Gai-Jin (154 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Il mare calmo consentiva di viaggiare al massimo della velocità, con un bel pennacchio di fumo che usciva dalla ciminiera.

Il vento di terra era moderato, e il cielo coperto prometteva una schiarita per mezzogiorno.

Il binocolo del nostromo era puntato sulle finestre del palazzo Struan. Una luce era accesa ma non riusciva a capire se nella stanza qualcuno fosse sveglio.

Poi il motore tossì, si fermò e tutti sull'imbarcazione trattennero il respiro.

Dopo un paio di secondi riprese ma sempre a singhiozzo.

“Dio onnipotente, Roper, vai subito sotto” gridò il nostromo al motorista.

“Tutti voi preparate i remi nel caso restassimo bloccati...”

Gesù Cristo, e pensare che McFay ha fatto fuoco e fiamme nell'ipotesi che restassimo in panne...

“Roper” ruggì, “qual è il problema, Roper? Fallo ripartire!”

Ripuntò il binocolo sulle finestre.

Nessun segno di presenze umane.

Invece Struan c'era, con il binocolo a sua volta puntato sulla lancia, e l'aveva tenuta d'occhio sin da quando si era avvicinata alla fregata.

Imprecò, perchè vedeva il nostromo chiaramente, e pensava che l'altro, sapendosi osservato, avrebbe dovuto fargli subito capire se la risposta era affermativa o negativa.

“Ma non è colpa sua” si disse, “perchè ti sei dimenticato di stabilire un segnale. Idiota!” Non importa, il tempo è buono, non c'è nessun annuncio di tempesta, anche se la Pearl non avrebbe certo difficoltà ad affrontare un pò di maretta. Puntò il binocolo sull'ammiraglia la cui lancia stava tornando dopo aver visitato la Pearl. Doveva aver consegnato degli ordini.

La porta dietro di lui si spalancò ed entrò Chen, a grandi passi e con una tazza di tè fumante. “Buongiorno tai-pan. Non dormire heya?

Buon tè chop chop?”

“Ayeeyah! Quante volte te lo devo dire di parlare una lingua

comprensibile?

Hai forse le orecchie piene dello sterco dei tuoi antenati e il cervello cagliato?” Chen continuò a sorridere ma era irritato. Aveva pensato che la sua uscita avrebbe fatto ridere il padrone. “Ayeeyah, mi dispiace” disse aggiungendo il tradizionale saluto cinese, l'equivalente del “buongiorno”: “Hai mangiato il tuo riso, oggi?”.

“Grazie.” Malcolm, che non aveva distolto il binocolo dalla lancia dell'ammiraglia nemmeno per un istante, vide che ne scendeva un ufficiale e percorreva il barcarizzo. Niente che indicasse quale decisione era stata presa. Maledizione!

Accettò la tazza di tè.

“Ti ringrazio” disse a Chen. In quel momento Malcolm non soffriva in modo acuto, il dolore era sordo, quello abituale e sopportabile, comunque aveva già preso la sua dose mattutina.

Durante l'ultima settimana era riuscito a dimezzarne la quantità. Adesso prendeva una dose alla mattina e una alla sera e aveva giurato che in futuro, se quel giorno tutto fosse andato per il verso giusto, le avrebbe ridotte a una sola.

Il tè era buono.

Era mescolato con vero latte e molto zucchero ed essendo il primo della giornata era corretto con una goccia di rum, come voleva la tradizione inaugurata da Dirk Struan.

“Chen, preparami i pantaloni e la giacca pesanti.” Chen era stupefatto. “Avevo capito che il viaggio era stato rimandato, tai-pan.”

“Quando hai sentito dire una cosa simile?”

“Ieri sera, tai-pan. Il quinto cugino del capo della Casa dei demoni stranieri lo ha sentito parlare con il Naso Come Fungo Schiacciato della Grande Nave che diceva No viaggio.”

