Gai-Jin (178 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Il diario era aperto.

Vi erano tre lettere sigillate e pronte per il postale: una diretta alla zia con un assegno della Bank of England per il valore di cinquanta ghinee, la seconda a Colette con un ordine di pagamento di dieci ghinee, denaro che faceva parte del gruzzolo di Malcolm lasciatole in custodia da sir William.

Aveva anche preso in considerazione la possibilità di usare una delle note spese di Malcolm, retrodatarla e poi usare il sigillo contenuto nella cassaforte, ma l'aveva ritenuto poco saggio, almeno per a momento. Il denaro per la zia doveva servire alla sopravvivenza, e quello per Colette ad acquistare le migliori medicine per guarirla dalla malattia che la costringeva a letto.

Potrei anche non arrivare in tempo, pensò.

Speriamo bene.

L'ultima lettera doveva essere consegnata a mano.

Diceva:

 

“Mio caro ammiraglio Ketterer, so che è soltanto grazie alla vostra gentilezza che mio marito e io abbiamo potuto sposarci. Vi ringrazio dal profondo del mio cuore e giuro che userò in futuro tutti i poveri mezzi di cui dispone questa umile donna per metter fine, come mio marito aveva promesso di fare al commercio dell'oppio e alla vile vendita di armi agli indigeni.

Resto con tutta la mia più sincera stima, vostra Angélique Struan”.

 

Firmare Angélique Struan le piaceva molto. Nome e cognome andavano molto bene insieme. Inoltre era stato divertente esercitarsi nella firma; la curva della S sembrava aiutarla a pensare.

Il mio piano con Edward, da dove mai sono venute tutte quelle ottime idee?

Eccellente... se farà quello che gli ho chiesto. Se lo farà dovrebbe bastare a convincere Tess che non sono una nemica.

No, Malcolm era suo figlio e non mi perdonerà, forse nemmeno io riuscirei a perdonare, al suo posto.

Il futuro era costellato di possibili disastri, molte cose potevano andare per il verso sbagliato, André era sempre un cane pericoloso pronto a mordere o a ubbidire.

Al tempo stesso in verità c'erano molte possibilità che le cose andassero bene: l'altra bara era in viaggio, Malcolm era pronto per l'indomani, lei poteva ancora andare a Hong Kong con il postale, se l'avesse desiderato. Inoltre sono sicura che Edward vorrebbe sposarmi ed è certo un uomo che capisce che una moglie ricca è preferibile a una povera, ho nelle mie mani le note spese di Malcolm e il suo sigillo, della cui esistenza nessuno è al corrente, e ventotto giorni da aspettare, ma non come l'ultima volta, Madre benedetta, grazie a Dio misericordioso per un figlio suo.

Ah, Malcolm, Malcolm, come saremmo stati felici insieme tu e io, sarei diventata adulta senza tutto questo orrore, te lo assicuro.

Con uno sforzo si riscosse dalla malinconia e suonò il campanello sullo scrittoio. La porta si spalancò senza che nessuno bussasse prima. “Sì, signorina?”

“Tai-tai, Ah Soh!” ribatté pronta a uno scontro.

“Signorina tai-tai?”

“Mandami subito Chen, chop chop.”

“Mangiate qui o giù, signorina? Signorina taitai?” Angélique sospirò davanti agli stratagemmi che Ah Soh trovava per non chiamarla semplicemente taitai. “Stammi a sentire, pezzo d'asino” le disse con dolcezza, “io sono più forte di te e i conti adesso li pago io e ti farò sudare” e con soddisfazione vide i suoi occhi incupirsi sul volto piatto. Come le aveva spiegato Malcolm, parlare direttamente ad Ah Soh in buon inglese, che la cameriera non capiva, anziché in pidgin, le avrebbe fatto perdere la faccia. I cinesi hanno una logica così tortuosa, pensò Angélique.

