Gai-Jin (114 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“La loro flotta, se darò l'ordine, non supererà lo stretto di Shimonoseki.”

“In quel caso allungheranno il tragitto puntando sull'isola meridionale.”

“Che l'allunghino o l'accorcino, non importa. Se oseranno sbarcare a Osaka o nei dintorni, io, o noi, li distruggeremo.”

“La prima volta, sì, respingeremo i gai-jin, anche se a costo di gravi perdite. Però, due giorni fa ho ricevuto un rapporto riservato dal dipartimento della Bakufu locale incaricato di sorvegliare la Cina.” Estrasse il documento. “Ecco, leggilo tu stesso.”

“Cosa dice?” scattò Ogama.

“Dice che la flotta di Yokohama mandata a punire l'affondamento di una sola nave britannica, ha devastato venti leghe della costa cinese a nord di Shanghai, dando fuoco a tutti i villaggi e affondando tutte le navi che incontrava.” Ogama sputò.

“Pirati, covi di pirati.”

Conosceva bene la zona. Era una pratica storica, sebbene segreta, sia di Choshu che di Satsuma quella di fare incursioni sulla costa cinese per saccheggiare senza pietà la zona intorno a Shanghai e quella a sud di Hong Kong fino allo stretto di Taiwan.

I cinesi li chiamavano wako, pirati, e li odiavano a tal punto che per secoli gli imperatori della Cina avevano impedito a qualsiasi giapponese di sbarcare sulle loro coste, imponendo che il commercio tra le due nazioni avvenisse solo tramite mediatori non giapponesi.

“Pirati, canaglie, sì, ma non codardi. Recentemente l'esercito di questi gai-jin ha umiliato tutta la Cina per la seconda volta e ha bruciato la residenza estiva dell'imperatore e tutta Pechino. La loro flotta e il loro esercito dispongono di un potere straordinario.”

“Questo è il Giappone, non la Cina” tagliò corto Ogama che non era disposto a comunicare o divulgare i piani di difesa del feudo di Choshu.

Le mie coste, si disse, sono impervie e rocciose, difficili da invadere e molto ben difendibili, e quando tutte le postazioni militari e i rifugi per i miei soldati saranno pronti, diventeranno inespugnabili una volta per tutte. “E noi non siamo cinesi.”

“Credo che sia necessaria la pace fra tutti i daimyo per guadagnare tempo, manipolare i gai-jin, imparare i segreti dei loro cannoni e delle loro navi e capire come lo stupido popolo di un'isola più piccola della nostra terra sia riuscito a diventare la nazione più ricca e potente del mondo.”

“Bugie. Bugie inventate per spaventare i vigliacchi.”

Yoshi scosse il capo. “Non credo che siano bugie. Prima dobbiamo imparare, solo dopo riusciremo a sconfiggerli, adesso non siamo in grado di farlo.”

“Certo che lo siamo. Questa è la Terra degli Dei. A Choshu abbiamo una fabbrica di cannoni e presto ne avremo altre. Satsuma ha tre piccole navi a vapore, un cantiere, e presto ne avrà altre.” Fece, una smorfia.

“Possiamo distruggere Yokohama e la sua flotta, e prima che vengano gli altri ci saremo messi in condizione di affrontarli.” Yoshi, fiutando un'altra arma da usare, celò lo stupore per la veemenza e l'odio dell'avversario.

“Ne convengo. E' esattamente quello che volevo dire. Hai visto, Ogama-dono” proseguì fingendosi notevolmente sollevato, “la pensiamo allo stesso modo, anche se forse partiamo da punti di vista diversi. Li annienteremo, ma non subito. Dobbiamo scegliere bene il momento, acquisire le loro conoscenze e aspettare che loro stessi ci diano il modo di rendere inservibili i loro cannoni.”

La voce di Yoshi si fece autorevole. “Entro un anno tu e io possiamo prendere il controllo del Consiglio e della Bakufu.

Entro tre o quattro anni avremo comprato molti fucili, cannoni e navi.”

“Pagandoli come? I gai-jin sono avidi.”

