Gai-Jin (42 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Taira-san?”

“Hai?” Sì?

Gli stava tendendo un accappatoio.

In preda a una strana letargia emerse dalla vasca con i muscoli distesi dall'acqua e si lasciò asciugare.

Ancora una volta si occupò personalmente delle sue partì intime e questa volta lo fece con minor imbarazzo. Un pettine per i capelli. Una yukata asciutta e inamidata. Poi gli indicò il letto. A quel punto il panico lo assalì nuovamente. Tremando si costrinse a sdraiarsi. Lei rimboccò le coperte e se ne andò.

Il cuore batteva all'impazzata, tuttavia giacere li sdraiato era meraviglioso, il materasso era soffice e lindo e profumato, lui stesso non si era mai sentito tanto pulito.

Quando lo shoji si aprì sentì un grande sollievo.

Intravide una ragazza minuscola, fragile come un giunco, che indossava una yukata giallo pallido e portava i capelli sciolti sulle spalle come una lunga cascata.

Si inginocchiò accanto al letto. “Konbanwa, Taira-san.

Ikaga desu ka? Watashi wa Ako.” Buonasera, signor Taira. Stai bene? Io sono Ako.

“Konbanwa, Ako-san. Watashi wa Phillip Tyrer desu.

Lei si fece seria. “F... iii...” cercò di pronunciare il nome Phillip alcune volte senza riuscirvi, poi rise allegramente, disse qualcosa che lui non capì e che terminava con Taira-san.

Adesso lui era seduto e la guardava; il cuore gli batteva forte, era inquieto, niente affatto eccitato. La ragazza indicò l'altro lato del letto.

“Dozo?” Prego, posso?

“Dozo.” Alla luce della candela non la poteva distinguere chiaramente.

Soltanto quel che bastava per sapere che era più o meno giovane come lui, che il suo volto era morbido e bianco, coperto di cipria, che aveva i denti bianchi, le labbra rosse, i capelli lucenti, un naso quasi romano, gli occhi come strette ellissi, un sorriso gentile.

Lei si infilò nel letto e si voltò a guardarlo. In attesa. La timidezza e l'inesperienza lo paralizzavano.

Cristo, come faccio a dirle che non la voglio, che non voglio nessuna donna, che non posso, lo so che non posso, non ce la farò, questa sera non ce la farò, non ce la farò e mi vergognerò e André... André! Cosa gli potrò dire? Diventerò lo zimbello di tutti, oh Cristo, perchè ho accettato di venire qui dentro?

Ako allungò una mano e gli sfiorò una guancia. Senza volerlo lui rabbrividì.

Mormorò dolci parole di incoraggiamento sorridendo dentro di sé: sapeva bene che cosa aspettarsi da quell'uomo bambino perchè era stata preparata da Raiko-san.

“Ako, stanotte è un raro momento della tua vita e tu devi ricordare ogni dettaglio per intrattenerci a colazione. Il tuo cliente è un amico del francese e, cosa rarissima nel nostro mondo, è vergine. Il francese dice che è timido da non potersi immaginare, che avrà paura, che probabilmente piangerà quando il suo onorabile membro lo tradirà, che potrebbe persino bagnare il letto per l'eccitazione frustrata, ma non ti preoccupare, cara Ako, il francese mi assicura che potrai trattarlo come di consueto e che non hai niente di cui preoccuparti.”

“Non capirò mai i gai-jin, Raiko-san.”

“Nemmeno io. Certamente sono tutti barbari strani ma per fortuna sono quasi sempre molto ricchi. Poiché è il destino che ci fa essere qui dobbiamo ricavarne tutto quello che possiamo. E non bisogna sottovalutare che secondo il francese questo giovane è un importante ufficiale inglese, potenzialmente un cliente a lungo termine, quindi fagli provare Il Tempo delle Nubi e della Pioggia in un modo o nell'altro anche se... anche se dovessi ricorrere al Dono Sublime.”

“Oh ko!”

“L'onore della casa è in gioco.”

