“Sì, Tsuki-chan?” La maiko scostò di qualche centimetro la porta e inginocchiatasi le guardò con un sorriso innocente. “Spiacente di disturbare, ma lo shoya Ryoshi, l'anziano del villaggio, chiede di incontrarvi insieme alla vostra ospite.” Raiko corrugò la fronte. “La mia ospite?”
“Sì, signora.” Toccò a Meikin corrucciarsi. “E' sua abitudine venire a rendere omaggio ai tuoi visitatori?”
“Soltanto i più importanti, e senza dubbio tu sei molto importante, la tua presenza onora tutti noi. Certo è stato messo al corrente del tuo arrivo. La sua rete di informatori giunge ovunque, Meikin-chan, ed è assolutamente fidato... oltre a essere il capo del Gyokoyama di Yokohama.
Dobbiamo riceverlo?”
“Sì, ma solo per un momento. Fingerò un'emicrania così potremo continuare a chiacchierare in pace fino all'ora di cena.”
“Piccolina, fai entrare lo shoya” ordinò Raiko, “ma prima di' alle cameriere di portare dell'altro tè e del sakè caldo e di far sparire questi bicchieri e nascondere il mio brandy.
Meikin-chan, se lo shoya sapesse che posso rifornirmi di questo nettare verrebbe ad assillarmi tutti i giorni!”
La stanza venne rassettata in fretta e il tavolo tornò impeccabilmente pulito; le due donne si rinfrescarono l'alito con delle erbe e infine lo shoya venne fatto accomodare. “Vi prego di scusarmi, signore” disse con apparente ansietà inginocchiandosi e inchinandosi ripetutamente in risposta ai loro inchini.
“Vi prego di scusare le mie cattive maniere che mi spingono a presentarmi senza appuntamento, ma desideravo rendere i miei omaggi a un'ospite tanto augusta e darle il benvenuto nel mio villaggio.” Entrambe furono sorprese da quell'atteggiamento tanto formale da sembrare quasi ostile: in fondo non si trattava di un'occasione ufficiale.
Meikin non aveva mai incontrato lo shoya ma ne aveva sentito parlare dal suo funzionario del Gyokoyama come di un uomo integro, perciò replicò con il tono cortese ed entusiasta che si addiceva a un'eminente mama-san della più grande città del mondo e si complimentò con lui per lo stato delle cose nello Yoshiwara e per quel poco che aveva visto del villaggio.
“La vostra reputazione è ottima, shoya.”
“Grazie, grazie”
“Tè o sakè?” domandò Raiko.
Lo shoya esitò, sembrò sul punto di dire qualcosa, si fermò. L'atmosfera nella stanza cambiò di colpo. Fu Raiko a rompere il silenzio. “Scusate, shoya, ma cosa succede?”
“Spiacente...” Si rivolse a Meikin: “Molto spiacente, signora, voi siete una stimata cliente della nostra compagnia. Io, io...” con mano tremante prese un foglietto dalla manica e glielo porse. Meikin si limitò a gettargli un'occhiata.
“Di cosa si tratta? Cosa c'è scritto? Non posso leggere una grafia così minuscola.”
“E' ... è un messaggio portato da un piccione viaggiatore.”
E a quel punto sembrò che lo shoya, incapace di parlare, non potesse far altro che indicare il foglietto con espressione attonita.
Trasalendo Raiko lo afferrò e si avvicinò alla luce. Scrutò i minuscoli caratteri, impallidì e barcollò come fosse sul punto di perdere i sensi e si lasciò cadere pesantemente sulle ginocchia. “Dice: Un tentativo di assassinare il principe Yoshi all'alba, nel villaggio di Hamamatsu, è fallito.
L'assassino solitario è stato ucciso dallo stesso principe. Nell'attacco è morta la signora Koiko. Informate la Casa del Glicine della nostra grande tristezza. Seguiranno altre informazioni. Namu Amida Butsu...” Meikin era diventata cerea. Koiko morta, mormorò.