Malcolm si sentì stringere lo stomaco e tornò a scrutare dalla finestra. Con grande stupore vide la lancia ferma a duecento metri dalla riva.

Nessuna onda di prua.

Cominciò a imprecare con violenza ma poi vide il fumo e le onde che si frangevano mentre l'imbarcazione riacquistava velocità. Scrutò sul ponte ma l'unica cosa che riusciva a vedere era il nostromo che gridava, con i remi pronti nel caso di un altro cedimento del motore.

A quella velocità sarebbero arrivati al molo in meno di dieci minuti.

Con l'aiuto di Chen, Malcolm si vestì.

Controllò che la lancia fosse vicina alla riva.

Aprì la finestra e si sporse per osservare il nostromo arrampicarsi sul molo e cominciare a correre con tutta la velocità consentitagli dalla pancia prominente.

“Ehilà, nostromo!” Il marinaio brizzolato arrivò ansimante vicino alla finestra. “Con i saluti del capitano Marlowe” disse faticosamente “che invita voi e... e la signora a salire a bordo.”

Struan lanciò un grido di gioia.

Mandò a chiamare Ah Soh e le ordinò di andare a svegliare e vestire in gran fretta Angélique. Poi a bassa voce aggiunse: “Ascolta, Chen, e non interrompermi se non vuoi che ti faccia vedere i fuochi d'artificio...” e gli diede le istruzioni sui bagagli da preparare e su quello che avrebbe dovuto far preparare ad Ah Soh per portarlo a bordo della Prancing Goud al tramonto.

“La signorina e io ceneremo e dormiremo a bordo e voi due resterete a bordo con noi, e tornerete a Hong Kong con noi...”.

Chen era pazzo di gioia. “Hong Kong! Ayeeyah, tai-pan...”

“...E terrete entrambi le bocche chiuse, altrimenti chiederò a Chen della Nobil Casa di cancellare i vostri nomi dal libro di famiglia.”

Vide il domestico impallidire. Era la prima volta che ricorreva a una simile minaccia. Il libro di famiglia rappresentava il legame con l'immortalità di ogni maschio cinese, il legame con gli antenati nel mistico passato e con i discendenti futuri, quando anche lui sarebbe stato considerato un avo. Ogniqualvolta un cinese nasceva, il suo nome veniva iscritto nel registro ancestrale del villaggio. Senza quell'iscrizione non esisteva.

“Sì, padrone. E Ah Tok?”

“Le parlerò io. Mandala a chiamare.” Quando Chen raggiunse la porta e l'aprì vi trovò Ah Tok già intenta a origliare. Scappò via mentre la donna entrava nella stanza. Struan le comunicò la sua decisione: lei l'avrebbe seguito con la nave successiva.

“Oh ko, figlio mio” disse la donna con voce mielata. “Ciò che tu decidi per la tua vecchia madre non è ciò che lei deciderebbe per se stessa e per suo figlio. Torneremo a casa. Non parleremo. Nessun dannato demone straniero saprà. Ma ovviamente tutte le persone civilizzate saranno interessate al complotto.

Torneremo a casa insieme. Porti con te la tua puttana?” Ascoltò impassibile la sequela di insulti di cui la coprì Malcolm e il divieto di rivolgersi mai più ad Angélique in quel modo.

“Ayeeyah” borbottò uscendo, “la tua vecchia madre non chiamerà più quella puttana la tua puttana ma gli dei mi sono testimoni: come la devo chiamare se puttana non è la parola giusta? Mio figlio è forse diventato scemo...”

Quando Malcolm vide Angélique comparire, la sua rabbia svanì.

“Accidenti!” Aveva indossato un abito da amazzone, stivali, gonna lunga stretta in vita, corpetto e cravatta e un soprabito, un cappello con una piuma verde e guanti.

Mancava soltanto il frustino.

“Ho pensato che fosse la cosa migliore, caro, per andar per mare” disse con un sorriso radioso.

 

“Benvenuti sulla Pearl.” In fondo al barcarizzo, Marlowe li aspettava, splendido nella sua uniforme.

