“Principe Yoshi, voi potete passare” sentenziò l'ufficiale con durezza.
“Ma i vostri uomini no, spiacente.” Nonostante l'evidente superiorità numerica degli avversari, Abeh e i suoi impugnarono le spade. “Fermi!” ordinò Yoshi senza scomporsi.
“Aspettate qui, Abeh.” Abeh era angosciato: Yoshi sembrava non curarsene ma nel castello giravano voci insistenti di un suo imminente arresto. “Perdonatemi sire, potrebbe essere una trappola.” L'ufficiale si irrigidì per quell'insulto.
“Se così fosse avete il mio permesso di uccidere tutti” replicò Yoshi ridendo. Nessuna risata gli fece eco.
Con un cenno invitò il dottore a procedere. Aveva già deciso di lottare fino alla morte se avessero tentato di disarmarlo.
Lo lasciarono passare indisturbato. Il dottore aprì la porta in fondo al corridoio e s'inchinò per farsi precedere dall'illustre compagno. Yoshi non impugnò l'elsa ma era pronto ad affrontare un assalto da dietro la porta. Non accadde. Nella grande stanza si vedevano soltanto quattro guardie intorno al giaciglio.
Sdraiato sui futon Anjo si contorceva dal dolore. “Bene, Guardiano dell'Erede” disse con voce flebile ma carica di veleno, “che informazioni mi porti?”
“Per quattro orecchie soltanto.”
“Dottore, uscite finché non vi chiamo.”
Il dottore si inchinò e uscì di buon grado. Quel paziente era impossibile e lo detestava: stava morendo lentamente, non gli rimanevano che poche settimane di vita, al massimo qualche mese, e secondo l'uso cinese, che vigeva anche in Giappone, un medico che non aveva trovato la cura non sarebbe stato pagato.
Le quattro guardie non si erano mosse né l'avrebbero fatto. Erano famosi combattenti, assolutamente fidati. Yoshi, che adesso si sentiva un pò meno sicuro di sé, si inginocchiò e si chinò educatamente. Quella mattina, dopo che Inejin si era congedato, aveva mandato ad Anjo un messaggio in cui gli chiedeva un incontro urgente per discutere di un'informazione della massima importanza.
“Allora, Yoshi-dono?”
“Ieri ho visitato una nave da guerra dei gai-jin e...”
“Lo so, credi che io sia tanto idiota da non sapere quello che fai?
Hai detto di avere un'informazione medica.”
“Il medico dei gai-jin di Kanagawa. Il furansu dice che conosce delle cure miracolose. Con il tuo permesso potrei farlo venire qui.”
“Non ho bisogno di te per questo.” Anjo si sollevò con fatica su un gomito. “Perché tanta premura se mi vuoi morto?!”
“Non ti voglio morto ma in buona salute, tairò-dono. E' importante che tu goda di buona salute” rispose Yoshi controllandosi.
Odiava quell'uomo e quella stanza che puzzava di morte e diarrea e vomito e allo stesso tempo temeva di aver sottovalutato le voci che giravano a palazzo: poteva essere quella la sua trappola mortale, bastava che l'ammalato desse l'ordine.
“Perché soffrire quando puoi essere curato? Ma volevo anche parlarti del piano di battaglia dei gai-jin. L'informazione mi è giunta questa mattina, non sulla nave.”
“Quale piano? Come ne sei venuto a conoscenza?”
“Non importa come, lo conosco e adesso lo conoscerai anche tu.” Gli raccontò la sostanza del piano, con precisione, omettendo però il particolare dei dieci giorni di grazia dopo l'ultimatum.
“Allora ce ne dobbiamo andare!” esclamò Anjo con voce stridula.
Un fremito di nervosismo percorse le guardie. “Il Roju deve partire subito in segreto, ci trasferiremo a... a Hodogaya. Quando saremo al sicuro nottetempo incendieremo l'Insediamento cogliendoli nel sonno. Cani!