“Deve trattarsi di un errore” gridò Raiko carica di angoscia, “non può che essere un errore! Koiko morta?
Quando è accaduto? Non c'è la data!
Shoya, quando... deve essere una menzogna, deve essere una menzogna...”
“Spiacente, ma la data è in codice nell'estremità in alto a sinistra del foglietto” mormorò lui in risposta. “E' accaduto ieri intorno all'alba.
Alla stazione di cambio della Tokaidò, Hamamatsu. Nessun errore, signore, oh no, molto spiacente.”
“Namu Amida Butsu! Koiko? Koiko è morta?” Meikin la fissò per qualche istante senza vederla, gli occhi velati di lacrime, poi perse i sensi.
“Cameriere!”
Le ragazze arrivarono di corsa portando sali e asciugamani freddi e si affannarono intorno a Meikin e a Raiko che cercava di ritrovare il controllo di sé, ansiosa di scoprire quali conseguenze avrebbe avuto per lei quella faccenda.
Si domandò persino se Meikin fosse poi una persona così fidata o se non andasse considerata un pericolo da evitare.
Lo shoya restava immobile in ginocchio.
Gli era stato necessario, e ancora lo era, fingere di essere sgomento e timoroso per il fatto di dover portare quelle cattive notizie, mentre in realtà era felice di essere vivo e di poter osservare quegli straordinari avvenimenti.
Non aveva dato alle due donne il secondo foglietto che era rivolto solo a lui e diceva, in codice: L'assassino era una donna, Sumomo. Si ritiene che Koiko fosse implicata nel complotto e dopo essere stata ferita dallo shuriken è stata decapitata dal principe Yoshi.
Preparatevi a chiudere i conti di Meikin. Evitate di menzionare Sumomo. Trattate Hiraga come un tesoro nazionale: le sue informazioni adesso hanno un valore inestimabile.
Insistete per ottenerne altre, come da accordi i finanziamenti alla sua famiglia sono giunti. Abbiamo urgente bisogno di conoscere a qualsiasi costo i piani di guerra dei gai-jin.
Nel momento stesso in cui aveva ricevuto il messaggio aveva controllato i suoi libri contabili per scoprire a quanto ammontava il debito della sua filiale nei confronti di Meikin.
In realtà conosceva tutte le cifre scritte in quel libro a memoria e non avrebbe avuto alcuna necessità di consultarlo. Non c'era motivo di preoccuparsi.
Quando Meikin sarebbe stata uccisa dal principe Yoshi, o anche qualora fosse riuscita a sfuggire alla trappola, la banca ne avrebbe comunque ricavato un profitto.
Se non fosse sopravvissuta un'altra mama-san avrebbe preso il suo posto e la banca avrebbe usato i suoi beni per patrocinare la sostituzione.
Il Gyokoyama monopolizzava tutti i servizi bancari dello Yoshiwara, un'immensa e permanente fonte di reddito.
Com'è ironica la vita, pensò lo shoya, chissà che cosa avrebbero pensato quelle due donne se avessero saputo perchè il Gyokoyama era così forte? Uno dei segreti del loro zaibatsu riguardava il fondatore, anzi la fondatrice, una donna di genio, una mama-san.
Agli inizi del 1600, con l'entusiastica approvazione dello shògun Toranaga, questa mama-san aveva progettato un quartiere chiuso nel quale in futuro si sarebbero dovute trovare tutte le case di piacere di Edo, da quelle di più alto livello a quelle più infime, a quell'epoca i postriboli erano sparsi ovunque nella città, e lo aveva chiamato Yoshiwara, il luogo dei giunchi, dall'area che Toranaga le aveva concesso.
Poi aveva creato una nuova classe di cortigiane, le geishe, istruite nelle arti, che di regola non erano disponibili per il sesso.
