Per un secondo si chiese che impressione gli avrebbe fatto dormire tanto lontano dalla terra; era così diverso dal letto giapponese fatto di futon, dei materassi di paglia leggeri stesi la notte e arrotolati per essere riposti in un angolo durante il giorno.
Il suo cuore batteva all'impazzata ma cercò di non ansimare perchè non voleva svegliarla.
Ignorava che fosse sotto l'effetto di una droga forte.
Lampade e candele erano spente ma la luce della luna che filtrava dalle imposte gli permetteva di vedere i lunghi capelli chiari della ragazza sciolti sulle spalle e le curve del seno e dei fianchi sotto il lenzuolo.
Il profumo che aleggiava intorno a lei lo stordiva.
Poi sentì lo scatto delle baionette che venivano innestate e voci soffocate dal giardino.
Per un istante restò pietrificato.
D'impulso tese il pugnale per ucciderla.
Angélique rimase immobile.
Continuava a respirare regolarmente.
Ori esitò, poi si avvicinò silenzioso alla finestra e guardò fuori.
Vide i soldati. Mi hanno visto?
Hanno notato Shorin? Era in preda al panico.
Se mi hanno visto sono in trappola, ma non importa perchè posso portare a termine il compito per cui sono venuto... e poi magari se ne vanno.
Ho due vie d'uscita, la porta e la finestra.
Pazienza, raccomanda sempre Katsumata. Usa il cervello, aspetta con calma, poi colpisci senza esitare e scappa quando arriva il momento, e prima o dopo il momento arriva sempre.
La sorpresa è la tua arma migliore.
Sentì una morsa allo stomaco.
Uno dei soldati si stava dirigendo verso il loro nascondiglio.
Dalla stanza non riusciva a distinguere Shorin tra le fronde.
Attese col fiato sospeso di vedere quello che sarebbe accaduto; c'era pur sempre la possibilità che Shorin riuscisse a farli fuori.
Qualsiasi cosa succeda, lei morirà.
Shorin guardò i soldati avvicinarsi cercando disperatamente di immaginare una via di fuga da quella trappola e maledicendo Ori. Devono averlo visto! Se io ammazzo questo cane non ho nessuna possibilità di arrivare agli altri due prima che mi sparino.
E non posso arrivare al muro senza essere visto.
E' stato stupido da parte di Ori modificare il piano, certo che l'hanno visto, gliel'avevo detto che quella donna portava guai... avrebbe dovuto ammazzarla sulla strada... forse questo barbaro sbaglierà il colpo e mi darà abbastanza tempo per correre fino al muro.
La luce della luna scintillò sulla lunga baionetta mentre il soldato l'affondava con calma tra le foglie spostando qui e là i rami dei cespugli per vedere meglio.
Si faceva sempre più vicino. Due metri, un metro e mezzo, un metro, cinquanta centimetri...
Shorin restò immobile, la maschera sul volto gli nascondeva anche gli occhi.
Trattenne il respiro.
Il soldato gli passò accanto, lo superò, si fermò e dopo pochi passi riaffondò la baionetta nel fogliame, poi riprese il cammino e Shorin ricominciò a respirare.
Sentiva il sudore scorrergli lungo la schiena: sapeva di essere salvo, ormai, e che dopo qualche attimo sarebbe stato al sicuro dall'altra parte del muro.
Dal punto in cui si trovava, il sergente Towery poteva vedere entrambi i soldati.
Impugnava un fucile carico e si chiedeva se dare l'allarme o aspettare ancora.
Era una bella notte con una brezza leggera e una luna luminosa.
Facile immaginare che le ombre fossero dei nemici in quel dannato posto, pensò. Cristo, come vorrei essere nella mia vecchia Londra.
“'Sera, sergente Towery, che succede?”
“Buonasera signore.” Towery salutò. Era l'ufficiale dei Dragoni, Pallidar. Raccontò quello che sapeva.
“Può darsi che fosse un'ombra, ma meglio controllare.”
“Procuriamoci altri uomini e accertiamocene.”
In quel momento il giovane soldato vicino al nascondiglio di Shorin si girò su se stesso puntando l'arma. “Sergente!” gridò eccitato e spaventato. “Il bastardo è qui!” Shorin si era già lanciato all'attacco brandendo la spada assassina, ma il soldato, addestrato, ebbe la meglio e la baionetta tenne Shorin a bada mentre gli altri si avvicinavano.
Pallidar impugnò il revolver.
Ancora una volta Shorin cercò di attaccare ma fu bloccato dalla punta della baionetta.
Poi fuggì con uno scarto laterale correndo verso il muro attraverso il fogliame.
Il giovane soldato lo rincorse.
“Attentooo!” gridò Towery quando vide il giovane lanciarsi nel sottobosco.
Ma il soldato ignorò l'avvertimento e morì con il tanto affondato nel petto.
Shorin lo estrasse subito dal corpo dell'inglese ormai certo di non avere via di scampo.
Già sentiva gli altri addosso.
