Ritual (31 page)

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Authors: William Heffernan

Tags: #Fiction, #Thrillers, #Suspense

BOOK: Ritual
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Il viso di lei si fece severo, rigido; i suoi occhi erano punte acuminate che trafiggevano l'aria. «Non lo so ancora. Ma farò tutti i passi necessari per fermare questa follia. Ho intenzione di sollecitare tutti i nostri collaboratori a imitarmi. Lo spiegherò a Malcolm stamattina e a Kate al suo ritorno dal Messico, nel pomeriggio. Non vedo perché il nostro lavoro debba andare distrutto per colpa dell'insensibilità della polizia.»

Padre Lopato la guardò a lungo in silenzio. «Credo di capire, Grace,» disse alla fine, e tra sé ripeté: sì, capisco quello che intende
realmente
dire.

 

Chino sui dossier sparpagliati sul vecchio tavolo nell'ufficio di Rolk, il dottor Nathan Greenspan prendeva appunti su un taccuino da stenografia.

Alla scrivania stava seduto Devlin, che tamburellava nervosamente sul ripiano, gli occhi fissi sulla nuca dello psichiatra, quasi sperasse di ricavarne magicamente qualche informazione

Era passata quasi mezz'ora quando Greenspan fece girare la sedia e offrì all'agente in attesa un'espressione di stanca frustrazione. Si passò la mano tra i radi ciuffi di capelli che sormontavano le orecchie, poi accese la pipa.

«Avete messo insieme una collezione di persone sorprendentemente brillanti,» cominciò. «E, come notereste in qualunque gruppo analogo, anche una collezione di problemi emotivi legati a questa vivacità mentale. Ma non ho trovato nulla che renda uno di loro più sospettabile degli altri.»

«Neppure il prete?» chiese Devlin. «Rolk punta in quella direzione, e anch'io, ora che uno dei suoi maya è scomparso.»

«Perché? Perché ha avuto un crollo nervoso?» Greenspan scosse la testa. «Da quello che Rolk le ha detto per telefono, anche il prete che l'ha sostituito non sta molto meglio. Certi crolli nascono dall'incapacità di affrontare e vincere problemi troppo gravosi per la propria psiche, ma certo non trasformano un uomo in un pazzo omicida. Indizi di un grave squilibrio si sarebbero manifestati già da tempo, e dai dati che mi ha messo a disposizione non risulta niente di simile.»

Devlin ripensò alla conversazione telefonica avuta con Rolk la notte precedente. Si erano scambiati reciprocamente le nuove informazioni; quelle di Rolk riguardavano gli avvenimenti dello Yucatán, mentre lui gli aveva riferito il ritrovamento delle teste e l'improvvisa scomparsa di Roberto Caliento. Rolk era stato insolitamente parco di commenti su entrambi i fatti, limitandosi a dichiarare che padre Lopato non doveva essere avvicinato fino al suo ritorno. In effetti, sembrava che la sua preoccupazione principale fosse quella di aumentare le misure protettive nei confronti di Kate Silverman.

«Che cosa mi dice di quello che è accaduto laggiù alla dottoressa Silverman?»

«Si riferisce al fatto che l'incidente si è verificato dopo che lei e Rolk hanno incontrato il nuovo sacerdote?» Greenspan vide Devlin annuire. «Amico mio, si sta arrampicando sui vetri. Vuole forse suggerire che Lopato è in grado di comunicare con i retrogradi abitanti di quel villaggetto e che li ha incaricati di aggredire chiunque faccia domande sui rituali toltechi? Diciamo semplicemente che
qualcosa
è accaduto. Ma il responsabile potrebbe essere uno qualunque degli altri. Sappiamo che un anno fa erano tutti là, e potrebbe essere stata la stessa dottoressa Silverman a organizzare l'attentato del serpente. Al momento, le informazioni che abbiamo su di loro non mi permettono di affermare che questo o quell'altro è l'assassino che cercate.»

«Ma se dovesse compilare una lista di persone sospette, che ordine seguirebbe?»

«Be', non mi piacerebbe fare una cosa del genere.
I
dati in mio possesso sono talmente limitati che...»

Devlin sbatté il pugno sulla scrivania, interrompendolo. «Maledizione, non le sto chiedendo una testimonianza in tribunale. Voglio solo un'opinione ragionevole su cui poter lavorare.»

Per un istante sul viso di Greenspan comparve un'espressione vagamente ferita. Aspirò con forza dalla pipa, poi esalò lentamente il fumo. «Se
dovessi
compilare un simile elenco, basandomi su
queste
informazioni...» e puntò il dito verso i dossier, «direi: Sousi, Mallory, Silverman e Lopato. Ma naturalmente...»

«Il prete per ultimo?» lo interruppe di nuovo Devlin.

«Sì. Per ultimo.»

«Perché?»

