“E che cosa intendevo dire secondo te?” Lo sguardo di Koiko si accese.
“Prima ditemi se intendete conservarla... se intendete conservarla apertamente, conservarla in segreto o distruggerla.”
“Qual è la mia intenzione?” domandò divertito.
“Se la conservate apertamente, o se fingete soltanto di nasconderla, volete che la leggano altri i quali, in un modo o nell'altro, informeranno i vostri nemici, come desiderate.”
“E che cosa penseranno?”
“I meno intelligenti riterranno che la vostra determinazione si stia indebolendo e che il timore cominci ad avere il sopravvento.”
“E gli altri?” Lo sguardo di Koiko non perse la luce del divertimento ma Yoshi vide aggiungervisi un'ulteriore scintilla. “Tra i vostri principali avversari” rispose con delicatezza, “lo shògun Nobusada la interpreterebbe così: segretamente concordate con lui sul fatto di non essere abbastanza forte per rappresentare una vera minaccia e ne dedurrebbe che gli basterà attendere per potervi eliminare.
Anjo sarebbe travolto dall'invidia davanti alla vostra abilità di poeta e calligrafo e storcerebbe il naso davanti alla parola “disagio” giudicandola infelice e inadatta, tuttavia la poesia otterrebbe l'effetto di ossessionarlo e preoccuparlo, soprattutto se gli venisse presentata come un documento segreto, e finirebbe per trovarvi ottantotto significati nascosti che avrebbero soltanto l'effetto di accrescere la sua implacabile ostilità nei vostri confronti.”
La franchezza di lei lo sbalordiva.
“E se la conservassi in segreto?” Koiko rise. “Se questa fosse stata la vostra intenzione avreste dovuto bruciarla subito senza mostrarmela. E' triste distruggere una cosa tanto bella, molto triste, Yoshi-chan, ma tuttavia è necessario per un uomo nella vostra posizione.”
“Perché? E soltanto una poesia.”
“Credo che sia una poesia speciale. E' così bella.
Un'opera d'arte come questa nasce dal profondo. Porta con sé una rivelazione. E la rivelazione è lo scopo della poesia.”
“Continua.” Gli occhi di Koiko sembrarono cambiar colore mentre si chiedeva fino a che punto potesse osare, fin dove dovesse spingersi per verificare i propri limiti intellettuali e intrattenere ed eccitare il suo padrone, se era questo ciò che lo divertiva. Yoshi notò il cambiamento ma non ne comprese la ragione.
“Per esempio” riprese con naturalezza, “agli occhi sbagliati sembrerebbe che i vostri pensieri più segreti siano: Il potere del mio antenato lo shògun Toranaga Yoshi è a portata di mano e implora di essere usato”.
Yoshi la guardò e Koiko non riuscì a indovinarne i pensieri. Molto bene, stava pensando lui con i sensi tesi a percepire il pericolo, sono così leggibile? Forse questa donna è troppo intuitiva per essere lasciata in vita.
“E la principessa Yazu? Che cosa penserebbe la principessa?”
“Lei è più intelligente, Yoshi-chan, ma questo lo sapete. Comprenderebbe subito il significato... se un significato speciale esiste.” Il suo sguardo si rese impenetrabile.
“E se questa poesia fosse un dono per te?”
“Allora quest'umile persona sarebbe colma di gioia davanti a un simile tesoro ma al tempo stesso si troverebbe in imbarazzo, Yoshi-chan.”
“In imbarazzo?”
“E' troppo speciale per essere donata e accettata.” Yoshi tornò a guardare la poesia con attenzione. Rappresentava il meglio cui potesse ambire, non avrebbe mai potuto scriverne un'altra uguale. Poi guardò Koiko con altrettanta determinazione. Prese il foglio e lo tese alla donna, chiudendo la trappola.
Con reverenza lei la ricevette tra le due mani e si inchinò. La studiò con attenzione affinché quei caratteri si imprimessero nella sua memoria come l'inchiostro sulla carta.
