“Vorrei ricordarti una volta di più che è esclusivo diritto dello shògunato quello di trattare affari di politica estera, e affari di politica in generale, e non un diritto dell'imperatore né tantomeno tuo! Sappiamo entrambi che l'hai ingannato” ribatté Anjo.
Dell'altro odiava tutto: il lignaggio, le legioni, le ricchezze e l'ottima salute di cui godeva con evidenza. I tuoi suggerimenti sono ridicoli e improponibili! Abbiamo mantenuto la pace per duecentocinquanta... “
“Sì, affinché i Toranaga potessero arricchirsi.
Se tu rifiuti di obbedire al nostro signore, a colui che solo ha diritto alla nostra fedeltà, all'imperatore, dai le dimissioni o fai seppuku.
Tu scegli un ragazzino per il ruolo di shògun, quel traditore del tairò ha firmato i cosiddetti trattati, se i gai-jin sono qui è soltanto colpa della Bakufu e la Bakufu è una creatura dei Toranaga.”
Anjo era diventato paonazzo, fuori di sé all'idea di dover subire ancora dileggi e vessazioni da Sanjiro.
Quelle trattative persecutorie che si trascinavano da mesi lo sfiancavano. Avrebbe messo volentieri mano alla spada se Sanjiro non fosse stato protetto da un mandato imperiale.
“Se il tairò non avesse negoziato i trattati e non li avesse fatti firmare, i gai-jin si sarebbero aperti un varco con i cannoni e oggi saremmo in ginocchio come la Cina.”
“Congetture, sciocchezze!”
“Hai dimenticato che il Palazzo d'estate di Pechino è stato bruciato e saccheggiato, Sanjiro-dono?
Adesso la Cina è praticamente smembrata e il governo non è controllato dai cinesi.
Hai dimenticato che gli inglesi, i nostri principali nemici, hanno ricevuto in concessione l'isola di Hong Kong vent'anni fa e l'hanno trasformata in un bastione inespugnabile?
Tientsin, Shanghai, Swatow sono ormai porti autonomi del trattato in mano ai gai-jin. E se avessero preso una delle nostre isole nello stesso modo?”
“Glielo avremmo impedito. Noi non siamo cinesi.”
“E in quale modo glielo avremmo impedito? Mi dispiace doverti dire che sei cieco e sordo e hai la testa tra le nuvole.
Un anno fa, nel momento stesso in cui finì l'ultima guerra cinese, se noi li avessimo provocati i gai-jin non avrebbero dovuto far altro che mandare navi e soldati contro di noi per schiacciarci. Solo l'intelligenza della Bakufu li ha fermati.
Non avremmo mai avuto mezzi sufficienti per arginare l'avanzata di quelle armate, dei loro cannoni e dei fucili.”
“Sono d'accordo che il fatto di non essere militarmente pronti sia imputabile esclusivamente allo shògunato, ai Toranaga. Dovremmo disporre di moderni cannoni e navi da guerra da molti anni; siamo al corrente dell'esistenza di tali mezzi da molto tempo, gli olandesi non ci hanno forse avvisato almeno una dozzina di volte delle loro invenzioni?
Voi avete Sempre nascosto la testa nella sabbia! Avete tradito l'imperatore.
Almeno avreste potuto accordarvi su un solo porto, Deshima, ma perchè dare a quel diavolo americano di Townsend Harris anche Yokohama, Hirodate, Nagasaki e Kanagawa consentendo loro addirittura di accedere a Edo per stabilirvi quelle insolenti legazioni!
Dai le dimissioni, Anjo, e lascia ad altri più qualificati di te l'onore di salvare la Terra degli Dei...”
Ricordare quello scontro faceva ancora sudare Anjo che mal sopportava di dover riconoscere le sacrosante ragioni di Sanjiro.
Prese un fazzoletto di carta dall'ampia manica del kimono e si asciugò il sudore dalla fronte e dalla sommità della testa, poi guardò Yoshi con astio.
