Gai-Jin (125 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Ma...”

“Dite a Raiko che ha fatto bene a tenere in considerazione gli interessi dei suoi clienti, i vostri interessi i anche perchè siete un funzionario importante, insistete su questo punto, concedendovi il tempo di valutare la questione attentamente.

Ora anche voi concordate con lei che è meglio essere prudenti e che comprare il contratto “della donna” in questo momento non sarebbe una buona idea.

Usate quel termine e non nominate Fujiko, non dimenticate che dal loro punto di vista in questa fase state solo discutendo di una merce, non della persona che adorate.

Ringrazierete Raiko, le direte che grazie al suo aiuto avete avuto modo di riflettere e che ora ritenete che comprare un contratto sarebbe un errore.

D'ora in poi affitterete i servizi della “donna” solo di quando in quando, e se sarà occupata, shigata ga nai, non importa, la vita è breve, eccetera.” Tyrer, che aveva ascoltato con attenzione, riconobbe la forza di André, ma gemette al pensiero di non vedere Fujiko per una settimana, già immaginandola sotto il peso di tutti gli uomini di Yokohama.

“Sono... sono d'accordo con quello che dite, ma non sono sicuro di farcela, a recitare intendo.”

“Dovete recitare, e perchè no? Loro recitano tutto il tempo, sempre!

Non avete notato come scambiano le menzogne per verità e la verità per menzogne? Le donne non hanno alternativa, specialmente nel Mondo Fluttuante. E gli uomini? Peggio ancora. Ricordate la Bakufu, il Consiglio degli Anziani, che ve ne pare? E Nakama, che ve ne pare di Nakama? In questo gioco sono grandi maestri, ecco tutto.

Perché comportarsi da babbeo, perchè lasciare che Raiko vi umilii e vi spilli del denaro che non potete permettervi, che mai potrete permettervi di pagare, solo perchè volete mitigare il dolore del desiderio senza fine che Dio ha messo in noi?”

André rabbrividì. Conosceva troppo bene quella trappola, lui stesso vi era dentro fino al collo. Raiko lo aveva spinto molto al di là dei suoi limiti finanziari.

Non è vero, si disse poi, irritato. Va bene distorcere la verità e dire bugie agli altri, ma non lo fare con te stesso, o sarai perduto. In verità sono stato io a volermi spingere ben oltre le mie possibilità, e con gioia.

Diciassette giorni fa.

La prima volta che Raiko mi ha presentato alla ragazza...

Appena l'ho vista, con i suoi capelli corvini, la pelle di alabastro e quegli occhi seducenti, ho capito che avrei venduto l'anima a Raiko e sarei disceso agli inferi pur di possederla. Io, André Edouard Poncin, servitore della Francia, spia provetta, assassino, esperto di ogni viltà umana, io, il grande cinico, mi sono innamorato all'istante. Una follia! Eppure è andata così.

E non appena la ragazza ha lasciato la stanza, disarmato e senza parole, ho detto: “Raiko, ti prego, pagherò qualsiasi cifra chiederai”.

“Spiacente, Furansu-san, la faccenda costa molto più di quanto io non osi dire, sempre che lei accetti di stare con te, il che non è ancora accertato.”

“Pagherò qualsiasi cifra. Ti prego, chiedile se vuole accettare.”

“Lo farò. Torna domani, al crepuscolo.”

“No, per favore. Chiediglielo adesso. Mi fermo ad aspettare la risposta.” Dovette attendere quasi due ore, e in quel lasso di tempo si afflisse, pregò, sperò e si consumò sempre più.

Quando Raiko riapparve tesa in volto, si sentì morire, ma alle sue parole si riebbe subito. “La ragazza si chiama Hinodeh, che significa alba, ha ventun anni. Accetta, sì, ma pone altre condizioni oltre al denaro” annunciò Raiko solenne.

“Qualsiasi cosa lei voglia.”