«Perché, anche se
è
un prete, e l'assassino vuole riproporre un antico rituale religioso, il comportamento del killer è incompatibile con la rigorosa educazione religiosa ricevuta da Lopato. Secondo, perché il suo accesso al museo, e soprattutto all'area in cui sono state trovate le teste, è alquanto limitato.» Devlin fece per interromperlo ancora, ma questa volta fu Greenspan a fermarlo sollevando una mano. «Gli ho anteposto la dottoressa Silverman per la maggiore autonomia di movimento di cui gode, sebbene psicologicamente sembri la più stabile del gruppo, e anche a causa della remota possibilità che gli attentati alla sua vita potrebbero - e dico
potrebbero
- essere stati organizzati da lei stessa, consapevolmente o no.» Greenspan sbuffò verso l'alto una densa nuvoletta di fumo bluastro. «Veniamo ora alla dottoressa Mallory. Ecco qui una donna brillante, che per tutta la vita è stata costretta a lottare per vedere riconosciuti i propri meriti, ostacolata dal suo sesso e dalla generazione a cui appartiene. Ha una devozione immensa, forse addirittura fanatica, per la sua materia di studio. Questa mostra è la sua grande possibilità di ottenere finalmente il meritato riconoscimento, e se fosse una psicotica grave, questo potrebbe spingerla a compiere qualcosa di orribile pur di attirare l'attenzione generale sul suo lavoro.» Scosse la testa, palesemente insoddisfatto. «Sono tutte congetture, ovviamente, ma rimane il fatto che come conservatore del museo ha più libertà degli altri. Inoltre, se pensiamo a quello che lei ha scoperto sulle sue probabili preferenze sessuali, c'è un ulteriore fattore da considerare. Le vittime erano entrambe donne e sono state crudelmente mutilate. Se questo abbia un qualche significato nel caso che stiamo esaminando, non saprei dirlo.»

«Passiamo a Sousi,» lo sollecitò Devlin. «Perché lo indica come l'indiziato numero uno?»

«Per un insieme di cose. Il suo background, per esempio... E devo complimentarmi con i vostri uomini per l'accurato controllo che hanno svolto. Anche se troppo limitato per un'analisi completa, ci ha fornito esaurienti profili personali, accademici e professionali di tutta questa gente. Sousi, tanto per cominciare, ha un passato accademico alquanto tormentato. Certo, si sente spesso parlare di studiosi particolarmente dotati per cui l'insegnamento non è abbastanza stimolante. Ma nel caso di Sousi siamo anche in presenza di un ego spropositato, di una presunzione che sembra andare molto oltre i limiti ragionevoli.» Greenspan alzò un dito. «Apparentemente, quell'uomo detesta e disprezza le donne con un'intensità davvero insolita. Ora, se fosse davvero uno psicotico, potrebbe desiderare di danneggiare sul piano professionale le donne con cui lavora e/o di 'punire' quelle che incontra casualmente, ma in questo caso si limiterebbe a scegliere tra i metodi suggeritigli dalle sue conoscenze di erudito. Un quadro che rientra perfettamente nell'atteggiamento psicotico, ma ancora una volta...»

«Lo so,» sospirò Devlin. «Sono solo congetture.»

«Proprio così,» sorrise Greenspan.

«Allora, in che direzione dovremmo muoverci?»

Greenspan appoggiò la pipa su un portacenere e si passò la mano sul mento. «Mi piacerebbe essere con lei e Rolk quando sottoporrete i nostri indiziati al prossimo interrogatorio. Potrei perfino suggerire io stesso qualche domanda. Per me è l'unico modo per arrivare a una migliore comprensione della realtà.»

Devlin rifletté qualche istante sulla proposta. «Ne parlerò con Rolk appena possibile,» disse alla fine. «E credo che sarà d'accordo, perché non si può dire che quello che ci ha detto finora sia stato di grande aiuto.»

 

Rolk tornò dal Messico il giorno dopo sul tardi, stanco e logorato dalle escursioni nella giungla di Quintana Roo. La sua prima domanda a Devlin riguardava Kate Silverman e la protezione che stava ricevendo.

Devlin lo rassicurò dicendogli che l'incarico era stato affidato a Bernie Peters, poi passò a informarlo sugli ultimi sviluppi delle indagini.

«Quindi avete messo sotto sorveglianza la Stanza degli insetti,» disse Rolk alla fine. «Chi se ne occupa?»

«Peters e Moriarty; fanno turni di dodici ore. Conoscono quella zona del museo e tutte le persone sospette, e il direttore non vuole altri agenti tra i piedi. Pare che la nostra perquisizione abbia suscitato qualche protesta e ora dobbiamo utilizzare gli addetti alla sicurezza del museo come spalla. Durante il giorno uno di loro staziona con il nostro uomo in una stanza all'estremità opposta dell'atrio. Di notte, che è poi il momento che ci interessa di più, la spalla è il responsabile della sicurezza, un ex poliziotto della Buoncostume, Ezra Waters, in gamba e perfettamente in grado di svolgere questo lavoro.»

Vide gli occhi di Rolk dilatarsi e per un istante pensò che stesse per protestare a causa dell'inadeguatezza degli appoggi.