Poi cominciò a prestare denaro concentrandosi soprattutto sullo Yoshiwara di Edo, ma entro breve allungò i suoi tentacoli in tutti gli Yoshiwara che via via nascevano nel paese.
Lo shògun Toranaga aveva saggiamente previsto che in quei quartieri i fornitori e i clienti sarebbero stati più facilmente controllabili e quindi più facilmente tassabili.
Per concludere, evento incredibile a quell'epoca, in un modo o nell'altro, e ancora nessuno sapeva esattamente come, persuase lo shògun Toranaga a concedere al figlio maggiore il titolo di samurai.
In breve anche gli altri figli prosperarono, come costruttori navali, commercianti di riso, sakè e birra, e i loro discendenti oggi possedevano o controllavano in segreto una vasta rete di affari. Dopo alcuni anni ottenne che il ramo samurai della famiglia assumesse il nome Shimoda. Ora gli Shimoda erano daimyo per diritto ereditario del piccolo ma ricco feudo che portava il loro nome, a Izu.
Era stata lei a volere l'iscrizione sul cancello dello Yoshiwara: La passione non può attendere, deve essere soddisfatta. Era morta all'età di novantadue anni. Il suo nome era Gyoko, signora fortuna.
“Shoya” disse Meikin tra i singhiozzi, “vi prego di dirmi che cosa devo fare.”
“Dovete attendere, signora, avere pazienza e attendere” rispose lui esitando e indossando ancora la sua maschera di inquieta sollecitudine.
Non gli sfuggì tuttavia che sebbene la donna singhiozzasse in modo straziante i suoi occhi erano diventati freddi come il ghiaccio.
“Aspettare? Cosa devo aspettare? Certo che aspetterò, ma cos'altro devo fare?”
“Noi... noi non conosciamo ancora... non conosciamo ancora tutti i dettagli dell'accaduto, signora. Molto spiacente, ma ritenete possibile che la signora Koiko facesse parte del complotto?” le domandò affondando di più il coltello nella ferita per il puro piacere di farla soffrire.
Benché il Gyokoyama non avesse prove, si sospettava che Meikin fosse un'affiliata di sonno-joi e avesse un legame con il Corvo, malgrado i loro sottintesi e avvertimenti i un altro dei motivi per cui era stata spinta ad acquistare scorte di riso per il futuro, non soltanto saggio investimento ma anche garanzia voluta dalla banca nel caso di un'accusa e una condanna.
“Koiko parte del complotto? La mia bellezza, il mio tesoro? Certo che no” sbottò Meikin, “certo che no.”
“Meikin-san, quando il principe Yoshi ritornerà vi manderà certamente a chiamare, in fondo eravate la mama-san di Koiko. Nel caso, spiacente, nel caso qualche nemico avesse mormorato contro di voi, sarebbe saggio avere... disporre di segni... del... del vostro rispetto.”
Non c'era nessun motivo perchè le due donne chiedessero: quali nemici? Il successo suscita gelosia e rancore in ogni ambiente, soprattutto tra gli amici più cari, e nel Mondo Fluttuante, un mondo tutto di donne, più che altrove. E sia Meikin che Raiko erano donne di successo.
Superato lo sconcerto iniziale, Meikin si stava concentrando per cercare una via di scampo nel caso Yoshi sospettasse di lei. Koiko poteva averla denunciata, o lui disponeva addirittura delle prove che entrambe sostenevano sonno-joi e gli shishi e conoscevano Katsumata.
Un'autentica via di fuga non esisteva, non c'era modo di assumere un'altra identità o di ricrearsi un'esistenza altrove, il Giappone era troppo ben diviso in compartimenti stagni.
Ovunque nel paese dieci capifamiglia formavano un'unità base responsabile dei loro comportamento e dell'obbedienza alla legge, dieci di queste unità formavano un altro gruppo altrettanto responsabile e così via fino all'ultimo legiferatore: il daimyo.
