Paradiso (71 page)

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Authors: Dante

BOOK: Paradiso
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“Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo,”   

               
cominciò, “gloria!” tutto ’l paradiso,

3
             
sì che m’inebrïava il dolce canto.

               
Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso   

               
de l’universo; per che mia ebbrezza

6
             
intrava per l’udire e per lo viso.

               
Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!   

               
oh vita intègra d’amore e di pace!

9
             
oh sanza brama sicura ricchezza!   

               
Dinanzi a li occhi miei le quattro face   

               
stavano accese, e quella che pria venne

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incominciò a farsi più vivace,

               
e tal ne la sembianza sua divenne,

               
qual diverrebbe Iove, s’elli e Marte

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fossero augelli e cambiassersi penne.

               
La provedenza, che quivi comparte   

               
vice e officio, nel beato coro

18
           
silenzio posto avea da ogne parte,

               
quand’ïo udi’: “Se io mi trascoloro,   

               
non ti maravigliar, chè, dicend’ io

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vedrai trascolorar tutti costoro.

               
Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio,   

               
il luogo mio, il luogo mio che vaca

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ne la presenza del Figliuol di Dio,

               
fatt’ ha del cimitero mio cloaca   

               
del sangue e de la puzza; onde ’l perverso

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che cadde di qua sù, là giù si placa.”

               
Di quel color che per lo sole avverso   

               
nube dipigne da sera e da mane,

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vid’ïo allora tutto ’l ciel cosperso.

               
E come donna onesta che permane   

               
di sé sicura, e per l’altrui fallanza,

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pur ascoltando, timida si fane,   

               
così Beatrice trasmutò sembianza;

               
e tale eclissi credo che ’n ciel fue

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quando patì la supprema possanza.

               
Poi procedetter le parole sue   

               
con voce tanto da sé trasmutata,

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che la sembianza nons i mutò piùe:

               
“Non fu la sposa di Cristo allevata   

               
del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,

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per essere ad acquisto d’oro usata;

               
ma per acquisto d’esto viver lieto

               
e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano

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sparser lo sangue dopo molto fleto.

               
Non fu nostra intenzion ch’a destra mano   

               
d’i nostri successor parte sedesse,

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parte da l’altra del popol cristiano;

               
né che le chiavi che mi fuor concesse,   

               
divenisser signaculo in vessillo

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che contra battezzati combattesse;

               
né ch’io fossi figura di sigillo   

               
a privilegi venduti e mendaci,

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ond’ io sovente arrosso e disfavillo.

               
In vesta di pastor lupi rapaci   

               
si veggion di qua sù per tutti i paschi:

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o difesa di Dio, perché pur giaci?

               
Del sangue nostro Caorsini e Guaschi   

               
s’apparecchian di bere: o buon principio,

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a che vil fine convien che tu caschi!

               
Ma l’alta provedenza, che con Scipio   

               
difese a Roma la gloria del mondo,

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soccorrà tosto, sì com’ io concipio;

               
e tu, figliuol, che per lo mortal pondo   

               
ancor giù tornerai, apri la bocca,

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e non asconder quel ch’io non ascondo.”

               
Sì come di vapor gelati fiocca   

               
in giuso l’aere nostro, quando ’l corno

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de la capra del ciel col sol si tocca,

               
in sù vid’ io così l’etera addorno   

               
farsi e fioccar di vapor trïunfanti   

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che fatto avien con noi quivi soggiorno.

               
Lo viso mio seguiva i suoi sembianti,   

               
e seguì fin che ’l mezzo, per lo molto,

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li tolse il trapassar del più avanti.

               
Onde la donna, che mi vide assolto   

               
de l’attendere in sù, mi disse: “Adima

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il viso e guarda come tu se’ vòlto.”

               
Da l’ora ch’ïo avea guardato prima   

   

               
i’ vidi mosso me per tutto l’arco

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che fa dal mezzo al fine il primo clima;

               
sì ch’io vedea di là da Gade il varco   

               
folle d’Ulisse, e di qua presso il lito   

84
           
nel qual si fece Europa dolce carco.

               
E più mi fora discoverto il sito   

               
di questa aiuola; ma ’l sol procedea   

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sotto i mie’ piedi un segno e più partito.

               
La mente innamorata, che donnea   

               
con la mia donna sempre, di ridure

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ad essa li occhi più che mai ardea;

               
e se natura o arte fé pasture

               
da pigliare occhi, per aver la mente,

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in carne umana o ne le sue pitture,

               
tutte adunate, parrebber nïente

               
ver’ lo piacer divin che mi refulse,

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quando mi volsi al suo viso ridente.

               
E la virtù che lo sguardo m’indulse,

               
del bel nido di Leda mi divelse   

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e nel ciel velocissimo m’impulse.

               
Le parti sue vivissime ed eccelse   

   

               
si uniforme son, ch’i’ non so dire

102
         
qual Bëatrice per loco mi scelse.

               
Ma ella, che vedëa ’l mio disire,   

               
incominciò, ridendo tanto lieta,

105
         
che Dio parea nel suo volto gioire:

               
“La natura del mondo, che quïeta   

               
il mezzo e tutto l’altro intorno move,   

108
         
quinci comincia come da sua meta;

               
e questo cielo non ha altro dove   

               
che la mente divina, in che s’accende

111
         
l’amor che ’l volge e la virtù ch’ei piove.

               
Luce e amor d’un cerchio lui comprende,

               
sì come questo li altri; e quel precinto

114
         
colui che ’l cinge solamente intende.

               
Non è suo moto per altro distinto,   

               
ma li altri son mensurati da questo,

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sì come diece da mezzo e da quinto;

               
e come il tempo tegna in cotal testo

               
le sue radici e ne li altri le fronde,

120
         
omai a te può esser manifesto.

               
Oh cupidigia, che i mortali affonde   

               
sì sotto te, che nessuno ha podere

123
         
di trarre li occhi fuor de le tue onde!

               
Ben fiorisce ne li uomini il volere;

               
ma la pioggia continüa converte

126
         
in bozzacchioni le sosine vere.   

               
Fede e innocenza son reperte   

               
solo ne’ parvoletti; poi ciascuna

129
         
pria fugge che le guance sian coperte.

               
Tale, balbuzïendo ancor, digiuna,   

   

               
che poi divora, con la lingua sciolta,

132
         
qualunque cibo per qualunque luna;

               
e tal, balbuzïendo, ama e ascolta

               
la madre sua, che, con loquela intera,

135
         
disïa poi di vederla sepolta.

               
Così si fa la pelle bianca nera   

               
nel primo aspetto de la bella figlia

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di quel ch’apporta mane e lascia sera.

               
Tu, perché non ti facci maraviglia,   

               
pensa che ’n terra non è chi governi;

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onde sì svïa l’umana famiglia.

               
Ma prima che gennaio tutto si sverni   

   

               
per la centesma ch’è là giù negletta,

144
         
raggeran sì questi cerchi superni,   

               
che la fortuna che tanto s’aspetta,   

               
le poppe volgerà u’ son le prore,   

               
sì che la classe correrà diretta;

148
         
e vero frutto verrà dopo ’l fiore.”   

PARADISO XXVIII

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