Gai-Jin (210 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Dopo qualche passo sul sentiero del giardino si accorse di aver dimenticato le scarpe. Tornò a sedersi sulla veranda per infilarle. “Che cosa diavolo è accaduto?”

Al suo ritorno con Babcott da Edo, tre giorni prima, era andato tutto bene, si erano accordati su tutti i punti del contratto tranne uno di scarsa importanza; il pagamento sarebbe stato corrisposto entro la settimana. Tra sorrisi e inchini aveva saldato il conto precedente e quella sera Fujiko era stata più amorevole e dolce che mai.

E quando poco prima il servo di Raiko si era presentato nella casa che divideva con Babcott per chiedergli di andare subito da lei, lungi dal preoccuparsi Tyrer aveva creduto che la mama-san avesse fretta di fargli firmare il documento.

Dato che doveva partire per Kanagawa, qualche ora prima le aveva fatto recapitare un messaggio in cui le comunicava che non sarebbe andato né quella sera né l'indomani.

Invece... “Non capisco.” Intorno il vento sollevava mulinelli di foglie secche. Avvilito, Tyrer si strinse nel soprabito. La notte sembrava ancora più buia. Si alzò con un lungo sospiro e con passo stanco s'incamminò lungo il sentiero serpeggiante. All'improvviso gli si parò davanti un samurai.

“Cristo santo, Nakama!” gridò.

Hiraga portò la mano alla spada. Tyrer si credette un uomo morto, poi si accorse che l'altro non l'aveva sguainata del tutto, ma che lo stava fissando, pronto a scattare... “No” disse Tyrer con un filo di voce, “io... non sono armato.” Alzò le mani in segno di resa e rimase immobile maledicendo la propria stupidità, poi, quando Hiraga lasciò ricadere la spada nel fodero, quasi perse i sensi.

“Taira-sama, non ti faccio male, pensavo che fosse un nemico. Tu sei un amico.” Hiraga sorrise e gli porse la mano.

Stupito, Tyrer la strinse e subito sbottò: “Che cosa ci fai qui, pensavamo che fossi scappato a Edo, cos'è questa storia che sei un ronin? Ti dobbiamo consegnare a Yoshi, lo sai che Yoshi, il principe Yoshi, ti cerca?“.

“Non qui!” lo ammonì Hiraga prendendolo con forza per un braccio.

“Vieni con me.” Con un cenno lo invitò al silenzio e lo guidò verso un altro sentiero, poi in un labirinto di sentierini divisi da alte siepi in cui Tyrer perse completamente l'orientamento. Giunsero davanti a una casetta. Il vento alzava la paglia del tetto e sibilava fra le assi.

Hiraga gli indicò la veranda, si tolse le scarpe, aspettò che Tyrer lo imitasse e lo spinse dentro.

“Entra, prego.” Sudato per la paura e per il senso di impotenza, Tyrer ubbidì. Non poteva scappare. Hiraga controllò che nessuno li avesse seguiti e chiuse lo shoji. Una flebile candela schermata illuminava appena l'interno di una normale casetta di una stanza con annesso un minuscolo bagno. La fiamma ondeggiò e venne quasi spenta dalla corrente d'aria causata dal loro ingresso.

“Siediti! Prego. Adesso ripeti, per favore, lentamente e a bassa voce.” Hiraga si tolse con un gesto significativo la spada corta dalla cintura e la posò accanto a sé sul tatami. “Allora?”

Sforzandosi di non tremare Tyrer raccontò di Yoshi e di Abeh, dell'omicidio di Utani e del fatto che tutti lo credevano ormai lontano da Yokohama. “Dobbiamo consegnarti a Yoshi, alle guardie della porta... il capitano Abeh è tornato a Edo, Nakama, e... come ti devo chiamare, Nakama o Hiraga?”

“Come vuoi, Taira-sama.”

“Allora Hiraga, è questo il tuo nome, non è vero?”

“Sì, mi chiamo così. Ma giapponesi hanno molti nomi, uno quando nascono, uno a sette anni, uno quando diventano uomini e altri ancora, se lo vogliono. Io sono Nakama, o Hiraga, tuo amico.”