Meritano di morire senza onore. Li staneremo con il fuoco, uccideremo i fuggiaschi e quando la loro flotta se ne sarà andata torneremo qui. In primavera saremo pronti. Daremo fuoco a Yokohama domani stesso.” Gli occhi di Anjo brillavano e un filo di saliva gli bagnava il mento. “A te l'onore di guidare l'assalto.
Organizza i tuoi uomini e sferra l'attacco domani o dopodomani.” Yoshi si affrettò a inchinarsi in segno di ringraziamento. “Accetto l'onore con gioia e preparerò l'attacco nei dettagli. Ma consentimi di essere preoccupato innanzitutto per la tua salute. I nostri medici sono degli inetti, fai venire qui il dottore gai-jin, il furansu giura che è un guaritore miracoloso. Se mi autorizzi domani lo vado a prendere in tutta segretezza.
Perché soffrire inutilmente? Il dottore gai-jin ti guarirà” disse in tono deciso.
“Qualche giorno di ritardo non comprometterà la tua saggia strategia d'attacco. Finché non starai bene e non sarai in grado di prendere il comando dobbiamo disorientare i gai-jin. Me ne posso occupare io mentre preparo l'attacco.”
“E come?”
“Cadendo nella loro trappola.”
“Cosa?” Il leggero movimento che Anjo azzardò per vedere meglio Yoshi lo costrinse a mordersi un labbro per non gridare dal dolore.
“Correrò il rischio di mettermi in loro potere presentandomi a un incontro con loro accompagnato soltanto da un paio di guardie. Sulla nave ho scoperto che stupidamente stanno per scagliarsi contro di noi.
Dobbiamo impedirlo a ogni costo, tairò. Sono pericolosi come squali affamati.” Parlò con tutta la sincerità di cui era capace ma in realtà era convinto del contrario, e cioè che i gai-jin fossero pronti a negoziare e ad accettare un compromesso e che non intendessero realmente entrare in guerra se non costretti... da un attacco sconsiderato.
“Sarò io a correre il rischio” proseguì agitando l'esca e fingendo di avere paura.
“Se mi prenderanno in ostaggio tutti i daimyo accorreranno in tuo aiuto. E se non dovessero accorrere non importa, ti dimenticherai di me e lì attaccherai... sempre che tu sia d'accordo, tairò.”
Scese un pesante silenzio.
Anjo fu colpito da una violenta fitta, poi annuì e agitò la mano in segno di congedo.
“Porta subito da me il dottore gai-jin e prepara l'attacco.”
Yoshi si inchinò umilmente trattenendo a stento un grido di trionfo.
Capitolo 52
†
Kanagawa, Venerdì, 2 gennaio
Quando Yoshi si presentò al cancello d'ingresso della Legazione di Kanagawa alla testa di una piccola scorta, Settry Pallidar, l'ufficiale dei dragoni che comandava la guardia d'onore, gridò:
“Presentaaat arm!” e alzò la spada in segno di saluto.
I soldati scelti, trenta guardie, trenta highlander in kilt più un drappello di dragoni a cavallo si tolsero i fucili dalle spalle e rimasero immobili.
Yoshi ricambiò il saluto sollevando il frustino nonostante l'ansia che sentiva nel trovarsi davanti tutti quei nemici armati di fucili ben lustri.
In vita sua non era mai stato tanto esposto: lo accompagnavano soltanto Abeh e due guardie a cavallo, seguiti a piedi da uno stalliere e da una dozzina di portatori nervosi e sudati, uniti a due a due da pali e che reggevano dei carichi pesanti.
Le altre guardie erano rimaste ad aspettare nei pressi della barricata.
Yoshi era vestito di nero da capo a piedi: l'armatura di bambù, l'elmetto leggero, la tunica dalle spalle imponenti e le due spade.
Le bardature e le redini del suo pony nero erano scarlatte e, risaltando, creavano un evidente e voluto contrasto.