“Voglio Chen, chop chop.” Ah Soh uscì imbronciata. Quando Chen arrivò Angélique gli disse che voleva far recapitare una lettera all'ambasciata britannica. L'uomo annuì senza fare commenti. “Chen, Ah Tok ammalata, heya?”

“Ah Tok ammalata. Ah Tok andare Hong Kong.” Chen fece un cenno verso il mare. “Andare insieme padrone.”

“Oh” Angélique provò un grande sollievo e si pentì di non averci pensato lei stessa. Parecchie volte aveva sorpreso la donna trascinarsi nell'ombra, gli occhi neri pieni d'odio, un filo di saliva all'angolo della bocca. Porse a Chen la lettera per Ketterer. “Vai alla Grande Casa, subito.”

Il cinese studiò il nome scritto sulla busta come se potesse leggere quella lingua barbara. “Mangiare qui, heya?”

“Tai-tai mangia qui. Tai-tai!” Gli occhi di Chen furono attraversati da un bagliore. Sorrise, ma solo con le labbra. “Tai-tai mangiare qui, heya? Tai-tai signorina?”

“Anche tu non sei che un pezzo d'asino. Forse ti licenzierò... no, sarebbe troppo gentile. Penserò a un'altra soluzione.” Sorrise. “Mangerò giù.

Che cosa c'è da mangiare?”

“Quello che volere, signorina, signorina tai-tai.” La risposta la fece ridere e si sentì subito meglio. “Signorina tai-tai, tai-tai signorina è la stessa cosa. Quale cibo? Il tuo cibo, cibo cinese” disse all'improvviso senza sapere perchè. “Quello che mangi tu, Chen.

Cibo della Cina, cibo del Numero Uno. Il migliore, heya!” Chen la guardò a bocca aperta. Era molto strano.

In passato lei sceglieva soltanto i piatti che piacevano al padrone, per compiacerlo, piatti europei, carni e patate e sformati e pane, che Chen come tutti i cinesi consideravano adatti soltanto agli animali. “Cibo del padrone, heya?” domandò, convinto di non aver capito bene.

“Cibo buono per padrona tai-tai!” e con un gesto imperioso imparato da Malcolm lo congedò dandogli le spalle.

Perplesso, Chen se ne andò borbottando: “Cibo cinese, il migliore sì, signorina tai-tai”.

Devo imparare a conoscere e apprezzare la cucina cinese, pensò lei elaborando una nuova idea, nel caso dovessi restare anche per parte dell'anno prossimo.

Jamie dice che la cucina cinese di tanto in tanto gli piace, Phillip ne va pazzo e Edward non mangia altro...

Ah, Edward dai mille volti e dalle mille risorse. Non sono sicura sul suo conto. Se...

Se avrà un figlio sarò molto felice di avere una parte di Malcolm per sempre. Tornerò a Parigi perchè sarò ricca, ricchissima. Tess Struan sarà ben lieta di vedermi partire e nostro figlio verrà cresciuto come un francese e come un inglese allo stesso tempo e sarà degno di suo padre.

Se avrò una figlia partirò ugualmente, con meno denaro ma sempre più che sufficiente. Fino a quando non incontrerò un titolo e un uomo adatti a me.

Se non avrò fortuna e non ci saranno figli, allora prenderò in considerazione Edward mentre tratterò con quella donna per l'obolo della vedova, sempre che Paradiso Skye si sbagli sulla capacità di quella donna di essere feroce e vendicativa.

Capitolo 49


 

Sabato, 13 dicembre

 

L'indomani cielo e mare erano ancora lividi ma la tempesta si era placata. Non pioveva più.

Angélique, Skye e Hoag aspettavano nella cabina della lancia tuttora ancorata al molo della Struan.

Erano già molto in ritardo rispetto alla partenza prevista per Kanagawa.

Dietro la baia nuvole bianche attraversavano il cielo.

La tristezza non trovava consolazione nel clima e il forte vento denso di umidità rendeva l'attesa ancora più penosa.

Inoltre Jamie e il reverendo Tweet avevano già mezz'ora di ritardo.