“Amico?” esclamò Tyrer con amarezza, dimentico della paura.

“Perché non mi hai detto che eri un assassino? Hai ucciso Utani, l'hai ucciso tu, vero?”

“Sì, era bersaglio, uomo molto cattivo. Anche Yoshi. Questa non è Inghilterra, Taira-sama. Questi uomini cattivi, Bakufu, rubano potere dell'imperatore, sono tiranni.” Con solennità Hiraga raccontò come meglio poteva degli shishi e della loro lotta per eliminare il governo dispotico.

Con evidente sincerità spiegò l'avidità di Utani e le sue tasse inique, come i Toranaga e i daimyo possedessero tutta la ricchezza del paese, soprattutto i Toranaga, la corruzione della Bakufu e come il popolo fosse ridotto in miseria e privato di ogni potere. “Vogliamo restituire il Giappone all'imperatore, dare a tutti un governo giusto.”

Con quel “tutti” Hiraga intendeva tutti i samurai, Tyrer invece lo intese come tutti i giapponesi. Mentre interrogava Hiraga, affascinato da quell'opportunità unica di sondare i meccanismi segreti del Giappone e la mentalità giapponese, a poco a poco si convinceva che il suo amico stava dalla parte giusta. Ricordando la storia inglese e la strenua lotta per abolire il “diritto divino della monarchia” e la legge dei tiranni, si sentiva sempre più solidale con lui.

Creare il parlamento e il governo popolare era costato molto: la testa di un re, l'umiliazione di altri sovrani, una rivoluzione, morti e sommosse; questo era stato il prezzo per l'affermazione dell'impero e della Pax britannica.

Consapevole anche del debito che aveva nei confronti dell'amico, Tyrer disse con tristezza: “Purtroppo per te non vedo alcuna speranza.

Non appena ti scoveranno sarai catturato, dai tuoi o dai miei. Non posso fare niente per evitarlo”.

Hiraga sospirò e tentò un azzardo: “Una cosa sì, c'è cosa che puoi fare per aiutarmi. Aiutami a salire su nave, su nave per Inghilterra”.

Tyrer lo fissò. “Come? Tu sei matto!”

“Per favore, parla piano, molti nemici qui” disse Hiraga abbassando ancora di più la voce. Quell'idea strabiliante e radicale lo emozionava, sembrava essere discesa su di lui dal cielo, un dono della grande dea del Sole.

“Prego, ascolta. Molte volte mi hai detto di studiare i gai-jin, che vostro paese è migliore, neh? Ci vado con cugino. Studiamo modo migliore di governare, vostro parlamento. Studiamo vostri sistemi. Yoshi ha ragione sull'esercito e sulla marina, ma io credo più importante conoscere banche, affari e commercio. Dobbiamo conoscere sistema migliore, neh? Vostro sistema, sistema inglese, neh?” Hiraga costruiva la sua tela con grande eloquenza, l'ansia gli suggeriva nuove parole e una cadenza suadente.

Era il suo ultimo piano, l'unico possibile per sfuggire alla trappola di Yoshi. Sicuramente la sua permanenza presso i gai-jin per un paio di anni, con gli appoggi giusti, sarebbe stata preziosa per sonno-joi.

E' un'alternativa perfetta alla morte inevitabile che mi attende se rimango, aveva pensato con entusiasmo.

Tra un paio d'anni torneremo parlando inglese alla perfezione e con tantissimi segreti sulla loro produzione e sul mercato azionario, sui fucili, i cannoni, le tattiche militari e le strategie e sui metodi che gli inglesi hanno usato per conquistare il mondo e umiliare perfino la Cina!

Questa è la Terra degli Dèi! La Cina dovrebbe essere nostra, non dei gai-jin. Prima di partire racconterò il mio piano ai nostri capi shishi di Choshu e troverò il modo di mandare loro delle lettere. “E' semplice, Taira-sama. Tu parli con capitano e noi ci infiliamo a bordo senza problemi.

Nessuno saprà.”