Un profondo sospiro, poi con attenzione avvicinò un angolo del foglio alla fiamma della lampada a olio. “Con il vostro permesso, Yoshi-sama, prego?“ chiese formalmente guardandolo con occhi fermi, la mano immobile.
“Perché?” chiese lui sbalordito.
“E troppo pericoloso per voi lasciare in circolazione simili pensieri.”
“E se rifiutassi?”
“Allora vi prego di scusarmi ma dovrò decidere per voi.”
“Decidi, dunque.” Senza esitare Koiko appoggiò il foglio sulla fiamma che lo incendiò.
Abilmente lo piegò affinché bruciasse lasciando un velo di cenere intero che ripose su di un foglio. Le sue dita erano lunghe e delicate, le unghie perfette. In silenzio ripiegò il foglio che conteneva la cenere in un origami e lo appoggiò sul tavolo. Aveva assunto la forma di una carpa. Quando Koiko rialzò gli occhi pieni di lacrime, Yoshi si sentì mosso da affetto per lei. “Mi dispiace, vi prego di scusarmi” disse con voce rotta. “Ma era troppo pericoloso per voi... così triste dover distruggere tanta bellezza, avrei voluto conservarla.
Tanto triste ma troppo pericoloso...” Teneramente lui la prese tra le braccia sapendo che Koiko aveva fatto l'unica cosa possibile per lui e per se stessa ma tuttavia era sbalordito da quella capacità di discernere le sue intenzioni originali. Aveva in effetti pensato di nasconderlo in modo che venisse trovato e mostrato a tutti quelli che aveva nominato, soprattutto alla principessa Yazu.
Koiko ha ragione, ora me ne rendo conto. Yazu avrebbe indovinato il mio piano e carpito i miei pensieri segreti: che la sua influenza su Nobusada deve finire altrimenti io sono un uomo morto. Non è che un altro modo di dire: “Potenza dei miei antenati...” ma per lei avrei messo in pericolo la mia testa!
“Non piangere, piccolina” mormorò ormai certo di potersi fidare.
E mentre si lasciava consolare e riscaldare, nel suo terzo cuore, il suo cuore più segreto, il primo era per il mondo, il secondo si apriva soltanto ai familiari più stretti ma il terzo non veniva mai rivelato a nessuno Koiko sospirò di sollievo per essere riuscita a superare un'altra prova, perchè di una prova sicuramente si era trattato.
Troppo pericoloso per lui conservarla, ma ancora più pericoloso per me possederla. Oh si, mio magnifico padrone, è facile adorarti, facile ridere e giocare con te, simulare l'estasi quando mi prendi, ed è divino ricordare che alla fine d'ogni giorno, d'ogni singolo giorno, ho guadagnato un altro koku. Pensa a questo, Koiko-chan! Un koku al giorno tutti i giorni per prender parte al gioco più eccitante, con uno degli uomini di cui il mondo intero magnifica il nome, un uomo giovane e straordinario, di grande cultura, il cui membro è il più vigoroso che abbia mai conosciuto... e al tempo stesso diventare ogni giorno più ricca di chiunque altro, ricchissima.
Le sue mani, le labbra, il corpo rispondevano con destrezza schiudendosi, aprendosi, aprendosi ancora per riceverlo guidandolo, aiutandolo, come uno strumento perfettamente accordato da cui lui poteva trarre le note più melodiose; e lei si consentiva di provare piacere fingendo perfettamente l'estasi, fingendo di concedersi tutta senza mai concedersi, era importante conservare le energie e la ragione, perchè lui era un uomo dai molti appetiti, apprezzando la sfida, senza fretta, spingendolo in avanti, facendolo vacillare sul precipizio, lasciandolo andare e trattenendolo all'ultimo istante, lasciandolo andare e trattenendolo, lasciandolo infine andare con sollievo.
Adesso era la calma.