«Come fa Peters a tenere d'occhio Kate se è di guardia al museo?» fu invece la domanda che Rolk gli pose con voce tesa.

Devlin lo guardò incuriosito. Non gli piaceva vederlo tanto preoccupato. Attese qualche istante prima di rispondere.

«Bernie va a prenderla tutte le mattine, prima di prendere il suo posto al museo. La Mallory e il suo staff, dato che sono ansiosi di terminare i lavori per la mostra, fanno turni molto lunghi, di solito dalle otto alle otto. Dopodiché Bernie accompagna Kate a casa, controlla che l'appartamento sia in ordine e stacca, sostituito da Moriarty al museo.»

Ma evidentemente le sue parole non bastarono a rassicurare Rolk. «E di notte, quando è sola a casa?»

«Ma di che cosa parli?» si irritò quasi Devlin. «C'è sempre un'autopattuglia lì davanti. In caso di problemi, le basterebbe chiamare il custode e nel giro di trenta secondi avrebbe due agenti un uniforme alla porta. Ti aspettavi che avessimo incaricato qualcuno di sorvegliare l'appartamento
dall'interno

«Puoi scommetterci, diavolo.»

«Ma non abbiamo uomini a sufficienza,» protestò Devlin. «E pensavo che la pattuglia fosse stata dislocata davanti a casa sua non solo per proteggerla, ma anche perché in fondo è uno degli indiziati. In Messico è successo qualcosa che ancora non so?» si decise a chiedere.

Vide Rolk serrare la mascella e il suo viso farsi paonazzo, se per la collera o per un senso di colpa, non avrebbe saputo dirlo.

«Quello che è successo laggiù è che qualcuno le ha messo un serpente a sonagli grosso come una Buick nel letto... un serpente a sonagli con una specie di girocollo di piume, e puoi scommettere che, quello, il serpente non se l'è procurato da solo. Credevo che un episodio del genere bastasse a farti capire che un po' di protezione extra era più che giustificata, soprattutto dopo la sparizione di quel pagliaccio di Caliento.»

Devlin lo studiava in silenzio. L'atteggiamento di Rolk lo rendeva perplesso; a meno che...

«Credi che Caliento possa avervi preceduti in Messico? Magari mandato là dal prete?»

«Direi che è una possibilità maledettamente reale, non credi?» sbottò l'altro. «Il giorno che ho sprecato a Washington, all'Ufficio Immigrazione, potrebbe essergli bastato per precedermi, e ignoriamo tuttora dove diavolo è andato.»

«Lo scopriremo,» affermò Devlin. «Martelleremo quel prete finché non ce lo dirà. Nel frattempo, se sei convinto che la dottoressa Silverman abbia bisogno di protezione extra, posso occuparmene subito.»

«Lascia stare,» brontolò Rolk. «Ci penserò io. Tu concentrati su Lopato e cerca di scoprire tutto quello che sa.»

Devlin fece per alzarsi, ma si fermò. «Senti, non sono affari miei, ma in fondo siamo amici da tanto tempo.» Esitò, poi riprese: «Mi hai sempre detto che è sconsigliabile farsi coinvolgere emotivamente da un indiziato o una vittima.»

Gli occhi di Rolk brillavano di collera. «Hai proprio ragione,» sibilò. «Non sono affari tuoi.»

Con un secco cenno del capo Devlin uscì.

Rolk rimase a lungo a fissare la porta chiusa, poi andò alla scrivania e cominciò distrattamente a esaminare i rapporti e i messaggi telefonici, cercando di placare la rabbia che si sentiva crescere dentro. Sapeva che Devlin aveva ragione; il suo atteggiamento era poco professionale e pericoloso, ma sapeva anche di non poter fare nulla per modificarlo e non aveva alcun desiderio di abbandonare Kate all'inadeguata protezione di Bernie Peters. Sapeva anche che Devlin si sbagliava sul grado di protezione necessaria. Lui era stato in Messico con lei e aveva capito che si trovavano di fronte a qualcosa di molto più sinistro di qualunque cosa Paul riuscisse a immaginare. Kate era un obiettivo, l'obiettivo finale. Evocò l'immagine delle due teste, così come supponeva che Peters e Moriarty le avessero trovate, e capì di non avere scelta.

Spinse da parte i fogli e dopo un'occhiata all'orologio allungò la mano verso il telefono. Dovette aspettare parecchi minuti prima di avere Kate in linea, ma il sollievo che provò sentendo la sua voce gli disse che ne era valsa la pena.

«Sono tornato,» annunciò. «Come stai?»

«Oh, Dio, è meraviglioso risentirti.» Kate parlava con voce affannosa. «Sto bene. Ma continuo a pensarti.»

«Voglio vederti. Stasera,» disse Rolk.

«Ne ho voglia anch'io. Vuoi accompagnarmi a casa?»

«No. Che ci pensi Peters.»

«Io esco alle otto.»

«Aspetterò che Peters se ne sia andato, poi salirò da te.»

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