L'affitto dell'abitazione per cinque anni, dopo lunga contrattazione, gli era costato dieci sovrane d'oro.
E altre dieci gli era costato il contratto con lei per lo stesso periodo, più gli extra per un nuovo kimono al mese, il parrucchiere, una cameriera personale e il vitto, sakè incluso.
“Ma mama-san, e se il fuoco dovesse distruggere la casa?” aveva chiesto lui, spaventato di aver accettato un prezzo così alto, nonostante i tassi di cambio straordinariamente vantaggiosi consentissero a quelli della compagnia un profitto del quattrocento per cento al mese, il che perciò significava che lui poteva mantenere uno o due cavalli, bere champagne a volontà, e cosa più importante, pagare tutte le spese correnti di Nemi poche sterline all'anno.
La mama-san si scandalizzò.
“Costruzione come nuova. Paghi metà prezzo, giusto.”
Nemi, presente alla trattativa finale, si mise a ridere. “In casa molto fuoco, Jami-san, molto jig jig, neh?” In cima alle scale, McFay l'abbracciò ancora senza una ragione precisa, forse solo perchè aveva dimostrato di valere ogni centesimo speso per lei, sempre offrendogli pace e piacere infiniti. Nemi si sfilò il mantello con il cappuccio e lo appoggiò insieme a quello di Shizuka sulla massiccia sedia dall'alto schienale, sul pianerottolo. Indossavano kimono graziosi e puliti e i loro capelli erano ben acconciati: le crisalidi si erano trasformate in farfalle. Soddisfatto di sé, McFay bussò alla porta.
“Avanti.” Malcolm Struan era seduto nella sua poltrona, con un mozzicone di sigaro tra le dita, elegante nella sua veste da camera ma in realtà piuttosto a disagio.
“Buonasera, Jamie.”
“Buonasera, tai-pan.”
Le due ragazze si inchinarono con deferenza.
McFay non si rendeva conto che ogni particolare su Malcolm Struan, ma lo stesso valeva per lui e quasi tutti i gai-jin, la sua enorme ricchezza, la sua recente investitura a tai-pan, le circostanze del suo ferimento e ora il suo imminente matrimonio fossero di dominio pubblico allo Yoshiwara e argomenti di pettegolezzi avidi e continui.
“Questa è Shizuka, si fermerà con voi. Il servo arriverà prima dell'alba e ogni cosa è come vi ho anticipato. Busserò alla porta. La ragazza sarà forse un pò timida all'inizio, ma insomma, non sarà un problema. Questa invece è la mia musume, Nemi. Ho... ho pensato che la sua presenza potesse essere d'aiuto nella presentazione.”
Le due ragazze si inchinarono ancora.
“Buonasera, tai-pan” disse tranquillamente Nemi, contenta di incontrarlo e fiduciosa nella scelta: “Shizuka mia sorella, buona musume, sì!”.
Annuì decisa e diede a Shizuka una piccola spinta. La ragazza si avvicinò esitante a Struan e dopo essersi inginocchiata si inchinò di nuovo.
“Io sarò nella mia stanza, se avrete bisogno di me.”
“Grazie, Jamie.” McFay chiuse silenziosamente la porta e si inoltrò nel corridoio. Il suo appartamento era lindo, virile e confortevole. Tre stanze, salotto, camera da letto e una seconda camera, ciascuna dotata di un camino, e un bagno. Sul buffet lo aspettava uno spuntino freddo, affettati, pane fresco, e la torta di mele appena sfornata che Nemi adorava, preparata con mele importate da Shanghai. Il sakè in un recipiente pieno di acqua calda e il whisky Loch Vey, che veniva dalle distillerie della Struan e che lei preferiva.
Non appena la porta fu chiusa Nemi si alzò in punta di piedi e lo baciò con trasporto. “Non visti sei giorni, prima letto poi bagno!” disse, invertendo l'ordine abituale. Lui non aveva fretta ma il suo cuore sobbalzò.