“Con il carbone per le loro navi, per esempio, o con l'oro.” Yoshi espose il suo piano minerario.

“Interessante” commentò Ogama con le labbra contratte in uno strano sorriso. “A Choshu abbiamo il carbone, il ferro e alberi per costruire le navi.”

“E avete già una fabbrica di armi.” Ogama scoppiò in una bella risata e Yoshi gli fece eco, soddisfatto di aver aperto una breccia. “E' vero, e le mie batterie aumentano di mese in mese.” Ogama aggiustò la posizione del mantello per coprirsi dalla pioggia insistente e aggiunse: “Come aumenta la mia determinazione a sparare sulle navi nemiche quando voglio.

Questo è tutto, Yoshi-dono?”.

“Per il momento sì. Ma vorrei suggerirti ancora di allentare la tua presa sullo stretto, potrai sempre riprenderlo quando vorrai. Sì, per ora ho finito, ma poiché sei mio alleato riceverai ancora ogni sorta di informazione privilegiata.”

“Come alleato mi aspetto di ricevere informazioni privilegiate” disse Ogama, come parlando tra sé. Lanciò un'occhiata a Basuhiro e decise di desistere dal proposito di consultarlo. Yoshi ha ragione, pensò, i capi devono tenere certi segreti. “Abbiamo parlato abbastanza. Katsumata: ho chiesto qual è il prezzo per un attacco congiunto questa notte.”

“Cosa offrirebbe un alleato speciale?”

Ogama, che aveva previsto la domanda perchè, benché arrogante, non era uno stupido, si stiracchiò per alleviare la tensione del collo e delle spalle. Non mancherà il tempo per modificare l'offerta, pensò, anche se nessuno di noi due perderebbe mai la faccia contrattando come uno spregevole mercante di riso di Osaka.

“Puoi presidiare le Porte per un mese, solo venti uomini a ciascuna delle sei Porte, io insedierò duecento dei miei nelle vicinanze” Ogama sorrise, “ma non così vicini da infastidirti. Chiunque entri o esca dovrà ovviamente richiedere un permesso al tuo ufficiale delle Porte, che per accordarlo si sarà prima consultato...

con il mio ufficiale di collegamento.”

“Si deve consultare?”

“Sì, come si conviene tra alleati privilegiati, così si raggiunge facilmente il consenso.” Il sorriso bonario era scomparso dal suo volto.

“Se si presenteranno più di venti dei tuoi uomini, i miei riprenderanno il controllo e i nostri accordi verranno cancellati. Va bene?” Gli occhi di Yoshi avevano perso ogni espressione. Sapeva di non dover ricorrere alle minacce, perchè qualsiasi inganno da parte dell'uno o dell'altro avrebbe subito posto fine all'accordo.

“Preferirei che a ogni Porta fossero assegnati quaranta uomini. Quanto ai dettagli sui cambi di guardia, li definiremo in seguito senza alcuna difficoltà. Io presidierò le Porte fino a che lo shògun Nobusada e la principessa Yazu saranno in città.” A Ogama non era sfuggito il cambiamento nell'avversario.

“Sì, per quanto riguarda lo shògun Nobusada. Ma non per la principessa che... che magari deciderà di risiedervi per sempre. Quaranta uomini? Molto bene, quaranta uomini per ogni Porta. Naturalmente suo fratello, il Figlio del Cielo, non annullerà la richiesta che sia io a presidiare le Porte contro i nemici.”

“Il Figlio del Cielo è il Figlio del Cielo, ma dubito che vorrà annullare la richiesta finché le forze dello shògunato eserciteranno i loro diritti storici.” All'improvviso Ogama si espresse senza mezzi termini. “Tralasciamo le formalità e parliamo chiaramente. In cambio di Katsumata e tutto il resto ti concedo di salvare la faccia sulla questione delle Porte: le guardie d'onore saranno tue, potrai innalzare i tuoi stendardi e cose del genere, sì. Come vedi accetto molte delle tue condizioni, si, molte, ma non intendo recedere dalla mia opposizione ai “diritti storici” dello shògunato e della Bakufu...”

