Gai-Jin (162 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Scusa mio caro, sono davvero una sciocca! Siediti li un momento.” Malcolm obbedì.

Guardandolo con gli occhi lucidi slacciò la cintura di seta, poi i bottoni e lasciò che l'abito cadesse a terra, come aveva pianificato. Restò soltanto con i mutandoni e la sottoveste. Lui cercò di afferrarla ma lei ridacchiando gli sfuggì correndo verso il baule dov'erano il suo specchio e l'acqua di colonia e gli olii, e con calma si mise qualche goccia di profumo dietro le orecchie e sul seno per provocare Malcolm.

Lui la guardava beato, assorbito, incantato ma senza stupore perchè in molte occasioni e con parole diverse lei gli aveva spiegato: “Noi francesi siamo molto diversi da voi, mio caro Malcolm, siamo molto più aperti nelle cose dell'amore, pudichi ma anche sfacciati, molto diversi dagli inglesi.

Crediamo che l'amore dovrebbe essere come un pasto luculliano che coinvolge tutti i sensi, non la pensiamo come le nostre povere sorelle inglesi e i loro fratelli: che è una cosa da fare in fretta e al buio, convinti che l'atto in sé sia squallido e che ci si debba vergognare del proprio corpo. Vedrai, quando saremo sposati...”.

E adesso finalmente lo erano. Lei era sua moglie e civettava per lui, che provava soltanto gioia ed eccitazione. Ringrazio Dio per questo, pensò momentaneamente sollevato: si preoccupava da settimane, ripensando all'episodio con la ragazza dello Yoshiwara procuratagli da Jamie, quando niente era andato per il verso giusto.

“Angel” la chiamò.

Timidamente lei si liberò dei mutandoni e della sottoveste e si avvicinò alla lampada appesa abbassandone lo stoppino per lasciare soltanto quel poco di luce che bastava; ed era molto più bella di come lui l'aveva immaginata, la visione del suo corpo nudo era come un sogno e al tempo stesso una realtà vivida e dolorosa. Con calma si arrampicò dall'altra parte della cuccetta e si sdraiò accanto a lui.

Sussurrando parole d'amore, con mani ansiose e indagatrici, il respiro sempre più affannoso, Malcolm si avvicinò, irrigidendosi un istante per il dolore che sentì, con labbra calde e appassionate.

Le carezze di Angélique erano invece incerte e controllate, tutta la sua mente concentrata nell'immagine di una felice e innocente prima volta quale lui si aspettava, disperatamente decisa a renderlo felice ma anche un pò spaventata.

“Oh Malcolm, oh Malcolm...” mormorò tra i baci pregando che ciò che Babcott le aveva detto in risposta alle sue domande fosse vero: “Non preoccupatevi, per qualche tempo non sarà in grado di cavalcare né di ballare una polka con brio ma questo non è importante perchè potrà pur sempre condurre una carrozza, comandare una nave, guidare la Nobil Casa, fare molti figli ed essere il miglior marito...”.

Il suo bisogno di lui ora era urgente ma lo moderò controllando il desiderio e attenendosi al piano; aiutandolo e guidandolo e poi trattenendo il respiro lo strinse forte, lo ascoltò e si adeguò al suo ritmo fino a quando con un grido lui si accasciò ansante su di lei.

Che strano riuscire a sopportare il suo peso così facilmente, ogni parte di noi sembra combaciare, pensò lei mormorandogli tenere e dolci parole, placando i suoi sussulti, felice che il loro primo amplesso fosse stato portato a termine in modo così piacevole.

Malcolm era semincosciente, perso in qualche strano mondo, senza peso, vuoto, non sentiva niente eppure era sazio d'amore per quella donna che, nuda, era ancora più bella di come l'aveva immaginata. Il suo odore e il suo sapore erano fantastici e gli appartenevano.

Ogni parte di lui era appagata. Ne era valsa la pena. Si sentiva euforico. Adesso lei è mia e io sono stato un vero uomo e lei una vera donna e oh, Cristo, spero di non averle fatto del male.

“Stai bene, Angel?” le domandò con voce roca; anche se i battiti del suo cuore stavano tornando alla normalità faceva ancora fatica a parlare.

“Non ti ho fatto male?”

“Oh no, mio caro... ti amo tanto.”

“Anch'io, anch'io, Angel. Non so dirti quanto.

“ La baciò e cercò di appoggiare il peso del corpo su un gomito.

“No, non ti muovere, non ancora, te ne prego, mi piace... che cosa c'è, caro?” chiese nervosa Angélique irrigidendosi.

“Niente, niente” mormorò lui cercando di ignorare la terribile fitta di dolore che dai lombi era salita fino alla base del cranio appena aveva cercato di spostarsi. Con cautela riprovò, questa volta andò meglio e riuscì persino a trattenere il gemito.

“Non muoverti, Malcolm” gli disse lei teneramente, “Sta' fermo, riposa, mon amour, mi piace il tuo peso, ti prego...” Grato, lui le obbedì cercando di dirle quanto l'amava; era così contento, così incantato, in pace e appagato che scivolò nel sonno e dormì profondamente.

