“Non subito, ma devo vedere Nemi.” Jamie sorrise mesto. “Mi sono ubriacato ieri notte, le voglio portare un regalo. Non è necessario, ma se lo merita, è di buona compagnia e insieme ci divertiamo molto.
Prima devo incontrare Nakama, Phillip mi ha chiesto di stare con lui una mezz'oretta. Pare che abbia domandato a Phillip di spiegargli gli affari, i finanziamenti, i movimenti di capitale e cose del genere...
Phillip mi ha pregato di insegnargli i rudimenti.”
“Questo è strano.”
“Sì. Quella canaglia ha un cervello pieno di curiosità. Peccato che non sia altrettanto generoso con noi.”
“Scambiate le vostre conoscenze con qualcosa che ci serve. Credo che domani parlerò con Phillip. Gli chiederete un appuntamento?” La voce di Malcolm si indurì. “Non avevamo stabilito di condividere tutte le informazioni?”
“Sì, infatti.” Jamie finì il brandy. “Grazie. E grazie per la chiacchierata.” Si alzò e con sincerità disse: “Spero con tutto il cuore che le cose si mettano bene per voi, Malcolm”.
“Sì, lo so, Jamie. Andranno bene anche per voi. 'Notte.” Nella quiete della sua stanza Malcolm allungò felice le gambe verso il camino, pensando con un senso di aspettativa all'indomani e soprattutto alla visita di Gornt. Che prezzo mi chiederà? rimuginava osservando i tizzoni. Dall'interno dell'edificio e dalla spiaggia giungevano voci, risate e le canzoni di alcuni ubriachi.
Quel pomeriggio John Marlowe era passato a recapitargli l'invito dell'ammiraglio per una visita a bordo della sua nave il giorno seguente o, se gli era più comodo, nell'ufficio di sir William.
“Potremmo incontrarci da sir William. A che ora?”
“Mezzogiorno?”
“Bene. Di che cosa si tratta?”
“Non lo so” rispose Marlowe. “Ma dubito che sia solo per passare un'oretta piacevole.” Dal suo ritorno dalla spedizione nella baia di Mirs e da Hong Kong, l'ammiraglio era in agitazione per le aspre critiche apparse sui giornali e ancora non aveva dimenticato che erano stati cannoni fabbricati in Gran Bretagna a sparare sulle sue navi. “Non credo che abbia apprezzato i commenti della riunione di oggi.”
“Peggio per lui” esclamò ridendo Malcolm, ancora euforico per le informazioni di Gornt.
Rise anche Marlowe. “Per l'amor di Dio, non dite una cosa del genere sul suo casseretto, farebbe saltare in aria la nave! Nel frattempo, ho ricevuto l'approvazione per le esercitazioni in mare. Lunedì o martedì, tempo permettendo. Quando vi andrebbe meglio?”
“Quanto staremo fuori?”
“Partiremo all'alba e rientreremo prima del tramonto.”
“Martedì.” Un tizzone cadde dal fuoco sul pavimento senza far danni. Malcolm lo spinse sotto il graticcio con un attizzatoio e smosse la brace. Le fiamme verde azzurro e arancione guizzarono e poi si spensero disegnando strane figure. Figure positive. Malcolm vi riconobbe se stesso e Angélique, poi guardò la porta comunicante, dalla quale non giungeva alcun rumore.
Gornt è la mia soluzione per Tess.
E' ironico aver bisogno l'uno dell'altro, ed essere nemici, e per sempre, temo.
Quale prezzo mi chiederà per il suo aiuto? Un favore possibile, non è uno stupido. Cosa ti fa essere tanto sicuro? La vendetta è un movente troppo forte, lo so bene anch'io.
Nella Casa del Giglio, Phillip Tyrer veniva massaggiato dalle braccia muscolose di una robusta giapponese le cui dita d'acciaio premevano abilmente sui punti giusti facendolo gemere di piacere.