Era geloso del suo portamento e del suo bell'aspetto ma soprattutto della giovinezza e della leggendaria virilità.
Fino a non molto tempo prima anche per lui era facile soddisfarsi, normale essere sessualmente potente.
Ora invece, pensò in preda a una grande infelicità, il dolore nel ventre non mi dà tregua! Fino a non molto tempo prima anche per lui era facile eccitarsi senza sforzo, mentre adesso non gli riusciva più neppure con la più desiderabile, la più abile delle donne, e a nulla serviva ricorrere alle pozioni e agli unguenti più rari.
“Può darsi che Sanjiro si consideri al sicuro, ma non lo è” riprese in tono definitivo. “Convincetene anche tu, Yoshi-dono, nostro giovane ma saggio consigliere, prova anche tu a escogitare un modo per liberarci di lui, altrimenti potrebbe essere tua la testa che finirà infilzata su un palo.” Yoshi decise di ignorare l'offesa e sorridere.
“Che cosa consigliano gli altri anziani?” Anjo ebbe un ghigno sinistro. “Voteranno secondo la mia volontà.”
“Se non fossimo consanguinei ti suggerirei di dare le dimissioni o di fare seppuku.”
“Che peccato non essere il tuo illustre omonimo e non poterlo ordinare davvero, eh?” Anjo si alzò a fatica.
“Invierò la risposta, tergiversiamo. Domani ci sarà la votazione formale per l'umiliazione di Sanjiro...”
Di scatto si voltò, in guardia, verso la porta che era stata spalancata.
Yoshi brandiva già la spada. “Ho dato ordine...”
L'imbarazzata sentinella mormorò: “Sono molto dispiaciuto, Anjosama...”.
La collera di Anjo svanì quando scostando bruscamente la sentinella un giovane si precipitò nella stanza seguito a pochi passi da una ragazza, non più alta di un metro e mezzo.
Entrambi vestiti in modo ricercato e in preda a una visibile agitazione, erano seguiti da quattro samurai armati seguiti a loro volta da una matrona e da una dama di corte.
Anjo e Yoshi si prostrarono fino a toccare il tatami con la fronte.
La corte si in chinò di rimando.
Il giovane, lo shògun Nobusada, e la ragazza, la principessa imperiale Yazu, sua moglie, non si inchinarono.
Avevano entrambi sedici anni.
“Quella scossa ha fatto cadere il mio vaso preferito” disse il giovane ignorando ostentatamente Yoshi.
“Il mio vaso preferito.”
Fece cenno al seguito di chiudere la porta. Le guardie e le dame della moglie restarono immobili.
“Volevo dirti che ho avuto un'idea meravigliosa.”
“Mi dispiace molto per il vaso, Sire.”
Anjo aveva parlato con gentilezza.
“Avete avuto un'idea?”
“Noi... ho deciso che noi, mia moglie e io abbiamo deciso che andremo a Kyòto a incontrare l'imperatore per chiedergli consiglio sul da farsi con i gai-jin e per organizzare il modo di buttarli fuori!”
Il giovane sorrise radioso alla moglie che annuì.
“Partiremo il mese prossimo. Una visita di stato!”
Se avessero seguito l'istinto, sia Anjo che Yoshi si sarebbero lanciati in avanti a strangolare quel ragazzo senza una briciola di cervello.
Ma erano abituati alla sua petulante stupidità e ai suoi capricci, e per la millesima volta maledissero il giorno in cui il matrimonio tra Nobusada e Yazu era stato proposto e consumato.
“Un'idea interessante Sire” rispose Anjo con cautela osservando la ragazza.
Notò che anche lei lo stava tenendo d'occhio, e benché sorridesse con le labbra i suoi occhi erano gravi, come sempre.
“Esporrò il vostro suggerimento al Consiglio degli Anziani e vi daremo tutta l'attenzione che merita.”
“Bene” ribatté Nobusada con aria d'importanza. Era un giovanetto sottile che non raggiungeva il metro e sessanta di statura e perciò indossava sempre degli alti sandali, i geta, per sembrare più alto.