Prima di salire a bordo, Malcolm tese in modo goffo la mano sinistra mentre Angélique gli reggeva i bastoni e alzò il cappello in un gesto formale: “Ho il permesso di salire a bordo?”.

Marlowe rispose con il saluto militare e un sorriso. “Benvenuti, siete entrambi benvenuti sulla mia nave.

Posso?” chiese prendendo il braccio di Angélique, senza fiato per l'intensità del suo sorriso e per il taglio della giacca che sottolineava la sua figura. Li condusse verso il ponte in direzione della ciminiera e attese che Malcolm si accomodasse su una sdraio. “Levate l'ancora signor Lloyd” disse al suo numero uno, Davyd Lloyd.

“Un quarto a dritta e mantenete la rotta.”

La Pearl lasciò gli ormeggi. “Appena al largo aumenteremo la velocità.

Ketterer ci ha ordinato di condurre le esercitazioni in vista dell'ammiraglia.” La felicità di Struan svanì. “In vista dell'ammiraglia? Allora non andiamo al largo, non ci allontaniamo dalla costa?”

Marlowe rise. “Suppongo che a lui piaccia tenere i suoi “bambini” al guinzaglio corto. Comunque ci divertiremo lo stesso, lo prometto.” Dunque siamo a bordo, ma non per il motivo giusto, pensò Struan.

Quel bastardo è un vero sadico!

E pensò anche che se in quel momento l'ammiraglio fosse stato a bordo avrebbe cercato di ucciderlo con le sue mani. Be', non proprio, ma mi piacerebbe che qualcuno gli desse una lezione un giorno o l'altro.

Rimpiangerà di non avermi aiutato. Quando torneremo cambierò completamente le carte in tavola e diventerò per lui una spina nel fianco che non dimenticherà.

Nel frattempo che cosa faccio?

Stavano succedendo tante cose sul ponte che né Marlowe né Angélique si resero conto della disperazione che l'aveva assalito. La fregata si stava aprendo un varco tra le imbarcazioni della flotta e molti marinai e ufficiali delle altre navi notarono sia la presenza di Angélique a bordo sia l'abilità con cui veniva manovrata la Pearl.

Quando passarono accanto all'ammiraglia francese, un vapore con ventun cannoni, i marinai fischiarono e si sbracciarono in cenni di saluto che fecero inorridire gli ufficiali britannici.

Buon Dio, pensò Marlowe. Che cattive maniere, che tremenda disciplina! Ciò nonostante restò a guardare benevolmente Angélique che ricambiava i saluti tra un coro di fischi e grida.

Nel tentativo di distrarla le disse: “Faremo delle prove di velocità, Angélique, prima a motore e poi a vela.

Dobbiamo provare il nuovo albero.

Forse voi non lo ricordate ma nell'ultima tempesta abbiamo perso l'albero maestro. Vedete...”.

E continuò chiacchierando su quel tono e rispondendo a tutte le domande che lei si sentì in dovere di rivolgergli.

Angélique fingeva un interessamento che non provava perchè in realtà avrebbe voluto soltanto restarsene tranquilla, e lasciare che il vento le scompigliasse i capelli adesso che si era levata il cappello, e apprezzare quel nuovo senso di libertà... desiderava che il vento cancellasse l'onnipresente puzza di Yokohama, la stessa che la perseguitava a Hong Kong, e fissare un punto all'orizzonte e sognare la Manica e i mari blu e le belle coste del suo paese, e sognare di tornare a casa.

Noi francesi desideriamo sempre far ritorno alla nostra terra mentre gli inglesi sembrano perfettamente capaci di sentirsi a casa propria ovunque.

Loro non hanno davvero bisogno dell'Inghilterra, mentre noi abbiamo tanto bisogno della nostra Francia!

“Isseremo le vele a mezzogiorno” le stava dicendo Marlowe con tutto l'orgoglio del comandante di una bella nave. “Farò preparare la colazione nella mia cabina e se prima desiderate riposare c'è una cuccetta...

