estrazione dell'oro.
“Sì. Quanto ve ne serve?”
“Non troppo per cominciare. Volete aggiungerlo alla mia commissione?”
“D'accordo. Abitate con l'esercito?”
“Neanche per idea. Né nella Città Ubriaca” rispose Cornishman con una smorfia di disgusto. “Io me ne torno indietro subito e voi tenete il segreto, quest'affare è segreto, né nomi né niente. Non voglio che qualche sciacallo mi salti addosso.” Si voltò per uscire.
“Aspettate! Dove state andando? Come farò a mettermi in contatto con voi?”
“Vi cercherò io, amico.” Scoprì un'altra volta le gengive nel suo malvagio sorriso: “I miei samurai e il mio palanchino mi aspettano vicino alla porta settentrionale, sono entrato in incognito. La prossima volta che torno qui, ci torno da gentiluomo, non come uno da Città Ubriaca.
E voi non mi dovete più contattare, andate a parlare col vecchio. Adesso sono un rispettabile mercante, non dimenticatelo. Mettete il mercurio sulla chiatta”. Uscì.
Jamie restò immobile a lungo, fissando una parete e ripensando a quello che era stato detto nel corso della conversazione. Una fornitura regolare di carbone era un'occasione magnifica che tuttavia si sarebbe volatilizzata appena la flotta avesse distrutto Edo. E perchè il mercurio?
Quella lurida canaglia aveva davvero trovato il filone giusto? E chi era il gran capo? Adesso che ci penso, chi è il mio capo? Fino alla fine del mese, Tess.
Quanta lealtà le devo?
Tutta, fino alla fine del mese.
La pioggia batteva sulla finestra. Si alzò e andò a osservare la baia: il mare era color grigio sporco e il cielo sempre più opprimente. Senza dubbio la tempesta in arrivo sarebbe stata pericolosa per la lancia ma non per una nave. Ah, eccola!
La lancia era a circa duecento metri dal loro molo e si avvicinava con cautela infrangendo le onde, imbarcando un pò d'acqua ma non troppa, e alzando alti spruzzi mentre la bandiera della Struan sventolava a mezz'asta come quella sopra il loro edificio per la morte del tai-pan. Con il binocolo cercò di scrutare dietro il vetro della cabina e vide Hoag e Pallidar, la bara avvolta nella bandiera e assicurata con dei cavi a uno dei sedili, come aveva ordinato.
Un brivido lo attraversò quando vide lo stemma con il leone e il drago avvolti attorno alla bara di Malcolm, uno spettacolo che non avrebbe mai immaginato di vedere. Poi ricordò che non si trattava della bara contenente il corpo del suo amico bensì quella di un indigeno sconosciuto, o perlomeno così sperava.
“Vargas!”
“Si, senhor?”
“Prendete tutta questa posta, copiatela e sigillatela. Mi occuperò del resto nel pomeriggio. Tornerò più tardi.”
“Il capitano Biddy non era al circolo, senhor, ma gli ho lasciato un messaggio.”
“Grazie.” Senza fretta, McFay indossò il cappotto e il cappello e uscì piegandosi per proteggersi dal vento e dalla pioggia. Non c'era quasi nessuno lungo High Street. Alla porta settentrionale di Cornishman nemmeno l'ombra. Alcune guardie samurai si riparavano sotto le grondaie della Dogana.
Qualche mercante si affrettava verso il circolo per uno spuntino dell'ultimo momento. Alcuni di loro lo salutarono con un cenno, uno si fermò e orinò nel canale di scolo.
La Città Ubriaca sembrava ancora più squallida sotto quel cielo opprimente. Questo non è il posto adatto a una donna, pensò.
“Ehilà, Jamie!” lo chiamò Hoag dalla lancia.
“Salve, dottore, salve, Settry.” I due saltarono sulle assi dell'imbarcadero che scricchiolavano sotto la spinta delle onde. Un'occhiata a Hoag fu sufficiente per capire che lo scambio era avvenuto, anche se il dottore fingeva indifferenza. Allora siamo tutti coinvolti, pensò McFay.
Pallidar non faceva altro che tossire. “Settry, fatevi curare prima che si trasformi in qualcosa di più grave.”
“Sì è già trasformato” rispose acido Pallidar. “Questo cosiddetto dottore mi ha rifilato una pozione che mi sta uccidendo. Dottore” disse tra un colpo di tosse e l'altro, “se crepo, torno dall'inferno a cercarvi.” Hoag rise. “Adesso affido la responsabilità della bara a voi, Jamie.
Viene imbarcata sulla Cloud immediatamente?”
“Tra circa mezz'ora. Angélique voleva... dare un addio. Il reverendo Tweet aggiungerà qualche parola.”
“Allora proprio non parte con il veliero?”
“Non lo so, Settry, con certezza non so niente. L'ultima cosa che ho sentito è che sarebbe partita con il postale, ma sapete come sono le donne.”
“Non condanniamola. Tornare a bordo della Cloud farebbe venire la pelle d'oca anche a me.” Pallidar si soffiò il naso stringendosi con più cura nel cappotto. “Se volete posso chiedere a sir William di spedire la bara con il postale così arrivano insieme.”
“No” rispose Hoag precipitosamente, troppo per i gusti di Jamie, poi si riprese: “No, Settry, vecchio mio, non lo consiglio dal punto di vista medico. Meglio lasciare le cose come stanno: la bara va con la Prancing Cloud, perchè Angélique al momento sta bene ma un altro shock potrebbe farla precipitare. Meglio che viaggino separati”.
“Come volete voi. Jamie, sto consigliando a sir William di chiudere senza indugi Kanagawa. E' per questo che sono tornato.”
“Dio Onnipotente, ma perchè?” Pallidar gli raccontò delle pattuglie e delle centinaia di samurai.
“Non che ci sia da preoccuparsi. Possiamo sempre farli saltare tutti per aria. Vi dispiace se la lancia mi riaccompagna? Mi farebbe risparmiare tempo.”
“Perché non andate con la Prancing Cloud? Dormite a Kanagawa?”
“No, ho già visto abbastanza e torno dai miei uomini” rispose Pallidar con grande sollievo degli altri due. “Gli impiegati e le guardie possono evacuare nei prossimi giorni. Ci vediamo presto.” E tossendo si allontanò.
Prima ancora che il capitano si fosse allontanato abbastanza da non sentirli più, Hoag disse: “E andato tutto alla perfezione, Jamie”.