Aveva i denti dipinti di nero secondo la moda di Kyòto anche se nello shógunato non era in uso.
“Tre o quattro settimane dovrebbero bastare per i preparativi.” Sorrise ingenuamente alla moglie. “Ho dimenticato qualcosa, Yazuchan?”
“No, Sire” rispose la principessa con grazia, “come potreste dimenticare qualcosa?”
Il suo volto delicato era truccato nello stile classico della corte di Kyòto: al posto delle sopracciglia che erano state strappate aveva due archi scuri dipinti sul biancore del trucco, i denti tinti di nero, folti capelli corvini trattenuti sulla sommità del capo da fermagli preziosi.
Un kimono color porpora decorato con spruzzi di foglie autunnali, l'obi, l'intricata fascia intorno alla vita, era dorata.
La principessa imperiale Yazu, sorellastra del Figlio del Cielo, sposa di Nobusada da sei mesi, era stata scelta per lui all'età di dodici anni, promessa a quattordici e sposata a sedici.
“Ovviamente una decisione presa da voi è una decisione, non un suggerimento.”
“Ovviamente, onorabile principessa” ribatté prontamente Yoshi.
“Mi dispiace molto, Sire, ma iniziative di tale importanza non possono essere realizzate in quattro settimane.
Posso suggerirvi inoltre di considerare che le implicazioni di una tale visita potrebbero essere fraintese?”
Il sorriso di Nobusada svanì. “Implicazioni? Suggerimenti? Quali implicazioni? Fraintese da chi?
Da te?” domandò aspramente.
“No, Sire, non da me. Volevo soltanto mettere in evidenza il fatto che non è mai successo prima d'ora che uno shògun si recasse a Kyòto per chiedere consiglio all'imperatore e che un simile precedente potrebbe rivelarsi nocivo all'incarico che svolgete.”
“Perché?” chiese Nobusada irritato. “Non capisco.”
“Perché come ricorderete è lo shògun a esercitare il dovere ereditario di decidere per conto dell'imperatore insieme al Consiglio degli Anziani e allo shògunato.” Yoshi non abbandonò neppure per un istante il suo tono gentile.
“Ciò significa che il Figlio del Cielo può trascorrere il suo tempo intercedendo per noi presso gli dei, mentre lo shògunato fa in modo che gli eventi mondani e terrestri non disturbino la wa dell'imperatore.” Dolcemente la principessa Yazu disse: “Quello che Toranaga Yoshisama dice corrisponde al vero, marito.
Purtroppo però, come tutti ben sappiamo, i gai-jin hanno già disturbato la vostra wa, perciò chiedere a mio fratello l'Eminente un consiglio di certo sarebbe al tempo stesso cortese e filiale e non interferirebbe in alcun modo con i diritti storici”.
“E così.” Il giovane shògun gonfiò il petto.
“Deciso.”
“Il Consiglio esaminerà immediatamente i vostri desideri” disse Yoshi.
Il volto di Nobusada si contrasse:
“Desideri? E una decisione! Sottoponiglielo pure, se vuoi, ma intanto io ho deciso! Io sono lo shògun, non tu! Io sono lo shògun! Ho deciso! lo sono stato scelto e tu sei stato respinto, tutti i daimyo leali erano con me. Io sono lo shògun, cugino!”.
Tutti i presenti rimasero impietriti da quello scatto d'ira eccetto la ragazza che tenendo gli occhi bassi sorrideva pensando: finalmente, la mia vendetta comincia.
“E vero, Sire” rispose Yoshi pallido ma con voce tranquilla, “ma io sono il vostro Guardiano ed è mio dovere consigliarvi.”
“Non voglio i tuoi consigli! Nessuno mi ha chiesto se volevo un Guardiano, io non ho bisogno di un Guardiano, cugino, soprattutto se si tratta di te!”
Yoshi guardò il giovane tremante di collera.