Si voltò a guardare Pallidar sull'attenti davanti al cancello: i suoi occhi chiari come il ghiaccio gli sembrarono quelli di un pesce morto.
Sui gradini in fondo al cortile di terra battuta lo aspettava sir William, accompagnato da un lato da Seratard e André Poncin e dall'altro dall'ammiraglio, dal dottor Babcott e da Tyrer, proprio come Yoshi aveva chiesto.
Erano vestiti elegantemente, con il cilindro e caldi soprabiti di lana per proteggersi dall'umidità del mattino. Il cielo era coperto. Il suo sguardo si soffermò soprattutto su Babcott perchè era di un'altezza stupefacente, poi tirò le redini e sollevò il frustino.
Tranne l'ammiraglio, che accennò un saluto militare, gli altri risposero con un lieve inchino.
Sir William gli andò incontro con un sorriso, seguito a poca distanza da Tyrer. Entrambi nascosero la sorpresa per l'esiguità della scorta dell'ospite. Lo stalliere si precipitò a tener fermo il pony dal quale Yoshi, secondo l'usanza cinese e quindi anche giapponese, smontò da destra.
“Vi do il benvenuto a nome di Sua Maestà, principe Yoshi” disse sir William. Tyrer tradusse subito con la massima cura.
“Grazie. Spero di non avervi recato disturbo” rispose Yoshi proseguendo il rituale.
“No, sire, siamo onorati. Ricevervi è per noi un immenso e raro piacere.” Accortosi del notevole miglioramento della pronuncia e del vocabolario di Tyrer, Yoshi si ripromise con maggior determinazione di eliminare il traditore Hiraga che, come Inejin aveva scoperto, si nascondeva dietro lo pseudonimo di Nakama.
“Prego, principe Yoshi, accettate un tè?” I due uomini non prestavano attenzione a quelle frasi formali e si scrutavano a vicenda alla ricerca di qualche indizio utile.
“Ah, Seratadono” esclamò Yoshi con gentilezza nonostante restare in piedi davanti a loro, costretto a guardarli dal basso in alto, gli creasse un fastidioso senso di inferiorità, laddove con gli interlocutori giapponesi si trovava generalmente ad abbassare lo sguardo. “Sono contento di rivedervi così presto. Grazie.” Annuì ad André, il traduttore, poi a Seratard che si inchinò educatamente.
“Il mio padrone Seratar', sire, vi saluta a nome del suo amico l'imperatore dei furansu, Sua Altezza Reale Napoleone III. Onorato di servirvi.”
Subito dopo aver lasciato il tairò Anjo, Yoshi aveva inviato Misamoto da Seratard con una lettera in cui chiedeva un incontro urgente e ufficiale ma molto privato con Seratard, sir William, il capo della flotta, il medico di Kanagawa e gli interpreti André e Tyrer.
Nessun altro. Chiedeva anche che l'incontro si svolgesse senza particolari cerimonie e prometteva di presentarsi con una scorta minima.
“Come la interpretate, Henri?” aveva chiesto sir William a Seratard quando questi era corso a portargli la lettera appena tradotta da André.
“Non lo so. E' un uomo straordinario. E' stato nostro ospite su una nave per quattro ore e ho avuto modo di studiarlo attentamente. Vi interessa una copia del mio rapporto?”
“Grazie” rispose sir William sapendo che Seratard gli avrebbe inviato un documento censurato in tutte le parti più interessanti come del resto avrebbe fatto lui al suo posto. Soffriva di una leggera influenza e starnuti.
“Scusatemi.”
“Quest'uomo, che è il Guardiano dell'Erede, fa parte del Consiglio degli Anziani e appartiene a un'antica famiglia reale giapponese legata al Mikado, l'imperatore, la cui importanza, forse non lo sapete, è soprattutto religiosa; gode di grandi amicizie ed è una figura molto importante dello shògunato. Non credete sarebbe opportuno riceverlo?”