“Oh! Capisco. In questo caso... in qualche modo farò”.

“Mi fido completamente di te Ako-chan, dopotutto hai quasi trent'anni di esperienza nel nostro Mondo dei Salici.”

“Ed è come il francese nei gusti, credi?”

“Se gli piace farsi solleticare la schiena e apprezza occasionalmente le Perle del Piacere? Ho chiesto direttamente al francese se il giovane abbia qualche propensione verso gli uomini. Strano che il francese abbia scelto la nostra casa per iniziare un amico invece di quelle che frequenta adesso.”

“La colpa non è della casa. Ti prego di non pensarlo mai Raiko-chan.

Sono onorata che tu abbia scelto me e farò tutto il necessario.”

“Certo. Quando si pensa che gli Steli dei gai-jin di solito sono molto più grandi di quelli delle persone civilizzate, e che la maggior parte di loro può fornicare in modo soddisfacente benché senza il vigore, la sensibilità e l'urgenza d'arrivare al limite dei giapponesi con l'unica eccezione del francese, penseresti che siano felici fornicatori come tutti.

Invece non è così, hanno tante ragnatele nella testa e ti danno l'impressione che fornicare non sia come per noi il più celestiale dei piaceri ma un rito segreto e religioso. Strano.” Ako si avvicinò a Tyrer e gli accarezzò il petto, poi abbassò la mano e le costò un grande sforzo non scoppiare a ridere quando il giovane si ritrasse spaventato. Le ci volle qualche momento per ricomporsi.

“Tairasan?” mormorò.

“Sì, cioè hai, Ako-san?”

Gli prese una mano e la infilò sotto la yukata all'altezza del seno, si chinò e gli baciò una spalla senza dimenticare che doveva fare attenzione alla ferita sul braccio che un coraggioso shishi gli aveva inferto.

Nessuna reazione. Si avvicinò di più. Sussurrandogli quant'era coraggioso, quant'era forte e virile, con quanti elogi la cameriera aveva descritto lui e il suo frutto senza mai smettere di accarezzargli il petto con pazienza.

Lo sentì rabbrividire ma non vide nessun segno di passione. I minuti passavano. Ancora niente.

La sua preoccupazione cominciò a crescere mentre dita leggere come farfalle volteggiavano sul suo corpo inerte, sulle mani chiuse a pugno, sulle labbra sigillate.

Dopo qualche tempo Tyrer rispose con qualche carezza gentile ma ancora senza trasporto.

Passarono altri minuti, ancora niente. Ako era preoccupata, a quel punto temeva di dover ammettere la sconfitta.

Gli sfiorò un orecchio con la lingua.

Ah, finalmente un piccolo risveglio: il suo nome pronunciato a bassa voce e le labbra di lui che le baciavano il collo. Oh, pensò Ako rilassandosi, e Tyrer appoggiò la bocca su un capezzolo.

Adesso è soltanto questione di tempo perchè la sua verginità esploda fino al cielo, poi potrò ordinare del sakè e dormire fino all'alba e dimenticare che ho quarantatré anni e sono sterile e ricordare soltanto che Raiko-san mi ha salvato dalla casa di sesta classe dove la mia età e, la mancanza di bellezza mi avevano relegata.

 

Tyrer stava guardando pigramente i samurai davanti alla Legazione mentre il sole sfiorava l'orizzonte, la sua mente era ancora con Ako, poi ripensò alla ragazza di due notti dopo, Hamako. E infine a Lei.

Fujiko. L'altro ieri.

Bastava il ricordo di Fujiko a eccitarlo, sapeva d'essere stato ormai catturato da quel mondo, il Mondo Fluttuante, dove, come André gli aveva detto, si viveva solo nell'attimo fuggente, nel piacere, scivolando senza pensieri come un fiore sulla corrente di un fiume tranquillo.

“Non è sempre tranquillo, Phillip. Com'è questa Fujiko?”

“Oh... ehm... l'avete vista, non la conoscete?”

