Gai-Jin (189 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Sulla tunica era ricamato un mon con i cinque emblemi di un ordine monastico guerriero.

 

Questi autentici ordini militari erano formati da samurai che avevano rinunciato definitivamente o temporaneamente alla loro condizione per servire Budda.

Predicavano ed erravano di villaggio in villaggio da soli o in gruppo per compiere opere buone, scagionare ladri e banditi e difendere i poveri dai ricchi e i ricchi dai poveri... e a volte anche i monasteri. A meno che non si dimostrassero troppo violenti, la Bakufu e la maggior parte dei daimyo lì tolleravano.

La sera prima al tramonto Katsumata aveva attraversato la barriera con baldanza, i suoi documenti falsi erano perfetti. Era in ritardo di un giorno e nonostante non fosse atteso Raiko gli aveva dato subito la migliore casetta disponibile. A differenza degli altri shishi Katsumata apparteneva a una famiglia ricca e portava sempre con sé molti oban d'oro.

“Una chiesa” ripeté assaporando l'idea! “non ci avrei mai pensato.

Sul luogo dell'attentato potremmo lasciare un messaggio che attribuisca l'azione a Yoshi, al tairò Anjo e al Roju e che intimi ai gai-jin di lasciare le nostre coste.

Dobbiamo assolutamente vendicarci di Yoshi.” Si asciugò con stizza la schiuma agli angoli della bocca. “Yoshi è il nostro nemico supremo. Uno di noi lo deve affrontare, a Kyòto ha ucciso troppi combattenti, alcuni addirittura di persona, con il fucile. Se potessi gli tenderei un'imboscata io stesso. Ma c'è tempo. Bene, bruceremo la chiesa.”

Hiraga si sentiva a disagio perchè Katsumata gli sembrava strano, diverso: era diventato impaziente e si comportava come un daimyo, come se Hiraga fosse un goshi che prendesse ordini da lui. Io sono il capo degli shishi choshu, pensò furente, non uno studente agli ordini di un sensei satsuma, per quanto famoso.

“Yokohama si trasformerebbe in un vespaio. E io dovrei andarmene e abbandonare un lavoro importantissimo per la nostra causa. La situazione qui è molto delicata, sensei. Abbiamo bisogno di un piano, per esempio dove potremmo scappare nell'evenienza?”

“A Edo.” Katsumata lo fissò. “Che cos'è più importante, sonno-joi o il tuo rifugio sicuro tra i nemici gai-jin?”

“Sonno-joi” rispose subito Hiraga con sincerità. “Ma è importante per noi imparare quello che i gai-jin sanno. Conosci il tuo nemico come...”

“Non ho bisogno di citazioni, Hiraga, ma di azioni. Stiamo perdendo la battaglia, Yoshi sta vincendo. Abbiamo un'unica possibilità: aizzare i gai-jin contro la Bakufu e lo shògunato. Sonno-joi ne trarrebbe un enorme vantaggio.

Questa azione ha l'assoluta precedenza, ne abbiamo disperatamente bisogno. Ci permetterà di riconquistare la faccia e le forze perdute, i combattenti accorreranno sotto il nostro stendardo e mentre gli shishi sopravvissuti si raduneranno qui e a Kyòto io chiederò rinforzi da Satsuma e da Choshu, così potremo attaccare di nuovo le Porte per liberare l'imperatore.

Questa volta avremo successo perchè Ogama, Yoshi e il maledetto shògunato saranno impegnati nello scontro con i gai-jin ostili. Quando ci saremo impadroniti delle Porte sonno-joi diventerà realtà.” La sua sicurezza era totale.

“E dopo che li avremo provocati, sensei, i gai-jin che cosa faranno?”

“Punteranno i cannoni su Edo e quando lo shògunato contrattaccherà Yokohama verrà distrutta. Perderanno entrambi.”

“Ma in previsione del ritorno dei gai-jin tutti i daimyo correranno in aiuto dello shògunato...”