La casa non era raffinata e costosa come le Tre Carpe, ma quel massaggio era il migliore che avesse mai provato e gli consentì di distogliere la mente da Fujiko, Nakama, André Poncin e sir William.
Il ministro britannico era stato di pessimo umore per tutta la mattina e soprattutto a mezzogiorno, quando il livore della riunione al circolo aveva quasi scoperchiato i tetti di Yokohama.
“Come se fosse colpa mia se il Parlamento è impazzito” aveva gridato a pranzo, ospiti l'ammiraglio, non meno furioso di lui, e il generale.
“Vero, Phillip?”
“Certo, sir William” rispose a malincuore Tyrer che era stato obbligato a partecipare alla riunione contro la sua volontà.
“Il Parlamento è sempre stato arbitrario e insensibile! Perché diavolo non lasciano al Foreign Office il compito di dirigere le colonie e non la smettono di provocarci questi patemi. La marmaglia che qui chiamano mercanti, poi, ci fa davvero sputar sangue.”
L'ammiraglio grugnì.
“Cinquanta frustate con il gatto a nove code li rimetterebbero in riga, per Dio! A ciascuno di loro, e in particolare ai giornalisti. Che banda di cialtroni!” Ancora ferito per la sfuriata di sir William dopo i disordini, il generale disse compiaciuto: “Cosa potete fare, mio caro sir William, se non incassare il colpo? E ammiraglio, vecchio mio, ve la siete proprio andata a cercare facendo quelle dichiarazioni politiche. La prima regola per un militare, mi hanno sempre insegnato, è di tenersi in disparte, evitare le dichiarazioni ufficiali e soffrire in silenzio”.
Il collo dell'ammiraglio Ketterer divenne paonazzo, ma sir William riuscì a evitare il litigio. “Phillip” disse, “sono certo che avete molto lavoro da sbrigare, ma per l'amor di Dio, copiate la corrispondenza e fate in modo che la lettera di rimostranze alla Bakufu parta oggi stesso!”
Tyrer si accomiatò più che volentieri. Nakama lo salutò in tono affabile: “Ah, Taira-san, spero che ti sentì meglio. Mama-san Raiko mi ha chiesto come va la tua salute, perchè non sei andato all'appuntamento e Fujiko è in lacrime... era in lacrime e...”.
“La mia salute va bene. Ieri notte mi sono divertito molto alla Casa del Giglio” rispose, sorpreso che le previsioni di André si fossero dimostrate così esatte. “Fujiko? Ho avuto un ripensamento sul suo contratto, sì, per Dio, un ripensamento!” Si compiacque di vedere l'espressione interdetta di Nakama, e ancor più di poter utilizzare il nervosismo procuratogli dal collerico sir William per mettere in atto il piano di André.
“Ma Taira-sama, credo...”
“Oggi non parliamo più in inglese e non chiedermi altro sugli affari.
Ne parlerai con McFay-sama della Nobil Casa, ora basta...” La massaggiatrice aumentò la pressione delle dita facendolo gemere forte, poi si fermò. “Yyé, dozo...” No, per favore, non ti fermare, disse lui in giapponese.
La donna rise e rispose: “Non preoccuparti, signore, quando avrò lavorato su questo tuo pallido e fiacco corpo da pesce potrai dare l'assalto ai tre più puri gigli della Casa”.
Lui la ringraziò pigramente: non aveva capito una sola parola ma non se ne curò. Dopo tre ore di conversazione in giapponese durante le quali aveva dovuto respingere, proprio come previsto da André, svariati commenti di Nakama su Raiko e le Tre Carpe, gli girava la testa.
La donna cominciò a lavorare sui muscoli a palmo aperto. Le sue mani erano abili e profumate di olii fragranti.
Quand'ebbe finito lo avvolse in un asciugamano tiepido e se ne andò. Tyrer si assopì per qualche istante, ma il lento movimento dello shoji lo risvegliò.
Una ragazza entrò sorridendo e si inchinò al suo fianco. Sempre seguendo le istruzioni di André, lui ricambiò il sorriso, le disse di essere stanco e la invitò a restarsene seduta finché non si fosse svegliato.
