Authors: Dante
Fatto avea di là mane e di qua sera
tal foce, e quasi tutto era là bianco
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quello emisperio, e l’altra parte nera,
quando Beatrice in sul sinistro fianco
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vidi rivolta e riguardar nel sole:
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aguglia sì non li s’affisse unquanco.
E sì come secondo raggio suole
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uscir del primo e risalire in suso,
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pur come pelegrin che tornar vuole,
così de l’atto suo, per li occhi infuso
ne l’imagine mia, il mio si fece,
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e fissi li occhi al sole oltre nostr’ uso.
Molto è licito là, che qui non lece
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a le nostre virtù, mercé del loco
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fatto per proprio de l’umana spece.
Io nol soffersi molto, né sì poco,
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ch’io nol vedessi sfavillar dintorno,
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com’ ferro che bogliente esce del foco;
e di sùbito parve giorno a giorno
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essere aggiunto, come quei che puote
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avesse il ciel d’un altro sole addorno.
Beatrice tutta ne l’etterne rote
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fissa con li occhi stava; e io in lei
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le luci fissi, di là sù rimote.
Nel suo aspetto tal dentro mi fei,
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qual si fé Glauco nel gustar de l’erba
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che ’l fé consorto in mar de li altri dèi.
Trasumanar significar
per verba
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non si poria; però l’essemplo basti
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a cui esperïenza grazia serba.
Quando la rota che tu sempiterni
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desiderato, a sé mi fece atteso
parvemi tanto allor del cielo acceso
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de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
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lago non fece alcun tanto disteso.
La novità del suono e ’l grande lume
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di lor cagion m’accesero un disio
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mai non sentito di cotanto acume.
Ond’ ella, che vedea me sì com’ io,
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a quïetarmi l’animo commosso,
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pria ch’io a dimandar, la bocca aprio
e cominciò: “Tu stesso ti fai grosso
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col falso imaginar, sì che non vedi
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ciò che vedresti se l’avessi scosso.
Tu non se’ in terra, sì come tu credi;
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ma folgore, fuggendo il proprio sito,
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non corse come tu ch’ad esso riedi.”
e dissi: “Già contento
requïevi
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di grande ammirazion; ma ora ammiro
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com’ io trascenda questi corpi levi.”
Ond’ ella, appresso d’un pïo sospiro,
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li occhi drizzò ver’ me con quel sembiante
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che madre fa sovra figlio deliro,
e cominciò: “Le cose tutte quante
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hanno ordine tra loro, e questo è forma
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che l’universo a Dio fa simigliante.
Qui veggion l’alte creature l’orma
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de l’etterno valore, il qual è fine
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al quale è fatta la toccata norma.
Ne l’ordine ch’io dico sono accline
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tutte nature, per diverse sorti,
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più al principio loro e men vicine;
onde si muovono a diversi porti
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per lo gran mar de l’essere, e ciascuna
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con istinto a lei dato che la porti.
Questi ne porta il foco inver’ la luna;
questi ne’ cor mortali è permotore;
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questi la terra in sé stringe e aduna;
né pur le creature che son fore
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d’intelligenza quest’ arco saetta,
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ma quelle c’hanno intelletto e amore.
La provedenza, che cotanto assetta,
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del suo lume fa ’l ciel sempre quïeto
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nel qual si volge quel c’ha maggior fretta;
e ora lì, come a sito decreto,
cen porta la virtù di quella corda
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che ciò che scocca drizza in segno lieto.
Vero è che, come forma non s’accorda
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molte fïate a l’intenzion de l’arte,
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perch’ a risponder la materia è sorda,
così da questo corso si diparte
talor la creatura, c’ha podere
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di piegar, così pinta, in altra parte;
Non dei più ammirar, se bene stimo,
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lo tuo salir, se non come d’un rivo
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se d’alto monte scende giuso ad imo.
Maraviglia sarebbe in te se, privo
d’impedimento, giù ti fossi assiso,
com’ a terra quïete in foco vivo.”
tornate a riveder li vostri liti:
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non vi mettete in pelago, ché forse,
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perdendo me, rimarreste smarriti.
metter potete ben per l’alto sale
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vostro navigio, servando mio solco
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dinanzi a l’acqua che ritorna equale.
Que’ glorïosi che passaro al Colco
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non s’ammiraron come voi farete,
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quando Iasón vider fatto bifolco.
La concreata e perpetüa sete
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del deïforme regno cen portava
Beatrice in suso, e io in lei guardava;
e forse in tanto in quanto un quadrel posa
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e vola e da la noce si dischiava,
giunto mi vidi ove mirabil cosa
mi torse il viso a sé; e però quella
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cui non potea mia cura essere ascosa,
volta ver’ me, sì lieta come bella,
“Drizza la mente in Dio grata,” mi disse,
Parev’ a me che nube ne coprisse
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lucida, spessa, solida e pulita,
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quasi adamante che lo sol ferisse.
S’io era corpo, e qui non si concepe
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com’ una dimensione altra patio,
accender ne dovria più il disio
di veder quella essenza in che si vede
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come nostra natura e Dio s’unio.
Lì si vedrà ciò che tenem per fede,
non dimostrato, ma fia per sé noto
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a guisa del ver primo che l’uom crede.