“Ti conviene prima ascoltare.” La donna era cupa come lui non l'aveva mai vista prima. “Hinodeh dice che sarà la tua consorte, non la tua cortigiana, per un anno e un giorno. Se l'ultimo giorno deciderà di rimanere con te, ti donerà il suo inochi, il suo spirito, e starà con te un altro anno. Continuerete così anno dopo anno, finché lei non deciderà di lasciarti o tu non la licenzierai. Se lei volesse andarsene, devi giurare di lasciarla libera. “

“Accetto. A partire da quando?”

“Aspetta, Furansu-san, ci sono altre condizioni. Nella vostra casa non dovranno esserci specchi, né tu ne porterai. Quando si spoglierà, la stanza dovrà sempre essere buia, tranne una volta, la prima. La vedrai solo una volta, Furansu-san. Poi, non appena sul suo corpo dovesse apparire... un segno che la sfiguri, o quando lei ti chiederà di farlo, senza esitazione ti inchinerai, la benedirai, le sarai testimone, le porgerai la tazza avvelenata, o il pugnale, e l'assisterai finché sarà morta onorando il suo sacrificio.” Ad André turbinava la testa. “Morta?”

“Ha detto di preferire il pugnale, ma di non conoscere le preferenze di un gai-jin. “

“Dovrei... dovrei essere io a decidere se il segno la sfigura?” chiese lui non appena riuscì a far funzionare la mente.

Raiko alzò le spalle. “Tu o lei, non importa. Se deciderà in quel senso, dovrai onorare la tua promessa. Sarà scritta nel contratto. Accetti?

André esaminò la proposta, così spaventosa, e alla fine si rassegnò ad accettarne l'orrore.

“Dunque la sua malattia è ancora all'inizio, non ne porta i segni?”

Gli occhi di Raiko erano spietati e la sua voce molto gentile suonò terribilmente fatale nel profondo silenzio sceso nella grande stanza.

“Hinodeh non ha nessuna malattia, Furansu-san, nessuna. E' senza macchia.” Quella frase, “è senza macchia”, gli esplose nella mente e si sovrappose come un'eco al grido implacabile con cui rispondeva tra sé “ma tu, tu sei un Impuro!”

“Perché, perchè accetta? Perché... lei sa, conosce il mio male. Vero?” La cameriera che aspettava fuori, spaventata dalle grida, scostò lo shoji. Poi, dopo un gesto di Raiko, lo richiuse ubbidiente. Raiko sorseggiò delicatamente il suo sakè.

“Certo che lo sa, Furansu-san. Spiacente.”

André si asciugò la saliva dagli angoli della bocca.

“Allora perché... perchè accetta?” La risposta fu ancora una volta sconcertante. “Hinodeh non ha voluto dirmelo, molto spiacente. L'accordo tra noi prevede che io non insista per saperlo, e che anche tu dovrai astenerti dal farlo. Entrambi non dovremo insistere su questo argomento, sarà lei a fornirci una spiegazione, quando lo vorrà.” Raiko sospirò forte. “Spiacente, dovrai accettarlo come clausola del contratto. Non ci sono altre condizioni.”

“Accetto. Per favore, prepara subito il contratto...” Dopo un periodo che gli parve lunghissimo, in realtà solo pochi giorni, il contratto fu firmato e suggellato e André poté finalmente allontanarsi con Hinodeh, lui Impuro e lei Pura, in tutta la sua bellezza, e l'indomani avrebbero ancora...

André sobbalzò quando una mano gli toccò la spalla e scopri di essere nella grande sala del palazzo Struan.

Era Phillip. “André, vi sentite bene?”

“Cosa? Oh, sì...” balbettò lui. Aveva le palpitazioni ed era scosso da un violento tremore accompagnato da sudori freddi: non riusciva a non pensare a lei, “senza macchia” alla loro “prima volta”, all'orrore di quella situazione e all'indomani terribile che lo attendeva.

