Gai-Jin (33 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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In quanto al Messico, adesso che è chiaro che quell'arraffone di Napoleone Terzo è deciso a farne un dominio francese, abbiamo richiamato il nostro esercito. Carestie e sommosse in tutta Europa.” McFay esitò. “Desiderate qualcosa?”

“Uno stomaco nuovo.” Struan gettò un'occhiata alla busta che stringeva ancora chiusa in una mano.

“Lasciatemi il giornale, Jamie, esaminate la posta e poi tornate per decidere come organizzarci prima della mia partenza.” Un rumore improvviso li fece voltare verso la porta semiaperta. Sulla soglia c'era Angélique, avvolta in un'elegante vestaglia.

“Ciao, chèri” salutò. “Mi sembrava di aver sentito delle voci. Come stai oggi? Buongiorno, Jamie.

Malcolm, hai un aspetto decisamente migliore, vuoi qualcosa?”

“No, grazie. Entra, siediti pure. Sei magnifica. Hai dormito bene?”

“Non proprio, ma non importa” rispose lei, benché avesse dormito splendidamente.

Lo sfiorò con dolcezza come una nuvola profumata e poi sedette. “Facciamo colazione insieme?” McFay distolse l'attenzione da lei. “Tornerò dopo aver sistemato le cose. Ne parlerò anche con George Babcott.” Quando la porta fu richiusa Angélique accarezzò la fronte di Struan.

Lui le afferrò la mano con amore. La busta scivolò sul pavimento. La raccolse aggrottando la fronte. “Perché sei così triste?”

“E' morto papà.” La sua tristezza la commosse. Non le era difficile piangere; riusciva a farlo a comando, fin dall'infanzia, poiché aveva imparato molto presto quale effetto facessero le lacrime sugli adulti, soprattutto sugli zii. E per provocarle le bastava pensare alla madre morta dando alla luce suo fratello.

“Ma Angélique” rispondeva sempre la zia in tono piagnucoloso, “il piccolo Gerard è il tuo unico fratello, non ne avrai mai un altro nemmeno se quel buono a nulla di tuo padre si risposasse, perchè in questo caso sarebbe soltanto un fratellastro.

“Io lo odio.”

“Non è stata colpa sua, povero ragazzo, è stato un parto difficile.”

“Non m'importa. Ha ucciso maman, l'ha uccisa!”

“Non piangere, Angélique.”

E adesso Struan stava dicendo le stesse parole mentre le lacrime scendevano copiose e la sua tristezza era sincera. Povero Malcolm che aveva perso il padre. E' gentile con me, tanto gentile. Povero Malcom che cerca di essere coraggioso. Non importa, presto starà meglio, e poi adesso è molto più facile stare nella sua stanza, adesso che non c'è più quell'odore, che non c'è quasi più odore. Lo spettro improvviso di suo padre le venne alla mente: “Non dimenticare che questo Malcolm erediterà tutto molto presto, navi e potere e...”.

“Non ci voglio pensare. Né... né al resto.” Si asciugò gli occhi. “Raccontami tutto.”

“Non c'è molto da dire. Papà è morto. I funerali si sono svolti tre giorni fa e io devo tornare subito a Hong Kong.”

“Subito. Certo... ma quando starai bene.” Si protese per baciarlo.

“Cosa farai una volta laggiù?” Con fermezza Malcolm rispose: “Sono l'erede. Sono il tai-pan”.

“Il tai-pan della Nobil Casa?” Riuscì a far sembrare la sua sorpresa genuina e con delicatezza aggiunse: “Malcolm, caro, è terribile per tuo padre, tuttavia.... tuttavia in un certo senso non inaspettato, vero? Mio padre mi ha raccontato che era ammalato da molto tempo”.

“Ce l'aspettavamo, sì.”

“E' triste... ma... tai-pan della Nobil Casa, però, posso essere la prima a congratularmi?” Gli fece una riverenza degna di un re e tornò a sedersi compiaciuta di se stessa. Malcolm la guardava in modo strano.