Lei lo prese per mano, lo condusse in camera e lo sospinse sul letto, si chinò per togliergli gli stivali e mentre lo spogliava, sempre parlottando nel suo quasi incomprensibile pidgin, gli disse che lo Yoshiwara ferveva di attività, il Mondo Fluttuante prosperava, di non preoccuparsi per Shizuka, perchè era cara, si, ma la migliore.
Gli chiese come mai si vociferasse di guerra, per favore, noi non vogliamo guerra, solo affari, gli raccontò del suo nuovo kimono tutto ricamato con carpe della fortuna, certo, un pò caro, “ma ichihan, Jami-san, ti piacerà molto. Letto!”
Obbediente, McFay si infilò nel letto a baldacchino.
La notte era perfetta, nè calda né fredda.
Lei si slegò l'obi, lasciò cadere il kimono, poi il sotto kimono e la biancheria.
Nuda, senza vergogna né imbarazzo per la propria nudità come tutte le musume, una delle tante caratteristiche che le distinguevano, qualità che McFay e tutti i gai-jin trovavano straordinaria e invidiabile si tolse le forcine dai capelli, scosse la testa lasciando cadere le chiome fino alla vita e camminò trionfante verso il bagno per il primo dei piaceri della notte.
Si sedette sul water, allungò la mano per afferrare la catenella e tirò.
L'acqua scrosciò nella tazza di porcellana e, come sempre, lei applaudi con gioia.
La prima volta che lo aveva visto non voleva crederci.
“Dove va l'acqua?” chiese sospettosa. Lui glielo spiegò aiutandosi anche con qualche disegno ma lei non gli credette fino a che non le ebbe mostrato i tubi e la botola della fossa settica in giardino, tutti i tubi, le cisterne, gli scaldabagni, le tre vasche da bagno, le tazze, le vaschette, i rubinetti e i lavandini erano importati dall'Inghilterra, da Hong Kong e Shanghai, dove già si producevano in quantità per gli importanti mercati dell'India e dell'Asia.
Lo pregò di poterli mostrare alle sue amiche, e lui acconsentì con orgoglio, perchè quello, con grande invidia di sir William e somma irritazione di Norbert Greyforth, era stato il primo impianto di tutto il Giappone, modello di una decina di copie più o meno funzionanti, sebbene non tutte dotate di acqua calda e fredda: solo i prodotti migliori e più moderni, rigorosamente inglesi, per gli Struan.
Così la visita guidata al bagno di Jami-san era divenuto uno dei percorsi favoriti nella Yokohama gai-jin delle musume più fortunate che tra molti inchini e cinguettando come stormi di uccelli esotici, si inchinavano, trattenevano il respiro e tiravano la catenella con esclamazioni di stupore e ammirazione.
Nemi si lavò le mani.
Poi, con un sospiro felice, si infilò sotto le lenzuola.
Phillip Tyrer era stremato e stava quasi dormendo.
Fujiko, non scomoda sotto il suo peso, dopo qualche minuto tuttavia cominciò a spostarsi.
“Iyé, matsu. No, non te ne andare... aspetta” mormorò lui.
“Voglio soltanto prendere un asciugamano, Taira-san. Asciugamano, capisci?”
“Ah, sì Capisco asciugamano. Stai qui, vado io...”
“Oh no, impossibile, mio dovere. Lasciami andare... non offenderti, non arrabbiarti.” Ridacchiò mentre lui cercava di trattenerla e si fermò, ma solo in attesa di poter espletare il suo compito. Ora la piccola stanza era silenziosa.
Fuori, la notte era calma.
Il vento faceva frusciare alberi e cespugli.
Brevi folate li raggiungevano attraverso le finestre scorrevoli, ma non erano ancora fredde né fastidiose. La lampada a olio tremolava.
In un attimo lei scivolò via senza disturbare il suo riposo e andò nel piccolo bagno dall'alta vasca di legno, piena di acqua calda, posata su una griglia di legno per consentire la fuoriuscita dell'acqua quando veniva tolto il tappo. Sapone profumato, vaso da notte e asciugamani puliti.