Il peso di lui addormentato non era spiacevole, e sopportato con pazienza. Attenta a non muovere un muscolo per non disturbare la sua quiete. Perfettamente soddisfatta della sua arte così come, lo sapeva, lui era soddisfatto della propria. Il suo ultimo e più esilarante pensiero prima di scivolare nel sonno fu: mi chiedo come interpreteranno “spada dei miei padri” Katsumata, Hiraga e i loro amici shishi.
Capitolo 14
†
Kyòto, Lunedì, 29 settembre
A poche miglia a sud di Kyòto la luce del tramonto illuminava il campo di battaglia che vedeva schierati gli uomini di Satsuma in fuga contro i choshu del principe Ogama che avevano preso il controllo delle Porte del palazzo.
Katsumata, il maestro d'armi satsuma, guidava la retroguardia insieme a un centinaio di samurai a cavallo proteggendo la fuga del principe Sanjiro e del grosso delle forze satsuma che si trovavano qualche miglio più avanti, verso meridione.
I nemici erano assai più numerosi e il vento soffiava con intensità nella campagna aperta portando con sé l'afrore del concime umano dei campi. Nel cielo si addensavano nubi minacciose.
Katsumata incitò i suoi a un altro furioso attacco che aprì una breccia tra le prime file dell'avanguardia riunita sotto il vessillo dei daimyo di Choshu, Ogama.
Benché anche i choshu fossero a cavallo vennero respinti e subirono gravi perdite mentre numerosi rinforzi accorrevano a proteggere il loro signore.
“Tutte le truppe avanti!” gridò Ogama.
Il principe Ogama era un uomo di ventotto anni alto e muscoloso.
Indossava un'armatura leggera di bambù e metallo e un elmetto da guerra e brandiva una spada coperta di sangue.
“Accerchiate quei cani! Circondateli! Voglio la testa di Sanjiro!”
Gli aiutanti di campo si precipitarono a trasmettere gli ordini.
A tre o quattro miglia di distanza il principe Sanjiro insieme a ciò che restava delle sue forze si stava affrettando verso la costa e Osaka, ad altre venti miglia di distanza, dove avrebbe cercato di procurarsi le imbarcazioni per farsi trasportare all'isola di Kyushu, in salvo verso la capitale, Kagoshima, a quattrocento miglia marine a sud.
I due schieramenti contavano in tutto circa ottocento samurai fanatici e ben equipaggiati che avrebbero desiderato tornare a combattere sopra ogni cosa perchè la sconfitta e l'abbandono di Kyòto, una settimana prima, ancora bruciavano.
Ogama aveva scagliato un improvviso attacco notturno circondando le caserme degli uomini satsuma e incendiandone tutti gli edifici, abrogando con un solo gesto gli accordi solenni che intercorrevano tra le due fazioni.
I satsuma erano riusciti ad aprirsi un varco fuori della città a prezzo di dure perdite e a raggiungere il villaggio di Fushimi dove Sanjiro, fuori di sé, li aveva riuniti mentre i choshu incalzavano. “Siamo in trappola.” Uno dei suoi capitani disse: “Principe, propongo un contrattacco immediato su Kyòto”.
“Troppo pericoloso” ribatté Katsumata concitato. “Sono troppi, verremo sopraffatti. Sire, vi alienerete tutti i daimyo e spaventerete ulteriormente la corte. Vi suggerisco di offrire a Ogama una tregua se acconsente a ritirarsi in buon ordine.”
“Una tregua su quali basi?”
“Accetterete come condizione della tregua che le sue forze custodiscano le Porte, le sue forze soltanto, non quelle tosa, e ciò otterrà l'effetto di creare un ulteriore motivo di attrito tra i due.”
“Non posso accettarlo” rispose Sanjiro, ancora tremante di rabbia davanti all'imbroglio di Ogama.
“E anche se io lo accettassi lui non lo farebbe mai, perchè dovrebbe? Siamo in suo potere. Può fregarsene delle nostre offerte. Se io fossi in lui annienterei il villaggio entro mezzogiorno.”