“I gai-jin non torneranno prima del Quarto o del Quinto mese, se torneranno. Noi ci saremo già impadroniti delle Porte e dietro nostro suggerimento l'imperatore sarà felice di consegnare ai gai-jin i responsabili, Yoshi, Nobusada, Anjo e tutte le teste di cui avranno bisogno per placare la loro sete di vendetta. E sempre su nostro suggerimento il Figlio del Cielo accetterà di lasciarli commerciare senza più muovere guerra contro di loro, ma soltanto da Deshima, nel porto di Nagasaki, come hanno fatto per secoli.”

Katsumata era sempre più convinto.

“Ecco quello che accadrà. La chiesa, certo. E una nave?” Hiraga sussultò. “Attaccare una nave?

“ La sua mente era affollata da una ridda di obiezioni contro l'ipotesi di Katsumata. Non sarebbe certo andata come lui prevedeva. Bisognava assolutamente trovare un modo per distrarlo dai suoi propositi, indurlo ad andare a Edo e a tornare prima di un paio di mesi: le cose a Yokohama con Taira e sir William, Jami-sama e lo shoya stavano andando troppo bene, non era il caso di compromettere tutto. La provocazione contro i gai-jin si poteva tranquillamente rimandare e nel frattempo stabilire una via di fuga in caso di ritirata...

“L'affondamento di una nave li scatenerebbe, non pensi?” Hiraga ammiccò. “Più di... qualsiasi altra cosa.“

“Useremo la chiesa come diversivo e nel frattempo affonderemo una nave, la più grande.”

Ammutolito, Hiraga osservò Katsumata aprire uno zaino. Conteneva quattro tubi di metallo ricoperti di cavi e alcune micce. “Sono pieni di esplosivo, di polvere da cannone. Uno di questi acceso e lanciato attraverso un oblò o un boccaporto oppure appeso alla fiancata della nave basterebbe a squarciarla, due sarebbero fatali.”

Attonito, Hiraga dimenticò tutto il resto. Ne prese uno. La bomba sembrava pulsare nella sua mano.

In cima notò il forellino per la miccia.

Immaginò la miccia sfrigolante e trascinato dalla fantasia si vide far scivolare la prima bomba nel boccaporto più basso, poi la seconda, tornare sulla barca nascosta dalla foschia e osservare da una distanza sicura le scorte di combustibile che scoppiavano a catena provocando una potente esplosione finché la grande nave si inabissava.

E con essa tutti i suoi progetti.

“E' un'idea fantastica, Katsumata” disse. Si sentiva male ma proseguì: “Bisognerà scegliere la giusta luna e il giusto mare e preparare il piano con cura. Il periodo migliore sarebbe la primavera o la prima estate.

Dopo non potrei rimanere qui e... Ho tante cose da raccontarvi sulle mie scoperte”. Stava per lasciarsi sfuggire che adesso parlava bene l'inglese ma si trattenne. “Tra qualche settimana il mio lavoro sarà finito e potrò occuparmi della chiesa e della nave.”

“Incendieremo la chiesa e affonderemo la nave domani notte.”

“Impossibile!” Katsumata lo guardò con fredda ironia rammaricandosi che fosse morto Ori e non Hiraga: Ori era decisamente superiore, forse perchè era un satsuma, non un choshu. “Quante volte devo ripetere che la sorpresa è la nostra arma migliore? La sorpresa e la repentinità. Dov'è Akimoto?”

“Nel villaggio. Ho creduto opportuno non farlo venire adesso” rispose confuso Hiraga.

Dopo l'incontro con Katsumata a Hodogaya non si era confidato con il cugino, gli aveva soltanto detto che Sumomo era morta per mano di Yoshi, tradita da Koiko, evitando di comunicargli il suo sospetto che nessuna delle due si fosse trovata in quella trappola per caso.

E anche noi verremmo inutilmente sacrificati in questo folle progetto che vanificherebbe tutto il mio lavoro. “Domani è troppo presto.

Suggerirei...”

“Per bruciare la chiesa basta un uomo. Akimoto. Dobbiamo procurarci una lancia o una barca da pesca. Puoi trovarne una?”

“Forse” rispose automaticamente Hiraga, frastornato da una miriade di domande e di paure. “Forse riuscirei a rubarne una. Sensei, io...”

