Paradiso (73 page)

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Authors: Dante

BOOK: Paradiso
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Poi cominciò: “Io dico, e non dimando,   

               
quel che tu vuoli udir, perch’ io l’ho visto

12
           
là ’ve s’appunta ogne
ubi
e ogne
quando
.

               
Non per aver a sé di bene acquisto,   

               
ch’esser non può, ma perché suo splendore

15
           
potesse, risplendendo, dir
‘Subsisto,’
   

               
in sua etternità di tempo fore,

               
fuor d’ogne altro comprender, come i piacque,   

18
           
s’aperse in nuovi amor l’etterno amore.

               
Né prima quasi torpente si giacque;   

               
ché né prima né poscia procedette

21
           
lo discorrer di Dio sovra quest’ acque.

               
Forma e materia, congiunte e purette,   

   

               
usciro ad esser che non avia fallo,

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come d’arco tricordo tre saette.

               
E come in vetro, in ambra o in cristallo   

               
raggio resplende sì, che dal venire   

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a l’esser tutto non è intervallo,

               
così ’l triforme effetto del suo sire

               
ne l’esser suo raggiò insieme tutto

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sanza distinzïone in essordire.

               
Concreato fu ordine e costrutto   

   

               
a le sustanze; e quelle furon cima

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nel mondo in che puro atto fu produtto;

               
pura potenza tenne la parte ima;

               
nel mezzo strinse potenza con atto

36
           
tal vime, che già mai non si divima.

               
Ieronimo vi scrisse lungo tratto   

               
di secoli de li angeli creati

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anzi che l’altro mondo fosse fatto;

               
ma questo vero è scritto in molti lati

               
da li scrittor de lo Spirito Santo,

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e tu te n’avvedrai se bene agguati;

               
e anche la ragione il vede alquanto,   

               
che non concederebbe che ’ motori

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sanza sua perfezion fosser cotanto.

               
Or sai tu dove e quando questi amori   

   

               
furon creati e come: sì che spenti

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nel tuo disïo già son tre ardori.

               
Né giugneriesi, numerando, al venti   

               
sì tosto, come de li angeli parte   

51
           
turbò il suggetto d’i vostri alimenti.   

               
L’altra rimase, e cominciò quest’ arte   

               
che tu discerni, con tanto diletto,

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che mai da circüir non si diparte.

               
Principio del cader fu il maladetto

               
superbir di colui che tu vedesti

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da tutti i pesi del mondo costretto.

               
Quelli che vedi qui furon modesti   

               
a riconoscer sé da la bontate

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che li avea fatti a tanto intender presti:

               
per che le viste lor furo essaltate   

               
con grazia illuminante e con lor merto,

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sì c’hanno ferma e piena volontate;

               
e non voglio che dubbi, ma sia certo,   

               
che ricever la grazia è meritorio   

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secondo che l’affetto l’è aperto.

               
Omai dintorno a questo consistorio

               
puoi contemplare assai, se le parole

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mie son ricolte, sanz’ altro aiutorio.

               
Ma perché ’n terra per le vostre scole   

   

   

               
si legge che l’angelica natura

72
           
è tal, che ’ntende e si ricorda e vole,

               
ancor dirò perché tu veggi pura

               
la verità che là giù si confonde,

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equivocando in sì fatta lettura.   

               
Queste sustanze, poi che fur gioconde

               
de la faccia di Dio, non volser viso

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da essa, da cui nulla si nasconde:

               
però non hanno vedere interciso   

               
da novo obietto, e però non bisogna

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rememorar per concetto diviso;

               
sì che là giù, non dormendo, si sogna,   

               
credendo e non credendo dicer vero;

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ma ne l’uno è più colpa e più vergogna.

               
Voi non andate giù per un sentiero   

               
filosofando: tanto vi trasporta

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l’amor de l’apparenza e ’l suo pensiero!

               
E ancor questo qua sù si comporta

               
con men disdegno che quando è posposta

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la divina Scrittura o quando è torta.

               
Non vi si pensa quanto sangue costa   

               
seminarla nel mondo e quanto piace

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chi umilmente con essa s’accosta.

               
Per apparer ciascun s’ingegna e face   

   

               
sue invenzioni; e quelle son trascorse

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da’ predicanti e ’l Vangelio si tace.

               
Un dice che la luna si ritorse   

               
ne la passion di Cristo e s’interpuose,

99
           
per che ’l lume del sol giù non si porse;

               
e mente, ché la luce si nascose   

               
da sé: però a li Spani e a l’Indi

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come a’ Giudei tale eclissi rispuose.

               
Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi   

   

               
quante sì fatte favole per anno

105
         
in pergamo si gridan quinci e quindi:   

               
sì che le pecorelle, che non sanno,   

               
tornan del pasco pasciute di vento,

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e non le scusa non veder lo danno.

               
Non disse Cristo al suo primo convento:   

               
‘Andate, e predicate al mondo ciance’;

111
         
ma diede lor verace fondamento;   

               
e quel tanto sonò ne le sue guance,   

               
sì ch’a pugnar per accender la fede

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de l’Evangelio fero scudo e lance.

               
Ora si va con motti e con iscede

               
a predicare, e pur che ben si rida,

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gonfia il cappuccio e più non si richiede.   

               
Ma tale uccel nel becchetto s’annida,   

               
che se ’l vulgo il vedesse, vederebbe

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la perdonanza di ch’el si confida:

               
per cui tanta stoltezza in terra crebbe,   

               
che, sanza prova d’alcun testimonio,

123
         
ad ogne promession si correrebbe.

               
Di questo ingrassa il porco sant’ Antonio,   

               
e altri assai che sono ancor più porci,

126
         
pagando di moneta sanza conio.   

               
Ma perché siam digressi assai, ritorci   

               
li occhi oramai verso la dritta strada,

129
         
sì che la via col tempo si raccorci.

               
Questa natura sì oltre s’ingrada   

               
in numero, che mai non fu loquela

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né concetto mortal che tanto vada;

               
e se tu guardi quel che si revela   

               
per Danïel, vedrai che ’n sue migliaia

135
         
determinato numero si cela.

               
La prima luce, che tutta la raia,   

               
per tanti modi in essa si recepe,

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quanti son li splendori a chi s’appaia.

               
Onde, però che a l’atto che concepe

               
segue l’affetto, d’amar la dolcezza

141
         
diversamente in essa ferve e tepe.

               
Vedi l’eccelso omai e la larghezza   

               
de l’etterno valor, poscia che tanti

               
speculi fatti s’ha in che si spezza,

145
         
uno manendo in sé come davanti.”

PARADISO XXX

               
Forse semilia miglia di lontano   

   

               
ci ferve l’ora sesta, e questo mondo   

3
             
china già l’ombra quasi al letto piano,   

               
quando ’l mezzo del cielo, a noi profondo,   

   

               
comincia a farsi tal, ch’alcuna stella

6
             
perde il parere infino a questo fondo;

               
e come vien la chiarissima ancella   

               
del sol più oltre, così ’l ciel si chiude

9
             
di vista in vista infino a la più bella.   

               
Non altrimenti il trïunfo che lude   

               
sempre dintorno al punto che mi vinse,   

12
           
parendo inchiuso da quel ch’elli ’nchiude,   

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