Gai-Jin (55 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Ma mai una volta era emersa la minima prova a sostegno di questa teoria.

Ah, ma ora, pensò osservando le fiamme, se il palazzo brucia Utani dev'essere morto e dispongo quantomeno di una prova: un'informazione mormorata all'orecchio di una cameriera ha dato il suo cattivo frutto.

Utani per loro è stato un bel colpo. Come lo sarei io, se non di più. Un brivido lo attraversò.

“Il fuoco mi fa paura” disse lei fraintendendo quel brivido e cercando di toglierlo dall'imbarazzo.

“Si, al diavolo, li lasceremo al loro karma.” Sottobraccio si allontanarono.

Yoshi trovava difficile nascondere la sua eccitazione. Mi chiedo quale sia il tuo karma, Koiko, si domandò. La cameriera ti ha riferito l'informazione e tu le hai detto di passarla a mama-san? Sei un anello della catena.

Forse sì e forse no. Non ho visto nessun cambiamento in te quando ho detto che si trattava del palazzo di Tajima anziché di quello di Watasa, eppure ti scrutavo con attenzione. Non ho le idee chiare.

Ovviamente ti sospetto, ti ho sempre sospettata, perchè avrei scelto te altrimenti, non è forse questo un pò di pepe aggiunto al mio letto? Lo è, e tu sei stata all'altezza della tua reputazione.

Poiché sono davvero più che soddisfatto aspetterò a condannarti. Tuttavia ora sarebbe facile farti cadere in trappola, spiacente, sarebbe persino più facile far confessare la verità alla tua cameriera, alla tua mama-san che dopotutto non è intelligente come crede di essere, nonché a te, piccolina. Troppo facile, spiacente, quando farò scattare la tua trappola.

Eeeh, sarà una decisione difficile da prendere perchè ora, grazie a Utani, ho una linea segreta e diretta con gli shishi che potrà usare per smascherarli, distruggerli o persino utilizzarli contro i miei nemici.

Perché no?

Che tentazione!

Nobusada? Nobusada e il sua principessa? Una grande tentazione!

Scoppiò a ridere.

“Sono così felice che voi siate felice stanotte, sire.”

La principessa Yazu era in lacrime. Per quasi due ore per eccitare il suo giovane marito aveva usato ogni tecnica di cui avesse letto o visto le immagini nei libri da camera da letto. Benché fosse riuscita a ottenere un'erezione, prima che potesse raggiungere il Tempo delle Nubi e della Pioggia lui era venuto meno al suo dovere di uomo. Poi come al solito aveva cominciato a piangere e in un parossismo di tosse nervosa a vaneggiare che la colpa era di Yazu.

Come al solito la tempesta si era placata in fretta, aveva chiesto perdono e si era rannicchiato accanto a lei per baciarle il seno addormentandosi mentre le succhiava un capezzolo.

“Non è giusto” gemette lei esausta e incapace di prendere sonno. Se non avrò un figlio al più presto Nobusada e io non conteremo niente e alla fine mi dovrò vergognare tanto da rasarmi il capo e diventare una monaca buddhista... oh ko, oh ko...

Nemmeno le sue donne erano state in grado di aiutarla. “Avete tutte esperienza, molte di voi sono sposate, deve esserci un modo per fare del mio signore un uomo” aveva gridato dopo settimane di tentativi inutili.

“Scovatelo, è vostro dovere scovarlo.”

Durante quei mesi la corte aveva consultato erboristi, agopuntori, medici e indovini ma senza successo.

Quella mattina aveva mandato a chiamare la sua matrona in capo. “Deve esserci un modo! Che cosa suggerisci?”

“Avete soltanto sedici anni, onorabile principessa” aveva risposto la matrona inginocchiandosi, “e il vostro sposo sedici, e...”

“Ma tutti concepiscono a questa età, se non prima, quasi tutti. Qual è il suo problema, o il mio?”