“La tua mente è offuscata. I pescatori tolgono sempre i remi dalla barca quando non la usano. Non c'è bisogno di rubarla. Comprala.” Katsumata estrasse dalla tasca un sacchettino di seta e lo posò con noncuranza sul tavolo. “Hiraga, concentrati!” disse con una voce più dura.

“Vivere con i gai-jin ti ha contagiato i loro mali al punto da farti dimenticare il tuo voto per sonno-joi?

Concentrati, il piano è buono, il tempismo perfetto. Sei in grado di comprare una barca?”

“Sì, sì, ma sensei... dove ci ritireremo?”

“La ritirata sarà semplice. Tre di noi, tu, Takeda e io, affonderemo la nave, poi ci porteremo con la barca il più vicino possibile a Edo e ci disperderemo nella città.”

“E l'altro uomo, quello che darà fuoco alla chiesa?”

“Fuggirà a piedi.”

“E' un'azione complessa, dovremmo chiamare in nostro aiuto altri shishi. L'intero territorio diventerà una trappola mortale.”

“Sarà tanto più facile. Quattro uomini bastano. Io guiderò l'attacco contro la nave e se domani ci sarà vento l'incendio dalla chiesa potrebbe estendersi a tutta Yokohama, un altro dono del cielo. Torna stanotte con Akimoto, io preparerò il piano definitivo.”

“Ma... dov'è Takeda?”

“L'ho lasciato a Hodogaya. Mi raggiungerà questo pomeriggio. A più tardi, Hiraga.” Katsumata accennò un inchino per congedarlo.

Hiraga era in preda all'agitazione, ma era stato per troppi anni uno studente adorante e timoroso del sensei, grande stratega e maestro di spada, per non ritirarsi con ubbidienza perfetta. Uscì e si diresse con passo incerto verso l'Insediamento.

Oltre il ponte imboccò la strada che attraversava il villaggio, girò sul lungomare e lo percorse senza mai alzare lo sguardo. La sua mente era affollata da una ridda di cattivi presagi, vedeva il futuro in frantumi, e tutto a causa di un satsuma deciso a forzare il destino.

Ma il sensei ha ragione, rifletté.

Quelle due azioni manderebbero i gai-jin su tutte le furie, la flotta attaccherebbe Edo, Edo brucerebbe e lo shògunato per vendetta distruggerebbe Yokohama. Dopo qualche mese la flotta tornerà con l'esercito. Ormai gli shishi non avranno più il controllo delle Porte, però tutto il Giappone sarà in armi. Ma per i gai-jin sarà lo stesso facile.

In un modo o nell'altro saremo costretti ad aprirci al loro mondo. I gai-jin hanno deciso così. Si insedieranno a Yokohama e altrove perchè hanno il potere di distruggere le nostre coste e di chiudere i nostri porti, anche per sempre se vogliono, e nessun Vento Divino ci aiuterà.

“Ehi, tu, amico, dove stai andando?”

“Oh.” Era di fronte alla Legazione. “'Giorno, signora guardia. Vado da Taira-sama.”

“Non è qui, amico” rispose la sentinella con uno sbadiglio. “Il signor Tyrer è con il capo a Kanagawa.”

“Oh?” Hiraga guardò oltre la baia. Il mare aveva un aspetto invernale.

Kanagawa si intravedeva appena. Una fregata, la Pearl, ondeggiava dolcemente al largo, controvento. Era elegante, pericolosa. In rada, l'ammiraglia con i quaranta cannoni da sessanta libbre ondeggiava all'ancora.

“Verrò più tardi” mormorò.

Sconsolato, tornò al villaggio. Doveva comprare una barca. Per quanto disapprovasse quel piano era prima di tutto uno shishi.

 

Nel primo pomeriggio Seratard brindò con sir William nel quadrato ufficiali della Pearl e si congratulò ancora con lui per il successo dell'incontro.

“Un magnifico passo avanti, Henri, vecchio mio” disse sir William in tono gioviale. Sollevando la bottiglia ne controllò nuovamente l'etichetta. “Niente male per un vino del '48. Anche il cibo era ottimo.”