“Scusate, io... ho solo avuto un brutto presentimento.” Come se d'un tratto la stanza lo schiacciasse, semi il bisogno urgente di una boccata d'aria. Si alzò e si avviò incerto verso la porta mormorando: “Chiedete... a Henri di suonare, io... non mi sento... scusate, devo andare...”.

Tyrer, stupito, lo segui con gli occhi. Fu raggiunto da Babcott, che aveva abbandonato la roulette.

“Cosa gli succede? Poveretto, è come se avesse visto un fantasma.”

“Non lo so, George. Stava bene, poi all'improvviso si è messo a balbettare, è diventato bianco come un lenzuolo e ha cominciato a grondare sudore.”

“Parlavate di qualcosa che può averlo disturbato?”

“Non credo, mi stava dando consigli su come comportarmi con Fujiko e Raiko, niente che lo riguardasse personalmente.” Osservarono André uscire senza salutare nessuno.

Babcott si incupì. “Non è da lui, di solito è così disinvolto.” Poveretto, dev'essere la malattia, pensò. Buon Dio, come vorrei poterlo curare, come vorrei che esistesse una cura.

“Per restare in tema di disinvoltura” disse Tyrer, “non sapevo che foste un ballerino provetto.”

“Neppure io” rispose il dottore con una risata. “Probabilmente ero ispirato, del resto Angélique ispirerebbe chiunque. Di solito ballo come un rinoceronte.” La cercarono con lo sguardo. “Ha una vitalità straordinaria, quella ragazza, e un sorriso magnifico, contagioso.”

“Sì, Malcolm è molto fortunato.

Scusatemi, devo chiedere a Henri di sostituire André...” Babcott osservò Angélique. Curioso, pensò, che un medico possa visitare una paziente senza eccitarsi, neppure con una come lei.

Con lei non è successo, né qui né a Kanagawa; certo, non è mai stato necessario che si spogliasse, tranne per quelle mestruazioni troppo abbondanti, qualche settimana fa, e durante quella visita ha rifiutato il controllo più approfondito che sicuramente occorreva. Non l'avevo mai vista così pallida e smunta.

A pensarci bene, ha reagito in uno strano modo, non ha lasciato che mi avvicinassi al letto, e mi ha concesso di fermarmi solo qualche minuto, trattandomi come uno sconosciuto, mentre solo la sera prima, quando le avevo restituito il crocifisso, le avevo auscultato il cuore, tastato il petto, la schiena e lo stomaco e si era comportata normalmente.

Ricordo che il suo polso era piuttosto veloce, senza una ragione evidente. Strana reazione.

Mi è sfuggito qualcosa? si chiese osservandola al tavolo della roulette, piena di vita, che batteva le mani felice come una bambina perchè aveva vinto sul “rosso o nero”, con Zergeyev e gli altri che le insegnavano i segreti del gioco d'azzardo.

Strano che non porti quella croce, come fanno quasi tutti i cattolici, soprattutto considerando che era un regalo della sua adorata madre.

 

“Una festa magnifica, Malcolm” disse sir William soffocando uno sbadiglio. “E tempo che mi ritiri.”

“Non bevete un altro brandy?” Malcolm era seduto vicino al camino, in cui ora non rimanevano che pochi tizzoni e molta brace.

“No, grazie, ho già bevuto molto. Una magnifica signora, Malcolm, di ottima compagnia.”

“Sì” concordò lui orgoglioso, ammansito dal vino e dai brandy che avevano stroncato il dolore e calmato le angosciose preoccupazioni per il futuro. Certo, la medicina è più efficace, pensò. Non importa, è già un inizio.

“Bene, buonanotte.” Sir William si stiracchiò. “Oh, dimenticavo” disse con disinvoltura, “passatemi a trovare, domani, quando vi è più comodo.” Malcolm volse la testa di scatto, il pensiero della lettera di sua madre lo raggelò. “Alle undici?”

“Perfetto, quando volete, ma se doveste cambiare idea, anche più “No, alle undici. Di che si tratta, sir William?”