“Nainu Amida Butsu” nel nome del Budda Amida, ansimò nella paura raccomandando lo spirito a Budda, gridò “Sonno-joi!” non per avvisare Ori ma per affermare se stesso al mondo per l'ultima volta.
Poi con forza disperata si affondò il pugnale nella gola.
Ori aveva visto tutta la scena ma non l'epilogo.
Al grido del soldato si era precipitato verso il letto, certo che Angélique si fosse svegliata di soprassalto.
Invece lei non si era mossa, e il ritmo calmo del suo respiro non era cambiato.
Ori restò a guardarla sbalordito con le ginocchia tremanti aspettandosi di vederla almeno aprire gli occhi, immaginandosi un tranello.
Voleva che lei lo vedesse e vedesse il suo pugnale, prima di usarlo.
Poi sentì il grido sonno-joi e capì che Shorin era andato fino in fondo. Altri rumori seguirono.
Angélique continuava a restare immobile.
Ori digrignò i denti, il respiro soffocato.
Non potendo più sopportare quella tensione le diede un brusco scossone col braccio ferito.
Ignorando il dolore le appoggiò con l'altra mano il pugnale alla gola preparandosi a soffocare il suo grido.
Angélique continuava a restare immobile.
A Ori sembrava un sogno: si guardò scuoterla ancora senza risultato, poi all'improvviso ricordò che il dottore le aveva dato qualcosa da bere e pensò: Ha preso una di quelle droghe, le nuove droghe occidentali di cui ci ha parlato Hiraga, e trattenne il fiato cercando di assimilare la nuova scoperta.
Per accertarsene la scosse un'altra volta ma lei si limitò a mormorare qualcosa e ad appoggiare una guancia sul cuscino.
Tornò alla finestra.
Alcuni uomini stavano portando il corpo del soldato fuori dagli arbusti. Poi li vide trascinare Shorin per un piede come fosse la carcassa di un animale.
Adesso i due corpi erano adagiati uno accanto all'altro sulla terra, stranamente simili nella morte.
Altri uomini arrivarono e sentì qualcuno gridare dalle finestre.
Un ufficiale si fermò accanto al corpo di Shorin e gli sfilò la maschera che copriva il volto.
Gli occhi di Shorin erano ancora aperti, i tratti del volto distorti, l'impugnatura del tanto sporgeva dal collo.
Altre voci e altri uomini sopraggiunsero.
Movimenti dentro la casa e nel corridoio.
La tensione di Ori aumentò ancora.
Per la decima volta si accertò che il chiavistello fosse al suo posto e che la porta non potesse essere aperta dall'esterno poi si nascose dietro la tenda del baldacchino in un punto da cui poteva uccidere la ragazza con un solo gesto.
Sentì dei passi.
Qualcuno bussò alla porta.
Bagliori di luce di una lampada a olio o di una candela.
Colpi più forti e voci concitate. Preparò il pugnale.
“Mademoiselle, state bene?” Era Babcott.
“Mademoiselle!” gridò Marlowe.
“Aprite la porta!” Altri colpi, ancora più forti.
“E il sonnifero che le ho dato. Era molto agitata e aveva bisogno di sonno. Dubito che riusciremo a svegliarla.”
“Se non si sveglia dovrò abbattere la porta per controllare. Ha le imposte aperte, per Dio!”
Altri pesanti colpi sulla porta.
Angélique socchiuse gli occhi. “Que se passet il? Che cosa c'è?” borbottò semiaddormentata.
“State bene? Tout va bien?”
“Bien? Moi? Bien sur, pourquoi? Quarrivet il?”
“Aprite la porta un istante. Ouvrez la porte, s'il vous plait, c'est moi, il capitano Marlowe.”
Disorientata, Angélique si mise seduta sul letto.
Incapace di credere ai propri occhi, Ori osservò se stesso consentirle di scivolare giù dal letto e barcollare fino alla porta.
Le ci volle qualche tempo per scostare il chiavistello e socchiudere il battente a cui si tenne aggrappata per non perdere l'equilibrio.
Babcott, Marlowe e un soldato reggevano delle candele le cui fiamme oscillavano nella corrente d'aria del corridoio.
La guardarono con occhi sbarrati, la sua camicia da notte era molto francese, molto sottile e trasparente.
“Noi ... ehm ... noi volevamo solo sapere se stavate bene, mademoiselle.
Noi ... ehm ... noi abbiamo catturato un uomo in giardino” spiegò Babcott precipitosamente, “niente di preoccupante.”
Era molto probabile che Angélique non capisse nemmeno quello che le stava dicendo.
Marlowe si impose di distogliere lo sguardo dal corpo della ragazza e gettò un'occhiata nella stanza.
“Excusez moi mademoiselle, s'il vous plait” disse imbarazzato ma con accento passabile, e la superò per l'ispezione.
Niente sotto il letto eccetto un vaso da notte. Le tende dietro il letto da questa parte non nascondevano niente... Cristo che donna! Non c'erano altri nascondigli possibili, niente porte né armadi.
Le imposte scricchiolarono nel vento.