“ La mattinata trascorse piacevolmente.

Ogni mezz'ora la campana della nave suonava il cambio e persino Malcolm dimenticò la sua disperazione mentre la Pearl percorreva la baia da una estremità all'altra, in un susseguirsi di manovre e virate repentine. “Tra un momento spegneremo i motori e andremo a vela!” annunciò infine Marlowe.

“Preferisco la navigazione a vela” disse lei, “il rumore del motore è molto fastidioso. Navigare a vela è tanto più piacevole, non sei d'accordo anche tu, chèri?”

“Senz'altro” rispose Malcolm contento, tenendole le braccia intorno alla vita per aiutarla a non perdere l'equilibrio.

Marlowe disse: “La penso come voi, e come quasi tutti gli uomini della Marina britannica. Naturalmente andiamo a vela nella maggior parte delle occasioni perchè non possiamo trasportare una quantità di carburante sufficiente.

Inoltre il carbone sporca! Tuttavia vi sono notti in cui, lontani da un porto sicuro e nel mezzo di una tempesta, o davanti a un nemico due volte più in forze e con il doppio dei tuoi cannoni ma che va a vela, non puoi non ringraziate il vecchio Stephenson e gli ingegneri britannici per averti messo in grado di andare controvento. Vi porterei sotto a vedere la sala macchine ma come ho appena detto la polvere di carbone è ovunque e c'è molto rumore”.

“Mi piacerebbe dare ugualmente un'occhiata. Posso?”

“Certamente. E voi, Malcolm?”

“Vi ringrazio, no... andate pure voi” rispose Malcolm che aveva visitato le sale macchine delle navi della Struan fin da ragazzino e non provava per i motori alcun interesse salvo per la loro efficienza, il costo e i consumi.

Prima di lasciare il ponte, Marlowe controllò la posizione della nave e il vento.

Erano tre quarti di miglia al largo, ben lontani dalla flotta e dai mercantili. “Primo ufficiale, prendete il comando. Quando saremo al traverso dell'ammiraglia, spegnete i motori e issate tutte le vele, rotta verso est.”

“Signorsì, signore.” Malcolm restò a osservare Marlowe che conduceva Angélique lungo il barcarizzo della sezione maestra: provava invidia per il suo passo elastico e al tempo stesso lo divertiva il fascino contagioso che sprigionava la sua fidanzata.

Si rilassò.

Cielo e mare, vento e spazio aperto avevano disperso il suo malumore. Era piacevole essere a bordo della Pearl, gli sembrava fantastico sentirsi parte di una nave da combattimento efficiente, ben tenuta e fiera, si sentiva insolitamente a suo agio e al sicuro su quella comoda sdraio mentre la mente correva a organizzare altri progetti per affrontare l'indomani, il futuro.

Dipenderà dalla sorte. Adesso non mi preoccuperò di niente, promise a se stesso. Ricorda il giuramento e la nuova era!

Da quando Gornt era arrivato a Yokohama come una benedizione mandata dal cielo, Malcolm aveva giurato che, qualora le sue informazioni fossero davvero quello che lui sosteneva, in futuro si sarebbe accontentato di fare del suo meglio. Con informazioni sufficienti per distruggere i Brock, era assolutamente certo che la madre sarebbe stata dalla sua parte.

A lui premeva soltanto di avere Angélique con sé e di essere tai-pan non soltanto di nome.

La notte precedente era stato costretto a guardare la propria immagine allo specchio. Aveva dovuto farlo.

Una forza misteriosa lo costringeva a guardarsi per la prima volta, a studiarsi davvero in profondità. Al termine dell'analisi aveva pensato: questo è ciò che sei: sei ancora gravemente ferito, non puoi stare ben diritto, le gambe non ti funzionano come dovrebbero, però riesci a reggerti in piedi e a camminare e con il tempo migliorerai. Il resto del tuo corpo funziona, compreso il cervello.

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