“Cosa c'è?”

“Niente. Solo che tu, tu mi fai sentire così orgoglioso, così bene.

Vorresti sposarmi?” Angélique ebbe un tuffo al cuore. Arrossendo cercò d'essere prudente, di non precipitare le cose; si chiedeva se fosse meglio adeguarsi alla serietà di Malcolm o abbandonarsi all'entusiasmo e cercare di farlo sorridere.

“Là” disse con aria scherzosa facendosi aria con un fazzoletto. “Si, vi sposerò monsieur Struan, ma soltanto se voi...” esitò prima di aggiungere: “soltanto se vi riprenderete in fretta, se mi obbedirete senza mai discutere, se avrete teneramente cura di me, se il vostro amore per me non avrà limiti, se costruirete un castello sul picco di Hong Kong e un palazzo sugli Champs Elysées, se allestirete un bastimento come letto nuziale, una stanza per i bambini tutta d'oro, e ci troverete una proprietà in campagna di un milione di ettari!”.

“Sii seria, Angélique, ascoltami. Io non scherzo!”

Oh, ma sono seria, pensò, felice adesso che lui le sorrideva.

Gli diede un altro bacio lieve, ma questa volta sulle labbra, pieno di promesse.

“Ecco, monsieur, ma non beffatevi di questa giovane fanciulla indifesa.”

“Non mi sto beffando di te, lo giuro davanti a Dio! Mi vuoi sposare?” Parole decise eppure Malcolm non era neppure in grado di mettersi seduto o allungare un braccio per stringerla a sé.

“Ti prego.” Angélique lo guardò con occhi scherzosi.

“Forse, quando sarai guarito... e soltanto se mi obbedirai senza mai discutere, se avrai cura di me...” Un altro irresistibile sorriso. “Forse si, monsieur Struan, ma prima dobbiamo conoscerci, poi dobbiamo fidanzarci e poi, monsieur le tai-pan de la Noble Maison, perchè no?”

“Allora la risposta è sì?” Tanto bastava a Malcolm per sentirsi felice.

Per alcuni lunghi secondi lei non parlò, poi con tutta la tenerezza di cui era capace disse: “Prenderò seriamente in considerazione la proposta, ma prima mi devi promettere di guarire in fretta”.

“Guarirò, te lo giuro.”

Si asciugò le ultime lacrime.

“Ora, Malcolm, leggi la lettera di tua madre per favore e io resterò seduta qui accanto a te.”

Il cuore gli batteva forte e la felicità gli aveva fatto dimenticare il dolore. Ma le sue dita non erano così abili e faticò a rompere il sigillo.

“Ecco, angelo, vuoi leggerla tu per me se non ti dispiace?” Angélique ruppe il sigillo e osservò la bizzarra scrittura sul foglio.

 

“Mio amato figlio”

 

lesse ad alta voce

 

“con grande tristezza ti comunico che tuo padre è morto e che adesso il nostro futuro è nelle tue mani.

E' morto nel sonno, pover'uomo, e i funerali si svolgeranno fra tre giorni.

I morti devono aver cura dei morti e noi vivi dobbiamo continuare a lottare finché abbiamo vita.

Il testamento di tuo padre ti conferma erede e tai-pan, ma affinché la successione sia legale deve avvenire con una cerimonia alla quale, secondo il legato del tuo amato nonno, io e il compratore Chen dovremo presenziare in qualità di testimoni. Sistema dunque i nostri interessi in Giappone come avevamo stabilito e torna appena puoi.

La tua devota madre.”

 

Gli occhi di Angélique si riempirono nuovamente di lacrime perchè una fantasticheria improvvisa l'aveva fatta identificare con la madre che scriveva al figlio.

“E' tutto? Nessun postscriptum?”

“No, chèri, nient'altro, soltanto “tua devota madre”. Che donna coraggiosa. Mi piacerebbe essere coraggiosa come lei.”