“Lo saprete domani, non c'è fretta.”

“Di che si tratta, sir William?” Malcolm osservò una nota di compassione negli occhi che lo scrutavano e il suo disagio aumentò. “Riguarda la lettera di mia madre, vero? Mi ha detto che vi avrebbe scritto con la posta di oggi.”

“Sì, ma non solo quella; sapevo che mi avrebbe scritto. La questione più importante è Norbert, ora che è tornato. Spero che abbiate entrambi abbandonato l'idea di quello stupido duello.”

“Certo.” Sir William borbottò qualcosa, poco convinto, ma lasciò cadere l'argomento.

Non poteva far altro che ammonire i due avversari e, se avessero insistito, ricorrere alla legge. “Siete avvisati entrambi.”

“Grazie. Poi?”

“Poi sono stato ufficialmente informato che il governo ha intenzione di bandire qualsiasi commercio di oppio da parte dei nostri connazionali, di vietarne il trasporto su tutte le navi britanniche e di distruggere le nostre piantagioni in Bengala sostituendo l'oppio con il tè. Poiché voi avete capeggiato la delegazione che chiedeva ragguagli sull'argomento, volevo premurarmi che foste il primo a saperlo.”

“Una decisione del genere affosserà il nostro commercio in Asia, soprattutto quello con la Cina, e sconvolgerà l'economia britannica.”

“A breve scadenza sicuramente causerà grandi problemi al tesoro, ma è l'unico provvedimento moralmente valido. Avrebbe dovuto essere preso anni fa.

Naturalmente sono consapevole dell'inscindibilità del triangolo argento oppio tè e del caos che la perdita di queste entrate creerà nelle nostre finanze.” Sir William si soffiò il naso, stanco di quel problema che affliggeva il suo ministero da anni. “Credo di essermi buscato un raffreddore. Vi suggerirei di convocare una riunione la settimana prossima per vedere come possiamo ridurre al minimo la confusione.”

“Lo farò.“

“Produrre il nostro tè è una buona idea, Malcolm” disse sir William.

“Un'ottima idea! Forse vi interesserà sapere che per le prime piantagioni pilota in Bengala furono utilizzati i semi rubati in Cina e piantati a Kew Gardens da sir William Longstaff, il governatore di Hong Kong ai tempi di vostro nonno, una volta tornato a Londra.”

“Sì, lo so, mi è persino capitato di assaggiare quel tè, è amaro, scuro, non possiede nessuna delle qualità del tè cinese, e neppure di quello giapponese” commentò Malcolm impaziente. Il tè poteva senz'altro aspettare fino all'indomani. “Poi?”

“In ultimo, la lettera di vostra madre” aggiunse sir William formale.

“Non fa parte della politica del governo di Sua Maestà, o dei suoi funzionari, interferire con la vita privata dei cittadini. Ma vostra madre evidenzia il fatto che voi siete minorenne e che lei è l'unico genitore rimastovi nonché vostro legittimo tutore. Sono obbligato a rifiutare la mia approvazione a un matrimonio celebrato senza il consenso del legittimo tutore, che in questo caso occorrerebbe a entrambe le parti. Mi dispiace, ma questa è la legge.”

“Le leggi sono fatte per essere trasgredite.”

“Solo alcune, Malcolm” disse sir William con cortesia. “Ascoltate, non so che problemi vi siano tra voi e vostra madre, né intendo saperlo.

Ha inviato alla mia attenzione un annuncio apparso sul “Times” che può essere interpretato in diversi modi, non tutti positivi. Quando tornerete a Hong Kong, sono sicuro che la riporterete dalla vostra parte, e comunque a maggio diventerete maggiorenne, non è poi così lontano.”

“Sbagliate, sir William” ribatté Malcolm, ricordando che anche Gordon Chen gli aveva dato quel consiglio. Ma nessuno dei due sa cos'è l'amore, pensò senza acredine, compiangendoli.

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