Gai-Jin (88 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Sarà mia cura illustrare la questione in dettaglio al vostro imperatore Komei, perchè i colpi di cannone e la scorta armata per i dovuti onori regali sono solo un segno di rispetto per il vostro shògun e, quando lo vedremo, il vostro imperatore Komei.

Quella visita è stata rimandata tre volte per desiderio vostro, ma lo farò sicuramente non appena la nostra potente flotta sarà ritornata, dopo aver distrutto la maggior parte delle coste della Cina infestate dagli orribili pirati che hanno avuto la sfrontatezza di attaccare un piccolo vascello britannico!”

L'opposizione della Bakufu era crollata. Così ora tutti i fucili erano carichi e i soldati erano stati ammoniti che, pur escludendo la possibilità di uno scontro, pena una severa punizione andava evitata qualsiasi provocazione nei confronti dei giapponesi.

“Cosa sarà della H.M.S. Pearl, sir William?” aveva chiesto il generale nell'ultima riunione operativa.

“Accompagnerà me e la mia compagnia a Edo e farà subito ritorno qui per provvedere all'evacuazione dell'Insediamento nel caso i nostri ospiti decidano un attacco a sorpresa durante la nostra assenza.”

“Buon Dio, signore, se pensate a una possibilità simile, perchè volete correre il rischio?” chiese ancora il generale preoccupato. “Per quanto riguarda gli altri ministri, be', non sarebbe una grave perdita, ma qualsiasi cosa dovesse capitare a voi, signore, provocherebbe una crisi internazionale. Dopo tutto, signore, rappresentate l'Impero! Non dovreste mettere a repentaglio la vostra persona.”

“Fa parte del mio dovere, mio caro generale.”

Sir William sorrise tra sé ricordando di aver fatto quell'affermazione in tono scherzoso e che il generale invece l'aveva presa sul serio condividendola con un severo cenno del capo.

Poveretto, non capisce niente, ma questo è insito nel suo ruolo, si disse divertito, poi abbandonò ogni altro pensiero per concentrarsi sul castello e sull'imminente incontro per il quale erano occorsi mesi di trattative e che avrebbe, di fatto, conferito legalità al Trattato e all'apertura dei porti da esso sancita.

Sono stati quei pochi colpi di cannone dei francesi a operare il miracolo, pensò accigliato. Maledetto Ketterer... ma grazie a Dio, a quanto dicono i dispacci la sua spedizione in Cina è andata bene e presto tornerà. Se ha bombardato le coste della Cina perchè non può fare lo stesso qui, maledizione!

Maledetto anche questo castello.

Da lontano non sembrava molto imponente, ma a mano a mano che si avvicinavano gli era apparso sempre più grande, con il suo sistema di difesa fatto di costruzioni simili a baracche disposte in otto cerchi concentrici.

Il castello vero e proprio, elegante e di magnifiche proporzioni, pensò, ha un fossato largo almeno duecento metri e mura di cinta altissime, spesse dieci o dodici metri e fatte di enormi blocchi di granito.

I nostri cannoni da sessanta libbre non le scalfirebbero nemmeno. E dentro, Dio solo sa quante sono le fortificazioni a difesa del corpo centrale.

L'unica via di accesso sono i cancelli, se non si vuole dare la scalata alle mura. Non vorrei dover ordinare un attacco frontale! Ridurli alla fame?

Dio solo sa quanti magazzini di approvvigionamento ci sono là dentro e quanti uomini armati è in grado di ospitare questo posto. Migliaia.

Oltre il cancello la via sbucava su una stretta piazza di manovra presidiata da arcieri asserragliati nelle mura, dietro le feritoie, e sui parapetti alti una decina di metri. Entrarono in un secondo cortile chiuso, poi in un terzo. Era probabile che quella sequenza di cancelli fortificati e cortili difesi dall'alto da ogni intrusione nemica proseguisse in un intrico fino al corpo centrale del castello.