“Vorrei che si affrettassero” disse lei mentre il nervosismo si insinuava nella sua determinazione.

“Che cosa li trattiene?”

“Non dovremo allontanarci molto e quindi avremo ancora il tempo di fare tutto il necessario” rispose Skye con un leggero mal di mare causato dal movimento della lancia. Gli uomini indossavano cilindri, maglioni e cappotti pesanti, Angélique vestiva il suo abito verde da amazzone con gli stivali perchè era il capo del suo guardaroba più adatto a una spedizione in mare.

Sopra la cabina si trovava la piccola timoniera chiusa dal vetro. Il nostromo Tinker appoggiato al davanzale di un oblò aperto fumava la pipa, troppo saggio per fare domande, Jamie McFay si era limitato a dirgli: “Tenete la lancia pronta con un carico di carbone, solo voi e un macchinista fidato”. Quella spiegazione gli era bastata. Il resto l'avrebbe saputo anche troppo presto, ad esempio perchè delle persone ragionevoli volevano andar per mare in una giornata in cui anche i marinai preferivano stare a terra.

“Guardate, eccolo!” esclamò Skye imprecando, dimentico di non essere solo.

Jamie percorreva High Street a passo di corsa. I passanti lo salutavano e tornavano a dedicarsi alle loro faccende. Raggiunto il molo saltò a bordo e chiuse la porta della cabina. “Tweet ha cambiato idea” spiegò con il petto che si alzava e abbassava per la corsa, simile al ponte della lancia.

“Maledetto, perchè... perchè ha accettato?” Skye era, disgustato.

Insieme a Jamie aveva architettato una storiella da raccontare al reverendo: un pescatore cristiano era morto a Kanagawa e aveva implorato di essere sepolto in mare. Poteva occuparsi lui del servizio funebre?

La sua prestazione non sarebbe stata gratuita.

 

“Dice che con questo tempo non vuol venire” rispose Jamie ansimante per la corsa e il senso di frustrazione. “Ho cercato di convincerlo con tutti i mezzi ma alla fine mi ha detto: “Quel tipo è morto, e quindi per lui domani andrà bene lo stesso, il tempo è brutto e probabilmente non riusciremo a tornare tanto presto e io avevo dimenticato un invito a cena da Lunkchurch. Domani dopo la funzione, o meglio ancora lunedì”.

Schifoso bastardo!” Inspirò profondamente.

“Dopo essersi già impegnato, poi!” La delusione provocò ad Angélique un forte senso di nausea. “Padre Leo! Vado a chiederlo a lui. Accetterà.”

“Ormai non c'è più tempo, Angélique, e inoltre Malcolm non era cattolico, non sarebbe giusto.”

“Dannato Tweet” rincarò Hoag furente. “Dovremo rimandare. Il mare non è buono e forse in fondo è meglio così. Potremmo riprovare domani, no?” Tutti guardarono Angélique.

“Tweet non è affidabile” rispose Jamie, “potrebbe voler rimandare tutto fino a lunedì e comunque tanto domani quanto lunedì ci creerebbero dei problemi con il postale. Non può aspettare oltre mezzogiorno per salpare.” Aveva chiesto al comandante di rimandare ancora la partenza ma, già in ritardo rispetto alla sua tabella di marcia, l'uomo aveva risposto che mezzogiorno sarebbe stato il termine ultimo.

Hoag disse: “E dobbiamo essere a bordo, su questo non c'è dubbio, Angélique dovrà assolutamente presenziare al funerale di Hong Kong”.

“Io sono contrario” ribatté Paradiso. “Ma se lei parte, partirò anch'io.”

“Padre Leo” insisté Angélique.

“Glielo chiederò io.” Jamie disse: “Non sarebbe corretto.

Ascoltate, Angélique, c'è un'altra soluzione. Un funerale in mare non necessita di un sacerdote, basta un cappellano, proprio come Marlowe, che vi ha potuto sposare...”.