Assorta nelle emozionanti novità di quegli ultimi minuti, restituì la lettera a Malcolm e si recò alla finestra affacciata sul porto. Quando la spalancò l'aria fresca cancellò l'odore che aleggiava nella stanza. Cosa fare? Aiutarlo a precipitarsi a Hong Kong lontano da quel posto dannato? Un momento... sua madre sarà favorevole alle nozze? Non lo so. Io lo sarei al suo posto? So di non esserle piaciuta durante le poche occasioni in cui ci siamo incontrate; è una donna altera, ma Malcolm dice che si comporta così con tutti gli estranei. “Aspetta di conoscerla, Angélique, è una donna magnifica e forte... “

La porta si spalancò senza preavviso e Ah Tok entrò reggendo un vassoio con il tè. “Neh hoh mak, padrone” disse con un sorriso che mostrava i due denti d'oro di cui andava tanto fiera. “Dormito bene padrone?” Malcolm rispose in un ottimo cantonese fluente: “Smettila di parlare in modo incomprensibile”.

“Ayeeyah.” Ah Tok era la amah personale di Struan e si prendeva cura di lui fin da quando era nato.

Autoritaria e dispotica, aveva occhi solo per lui e ignorava Angélique con ostentazione. Era una donna di cinquantasei anni, tarchiata e robusta, indossava il tradizionale camiciotto bianco con i pantaloni neri. La lunga treccia che le scendeva sulle spalle significava che aveva scelto di essere amah e di restare casta per non correre il rischio di avere dei figli propri che la distogliessero dal suo primo dovere.

I due servitori cantonesi che l'avevano seguita nella stanza portavano asciugamani e acqua calda per lavare Struan. Ah Tok ordinò loro di chiudere la porta. “La padrona vuole guardare?” chiese indicando Angélique.

“Tornerò dopo, chèri.” Struan si limitò ad annuire con un sorriso e poi tornò a fissare assorto la lettera.

Angélique uscì lasciando socchiusa la porta, Ah Tok borbottò qualche parola di disapprovazione e andò a richiuderla di persona. Quindi ingiunse ai due domestici di affrettarsi con le abluzioni e versò a Malcolm una tazza di tè.

“Grazie, madre” disse Malcolm in cantonese usando l'abituale titolo onorifico con cui per tradizione ci si rivolgeva alla persona che accudiva e proteggeva il padrone e lo teneva tra le braccia fin dalla prima infanzia.

“Brutte notizie, figlio” disse. Le novità si erano già diffuse nella comunità cinese.

“Brutte notizie.” Malcolm sorseggiò il tè. Era molto buono.

“Quando avrai fatto il bagno ti sentirai meglio e potremo parlare. Il tuo onorabile padre era in ritardo per il suo appuntamento con gli dei.

Adesso è arrivato e tu sei tai-pan, così il male si trasforma in bene. Più tardi ti porterò un tè speciale che ho comprato solo per te e che curerà la tua malattia.”

“Grazie.”

“Mi devi un tael d'argento per le medicine.“

“La quinta parte.”

“Almeno la metà.”

“Almeno la ventesima parte, madre.”

Mercanteggiare con lei era d'obbligo.

“E se vuoi discutere ancora ti ricorderò che ti ho già anticipato lo stipendio di sei mesi per le spese del funerale di tua nonna, il suo secondo funerale a voler essere precisi.” Uno dei servitori ridacchiò ma Ah Tok finse di non vederlo. “Se lo dici tu, tai-pan.” Usò il titolo con delicatezza perchè era la prima volta che si rivolgeva a lui in quel modo, e intanto non lo perdeva d'occhio.

Poi spronò i due che lo lavavano con cura e attenzione: “Sbrigatevi col vostro lavoro. Mio figlio il tai-pan deve sopportare la vostra presenza tutto il giorno?”.

“Ayeeyah” rispose poco saggiamente uno dei due.

“Fa' attenzione, fornicatore senza madre” ribatté lei a bassa voce in un dialetto che Struan non capiva. “Sbrigatevi e basta, e se graffi mio figlio mentre gli fai la barba ti farò il malocchio. Tratta mio figlio come la giada imperiale oppure ti polverizzerò il tuo frutto... e non ascoltare chi ti è superiore.”