Pallidar, che aveva il comando della scorta, raggiunse a cavallo sir William e lo salutò.

“Smontiamo qui, signore” disse. Gli ufficiali samurai che lo accompagnavano a piedi stavano indicando un'immensa porta che veniva spalancata.

“Bene. Vi è chiaro quello che dovete fare?”

“Oh, sì, anche se non vedo come diavolo potremmo coprirvi o portarvi fuori di qui in caso di attacco, nonostante siano armati solo di archi e frecce.”

“Non ho intenzione di attaccare nessuno, capitano.” Sir William sorrise. Si girò sulla sella e ordinò al seguito di smontare da cavallo.

“E' un castello notevole, eh?”

“Mai letto o sentito di un castello come questo” rispose Pallidar a disagio.

“Supera di gran lunga i castelli dei crociati. Al confronto il gran castello dei cavalieri di San Giovanni a Malta è minuscolo. Dev'essere un piacere difenderlo, e non vorrei davvero trovarmi ad attaccarlo.”

“La penso allo stesso modo. Phillip!” gridò sir William, “chiedete a qualcuno di indicarvi dove si può pisciare da queste parti.”

Tyrer si affrettò verso uno degli ufficiali samurai, si inchinò cortesemente e gli sussurrò la domanda. L'uomo indicò un paravento.

“Là dietro ci sono dei secchi, signore, credo mi abbia anche detto che c'è un secchio nell'angolo di ogni stanza, in caso di urgente bisogno.”

“Bene. E sempre meglio farla prima di una riunione, ma comunque una vescica capiente è una grande benedizione per un diplomatico.”

Dopo che sir William e gli altri ministri si furono liberati, Pallidar condusse tutti oltre la soglia del salone: il conte Zergeyev, von Heimrich, van de Tromp, Adamson e il burgermeister Fritz Erlicher, giunto da Berna, la capitale della confederazione elvetica, con il postale del giorno prima: un gigante barbuto che parlava francese, inglese, tedesco e olandese e molti dialetti tedeschi. Phillip Tyrer e Johann lì seguivano e per ultimi passarono André Poncin e Seratard.

La sala delle udienze, di quaranta metri quadrati, aveva un massiccio soffitto con travi alte, muri di pietra con solo le feritoie per finestre e molte porte.

Era pulitissima ma attraversata da forti correnti d'aria. Lungo i muri erano allineati impassibili samurai. In fondo si fronteggiavano due file di sei sedie ciascuna. Ad accoglierli c'erano solo i servitori, tuttavia un ufficiale della Bakufu, di basso rango nonostante l'abito elaborato, li invitò senza inchinarsi a prendere posto sulle sedie mentre venivano portati piccoli vassoi.

Poi disse in olandese: “Prego, accomodatevi per il tè”.

Visto che Johann conversava animatamente con il ministro svizzero, sir William, si rivolse irritato a Phillip. “Chiedete a quel tipo dove sono i roju, gli Anziani del Consiglio.”

Reprimendo il proprio nervosismo e il bisogno di orinare ancora, consapevole di avere tutti gli occhi addosso, Phillip Tyrer raggiunse l'ufficiale e attese invano che si inchinasse. Visto che l'uomo si limitava a fissarlo, disse severo: “Dove sta la vostra educazione! Inchinatevi! Io nel mio paese sono un signore e qui rappresento questi grandi signori!” L'uomo arrossì, fece un profondo inchino e borbottò le sue scuse, con grande soddisfazione di Tyrer che in previsione dell'incontro si era fatto insegnare da Nakama alcune frasi chiave. “Dove sono i vostri padroni, i roju?”

“Ah, molto spiacente, per favore scusatemi, signore” balbettò l'altro.

“Vi pregano di attendere e di gradire il rinfresco.” A Tyrer sfuggì il significato di molte parole ma ne colse il senso. “E dopo il rinfresco?”