Sul tavolo erano disseminati i resti del pranzo freddo preparato dal cuoco di Seratard: sformato di piccione, qualche, briciole di pane francese e qualche spicchio avanzato di un formaggio Brie arrivato da Shanghai con l'ultimo mercantile. “Ancora non riesco a credere che Yoshi abbia fatto quell'offerta.”

“Neppure io.

Davvero un'offerta fantastica. Noi addestreremo la marina, voi l'esercito, noi ci occuperemo delle banche e delle dogane.”

“Sognate!” lo interruppe sir William con una risata. “Ma non tocca a noi litigare sulla spartizione, ci penseranno Londra e Parigi.” Ruttò con soddisfazione. “

Alla fine tutto si ridurrà a una questione di prezzo perchè ovviamente dovremo anticipare ai giapponesi il denaro per comprare le navi, le fabbriche e il resto, qualsiasi cifra si dicano disposti a pagare.”

“Sì, ma avremo le solite garanzie, diritti doganali, eccetera.” Risero.

“Ce ne sarà più che abbastanza per i nostri due paesi” affermò sir William senza credere troppo alla nuova prospettiva. “E per favore, Henri, non stuzzicate l'ammiraglio, ho già abbastanza problemi.”

“Va bene, ma lui è così... non importa. E quel Nakama? Stupefacente. Vi è andata bene che non vi abbia ucciso nottetempo, voi siete il loro nemico numero uno. Perché mai avete corso un rischio del genere?”

“Non è armato, e ha aiutato Phillip a imparare il giapponese” rispose sir William.

Per quanto ne sapeva solo loro quattro, Tyrer, McFay, Babcott e lui erano al corrente che quell'uomo parlasse inglese e non vedeva la necessità di comunicarlo ad altri.

“Lo abbiamo tenuto sotto stretta sorveglianza” aggiunse con calma, ma sudava freddo pensando al pericolo scampato.

“Cosa avete intenzione di farne?”

“Quello che ho detto a Yoshi.” Le rivelazioni di Yoshi sui crimini di Nakama e soprattutto sul fatto che fosse ricercato per l'omicidio di Utani, uno degli Anziani, avevano sorpreso tutti i presenti. Sconvolto quasi quanto Tyrer, sir William si era affrettato a dire: “Phillip, dite al principe Yoshi che non appena tornerò a Yokohama aprirò un'inchiesta ufficiale e che se quanto egli afferma verrà confermato consegnerò immediatamente il colpevole alle autorità.

Phillip!”.

Tyrer era ammutolito e fissava Yoshi con uno sguardo assente. André si ricompose e subito cominciò a tradurre, ma dopo qualche frase fu investito dall'ira di Yoshi.

“Lui, ehm, il principe Yoshi dice: Mettete in discussione le mie parole?”

“Ditegli: Niente affatto, principe Yoshi” precisò sir William in tono rassicurante per evitare che la situazione precipitasse. “Tuttavia come voi avete le vostre leggi o i vostri costumi, per esempio, non potete ordinare al daimyo Sanjiro di ubbidirvi, così io devo rispettare la nostra legge, la legge che vige a Yokohama, come chiaramente specificato dai trattati.” André tradusse la risposta: “Sir William, il principe Yoshi dice, ah sì, i trattati. Dice che nel nuovo spirito di amicizia accetta di affidarvi il compito di consegnare... l'assassino. Manderà domani i suoi uomini a prenderlo in custodia.

Quanto ai trattati, signore, dice, ha detto proprio così, che è necessario introdurvi dei cambiamenti, di cui discuteremo tra venti giorni”.

Tyrer intervenne con discrezione: “Scusatemi, sir William, a proposito di Nakama posso suggerire...”.

“No, Phillip, non potete. André, ditegli esattamente: Saremo onorati di discutere le questioni che riguardano i nostri reciproci interessi in qualsiasi momento.” Aveva scelto quelle parole con molta cura e tirò un sospiro di sollievo quando gli giunse la risposta. “Il principe Yoshi vi ringrazia e dice: Ci incontreremo tra venti giorni se non prima, e adesso lui tornerà a Edo con il dottor Babcott.”

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