Si fermò, perchè quanto gli veniva offerto meritava una concessione, ”... allo shògunato e alla Bakufu così come sono oggi, Yoshi-dono. Per favore, perdona la mia franchezza, questa alleanza mi interessa, anche se non mi aspettavo che noi due potessimo mai trovarci d'accordo.” Yoshi annuì senza lasciar trasparire la sua soddisfazione.

“Sono contento che si sia d'accordo, e con altrettanta schiettezza ti dico che ci troveremo d'accordo anche su molti cambiamenti, grandi e piccoli. Per esempio” aggiunse in tono leggero, “se una richiesta del genere provenisse dall'imperatore sarebbe un falso.” Ogama sorrise con sincerità, convinto di aver ottenuto un compromesso perfetto. “Bene. Ora occupiamoci di Katsumata.”

L'attacco al nascondiglio degli shishi cominciò alcune ore prima dell'alba, cogliendo tutti di sorpresa. Katsumata, tutti i capi minori e altri shishi, compresa Sumomo, si trovavano all'interno.

Le due sentinelle ebbero la prima avvisaglia del pericolo quando una delle casupole in fondo al vicolo fradicio di pioggia andò in fiamme. Gli inquilini e i vicini, uomini e donne, in realtà membri della Bakufu travestiti, si riversarono subito nel vicolo gridando e fingendosi in preda al panico per distrarre l'attenzione dall'arrivo furtivo degli attaccanti.

Quando le sentinelle accorsero per indagare furono trafitte e uccise da frecce scoccate nel buio. Prima di morire uno di loro lanciò un grido d'allarme.

Il reparto principale sbucò dal buio e circondò la zona. Per volere di Ogama, era formato soprattutto da suoi uomini. Yoshi lo aveva assecondato, mandando quaranta combattenti scelti al comando di Akeda.

In breve tempo le torce degli uomini del gruppo d'assalto illuminarono la casupola degli shishi su entrambi i lati e gli arcieri bersagliarono l'interno con una scarica di frecce attraverso ogni fessura. Poi, inaspettatamente, i quattro tiratori di Yoshi si misero in posizione, due sul fronte e due sul retro, e spararono una serie di colpi di fucile contro le pareti di carta.

Scese un silenzio sbigottito. I samurai, gli shishi e gli abitanti delle baracche rimasero senza fiato, perchè non avevano mai sentito prima il rumore ripetuto di armi da fuoco. Poi qualcuno spezzò il silenzio. Tranne gli uomini del plotone d'assalto, tutti corsero a cercare riparo e dall'interno della casupola si levarono le grida dei feriti. L'incendio si estese rapidamente alle baracche vicine, molte famiglie rimasero intrappolate dalle fiamme e la zona in fondo al vicolo si trasformò in un inferno.

Incurante delle fiamme che minacciavano gli abitanti, il capitano al comando della spedizione, trascurando il suggerimento di Yoshi di dare fuoco a tutte le baracche per consentire ai suoi di sparare sugli shishi quando si fossero dati alla fuga, ordinò di sferrare il primo attacco. La feroce sortita degli shishi dalla porta d'ingresso e dalle finestre laterali travolse quattro uomini di Ogama.

Gli shishi respinsero anche la seconda incursione scatenando un violento corpo a corpo sia nel vicolo di fronte sia in quello posteriore. Ostacolati dalla ristrettezza del luogo, dal fango e dalla semioscurità, gli uomini si muovevano a casaccio.

Due shishi ruppero il cordone ma furono sopraffatti subito dopo. Un'altra raffica di fucilate contro il tugurio indusse altri shishi a tentare una fuga disperata, ma vennero fermati dai due cordoni schierati all'esterno. Il fumo degli incendi cominciava a ostacolare sia gli attaccanti sia gli shishi, che tentavano di difendersi.

Akeda diede l'ordine, i suoi uomini corsero verso il tugurio e lanciarono delle torce accese all'interno dal tetto e dagli shoji, arretrando rapidamente per lasciare libero il campo ai loro compagni con i fucili.