“No, ho soltanto detto a Raiko-san che tipo di ragazza poteva piacervi ponendo l'accento sul fatto che doveva essere colta perchè volete imparare il giapponese. Com'era?”

Tyrer aveva riso per nascondere il suo imbarazzo e la sua inquietudine davanti a una domanda così personale e schietta. Ma dopotutto era debitore nei confronti di André e inoltre desiderava essere “francese” e diretto, perciò mise da parte la convinzione che un gentiluomo non debba mai discutere o dare informazioni sulle donne e disse: “Lei... lei è più giovane di me. E' piccola, anzi minuscola, no, non graziosa come intendiamo noi ma è straordinariamente attraente. Penso di aver capito che è nuova.

“Volevo sapere a letto, com'è a letto? Meglio delle altre?”

“Oh. Be', non c'era... non c'era paragone.”

“Era più vigorosa? Più sensuale? E' vero?”

“Be', si... ehm.... vestita o svestita è incredibile. Speciale. Ancora non so come ringraziarvi, vi devo tanto.”

“De rien, mon vieux.”

“E' vero. La prossima volta... la prossima volta la incontrerete.”

“Mon Dieu no, è la regola. Non presentate mai la vostra 'favorita' a nessuno, soprattutto a un amico. Non dimenticate che finché non la sistemate in un posto vostro e pagate tutti i suoi conti è disponibile per chiunque abbia denaro per pagarla... se vuole accettarlo.”

“Oh, l'avevo dimenticato” aveva mentito Tyrer.

“Ma anche una volta sistemata potrebbe pur sempre avere un amante clandestino, se lo desidera. Chi verrebbe a saperlo?”

“Lo immagino.” Nuova ondata di angoscia.

“Non innamoratevi mai di una cortigiana, amico mio. Prendetela per quello che è, una donna di piacere.

Godetene, apprezzatela fino in fondo ma non amatela e fate in modo che non si innamori di voi.” Tyrer rabbrividì; detestava quell'avvertimento che nascondeva molta parte di verità, odiava il pensiero di lei insieme a un altro, stretta tra le braccia di un altro come si era stretta a lui, odiava l'idea che lo facesse per denaro, odiava quel dolore ai lombi. Mio Dio, era davvero così speciale, amabile, soave, una dolce creatura chiacchierina, gentile e cortese, così giovane e nella Casa solo da così poco tempo. Devo sistemarla? La domanda è devo o posso?

Sono sicuro che André ha una casetta con dentro una ragazza speciale anche se non l'ha mai detto e io non gliel'ho mai chiesto. Cristo, quanto verrebbe a costarmi una cosa simile?

Probabilmente più di quello che mi possa permettere...

Non pensarci adesso! E non pensare a lei.

Con uno sforzo rivolse l'attenzione al giardino ma il dolore persisteva. Una parte del distaccamento di highlander si stava radunando intorno al pennone, il trombettiere e i quattro tamburini già in posizione per ammainare la bandiera. Routine. Il gruppo eterogeneo dei giardinieri si radunava vicino al cancello per essere contato e congedato. Strisciavano fino ai cancelli e scomparivano in mezzo alla folla di samurai.

Routine.

Le sentinelle chiudevano i cancelli di ferro. Tamburi e trombe suonavano mentre la bandiera britannica veniva lentamente ammainata perchè in tutto il mondo la regola imponeva che il sole non tramontasse mai sulla bandiera del Regno. Routine. Quasi tutti i samurai ora si allontanavano lasciando alle porte della Legazione soltanto un drappello simbolico.

Routine.

Tyrer rabbrividì.

Se tutto sta andando come previsto perchè sono tanto nervoso?

 

I giardinieri della Legazione entrarono in fila nella casupola dormitorio sull'altro lato del tempio buddista.

Nessuno di loro incontrò lo sguardo di Hiraga. Erano stati avvisati che le loro vite e le vite dei loro figli dipendevano dalla sua salvezza.

“Attenti a come parlate con gli stranieri” li aveva avvertiti.