“Si, principe, così infatti farà se non riusciamo a prevenirlo. E potremmo riuscirci con lo stratagemma che vi ho proposto perchè Ogama non è un vero combattente come voi, le sue truppe non sono composte di uomini arditi quanto i vostri né altrettanto bene addestrati.
Ha avuto la meglio su di noi soltanto perchè ci ha colto di sorpresa nottetempo con un lurido tranello. Non dimentichiamo che la sua alleanza con i tosa è precaria.
Deve consolidare il dominio sulle Porte e non dispone di truppe sufficienti per affrontare tutti i problemi che gli si presenteranno durante le prossime settimane. Deve organizzarsi e trovare rinforzi senza suscitare forti opposizioni.
E presto la Bakufu arriverà in massa per riprendersi le Porte, com'è nel suo diritto.
In base all'editto di Toranaga, i daimyo in visita a Kyòto non potevano portare in città più di cinquecento uomini e tutte le guardie dove vario vivere con severe restrizioni nelle loro caserme prive, per legge, di sistema difensivo.
Lo stesso editto prevedeva che le forze dello shògunato fossero più numerose di tutte le forze dei daimyo assommate. Ma nel corso dei secoli di pace la Bakufu aveva allentato il controllo su tali leggi e recentemente i daimyo di Tosa, Choshu e Satsuma, grazie al potere acquisito, erano riusciti ad accrescere il numero delle loro schiere, almeno fino a quando la Bakufu non li aveva costretti a rimandare a casa i guerrieri in sovrappiù.
“Ogama non è uno sciocco, non mi lascerà mai una via di scampo. Se fosse lui a cadere nella mia trappola lo annienterei”.
“Non è uno sciocco ma può sempre essere manipolato.”
Poi Katsumata abbassò la voce.
“Oltre alla concessione delle Porte potreste dichiarare che se o quando vi sarà un'assemblea di daimyo, voi sosterrete la sua candidatura a capo del Consiglio degli Anziani.”
“Mai!” urlò Sanjiro. “Sa che non acconsentirei mai a una cosa simile.
Perché dovrebbe credere a una simile sciocchezza?”
“Perché si chiama Ogama. Perché ha fortificato lo stretto di Shimonoseki con dozzine di cannoni venuti dalla sua tutt'altro che segreta fabbrica costruita dagli olandesi e perciò crede, a ragione, di poter fermare le navi gai-jin e di essere al sicuro.
Pensa inoltre di essere il solo a poter realizzare il desiderio imperiale di scacciare i gai-jin dal paese, il solo in grado di restaurare la potenza imperiale, o una parvenza di essa.
Dunque perchè non dovrebbe aspirare al titolo di tairi, di dittatore?”
“Il paese sarà messo a ferro e fuoco prima che una cosa simile accada.”
“Per finire, ritengo che potrebbe accogliere una proposta di tregua, sire, perchè è la prima volta che detiene il controllo delle Porte e in fondo non è che un villano rifatto, un usurpatore, progenie di gente comune” disse Katsumata con un ghigno, “non di una stirpe antica e nobile come la vostra.
E c'è un altro motivo ancora: accetterà la tregua che voi offrite perchè l'offrirete in modo permanente.” Durante quel discorsetto Sanjiro aveva fissato sbalordito e furente il suo consigliere, annichilito per l'enorme quantità di concessioni che avrebbe voluto fargli fare. Non capiva dove volesse arrivare, tuttavia conoscendolo bene decise di congedare i presenti e restare a quattr'occhi con lui.
“Cosa si nasconde dietro quello che mi stai proponendo?” chiese con impazienza. “Ogama non può non sapere che a dispetto di qualsiasi promessa una tregua sarà valida soltanto fino a quando non sarò al sicuro dietro le mie montagne, dove mobiliterò fino all'ultimo satsuma per marciare su Kyòto a riprendere possesso di ciò che mi spetta di diritto, a vendicare l'insulto e a pretendere la sua testa. Perché fai discorsi così insensati?”