Contro gli shishi che fuggivano dalle pareti in fiamme per raggiungere la mischia urlante si scatenò una tempesta di spari. La notte umida era già satura del fetore di fumo, sangue, fuoco, di carne bruciata e morte. La pioggia scendeva meno fitta.

Ben protetti dalle guardie del corpo, Ogama e Yoshi osservavano la scena da una postazione di comando, lontana dall'incendio e dalla lotta.

Indossavano entrambi spade e armatura e Yoshi aveva anche un fucile a tracolla. Accanto a loro vi erano alcuni ufficiali della Bakufu. Nella confusione generale, videro con stupore uno shishi sfondare il cordone e inabissarsi di corsa in un vicolo laterale, sfuggendo alla vista dei samurai choshu.

“E' Katsumata?” Le parole di Ogama non ottennero risposta, perchè Yoshi, senza esitazione, puntò il fucile, sparò, lo ricaricò e sparò ancora.

L'uomo crollò a terra gridando. Ogama e tutti i presenti, colti di sorpresa perchè non si aspettavano che Yoshi partecipasse direttamente all'azione, indietreggiarono.

Con calma, Yoshi puntò di nuovo il fucile contro l'uomo che si contorceva inerme sul terreno. Il proiettile fece sobbalzare il corpo. Lo shishi lanciò un urlo disperato e si immobilizzò.

“Non è Katsumata” constatò Yoshi deluso.

Ogama imprecò perchè di notte non aveva una buona vista. Sollevò gli occhi dal corpo disteso e guardò il fucile abbassato di Yoshi reprimendo un fremito. “Lo usi bene.”

“E' facile imparare, Ogama-dono, troppo facile.” Con studiata disinvoltura, Yoshi, quasi certo che quello era il primo fucile che l'altro vedeva, inserì un altro proiettile nella retrocarica. Aveva deciso di portare il fucile e i tiratori con il preciso intento di impressionare Ogama, disorientarlo e dissuaderlo da qualsiasi tentativo di attentare alla sua vita.

“Uccidere in questo modo è disgustoso, codardo e disonorevole.”

“Sì, sì, è vero. Mi fai vedere il fucile, per favore?”

“Certo.” Yoshi inserì la sicura. “E americano, l'ultimissimo modello a retrocarica. Me ne arriveranno cinquemila, tra breve tempo” disse con un lieve sorriso, memore di essersi impadronito dell'ordine di Ogama.

“Il mio progenitore è stato saggio a mettere fuori legge le armi da fuoco.

Chiunque le può usare e uccidere, da vicino o da lontano, qualsiasi daimyo, mercante, ladro, ronin, contadino, donna e bambino. Il mio progenitore è stato molto saggio.

Peccato che noi non possiamo fare lo stesso, i gai-jin ce lo hanno precluso.” Il fucile, più pesante di una spada, viscido e letale, provocò a Ogama una strana sensazione che curiosamente accrebbe la sua eccitazione per l'assalto, i morti, le grida, la battaglia e soprattutto, adesso che le spie gli avevano detto che Katsumata si trovava sicuramente all'interno della baracca, per la certezza di veder presto cadere la testa del suo odiato nemico. Ogama fu assalito da una spiacevole, malsana, dolce nausea.

E un vantaggio poter uccidere così senza correre pericolo, si disse accarezzando la canna del fucile, ma ancora una volta Yoshi ha ragione.

Nelle mani sbagliate... e tranne le mie, tutte le mani sono sbagliate.

Cinquemila? Eeeh, Yoshi diventerà molto difficile da combattere. Io ne ho ordinati solo duecentocinquanta.

Dove ha trovato i mezzi, le sue terre sono indebitate quanto le mie... ah, sì, dimenticavo, li ha ottenuti in cambio delle concessioni minerarie. Furbo. Farò lo stesso. Qual è il suo piano segreto? Avrà anche lui un “Cielo vermiglio”? Se Yoshi avrà cinquemila fucili, io ne dovrò avere diecimila. Questa notte lui ha portato quaranta uomini. Perché quaranta? Per ricordarmi che gli ho concesso quaranta uomini per ogni Porta?

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