Una volta ero proprio come te, pensò freddamente, una marionetta a cui potevano ordinare qualsiasi cosa, da spedire lontano dalla famiglia per essere adottato da un'altra, o da far sposare, o esiliare e cercare d'uccidere per sei volte, e tutto ciò perchè gli dei hanno voluto che io nascessi da mio padre, mentre tu, patetico sciocco, sei nato dal tuo.
Ti assomiglio in molte cose, cugino Nobusada, ma al contrario di te io non sono mai stato uno stupido, ma un uomo d'armi sempre consapevole d'essere manovrato e, ormai, anche molto diverso.
Ora non sono più una marionetta. Sanjiro di Satsuma non lo sa ancora, ma i ruoli si sono scambiati.
“Finché sarò Guardiano, Sire, vi proteggerò” disse.
Gettò un'occhiata alla ragazza, all'apparenza tanto fragile e delicata.
“E proteggerò la vostra famiglia.
“ Lei non ricambiò lo sguardo. Non ce n'era bisogno.
Entrambi sapevano che tra loro la guerra era dichiarata da tempo.
“Siamo lieti della vostra protezione, Toranaga-sama.”
“Io no” strillò Nobusada. “Eri mio rivale e adesso non sei niente!
Tra due anni io ne compirò diciotto e allora regnerò da solo e tu...”
Indicò con un dito tremante il volto impassibile di Yoshi sotto gli occhi sbalorditi di tutto il seguito.
“Se non impari a obbedirmi io... Sarai esiliato nell'isola settentrionale per sempre. Andiamo a Kyòto e basta!” Girò su se stesso.
In gran fretta una guardia aprì la porta. Tutti si inchinarono mentre lo shògun usciva. La principessa imperiale lo seguì, poi uscì il seguito. Quando furono nuovamente soli Anjo si asciugò il sudore dal collo.
“E' lei... è lei la fonte di tutta questa agitazione e “vivacità” disse in tono acido.”
“Da quando è arrivata lei quello scemo è diventato ancora più scemo, e certo non perchè stia fornicando fino a spappolarsi il cervello.”
Yoshi nascose lo sbalordimento che gli procurava sentire Anjo fare una dichiarazione tanto pericolosa a voce alta.
“Una tazza di tè?” Anjo annuì cupamente, geloso ancora una volta dell'eleganza e della forza dell'altro.
Da un certo punto di vista invece non si può dire che Nobusada sia del tutto scemo, stava pensando.
Sono d'accordo con lui, per quanto ti riguarda. Prima verrai eliminato e tanto meglio sarà, tu e Sanjiro rappresentate soltanto guai.
Il Consiglio non potrebbe votare a favore d'una limitazione dei tuoi poteri di Guardiano o magari di un esilio?
Fai perdere la testa a quello sciocco ragazzo ogni volta che ti incontra, per non parlare dell'effetto che produci sulla principessa.
Se non fosse per te riuscirei a manovrate quella strega, sorellastra dell'imperatore o no.
E pensare che non soltanto ero favorevole al matrimonio, ma che ho addirittura appoggiato il tairò nelle sue manovre per conclude le nozze malgrado l'opposizione dell'imperatore.
Non abbiamo forse rifiutato la sua prima riluttante offerta, quella della figlia trentenne, poi l'offerta dell'ultimogenita di un anno costringendolo a darci la sorellastra?
Ovviamente lo stretto legame di Nobusada con la famiglia imperiale ci rafforza contro Sanjiro e i feudatari, contro Yoshi e quelli che lo volevano shògun.
Il legame diventerà ancora più forte quando lei avrà un figlio che, oltretutto, avrà anche l'effetto di ammorbidirla e scacciare un pò di veleno.
Anzi, una gravidanza dovrebbe già essere in corso. Il dottore del ragazzo dovrà aumentargli la dose di ginseng o propinargli qualche pillola speciale che migliori le sue prestazioni; è tremendo essere così deboli alla sua età.