“Superiore? Ayeeyah, vecchia, tu vieni da Ning Tok, un merdoso villaggio di tartarughe famoso soltanto per le sue scorregge.”

“Un tael di argento dice che una vecchia civilizzata può batterti cinque volte su sette a majong questa sera.”

“Accetto!” ribatté l'uomo in tono bellicoso benché Ah Tok fosse una giocatrice esperta.

“Cosa succede?” chiese Struan.

“Chiacchiere di servi, niente di importante, figlio.”

Quand'ebbero finito di lavarlo gli infilarono una camicia da notte pulita e inamidata.

“Grazie” disse Struan rinfrescato. I servi si inchinarono rispettosamente e scomparvero.

“Ah Tok, chiudi la sua porta senza far rumore.” La donna obbedì. Avvicinandosi alla camera comunicante sentì il fruscio delle vesti della ragazza. Decise che avrebbe vigilato su quella straniera. Una diavolessa nasuta, una puttana brutta come un rospo con una porta di giada così affamata che una persona civilizzata può quasi sentirla salivare...

“Accendimi la candela, per favore.”

“Eh? Ti fanno male gli occhi, figlio?”

“No, niente del genere. Ci sono dei fiammiferi nello scrittoi.” I fiammiferi, un recente brevetto svedese, venivano di solito tenuti sotto chiave perchè erano molto ambiti e avevano la sgradevole abitudine di scomparire. I piccoli furti in Asia erano endemici. Ah Tok ne accese uno maldestramente; non capiva perchè mai si accendessero soltanto se sfregati contro il fianco della loro scatola. Malcolm gliel'aveva spiegato ma lei si era limitata a brontolare contro l'ennesima diavoleria straniera.

“Dove la vuoi la candela, figlio?” Lui indicò il comodino.

“Qui. Adesso lasciami solo per qualche minuto.”

“Ma dobbiamo parlare, ci sono tante cose da organizzare.”

“Lo so. Ma aspetta fuori dalla porta e tieni lontano chiunque fino a quando non ti chiamerò.” Ah Tok uscì brontolando. Tutte quelle chiacchiere e le cattive notizie l'avevano sfinito, tuttavia Malcolm riuscì a tenere la candela in equilibrio sul letto, poi si riadagiò per prendere fiato.

Quattro anni prima, in occasione del suo sedicesimo compleanno, la madre l'aveva portato sul picco per parlargli: “Ormai sei abbastanza grande per venire a conoscenza di alcuni segreti della Nobil Casa.

Ci saranno sempre segreti per noi. Di alcuni tuo padre e io non ti metteremo e conoscenza fino a quando non sarai diventato tai-pan. Io ne terrò per me alcuni che non racconterò a tuo padre e altri che non racconterò a te.

Altri ancora dividerò con te ora ma tacerò a lui e ai tuoi fratelli. In nessun caso questi segreti dovranno essere condivisi con altri. Nessun altro.

Devi prometterlo davanti a Dio!

“Si, mamma, lo prometto.”

“Primo: forse un giorno potremo aver bisogno di scambiarci informazioni personali o pericolose in una lettera privata. Non devi mai dimenticare che gli scritti possono essere sempre letti da occhi nemici.

Tutte le volte che ti scriverò aggiungerò P.S.: Ti voglio bene. Tu farai lo stesso, sempre, senza fallo. Ma quando non ci sarà la scritta P.S.: Ti voglio bene, vorrà dire che la lettera contiene informazioni importanti e segrete che io voglio farti pervenire o che tu vuoi fare pervenire a me e a nessun altro. Guarda bene!” Accese alcuni fiammiferi e vi avvicinò fin quasi a bruciacchiarlo un foglio che aveva preparato. Come per miracolo comparve un messaggio nascosto: Buon compleanno. Sotto il tuo cuscino c'è un assegno di diecimila sterline. E' un segreto, spendile bene.

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