“Se la Bakufu scopre che mi avete dato asilo pagherete ugualmente con la vita, con l'unica differenza che anziché avere una morte onorevole verrete crocifissi.”

Malgrado le loro rassicurazioni e gli inviti a fidarsi, Hiraga sapeva di non essere al sicuro. Dopo l'imboscata ad Anjo di dieci giorni prima aveva trascorso quasi tutto il tempo nel nascondiglio di Kanagawa, la Locanda dei Fiori di Mezzanotte. Il fatto che l'attacco fosse fallito e che tutti i suoi compagni eccetto uno fossero stati uccisi era da attribuire soltanto al karma.

Il giorno prima era arrivata da Kyòto una lettera di Katsumata, lo shishi satsuma clandestinamente a capo del movimento: Importante: tra qualche settimana lo shògun Nobusada venendo in visita di stato dall'imperatore compirà un gesto senza precedenti.

Tutti gli shishi sono avvisati di riunirsi qui immediatamente per organizzare un modo di intercettarlo, ucciderlo e prendere possesso delle Porte del palazzo. Katsumata aveva firmato Raven, il suo nome in codice.

Hiraga aveva discusso il da farsi con Ori e aveva poi deciso di tornare a Edo determinato a distruggere la Legazione britannica in un'azione solitaria. Il Consiglio degli Anziani gli sembrava ipnotizzato e succubo dei gai-jin e la cosa lo imbestialiva. “Kyòto può aspettare, Ori.

Noi dobbiamo continuare ad attaccare i gai-jin.

Dobbiamo provocarli fino a fargli bombardare Edo. Altri possono occuparsi dello shògun e di Kyato.” Avrebbe portato con sé Ori ma il ragazzo era inservibile perchè senza l'intervento di un medico la sua ferita peggiorava ogni giorno di più. “E il tuo braccio?”

“Quando diventerà insopportabile farò seppuku” aveva risposto Ori con la voce un pò impastata dal sakè che usava per placare il dolore.

Hiraga, Ori e la mama-san stavano bevendo qualcosa insieme prima del commiato. “Non ti preoccupare.”

“Ma non c'è un altro dottore, un dottore sicuro?”

“No, Hiraga-san” rispose Noriko, la mama-san.

Era una donna di cinquant'anni minuta e dalla voce gentile.

“Ho persino mandato a chiamare un agopuntore coreano e un erborista miei amici, ma il loro intervento non ha potuto niente contro il male. C'è il gigante gai-jin...”

“Sei stupida” gridò Ori. “Quante volte te lo devo dire? Questa è una ferita d'arma da fuoco, dentro c'è uno dei loro proiettili e se non bastasse sono stato visto a Kanagawa!”

“Ti prego di scusarmi” disse la mama-san umilmente chinando la testa sul tatami, “ti prego di scusare questa stupida donna.” Si prostrò ancora e poi uscì dalla stanza in cuor suo maledicendo Ori per non essere un vero shishi e non aver fatto seppuku approfittando della presenza di Hiraga, il secondo più perfetto che si potesse desiderare, sventando così il pericolo che minacciava lei e la sua Casa.

Notizie della tragica sorte della Locanda dei Quarantasette Ronin erano giunte a più di cinquanta ri, e uccidere clienti, cortigiani e domestici e infilzare su un palo la testa della mama-san sembrava a tutti una vendetta vergognosa.

Mostruoso, pensò furiosa. Come può una casa proibire l'ingresso a un samurai, shishi o non shishi?

In passato i samurai uccidevano molto più spesso di quanto non facciano oggi, è vero, ma questo accadeva centinaia di anni fa e quasi sempre soltanto se era necessario, e comunque non uccidevano le donne e i bambini.

Questo succedeva quando la legge della terra era giusta, lo shògun Toranaga giusto, suo figlio e sua nipote giusti, prima che corruzione e sperpero divenissero una regola di vita per i loro discendenti, per i daimyo e i samurai che per più di un secolo ci hanno tormentato con le loro angherie come una piaga purulenta! Gli shishi sono la nostra unica speranza! Sonno-joi!

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