Perciò non c'era scampo per lei in nessun luogo. “Che cosa potrei mai dare al grande principe Yoshi?” domandò con voce roca e in preda a un grande malessere.
“Forse delle... delle informazioni,”
“Che genere di informazioni?”
“Non saprei, spiacente” rispose lo shoya fingendo una tristezza che non provava. Il giorno seguente si sarebbe potuto comportare in un altro modo, ma per quella sera doveva fingere ancora e consentire alle due donne di non perdere la faccia, indipendentemente da quello che pensava della loro stupidità.
Perché era molto stupido abbracciare una causa sovversiva per via di un uomo, soprattutto quando gli uomini sopravvissuti tra gli shishi erano ormai pochi, essendo quasi tutti dispersi o uccisi, e soprattutto quando non facevano altro che commettere l'unico errore imperdonabile: fallire continuamente nel loro intento.
“Non saprei, signora, ma il principe Yoshi deve essere preoccupato, molto preoccupato, per quello che sono in procinto di fare i vili gai-jin con la loro flotta.
Si preparano alla guerra, vero?” Appena pronunciate queste parole si rese conto che lo sguardo di Meikin era diventato duro come la pietra fissandosi per un istante su Raiko, la quale a sua volta era arrossita. Ah, pensò allegramente, lo sanno già, e come potrebbe essere diversamente se vanno a letto con gli odiati gai-jin! Per tutti gli dei, se gli dei esistono, il Gyokoyama deve essere messo al più presto al corrente di tutto quello che sanno.
“Questo genere di informazioni potrebbe... potrebbe alleviare le sue sofferenze” disse annuendo saggiamente da quel buon banchiere che era. “Nonché le vostre.”
A cinquanta passi di distanza, in una casetta nascosta nei giardini, Phillip Tyrer era seduto nella posizione del loto. Appena uscito da un bagno, sazio di cibo e di sakè, era nudo sotto la yukata e in uno stato di estasi.
Inginocchiata accanto a lui Fujiko gli massaggiava con mani sapienti i muscoli del collo cercando i punti dove il dolore si mescola al piacere. Indossava anche lei una yukata e portava i capelli sciolti.
Ora gli si avvicinò di più, con delicatezza gli morse il lobo dell'orecchio, verso il centro, dove l'effetto è più erotico, accrescendo il piacere con la lingua.
Le sue dita gli massaggiavano sensualmente le spalle senza mai interrompersi, cancellando le preoccupazioni, l'incontro con sir William e Seratard in cui aveva aiutato il suo capo a fronteggiare il francese e i suoi continui tentativi di guadagnare un minuscolo vantaggio quando, a onor del vero, aveva pensato Tyrer, il viscido infame non disponeva che di due mediocri navi da opporre alla loro superba flotta.
E gli equipaggi britannici erano formati da uomini, non da sicofanti!
Aveva preso appunti e trascritto i due piani di battaglia in un inglese impeccabile e in un francese diplomatico per i loro rispettivi governi nonché in un linguaggio più comprensibile per l'ammiraglio e il generale, insieme agli ordini che questi avrebbero dovuto eseguire.
Il tempo era volato e l'emicrania era diventata sempre più intensa.
Tuttavia André all'incontro del mattino si era rivelato un aiuto prezioso e, ben preparato, aveva fornito in continuazione idee e date manovrando i due grand'uomini in modo da farli giungere a un accordo e a una decisione, decisione sulla quale tutti e quattro avevano giurato di mantenere il segreto.
Infine era uscito di soppiatto dalla Legazione affrettandosi attraverso il ponte, aveva bussato a una porta che immediatamente era stata aperta da Raiko in persona. Accolto con un inchino, era stato fatto accomodare attraverso il giardino, accompagnato nella sala da bagno, lavato e nutrito. Ma la cosa più importante di tutte era che Raiko avesse finalmente cominciato a trattarlo come l'importante funzionario che era.