Si lavò e asciugò in fretta.
Tornò nella stanza portando con sé un asciugamano caldo, lo passò con cura sul corpo di lui e lo asciugò.
Tyrer teneva gli occhi ben chiusi e quasi gemeva dal piacere, intimamente imbarazzato per quelle attenzioni.
“Ah, Fujiko-chan, sei magnifica.”
“No, è un mio piacere” rispose lei che da tempo aveva superato l'imbarazzo per quelle strane abitudini dei forestieri: si facevano il bagno di rado, spesso si consumavano di colpa e vergogna per i piaceri del letto, erano sorprendentemente possessivi e di solito si infuriavano all'idea che frequentasse altri clienti, stupidi, loro chi erano se non clienti?, si voltavano, arrossendo, quando si spogliava per la loro gioia, si coprivano anche quando erano nudi solo a metà, preferendo fornicare al buio mentre gran parte del piacere consiste nel guardare, esaminare e osservare, e diventavano paonazzi quando tentava normali variazioni per evitare la noia e prolungare e aumentare gli Incontri con gli Dei, il tempo delle Nuvole e della Pioggia.
No, i gai-jin non sono come noi.
A loro piace soprattutto la Prima Posizione di Fretta, a volte anche Stuzzicare la Gallina o il Tempo dei Ciliegi in Fiore, non mi consentono mai di dimostrare la mia abilità, e quando, alla luce, vorrei dispormi a giocare con il Monaco Guercio i giochi che lo alzano, Vicino e Lontano, Sul Dorso del Drago, Semina di Primavera e Rubare il Miele, che anche il giovane più inesperto pretenderebbe e godrebbe, un gai-jin si sottrae, con gentile fermezza mi solleva per farmi sdraiare al suo fianco, mi bacia il collo, mi tiene stretta e borbotta frasi incomprensibili.
“Ora ti massaggio per farti addormentare.”
“Non capisco.”
“Massaggio, Taira-san. Così.”
“Ah, ora capisco. Massaggio, grazie.”
Le dita di lei erano delicate e meravigliose e si lasciò trasportare, quasi incredulo davanti a tanta fortuna, felice della propria prestazione e che lei avesse raggiunto l'estasi tre volte almeno mentre lui una volta soltanto, poco importava che l'indomani, come aveva detto Raiko, Fujiko si sarebbe recata nel suo villaggio, vicino a Edo, per visitare il nonno malato, ”... ma solo per pochi giorni, Taira-san.”
“Oh, mi dispiace molto, Raiko-san. Per favore, quanto via?”
“Per quanti giorni lei starà via. Solo tre.”
“Ah, grazie. Per quanti giorni lei starà via?”
Tyrer ripeté, aveva chiesto sia a lei che a Fujiko di correggerlo sempre quando sbagliava.
Tre giorni. Mi darà il tempo di riprendermi. Dio mio, questa è stata magnifica. Chissà cosa accadrà quando il Roju riceverà il nostro messaggio.
Sono certo di aver dato il suggerimento giusto e che Nakama stia raccontando la verità. Dio, gli devo tantissimo, sir William era proprio soddisfatto, quanto a Fujiko...
Cullata dal tocco delle sue mani, la mente di Tyrer cominciò a fantasticare su di lei, su Nakama, sulla sua permanenza in Giappone, dove tutto era così diverso, sullo studio del giapponese, con quelle parole lunghissime e le frasi scombinate che scivolavano via.
I futon erano duri e non era facile abituarcisi, ma ora vi giaceva con piacere, così prono, e godeva nel sentirla vicina a sé. Ma Dio, come sono stanco. Non posso tollerare l'idea di “altri clienti”.
Devo farla mia, solo mia. Domani chiederò ad André di aiutarmi.
Senza voltarsi spostò il braccio e le posò una mano sulla coscia. Che serica morbidezza.