La ragazza annuì e sorrise contenta, perchè avrebbe comunque ricevuto il compenso.
André è un genio, pensò Tyrer, e scivolò felice nel sonno.
Quella sera André tornò per la seconda volta a far visita a Hinodeh.
Erano passati esattamente dieci giorni, ventidue ore e sette minuti da quando l'aveva vista in tutta la sua bellezza, e il ricordo di quella notte sarebbe rimasto impresso per sempre nella sua memoria.
“Buonasera, Furansu-san” lo aveva timidamente salutato lei nel suo giapponese melodioso. L'anticamera della loro casetta era adiacente alla veranda e tutt'intorno i giardini delle Tre Carpe profumavano dolcemente.
Hinodeh si inchinò con grazia facendo ondeggiare il kimono dai colori dorati e bruni dell'inverno e indicò il cuscino di fronte al suo.
Alle sue spalle lo shoji che separava la camera da letto era socchiuso e lasciava intravedere i bordi dei futon e le coperte di quello che sarebbe stato il loro primo letto. “Ho preparato il sakè come mi hanno detto che piace a te. Non riscaldato. Lo bevi sempre così?”
“Sì, sì, mi piace di più” balbettò André senza sapere dove mettere le mani sudate.
Lei sorrise. “E' strano bere cose fredde in inverno. Il tuo cuore è freddo sia in inverno sia in estate?”
“Eeeh, Hinodeh” rispose lui con il cuore in gola. “Il mio cuore è come la pietra da tanto tempo per il desiderio che ho di te, non so più se è freddo o caldo. Sei molto bella.
“Solo per il tuo piacere.”
“Raiko ti ha detto di me, vero?” Il volto candido della ragazza aveva un'espressione calma, al posto delle sopracciglia erano disegnate due mezzelune, la sua fronte era alta e i capelli corvini erano fermati sulla nuca con pettini di tartaruga che André non vedeva l'ora di sfilare. “Ho dimenticato quello che Raikosan mi ha detto.
Quello che mi hai detto tu prima di firmare è stato accettato e dimenticato.
Cominciamo questa sera, ci incontriamo per la prima volta. Tu mi devi raccontare di te, tutto quello che vuoi che io sappia.” Nei suoi occhi si accese un bagliore divertito. “Abbiamo abbastanza tempo, sì?”
“Ti prego, sì, spero un'eternità.” La discussione delle clausole era durata molti giorni.
Al momento di firmare il contratto in presenza di Hinodeh e Raiko, dopo averlo letto, riletto e fatto tradurre in termini che lui potesse capire, André si era fatto coraggio e aveva chiesto: “Hinodeh, ti prego di scusarmi, ma ora devo dirti la verità. La dura verità”.
“Per favore, non ce n'è bisogno, Raiko-san me l'ha già detta.”
“Si, ma per favore, scusami...” Faticava a trovare le parole che aveva ripetuto tra sé decine di volte, ed era assalito da ondate di nausea.
“Voglio essere io a dirtelo almeno una volta: ho preso una brutta malattia dalla mia amante, Hana. E' incurabile, mi dispiace. Se diventerai la mia consorte la prenderai anche tu, mi dispiace.” Mentre aspettava un commento, gli sembrò che il cielo sopra di loro si squarciasse.
“Sì, ho capito bene e lo accetto. Ho scritto nel contratto che ti assolvo da ogni colpa riguardo a noi, da ogni colpa, capisci?”
“Ah, colpa, sì, capisco, colpa. Grazie e...” Si scusò e corse a vomitare. Si sentiva peggio di quando aveva scoperto di essere stato contagiato o dopo aver saputo della morte di Hana.
Al ritorno non giustificò la fuga, né gli fu chiesto di farlo. Le due donne avevano capito.
“Prima di firmare, Furansu-san” disse Hinodeh, “devo anch'io chiederti qualcosa. Mi prometti che mi darai il pugnale o il veleno come è scritto nel contratto?”