“Sarà mio onore accompagnarvi al luogo dell'incontro” rispose l'uomo con gli occhi cautamente abbassati.

Anche questa volta, con suo enorme sollievo, Tyrer capì, e quando riferì rabbrividendo a sir William il contenuto della conversazione ringraziò la sua buona stella.

Sir William sbuffò e si chinò verso gli altri.

“Figuriamoci se aspettiamo, eh, signori? Sono in ritardo, secondo gli accordi l'incontro doveva cominciare subito, figuriamoci se aspettiamo o beviamo quella sciacquatura che chiamano tè. Bene” proseguì nell'approvazione generale: “Phillip, dite a quell'uomo che siamo venuti per vedere i roju e che intendiamo farlo immediatamente. Subito!”

“Signore, uhm, quanto duro volete che io sia, signore?

“In nome di Dio, Phillip, se vi volessi prolisso e diplomatico; avrei parlato io stesso in modo prolisso e diplomatico! Un interprete deve tradurre esattamente quello che viene detto, non interpretare quello che viene detto.”

“Il grande signore dice che vuole vedere i roju subito. Adesso!” L'ufficiale, turbato da tanta scortesia, un affronto inaudito, rimase imbarazzatissimo. Le istruzioni ricevute erano chiare: i gai-jin devono aspettare per un periodo di tempo sufficientemente mortificante, diciamo una mezza candela, e verranno accompagnati al nostro cospetto solo quando noi ve lo ordineremo.

Rispose tutto d'un fiato: “Certo, vi scorterò da loro non appena avrete finito il vostro rinfresco e tutto sarà in ordine per onorarvi di una perfetta accoglienza ma molto spiacente bisogna attendere un poco perchè le loro auguste persone ancora non hanno finito di indossare gli abiti confacenti alla cerimonia e dunque non è possibile soddisfare l'intempestiva richiesta del vostro padrone, Interprete-san.”

“Per favore, vogliate ripetere più lentamente” disse Tyrer nervoso in confusione totale. L'altro di nuovo lo sommerse con una valanga di parole giapponesi. “Sir William, credo che stia dicendo che dobbiamo aspettare.”

“Cosa? Perché?”

“Il mio padrone dice, perchè aspettare?” L'uomo tornò a spiegarsi in giapponese, poi, vedendo che Tyrer continuava a non capire, passò a parlare in olandese. Così, con grande irritazione di sir William e degli altri, Erlicher si, inserì nella conversazione.

“Sir William” disse Erlicher infine, “sembra che i roju non siano, come si dice, ah, si, non siano ancora pronti, ma quando lo saranno verremo condotti nella sala delle udienze.”

“Per favore, dite senza mezzi termini a quest'uomo di introdurci subito, che noi siamo puntuali e che le riunioni di alto livello vanno iniziate all'ora concordata, perchè entrambe le parti hanno altri importanti compiti di stato da svolgere.

L'ho già spiegato cinquanta volte! E ditegli di sbrigarsi!” Erlicher sorrise e riportò fedelmente quanto detto.

L'ufficiale, sconvolto da quelle parole, si agitava, si voltava disperato in cerca di aiuto e quasi implorava compassione.

Ma infine dovette inchinarsi e, dopo aver inviato un messo a informare il Consiglio della sorprendente impertinenza dei gai-jin, li condusse il più lentamente possibile attraverso una porta e lungo un corridoio.

Percorsero un altro corridoio che terminava davanti ad alcune porte di dimensioni enormi.

Le guardie samurai le aprirono e l'ufficiale si inchinò abbassando la testa fino al pavimento. In fondo alla sala, su una bassa pedana, erano seduti quattro uomini con elaborate vesti di seta e le spade alla cintura. La sedia al centro era vuota. Davanti a loro, su un gradino più basso, come subito notarono i ministri, c'erano le sei sedie destinate a loro. L'interprete ufficiale andò a inginocchiarsi tra le due file di sedie. Disposti a semicerchio, i volti rivolti verso la porta, un centinaio di samurai attendevano in ginocchio.