“Non c'è niente che non vada in voi, principessa, ve l'abbiamo ripetuto molte volte, i dottori ci assicurano che non c'è niente che non vada in...”

“E' il dottore gai-jin, il gigante di cui ho sentito parlare? Una delle mie cameriere mi ha raccontato che si dice che trovi cure miracolose per ogni malattia, forse può curare anche il mio sposo.”

“Oh, spiacente, altezza” aveva esclamato la donna sbalordita, “ma è impensabile che uno di voi due consulti un gai-jin! Vi prego di avere pazienza, ve ne prego. Cheng-sin, l'infallibile indovino, ci dice che la pazienza certamente avrà...”

“Potremmo farlo in segreto, sciocca! Aspettare! Sono mesi che aspetto!” aveva gridato. “Mesi di pazienza e il mio sposo non ha ancora nemmeno cominciato a produrre un erede!” Incapace di controllarsi aveva schiaffeggiato la donna.

“Dieci mesi di pazienza e cattivi consigli sono troppi, vattene, miserabile, VATTENE! VATTENE VIA PER SEMPRE!”

Si era preparata durante tutto il giorno per l'incontro di quella sera.

Aveva fatto cucinare piatti speciali che a Nobusada piacevano molto speziandoli con ginseng. Aveva fatto preparare un sakè speciale contenente ginseng e polvere di corno di rinoceronte. Speciali profumi molto afrodisiaci. Preghiere speciali a Budda. Speciali suppliche ad Ameratsu, la dea del sole, nonna del Dio Niniji disceso dal cielo a governare il Giappone, il bisnonno del primo imperatore mortale, Jinimu-Tennu, che venticinque secoli prima aveva fondato la dinastia imperiale, e quindi sei diretta antenata.

Ma ogni espediente aveva fallito lo scopo.

Adesso, nel cuore della notte Yazu piangeva in silenzio adagiata sui suoi futon, accanto a lei il marito, infelice nel sonno, che di tanto in tanto tossiva agitando le membra con piccoli spasmi, il suo volto addormentato gradevole. Povero sciocco ragazzo, pensò Yazu in travaglio, sarà il tuo karma morire senza eredi come molti della tua stirpe? Oh ko oh ko oh ko! Perché mi sono lasciata trascinare in questo disastro, perchè mi sono lasciata strappare dalle braccia del mio amato principe?

Quattro anni prima, all'età di dodici anni, con l'approvazione incondizionata della madre, ultima e favorita consorte del padre,, l'imperatore Ninko, morto lo stesso anno in cui lei era nata, e con altrettanta incondizionata nonché necessaria approvazione dell'imperatore Komei, il suo fratellastro molto più anziano asceso al trono, Yazu era stata felicemente fidanzata a un compagno d'infanzia, il principe Sugawara.

Ciò accadeva l'anno in cui la Bakufu firmava formalmente i trattati che, contro il parere espresso dall'imperatore Komei, dalla maggioranza dei membri della corte e dalla maggior parte dei daimyo, aprivano i porti di Yokohama e Nagasaki al traffico straniero. Lo stesso anno in cui sonno-joi divenne un grido di battaglia.

Lo stesso anno in cui l'allora tairò propose al principe Consigliere di far sposare la principessa Yazu allo shògun Nobusada.

“Spiacente” era stata la prima risposta del Consigliere. “E' impossibile.”

“E' molto possibile invece e altamente necessario legare lo shògunato alla dinastia imperiale al fine di portare pace e tranquillità al paese” aveva risposto Li. “Esistono molti precedenti storici di Toranaga che hanno sposato membri della famiglia imperiale.”

“Spiacente” aveva ripetuto il Consigliere, un uomo senza vigore con un abbigliamento e un'acconciatura elaborati e i denti anneriti. “Come ben sapete sua altezza imperiale è già fidanzata e si sposerà appena raggiunta la pubertà. E sapete altrettanto bene che lo shògun Nobusada è fidanzato con la figlia di un nobile di Kyòto.”