“Sir William non sarà mai d'accordo.”

“Forse non c'è bisogno di parlare con lui.” Incerto tra due possibilità Hiraga sussurrò: “o forse parlo io, parlo anche io, forse accetta, neh?

E' molto importante per inglesi avere amico giapponese. Io sono buon amico. Anche Jami-sama mi aiuterà se chiedo”.

“Chi?”

“Jami, grande uomo con barba, più grande di te, Jami.”

“Jamie? Jamie McFay?”

“Sì, Jami Mukfey.” Adesso che aveva capito le intenzioni di Hiraga, Tyrer riuscì a ragionare.

La proposta prometteva incredibili vantaggi a lungo termine.

Era un cardine della politica britannica quello di educare, o rieducare, studenti stranieri scelti tra i ceti più alti e meglio ancora tra la nobiltà.

Nei loro paesi d'origine, in particolare in India, erano molto spesso dei radicali o dei rivoluzionari. Hiraga era intelligente e, in quanto nemico di Yoshi, era un personaggio importante. Giudica un uomo dai suoi nemici, gli aveva insegnato suo padre.

Mentre rimuginava sulla proposta di Hiraga ripensò al padre e alla madre e agli amici di Londra, che purtroppo avrebbe rivisto soltanto tra due anni, in occasione del primo congedo. Allo stesso tempo si sentì fiero di far parte del corpo diplomatico, di essere una rotella, per quanto minuscola, di quell'immenso ingranaggio che era l'impero britannico.

L'idea di Hiraga è buona, pensò. Potrebbe funzionare. Ma come farò a portarlo a bordo, e come riuscirò a convincere sir William? Willie è la chiave.

Più ci pensava, più le sue speranze si affievolivano. Si diede dello stupido per avere anche soltanto considerato un'ipotesi del genere: sir William non avrebbe mai potuto sostenere, un'azione simile con un uomo come Hiraga, un assassino dichiarato che rappresentava soltanto una pedina nel grande gioco intorno a Yoshi. Sir William non vi avrebbe visto alcun tornaconto, non aveva motivo di rischiare di inimicarsi Yoshi che presto, sebbene Hiraga fosse convinto del contrario, sarebbe andato al potere.

“Ci proverò” disse, fingendo una sicurezza che non sentiva. Era prigioniero e Hiraga era armato. “Non posso assicurarti niente, ma ci proverò. Dove sarai?” Hiraga era soddisfatto: il rischio era enorme ma vedeva ampi margini di manovra. Come aveva convinto Taira riportandolo dalla sua parte così anche il capo dei gai-jin sarebbe diventato suo alleato. “Manterrai il segreto?”

“Certo.”

“Manda messaggio a Raiko.

Posso incontrarti qui in Yoshiwara o in villaggio. Decidi tu dove, Taira-sama. Bisogna fare in fretta per nave, neh?”

“Sì. Ti manderò un messaggio domani o verrò io stesso.” Con cautela accennò ad alzarsi.

Hiraga sorrise. “Vai da Fujiko?” Tyrer si intristì. “Fujiko non c'è più.”

“Cosa? Cosa significa, per favore?” Tyrer glielo spiegò e vide che il volto di Hiraga si accendeva.

“Ma ti è stata promessa, Taira-sama, Ho parlato io con Raiko, tutto organizzato, neh?”

“Infatti, ma poi ha annullato il contratto. Raiko dice...” Spaventato dall'espressione di Hiraga, Tyrer si interruppe.

“Aspetta, prego!” Hiraga fuggì di corsa. Tyrer si affacciò a una finestra laterale. Intorno non si vedeva nessuno, soltanto rami ondeggianti al vento e odore salmastro nell'aria. Scappa finché puoi, si disse, ma si accorse di avere un disperato bisogno di orinare. Usò il secchio nel bagno e si sentì meglio. Adesso aveva fame e sete. Si guardò in giro: non vide né una teiera né una brocca d'acqua.