Lei ritrovò la speranza. “Lo chiederemo a John! Presto, andiamo...” E' impossibile, l'ho già cercato ma è con Ketterer sull'ammiraglia e non può muoversi.” Jamie continuò tutto d'un fiato: “Angélique, io sono il capitano di questo vascello, ho un brevetto, benché vecchio, ho visto abbastanza funerali per sapere che cosa fare, non l'ho mai fatto prima ma non è importante.

Abbiamo i testimoni. Se siete d'accordo posso officiare io... sarà perfettamente legale”. Vedendola confusa si rivolse a Skye: “Paradiso, sarebbe legale o no? Allora, sì o no?”.

“Perfettamente legale.” Il nervosismo di Skye aumentò quando un'onda più grande delle altre colpì la chiglia. Anche Hoag cominciava a soffrire il mal di mare.

Jamie inspirò. “Angélique, l'intera faccenda, tutta questa storia del funerale è a dir poco bizzarra e qualche bizzarria in più non potrà fare alcun male a Malcolm. Ho portato con me una Bibbia e i Regolamenti Navali; ho fatto tardi perchè sono andato a prenderli. Che cosa decidete?” Per tutta risposta, in lacrime, lei gli mise le braccia intorno al collo.

“Cominciamo. Per favore, Jamie, facciamo in fretta.” Jamie McFay la strinse a sé.

Skye disse: “E il nostromo e il fuochista?”.

“Vi ho già detto che ci penso io a loro” ribatté Jamie. Si liberò con dolcezza dall'abbraccio di Angélique e richiuse la porta. “Nostromo” gridò, “si parte! Rotta per Kanagawa.”

“Bene bene, signore.” Lieto che finalmente fosse stata presa una decisione, Tinker portò la lancia al largo e si diresse verso nord. Le onde scuotevano l'imbarcazione ma non troppo violentemente, il vento era ancora entro limiti accettabili, il cielo poco rassicurante ma non più minaccioso di prima. Cominciò a canticchiare una canzone del mare.

Jamie lo raggiunse dopo pochi istanti.

“Dirigetevi verso la banchina della Legazione. Dobbiamo imbarcare una bara...” Vide il nostromo stringere la pipa tra i denti.

“Una bara, poi andiamo al largo di almeno due miglia e la seppelliamo in acque profonde. Faremo una cerimonia alla quale voi e il macchinista prenderete parte.” Lo guardò. “Avete domande?”

“Io, signore? No, signore.” Jamie annuì con espressione severa e tornò sotto. Gli altri restarono a osservare in silenzio la costa e Kanagawa.

Nella timoniera il nostromo afferrò il portavoce accanto al timone e gridò al suo fuochista nella sala macchine: “A tutta birra Percy!”.

La baracca si trovava nel punto descritto da Hoag, a pochi metri dalla banchina. La bara era stata sistemata su una panca di legno.

Skye, Hoag, il nostromo e il macchinista la presero ciascuno per un angolo e la sollevarono senza difficoltà.

Quando furono usciti Jamie chiuse la porta e li seguì.

Aveva ritenuto più opportuno che Angélique restasse nella cabina. Passarono alcuni pescatori del villaggio, si inchinarono e corsero via; nessun giapponese desiderava trovarsi troppo vicino a dei gai-jin.

Sistemare la bara a bordo fu più difficile. Il movimento del ponte scivoloso rendeva l'operazione pericolosa.

“Aspettate un secondo” ansimò il fuochista, “fatemi salire.” Era un uomo tarchiato, dalle spalle molto larghe e avambracci enormi, e indossava un vecchio berretto di lana. Salito sul ponte allargò le gambe e afferrando la bara dalla metà circa la tirò a bordo e già in parte dentro alla cabina. Poi la assicurò in modo che non si muovesse.

Un'estremità era al coperto e l'altra usciva sul casseretto.

“La legheremo qui” disse Jamie.

“Bene, bene, signore.”

“Buon giorno, dottor Hoag” disse qualcuno in tono aspro.

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