“Spiacente, ma i fidanzamenti di persone tanto illustri sono faccende che riguardano la politica dello stato e quindi sono competenza dello shògunato, come è sempre stato.” Li era un uomo piccolo, corpulento e inflessibile. “Il fidanzamento dello shògun Nobusada è già stato, beninteso dietro sua richiesta, annullato.”

“Ah, spiacente, molto triste. Avevo sentito dire che era una coppia ideale.”

“Lo shògun Nobusada e la principessa Yazu hanno la stessa età, vi prego di suggerire all'imperatore che il tairò desidera informarlo che lo shògun sarebbe onorato di accettarla come moglie. Possono sposarsi quando lei avrà raggiunto i quattordici o quindici anni.”

“Consulterò l'imperatore, tuttavia temo che la vostra richiesta non potrà essere accolta.”

“Spero che il Figlio del Cielo venga guidato dal cielo stesso in una decisione tanto importante. I gai-jin sono alle porte, lo shògunato e la dinastia devono essere rafforzati.”

“Spiacente, la dinastia imperiale non ha bisogno di essere rafforzata.

In quanto alla Bakufu l'obbedienza ai desideri dell'imperatore migliorerebbe sicuramente la pace.” Li aveva ribattuto aspramente: “I trattati dovevano essere firmati.

Le flotte e le armi barbare possono umiliarci, indipendentemente da quello che dichiariamo in pubblico!

Siamo senza difese! Siamo stati costretti a firmare!”.

“Spiacente, questo è un problema la cui responsabilità riguarda la Bakufu e lo shògunato; l'imperatore Komei non approvava i trattati e non desiderava che fossero firmati.”

“La politica estera e più in generale ogni fatto che riguardi la politica temporale come il matrimonio che tanto umilmente suggerisco è assoluta competenza dello shògunato. L'imperatore...” li scelse attentamente le parole ”... domina in tutte le altre sfere.” 'Altre sfere?' Fino a pochi secoli fa l'imperatore governava su tutto, come la nostra tradizione ha stabilito da millenni.

“Spiacente, ma non viviamo più due secoli fa.” Quando la proposta di Li, che tutti gli oppositori della Bakufu ritenevano un grave insulto alla dinastia, divenne di pubblico dominio vi fu una protesta generale. Nel giro di poche settimane gli shishi assassinarono il tairò per punirlo della sua arroganza e la questione venne accantonata.

Fino a due anni prima, quando la principessa, ebbe compiuto i quattordici anni.

Benché non fosse ancora una donna, la principessa imperiale Yazu era già una buona poetessa, sapeva leggere e scrivere il cinese classico, conosceva tutti i rituali di corte indispensabili al suo futuro ed era sempre innamorata del suo principe che la ricambiava di tutto cuore.

Mosso dalla necessità di accrescere il prestigio dello shògunato, sempre in pericolo, Anjo avvicinò il principe Consigliere che gli rispose come già aveva risposto a Li.

Anjo ripeté le argomentazioni di Li e con grande sbalordimento del suo interlocutore aggiunse: “Vi ringrazio per la vostra opinione ma, spiacente, il cancelliere imperiale Wakura non è d'accordo”.

Ufficiale di corte d'alto rango, Wakura, per quanto non di nobile origine, a quarant'anni aveva assunto fin dall'inizio il comando del movimento xenofobo cresciuto tra la media nobiltà contraria ai trattati. Nel suo ruolo di cancelliere era uno dei pochi ufficiali di corte che avesse accesso all'imperatore.

Pochi giorni dopo l'incontro tra Anjo e il Consigliere, Wakura chiese un incontro alla principessa.

“Sono lieto di annunciarvi che il Figlio del Cielo vi chiede di acconsentire ad annullare il vostro fidanzamento con il principe Sugawara per sposare lo shògun Nobusada.” La principessa Yazu faticò a non svenire. Nell'ambito della corte una richiesta imperiale equivaleva a un ordine. “Deve esserci un errore”.