La fame e la sete erano insistenti, come l'idea di Hiraga, ma non aveva modo di placare né le une né l'altra. Senza la benevolenza di sir William Hiraga sarebbe stato come un bambino abbandonato nella foresta. Nemmeno Jamie poteva essere di grande aiuto, adesso che non lavorava più alla Struan. E né lui né nessun altro avevano motivo di aiutare Hiraga: mancava il tornaconto.

Guardò ancora fuori dalla finestrella.

Scappa finché puoi, pensò di nuovo. Avvicinatosi alla porta sentì un rumore di passi e tornò velocemente sul suo cuscino. Lo shoji si spalancò.

Raiko fu spinta ai suoi piedi, Hiraga rimase sulla porta con un piglio minaccioso.

“Oh, spiacente, Taira-sama” disse Raiko balbettando nella fretta di scusarsi e di calmarlo. “Oli, spiacente, ho commesso un terribile errore...” Tyrer non comprese il profluvio di parole che seguì, ma ne colse il senso. “Basta così” esclamò.

“Adesso dammi il contratto. Lo firmo.” Con umiltà lei estrasse dalla manica il rotolo e glielo porse.

“Aspetta” ordinò Hiraga. “Dallo a me!” Raiko ubbidì e chinò nuovamente il capo. Lo shishi lesse il breve documento. “Questo va bene, Taira-sama, firmerai dopo” disse tornando all'inglese. “Questa donna...” Furente indicò Raiko. “Questa donna dice fatto errore, dice Fujiko implora onore vederti subito e molto dispiaciuta errore. Errore di Raiko. Baka!” La schiaffeggiò e in giapponese aggiunse: “Tratta questo signore come si deve o ti distruggerò la casa!

Assicurati che Fujiko sia pronta, prontissima. Adesso!”.

“Hai, Hiraga-sama!” Tra mille scuse Raiko scappò via.

Non appena al sicuro ridacchiò soddisfatta della propria recita, del gioco di Hiraga e dell'affare concluso.

Sollevato, Tyrer lo ringraziò, troppo felice per chiedersi come mai il suo amico avesse potuto fare cambiare idea a Raiko in così breve tempo.

Ci sono sottigliezze tra questa gente che non capiremo mai. “Firmerò il contratto e lo riporterò domani.”

“Prendi tempo, fai aspettare cagna.” Hiraga sorrise e gli porse il rotolo. “Adesso porto da Fujiko. Ikimasho.“

“Domo arigato gozaimashita.”

Tyrer si inchinò come avrebbe fatto un giapponese in segno di riconoscenza per un grande favore.

“Amico aiuta amico” disse Hiraga con semplicità.

Capitolo 57


 

Più tardi, quella sera stessa, Tyrer si svegliò completamente appagato.

Il suo orologio segnava le nove e venti.

Fujiko dormiva accanto a lui, i futon e i copriletto puliti e profumati come lei erano caldi e confortevoli, molto più del suo letto abituale, un duro materasso di paglia e pesanti coperte di lana che puzzavano di umidità.

La carnagione di Fujiko era dorata alla luce delle candele, la stanzetta era calda e accogliente, il vento agitava il tetto, gli shoji e le fiamme.

Dormo ancora un pò, pensò, poi me ne vado.

Che sciocco sei.

Non c'è bisogno di rientrare questa notte.

Tutti i documenti per l'incontro di domani con Yoshi sono pronti, la copia del trattato in inglese e in giapponese è nella valigia di zia Willie ed è stata ricontrollata oggi pomeriggio.

Il piano di battaglia concordato contro Sanjiro di Satsuma è pronto in cassaforte in attesa di essere firmato da Willie e Ketterer.

Posso alzarmi all'alba, fresco come una rosa: dopo gli shock-u che mi hanno dato Hiraga e Raiko mi merito una tregua. Sorrise di quella storpiatura molto giapponese.

Sospirò felice. Buon vecchio Nakama, no, Hiraga. Sbadigliò e chiuse gli occhi. Si rannicchiò più vicino e Fujiko senza svegliarsi si aprì in un abbraccio.

In un'altra zona del giardino Hinodeh aspettava con impazienza André che, come Raiko le aveva detto, sarebbe arrivato da un momento all'altro.

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