“Si.”
“Grazie. Di queste due cose non parleremo mai più. Sei d'accordo, prego?”
“Sì” rispose lui benedicendola tra sé e sé.
“Allora è deciso. Ecco, io ho firmato, per favore firma anche tu, Raiko ci è testimone. Raiko-san dice che la nostra casa sarà pronta fra tre giorni. Il quarto giorno da oggi sarò onorata di riceverti.” Il quarto giorno, seduto di fronte a lei nel loro santuario privato che le lampade a olio avvolgevano di una luce soffusa e pacata, André era estasiato dalla sua bellezza.
“Ti piace questa casa, Hinodeh?” chiese sforzandosi di dimostrare interesse. In realtà era soltanto ossessionato dal desiderio che si spogliasse.
“E' importante che piaccia a te, Furansu-san.” André sapeva che la donna stava solo recitando quanto le era stato insegnato, che le sue risposte e le sue reazioni erano automatiche, mirate solo ad accontentarlo, qualsiasi fosse il suo vero stato d'animo. Spesso riusciva a interpretare il pensiero degli uomini giapponesi, ma con le donne era impossibile. Questo mi capita anche con le francesi, pensò, le donne sono molto più riservate di noi, molto più indecifrabili.
Hinodeh all'apparenza è molto tranquilla e resta immobile, pensò, ma magari dentro si sente esplodere, forse è triste, terrorizzata, oppure è in preda a una paura che le impedisce persino di pensare.
Madre santa, perdonami, ma in questo momento non mi importa, forse dopo, ma adesso non mi importa.
Perché mi avrà accettato, perchè?
Non glielo potrò mai chiedere. E' difficile ubbidire a questa clausola, eppure mi eccita ancora di più, o forse è il punto che mi ucciderà, che ci ucciderà. Non importa, sbrigati!
“Vuoi mangiare qualcosa?” chiese lei.
“Per ora... non ho fame.” André non riusciva a distogliere gli occhi da lei, né a nascondere il desiderio.
Sudava vistosamente.
Hinodeh continuò a sorridere, poi a un tratto sospirò. Si alzò e con movimenti minimi le lunghe dita sciolsero l'obi. Senza smettere di guardarlo e quieta come una statua lasciò cadere il sovrakimono. Il kimono, la prima e la seconda sottoveste e il perizoma. Si girò su se stessa lentamente per mostrarsi e si fermò.
Era perfetta.
Lui la osservò inginocchiarsi trattenendo il respiro, la vide prendere la tazza e sorseggiare lentamente. Non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a controllarsi.
In tutti quei giorni di attesa si era ripromesso di comportarsi in modo estremamente galante ed esperto, alla francese e alla giapponese insieme, di essere per lei il migliore amante che avesse mai avuto e che mai avrebbe potuto avere, di farle vivere la loro prima unione come un'esperienza memorabile e magnifica.
Fu memorabile, ma tutt'altro che magnifica.
Perse il controllo di sé. La afferrò, la spinse di fretta sui futon e si comportò come un animale.
Dopo quella notte non aveva più visto né lei né Raiko, ed evitava tutto lo Yoshiwara. Il giorno seguente aveva mandato un messaggio a Hinodeh in cui le diceva che le avrebbe annunciato la sua prossima visita per tempo. Intanto aveva versato a Raiko un'altra rata in oro. Per soddisfare quel contratto si era fatto anticipare il salario di due anni, ma avrebbe avuto bisogno di molto di più.
Il giorno prima aveva fatto sapere a Hinodeh che l'avrebbe vista quella sera.
Giunto all'entrata della veranda esitò. Le porte di shoji erano chiuse per la notte e lasciavano filtrare un'invitante luce dorata. Il cuore gli batteva forte e aveva la gola chiusa. Dentro sentiva voci che lo insultavano, ordinandogli di andarsene, di uccidersi, di fare qualunque cosa pur di evitare lo sguardo di lei e la disgustosa immagine che quegli occhi riflettevano. Lasciala in pace!