“Lo farò” disse seccamente sir William a cui la spiegazione di Seratard non giungeva nuova.
Aveva sottoposto Nakama a molte ore di interrogatorio per farsi spiegare chi e quali famiglie comandassero in Giappone, pertanto di Toranaga Yoshi sapeva già tutto.
“Faremo quello che ci chiede. E' strano che richieda la presenza di Ketterer, non trovate?
Ci dev'essere sotto qualcosa. Ci andremo via mare, accompagnati da una scorta di ottimi tiratori travestiti da guardia d'onore e con la Pearl che incrocia al largo. “
“Mon Dieu, sospettate una trappola?”
“Potrebbero aver deciso che per togliere di mezzo la nostra struttura di comando valga la pena di sacrificare un cavaliere. Pallidar dice che sono in agguato sulla Tokaidò fino a Hodogaya e oltre, non gli sarebbe difficile attaccarci. Non mi aspetto una trappola ma è meglio essere bene armati. No, vecchio mio, niente soldati francesi. Mi dispiace, no. No, Henri! Ma perchè vuole che sia presente anche Babcott?”
“A nome della Francia gli ho offerto di creare un ospedale, per cementare il nostro legame. Ha accolto la proposta con entusiasmo... abbiate pazienza, William, voi non potete pensare a tutto.
Abbiamo parlato di Babcott perchè gode di una certa reputazione. Forse Yoshi desidera consultarlo.” Seratard aveva preferito non divulgare le informazioni di André sulla cattiva salute del tairò.
Nella grande sala delle riunioni fu servito del tè giapponese. Si sedettero come imponeva il protocollo disponendosi ad affrontare il consueto scambio di cortesie che sarebbe durato almeno un'ora. Invece, con loro sorpresa, Yoshi dopo il primo sorso di tè esordi: “Con l'aiuto di Serata-dono e naturalmente a nome del tairò e del Consiglio degli Anziani... ho indetto questa riunione privata... perchè è tempo di migliorare le relazioni tra noi”. Si fermò e si rivolse seccamente a Tyrer: “Prego, traducete questa parte, poi continuerà”.
Tyrer ubbidì.
“Per prima cosa il Dottore-sama perchè il resto del nostro incontro non lo riguarda.”
Yoshi aveva aspettato di proposito tre giorni prima di incontrare il medico. Non c'è fretta, si era detto con cinismo: Anjo non voleva neppure che me ne occupassi, che muoia di dolore!
Gli si strinse lo stomaco al pensiero dei tanti inutili rischi corsi nel mettersi nelle mani di Anjo, che diventava pericoloso ogni giorno di più.
Sono stato uno stupido ad accettare di comandare l'attacco e di prepararne il piano; il progetto è pronto, una bazzecola, ma se oggi non riuscirò a costringere i barbari a fare ciò che voglio, lo dovrò anche eseguire.
“Chiedo al dottore di fare ritorno con me a Edo per esaminare un paziente importante di cui non posso fare il nome. Garantisco la sua incolumità.”
Sir William ribatté: “Una persona importante come il Dottoresama non può venire senza scorta”.
“Capisco, ma in questo caso, spiacente, non è possibile” rispose Yoshi che adesso, seduto con gli occhi alla stessa altezza di quelli degli interlocutori, tranne Babcott, si sentiva più a suo agio. “Gli garantirò un viaggio sicuro.” Sir William finse di irrigidirsi. “George, cosa ve ne pare?” Avevano già parlato di quella possibilità.
“Accetterei di andare solo, sir William” aveva detto il medico. “Un mio assistente mi ha riportato la voce di una malattia del tairò, potrebbe trattarsi di lui.”
“Mio Dio, non so cosa sia meglio, se guarire quella canaglia o avvelenarla.
Sto scherzando, naturalmente.”
“Io non corro alcun rischio. Sono utile solamente da vivo e come ostaggio non valgo niente. Guarire un pezzo grosso potrebbe essere molto importante per noi.”