Authors: Dante
“Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo,”
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cominciò, “gloria!” tutto ’l paradiso,
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sì che m’inebrïava il dolce canto.
Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso
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de l’universo; per che mia ebbrezza
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intrava per l’udire e per lo viso.
Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!
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oh vita intègra d’amore e di pace!
Dinanzi a li occhi miei le quattro face
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stavano accese, e quella che pria venne
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incominciò a farsi più vivace,
e tal ne la sembianza sua divenne,
qual diverrebbe Iove, s’elli e Marte
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fossero augelli e cambiassersi penne.
La provedenza, che quivi comparte
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vice e officio, nel beato coro
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silenzio posto avea da ogne parte,
quand’ïo udi’: “Se io mi trascoloro,
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non ti maravigliar, chè, dicend’ io
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vedrai trascolorar tutti costoro.
Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio,
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il luogo mio, il luogo mio che vaca
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ne la presenza del Figliuol di Dio,
fatt’ ha del cimitero mio cloaca
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del sangue e de la puzza; onde ’l perverso
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che cadde di qua sù, là giù si placa.”
Di quel color che per lo sole avverso
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nube dipigne da sera e da mane,
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vid’ïo allora tutto ’l ciel cosperso.
E come donna onesta che permane
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di sé sicura, e per l’altrui fallanza,
così Beatrice trasmutò sembianza;
e tale eclissi credo che ’n ciel fue
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quando patì la supprema possanza.
Poi procedetter le parole sue
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con voce tanto da sé trasmutata,
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che la sembianza nons i mutò piùe:
“Non fu la sposa di Cristo allevata
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del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,
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per essere ad acquisto d’oro usata;
ma per acquisto d’esto viver lieto
e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano
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sparser lo sangue dopo molto fleto.
Non fu nostra intenzion ch’a destra mano
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d’i nostri successor parte sedesse,
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parte da l’altra del popol cristiano;
né che le chiavi che mi fuor concesse,
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divenisser signaculo in vessillo
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che contra battezzati combattesse;
né ch’io fossi figura di sigillo
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a privilegi venduti e mendaci,
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ond’ io sovente arrosso e disfavillo.
In vesta di pastor lupi rapaci
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si veggion di qua sù per tutti i paschi:
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o difesa di Dio, perché pur giaci?
Del sangue nostro Caorsini e Guaschi
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s’apparecchian di bere: o buon principio,
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a che vil fine convien che tu caschi!
Ma l’alta provedenza, che con Scipio
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difese a Roma la gloria del mondo,
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soccorrà tosto, sì com’ io concipio;
e tu, figliuol, che per lo mortal pondo
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ancor giù tornerai, apri la bocca,
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e non asconder quel ch’io non ascondo.”
Sì come di vapor gelati fiocca
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in giuso l’aere nostro, quando ’l corno
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de la capra del ciel col sol si tocca,
in sù vid’ io così l’etera addorno
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farsi e fioccar di vapor trïunfanti
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che fatto avien con noi quivi soggiorno.
Lo viso mio seguiva i suoi sembianti,
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e seguì fin che ’l mezzo, per lo molto,
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li tolse il trapassar del più avanti.
Onde la donna, che mi vide assolto
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de l’attendere in sù, mi disse: “Adima
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il viso e guarda come tu se’ vòlto.”
Da l’ora ch’ïo avea guardato prima
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i’ vidi mosso me per tutto l’arco
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che fa dal mezzo al fine il primo clima;
sì ch’io vedea di là da Gade il varco
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folle d’Ulisse, e di qua presso il lito
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nel qual si fece Europa dolce carco.
E più mi fora discoverto il sito
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di questa aiuola; ma ’l sol procedea
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sotto i mie’ piedi un segno e più partito.
La mente innamorata, che donnea
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con la mia donna sempre, di ridure
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ad essa li occhi più che mai ardea;
e se natura o arte fé pasture
da pigliare occhi, per aver la mente,
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in carne umana o ne le sue pitture,
tutte adunate, parrebber nïente
ver’ lo piacer divin che mi refulse,
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quando mi volsi al suo viso ridente.
E la virtù che lo sguardo m’indulse,
del bel nido di Leda mi divelse
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e nel ciel velocissimo m’impulse.
Le parti sue vivissime ed eccelse
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si uniforme son, ch’i’ non so dire
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qual Bëatrice per loco mi scelse.
Ma ella, che vedëa ’l mio disire,
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incominciò, ridendo tanto lieta,
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che Dio parea nel suo volto gioire:
“La natura del mondo, che quïeta
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il mezzo e tutto l’altro intorno move,
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quinci comincia come da sua meta;
e questo cielo non ha altro dove
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che la mente divina, in che s’accende
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l’amor che ’l volge e la virtù ch’ei piove.
Luce e amor d’un cerchio lui comprende,
sì come questo li altri; e quel precinto
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colui che ’l cinge solamente intende.
Non è suo moto per altro distinto,
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ma li altri son mensurati da questo,
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sì come diece da mezzo e da quinto;
e come il tempo tegna in cotal testo
le sue radici e ne li altri le fronde,
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omai a te può esser manifesto.
Oh cupidigia, che i mortali affonde
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sì sotto te, che nessuno ha podere
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di trarre li occhi fuor de le tue onde!
Ben fiorisce ne li uomini il volere;
ma la pioggia continüa converte
Fede e innocenza son reperte
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solo ne’ parvoletti; poi ciascuna
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pria fugge che le guance sian coperte.
Tale, balbuzïendo ancor, digiuna,
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che poi divora, con la lingua sciolta,
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qualunque cibo per qualunque luna;
e tal, balbuzïendo, ama e ascolta
la madre sua, che, con loquela intera,
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disïa poi di vederla sepolta.
Così si fa la pelle bianca nera
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nel primo aspetto de la bella figlia
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di quel ch’apporta mane e lascia sera.
Tu, perché non ti facci maraviglia,
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pensa che ’n terra non è chi governi;
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onde sì svïa l’umana famiglia.
che la fortuna che tanto s’aspetta,
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le poppe volgerà u’ son le prore,
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sì che la classe correrà diretta;