Il Figlio del Cielo si oppose due anni fa a questo arrogante suggerimento per ragioni che sono ovvie. Voi siete contrario come tutti. Non posso credere che il Divino voglia chiedermi una cosa tanto orrenda.”

“Spiacente, ma non è orrenda ed è stata richiesta.”

“In questo caso mi rifiuto... mi rifiuto!”

“Non potete rifiutarvi, spiacente. Forse posso spiegarvi che...”

“No, non potete! Mi rifiuto, mi rifiuto, mi rifiuto!” L'indomani, quando le venne richiesto un altro colloquio, la principessa si finse malata e così fece nei giorni che seguirono.

“Spiacente, altezza” disse molto nervosa la sua matrona.

“Il cancelliere imperiale richiede ancora una volta un momento per spiegarvi perchè vi venga fatta questa richiesta.”

“Non lo voglio vedere. Ditegli che voglio vedere mio fratello!”

“Oh, spiacente, altezza” rispose la matrona atterrita. “Vi prego di scusarmi ma è mio dovere ricordarvi che il Figlio del Cielo una volta asceso al trono non ha più amici né parenti.”

“Io... certo, vi prego di scusarmi, lo so. Io sono... sono provata, vi prego di scusarmi.” All'interno della corte soltanto la moglie, le consorti, la madre, i figli, i fratelli e le sorelle e i due o tre consiglieri avevano l'autorizzazione di guardare il volto dell'imperatore senza chiederne prima il permesso.

Al di fuori di questi pochi intimi le sue sembianze erano proibite. L'imperatore era divino.

Come tutti gli imperatori che lo avevano preceduto, dal momento in cui aveva completato i rituali che univano in una comunione mistica il suo spirito a quello del padre appena scomparso, come il padre si era unito al nonno e questi con suo padre in una linea ininterrotta che risaliva fino a jimmu-Tennu, Komei aveva cessato d'essere mortale per diventare una divinità, il Guardiano dei Sacri Simboli, il globo, la spada e lo specchio, il Figlio del Cielo.

“Vi prego di scusarmi” ripeté umilmente Yazu, sgomenta d'aver compiuto un sacrilegio. “Mi dispiace, io... vi prego di chiedere al cancelliere di inoltrare domanda al Figlio del Cielo perchè mi conceda un minuto del suo tempo.” Ora, nella sua camera da letto, Yazu ricordò attraverso le lacrime come, molti giorni dopo quel discorso con la matrona, era stata autorizzata a inginocchiarsi di fronte all'imperatore e alla sua onnipresente folta schiera di cortigiani a capo china.

L'aveva riconosciuto a stento nelle sue formali vesti fruscianti, era la prima volta che lo vedeva dopo mesi.

Aveva implorato e pregato in una litania di gemiti usando l'indispensabile linguaggio di corte, incomprensibile a chi non vi era addentro, fino a essere esausta. “Altezza imperiale, non voglio lasciare la mia casa, non voglio andare in quel brutto posto che si chiama Edo, dall'altra parte del mondo, chiedo licenza di dire che abbiamo lo stesso sangue, non siamo signori della guerra venuti dal nulla...” e avrebbe voluto urlare: non discendiamo da contadini che non sanno parlare né vestire né mangiare o comportarsi, che non sanno né leggere né scrivere come si deve, e puzzano di daikon, ma non osò.

Si limitò a dire: “Ve ne prego, lasciatemi restare qui”.

“Primo; per favore vai e ascolta attentamente e con calma, come si conviene a una principessa imperiale, quanto il cancelliere Wakura deve dirti.”

“Obbedirò, altezza imperiale”.

“Secondo: non autorizzerò niente contro la tua volontà. Terzo: ritorna tra dieci giorni e ne riparleremo.

Adesso va', Yazu-chan.” Era la prima volta nella sua vita che il fratello la chiamava con il diminutivo.

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