Le spalancò.
“Pallidar! Nient'altro laggiù?”
“No” gridò Pallidar di rimando.
“Nessuna traccia di altri giapponesi. E' probabile che fosse solo e che il soldato l'abbia visto mentre gironzolava qui intorno. Comunque controllate tutte le stanze da questa parte!”
Marlowe annuì imprecando tra sé e borbottò: “Cosa diavolo credi che stia facendo?”.
Dietro di lui le tende del letto si mossero nella brezza leggera scoprendo i piedi di Ori calzati nelle tabi nere, le scarpe calze giapponesi.
La candela di Marlowe sgocciolò e si spense, e quando ebbe risistemato la sbarra delle finestre si girò senza notare le tabi nell'ombra scura accanto al letto.
Vide solo la silhouette di Angélique in piedi semiaddormentata, sulla soglia illuminata dalle candele.
Poteva vedere ogni centimetro del suo corpo ed era una visione mozzafiato.
“Tutto a posto” disse ancora più imbarazzato di prima per aver goduto della sua bellezza mentre lei non si poteva sottrarre.
Uscì con passo svelto.
“Chiudete la porta per favore e... ehm... dormite bene” disse con il solo desiderio di fermarsi in quella stanza.
Sempre più disorientata Angélique richiuse la porta mormorando qualcosa.
Gli uomini nel corridoio aspettarono fino a quando non sentirono il rumore del chiavistello che entrava nella sua guida.
Babcott commentò: “Secondo me domani non si ricorderà nemmeno di aver aperto la porta”.
Il soldato si asciugò il sudore, vide che Marlowe lo stava osservando e non poté trattenere una smorfia di derisione.
“Cosa ti fa tanto ridere?” gli chiese Marlowe pur conoscendo la risposta.
“Io, signore? Niente, signore” rispose subito il giovane cancellando il sorriso e sostituendolo con un'aria innocente.
Gli ufficiali sono tutti uguali, pensò stancamente.
Marlowe è come tutti noi, aveva gli occhi fuori dalle orbite e quasi se la mangiava coi riccioli e tutto, compreso quello che c'era sotto e i più bei respingenti che avessi mai sperato di vedere! I ragazzi non ci crederanno quando glieli descriverò.
“Sissignore, sicuro signore” disse con aria virtuosa appena Marlowe gli chiese di non raccontare niente di ciò che avevano visto.
“Giusto signore, niente signore, non una parola da me, signore” lo rassicurò seguendolo nella stanza accanto ma lasciando i suoi pensieri con lei.
Appoggiata alla porta, Angélique cercò di raccapezzarsi sull'accaduto ma trovava molte difficoltà.
Un uomo nel giardino, quale giardino poi, ma Malcolm era nel giardino della Grande Casa, no è al pianterreno ferito, no, quello è un sogno, mi ha detto qualcosa a proposito di vivere nella Grande Casa e sposarsi... Malcolm era... era lui che mi toccava, no, mi ha detto che sarebbe morto. Che sciocco, il dottore dice che sta bene, tutti dicono bene, ma bene perchè? Perché non benissimo, eccellente o come dev'essere? Perché?
Rinunciò a capire, era troppo assonnata per districarsi tra tutti quei pensieri.
La luna brillava tra le listerelle delle imposte, e barcollando Angélique arrivò fino al letto dove si lasciò felicemente cadere sul soffice materasso. Con un lungo sospiro di soddisfazione si coprì con un lenzuolo e si girò su un fianco.
Dopo pochi secondi dormiva di nuovo profondamente.
Silenzioso Ori scivolò fuori dal nascondiglio.
Non poteva credere d'essere ancora vivo.
Benché fosse rimasto immobile schiacciato contro il muro insieme alle sue spade, qualsiasi ispezione accurata l'avrebbe scoperto.
Vide che la porta era di nuovo sbarrata, le imposte chiuse, la ragazza addormentata con un respiro pesante e regolare, un braccio sotto il cuscino e l'altro abbandonato sul lenzuolo.
Bene.
Lei può aspettare, pensò.
Innanzitutto, come esco da questa trappola? Dalla finestra o dalla porta?
Non riuscendo a vedere dalle fessure spostò la sbarra e socchiuse delicatamente i due battenti.
Nel giardino si aggiravano ancora i soldati.
Mancavano almeno tre ore all'alba.
Le nubi si stavano accumulando intorno alla luna.
Il corpo di Shorin giaceva scomposto sul sentiero come si trattasse di un animale.
Per un istante fu sorpreso di vedere che non era stato decapitato, poi ricordò che non era consuetudine dei gai-jin prendere le teste come trofeo o per contare i nemici abbattuti.
Difficile scappare da quella parte senza essere visto.
Se non allentano la vigilanza dovrò aprire la porta e provare dall'interno. Questo significa lasciare la porta aperta.
Meglio dalla finestra. Scrutò con attenzione e vide un piccolo cornicione che correva lungo l'intero edificio poco sotto le finestre; la stanza di Angélique faceva angolo.