Quando sir William entrò nella sala tutti i samurai presenti si inchinarono. I quattro roju non si mossero, sempre impassibili.

Sir William e gli altri si inchinarono a loro volta cortesemente, raggiunsero la pedana e presero posto.

“I ministri delle nazioni civili” aveva anticipato sir William, “qualsiasi siano i vostri costumi, non si inginocchiano in nessuna circostanza, che voi lo facciate o meno.

E' l'ultima parola!” Phillip Tyrer, che grazie a Nakama era diventato un esperto dell'inchino, notò che gli anziani si inchinavano secondo una gerarchia. Non importa, pensò stupito ed eccitato, siamo nel cuore del loro sacrario.

Quando arriverà lo shògun a occupare la sedia vuota? E' davvero un ragazzo?

Chissà che aspetto ha e come...

Un Anziano prese la parola. Con un sussulto Tyrer riconobbe il giovane ufficiale del precedente incontro alla Legazione e, seduto accanto a lui, anche l'uomo nervoso e scuro di carnagione che senza mai aprire bocca aveva osservato tutto attraverso i suoi occhi stretti.

Perché due Anziani si sono incontrati con noi senza presentarsi come tali? si chiese. Un momento... Il giovane ufficiale non aveva forse detto di chiamarsi Tomo Watanabe? Certo, proprio così, “ufficiale subalterno, di seconda classe”. Era sicuramente un nome finto. Ma perchè? E perchè il travestimento?

Turbato, Tyrer accantonò la domanda e prestò attenzione a quello che l'uomo stava dicendo, senza capire quasi niente. Nakama lo aveva avvertito che probabilmente avrebbero usato un linguaggio di corte, le cui parole e frasi, come d'altra parte accadeva anche con il giapponese comune, avevano significati diversi e spesso opposti.

Non riusciva a concentrarsi.

Il terzo Anziano era paffuto, con il viso piccolo e tozzo e mani femminili, il quarto, un anziano anche in senso anagrafico, aveva i capelli grigi e il viso magro segnato da una brutta cicatrice sulla guancia sinistra. Tutti raggiungevano a malapena il metro e cinquanta di altezza, ma indossavano grandi mantelli simili ad ali, larghi pantaloni a sbuffo e sulla testa alti cappelli laccati legati sotto il mento che rendevano ancora più solenne la loro immobile dignità.

L'interprete giapponese tradusse in olandese.

“I roju del Consiglio degli Anziani dello shògunato danno il benvenuto ai rappresentanti stranieri e li invitano a presentare come concordato le loro credenziali.”

Sir William, ipnotizzato dalla sedia vuota, sospirò.

“Va bene, Johann, cominciamo. Chiedete se non sia più conveniente aspettare che lo shògun ci onori della sua presenza.” La richiesta fu tradotta in olandese e poi in giapponese; dopo una lunga discussione il più giovane degli Anziani, Yoshi, pronunciò una risposta che venne tradotta con meticolosità prima in olandese, poi in inglese.

“In sintesi, sir William, sorvolando sulle consuete chiacchiere, il portavoce dice che la presenza dello shògun non era prevista in questo incontro e che dovevano parteciparvi solo i roju. L'incontro con lo shògun era stato stabilito per un secondo momento.“

“Non ci eravamo affatto accordati in questo senso. Ricordategli ancora una volta che le credenziali ministeriali possono essere presentate solo al capo dello stato, nella fattispecie allo shògun, e che dunque non possiamo procedere.”

Dopo un nuovo giro di traduzioni, arrivò ai ministri una sconcertante risposta: “Gli Anziani dicono che lo shògun è dovuto partire con urgenza per Kyòto e si rammarica di non avere il piacere di incontrarsi con voi eccetera, ma potete consegnare le vostre credenziali ai roju, che sono stati da lui autorizzati ad accettarle.”

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