Dov'ero? Ah, sì, il Roju. Daremo a quei bastardi quello che si meritano.
Quelle canaglie hanno anche bombardato il postale; dobbiamo neutralizzare Shimonoseki e se la fottuta Bakufu non lo farà, elimineremo noi stessi quei cannoni.
Devo stare attento a come ne parlo con Nakama, è pur sempre un choshu. E se me ne servissi come mediatore? Se il Roju non neutralizzerà quei dannati Sutsuma toccherà a noi annientarli.
Che fottuta faccia tosta, il daimyo sostiene di non sapere chi siano gli assassini di Canterbury, ma se sono usciti dai suoi ranghi, per Dio, li ho visti staccare il braccio a Canterbury e il sangue che schizzava...
Le dita di lei si fermarono. “Che ti succede, Taira-san?”
Per scacciare il ricordo della Tokaidò, l'abbracciò senza pensare a niente e quando il tremore fu placato si distese supino, la trascinò verso di sé e si avvinse al suo tiepido corpo sinuoso, amandola, grato di poter aspettare vicino a lei che il dolore tornasse sul fondo da cui era emerso.
Anche lei giaceva quieta, in attesa, ma pensava a lui solo per ripetersi una volta di più che i gai-jin erano strani, al di là di ogni comprensione.
Riposare accanto a lui era piacevole ed era contenta che la prima prestazione del suo cliente fosse andata bene e che lui sembrasse soddisfatto, perchè voleva dire che si era guadagnata anche il premio sul compenso.
Nel comunicarle l'appuntamento, quella mattina, mama-san Raiko le aveva annunciato un aumento della tariffa: “Solo con Taira, perchè dovrai lavorare di piti. Bada, Fujiko, se staremo attente e gli piacerai, per te potrebbe essere un pesce grosso, un cliente a lungo termine molto migliore di Kanterbury-san.
Furansusan mi ha detto che è un addetto importante, per cui cerca di accontentarlo.
Devi parlare solo giapponese, non pidgin, e fargli da maestra. Incoraggialo, ricorda che è grottesco per quanto è timido e non sa niente, e non menzionare mai Kanterbury.
Fingeremo che dovrai assentarti per qualche giorno ma non ti preoccupare, ho altri due clienti per domani, nel pomeriggio un gai-jin e alla sera una persona come si deve.
Con un protettore generoso per un paio d'anni, pensò lei, potrei pagare velocemente tutti i miei debiti e godere di una vita molto migliore, non sarei più costretta ad accettare il primo che capita. Poi, come sempre cercava di fare quando era con un cliente, abbandonò il presente per proiettarsi nel futuro, dove l'attendevano un ricco marito e quattro o cinque figli e una vita felice.
Vedeva la loro grande fattoria circondata da campi di riso verdeggianti di teneri germogli in inverno e di colture che promettevano un altro abbondante raccolto in primavera, una suocera gentile e contenta di lei, i buoi legati all'aratro, i fiori nel giardinetto e...
“Ah, Fujiko. Grazie, sei magnifica!”
Lei gli si accoccolò più vicino e si complimentò per quanto fosse forte e virile.
“Cosa?” chiese lui con aria assonnata, e quando la sua mano gli rispose con intimità, si divincolò. “No, Fujiko, per favore, prima dormire.
No... per favore dopo...”
“Ah, ma un uomo forte come te...” mormorò lei nascondendo la noia, e continuò coscienziosamente.
Ori sbadigliò e allontanò l'occhio dallo spioncino. “Ne ho visto abbastanza” bisbigliò. “Impressionante.”
“Sono d'accordo.” Anche Hiraga parlava a voce bassa. “Terribile.
La prestazione di Fujiko è stata la peggiore che io abbia mai visto.
Baka!”
“Se io fossi Taira chiederei i soldi indietro.”
“Sono d'accordo. Baka! Lei ci mette delle ore a eccitarlo e quanto a lui... solo la Prima Posizione, una sola volta e davvero di fretta! Dieci colpi e puf!