La campana della Prancing Cloud battè un tocco: mezzanotte e mezzo, ma lui non si mosse. Anche lei restò immobile, tranquilla, placata e gratificata, sicura dei suo futuro. Assaporò la quiete della cabina interrotta solo dal legno che scricchiolava e dallo sciabordio delle onde sulla chiglia.

Senza svegliarlo riuscì a scivolargli accanto, si alzò e andò nella sala da bagno a lavarsi. Sospirò chiedendo perdono. Un piccolo taglio con il coltellino. André le aveva spiegato: “Per un uomo è difficile, se non addirittura impossibile dire se una ragazza è vergine o no la prima notte di nozze, quando non ha motivo per sospettare; un pò di paura, un respiro trattenuto al momento giusto, qualche goccia di sangue e l'indomani mattina tutto sarà sereno come dovrebbe essere”.

Che terribile cinico è André, pensò Angélique. Dio mi protegga da lui e perdoni i miei peccati... sono felice di essere sposata e che tra poco sarò a Hong Kong dove non dovrò mai più pensare a lui, ma solo occuparmi del mio Malcolm...

Tornò alla cuccetta quasi a passo di danza. Si infilò sotto le coperte, gli afferrò una mano e chiuse gli occhi immaginando il glorioso futuro che li attendeva. Lo amo davvero tanto.

All'improvviso si risvegliò convinta che ci fosse un altro terremoto.

La cabina era immersa nell'oscurità, e solo una minuscola fiammella nella lampada oscillante era rimasta accesa.

Poi ricordò di averla abbassata lei stessa prima di addormentarsi e capì che il suono che l'aveva svegliata era la campana della nave e non quella della cattedrale durante il terremoto dei suoi incubi. E che aveva pensato a una scossa tellurica soltanto a causa del continuo movimento della nave. Vedendo Malcolm addormentato accanto a lei provò un impeto d'amore, un sentimento sconosciuto al pensiero che erano sposati e che anche quella era realtà.

Quattro rintocchi? Erano le due del mattino o le sei? No, sciocca che sono, non può essere, perchè se fossero le sei vedrei la luce dagli oblò e poi Malcolm mi ha detto che doveva tornare a terra prima di togliere l'ancora, verso la civiltà a stanare il drago, no, per incontrare una suocera che sedurrò e incanterò e che ben presto ricambierà il mio affetto e diventerà una nonna amorevole e perfetta.

Lo guardò alla fioca luce della cabina.

Malcolm dormiva sdraiato su di un fianco, il capo appoggiato nel braccio destro ripiegato, il volto senza rughe, senza preoccupazioni e respirava piano, con il corpo tiepido che sprigionava un buon odore pulito e maschio. L'altro non è mai esistito. Come sono fortunata!

Cominciò ad accarezzarlo. Lui si mosse. Allungò una mano per raggiungerla.

Ancora semiaddormentato disse: “Ciao, Angel”.

“Je t'aime.”

“Je t'aime aussi.” Con una mano lui la cercò. Lei rispose. Senza riflettere si girò verso di lei ma trattenne il respiro quando il dolore arrivò fino agli occhi e poi, quando svanì, sospirò di sollievo.

“Je t'aime, chèri” ripeté lei e si chinò per baciarlo e tra i baci gli sussurrò: “No, non muoverti, resta fermo, fermo” e con una breve risata e la voce bassa per il desiderio aggiunse: “Non ti muovere, mon amour”.

In un attimo la passione lo travolse.

Eccitato, dimentico di tutto nella sensualità divisa con lei muovendosi lentamente e poi più in fretta e poi di nuovo lentamente e poi più a fondo mentre lei lo sollecitava con voce roca e lui reagiva con forza, tutte le sue ghiandole e i muscoli e il desiderio concentrati, concentrati fino a che lei fu così vicina e ancora più vicina e lui la strinse, l'attirò a sé, fino a quando lei sentì il suo corpo annullarsi, senza peso, il mondo intorno svanire e crollò su di lui tra spasmi e gemiti accogliendolo sempre più dentro di sé, il corpo di lui teso fino all'estremo limite nel momento finale. Allora e solo allora anche lui gridò e fu senza peso mentre il suo corpo si muoveva, fino a che l'ultimo frenetico e agognato spasmo passò e venne il tempo dell'immobilità.

I loro respiri ansanti si mescolarono, insieme al sudore; i loro cuori vicini.

Dopo qualche tempo Malcolm riemerse alla coscienza. Il peso di lei addormentata sul suo petto era quello di una piuma. Lui giacque immobile, vibrante e consapevole, euforico, la tratteneva con un braccio perchè lei era la più bella e la più dolce e la più desiderabile delle mogli. Il suo respiro gli rinfrescava le guance, lento e profondo.

La mente di Malcolm era serena e il futuro sembrava chiaro, senza ombre.

Era profondamente convinto che sposandola aveva fatto la cosa giusta, era sicuro che ora avrebbe potuto metter fine al conflitto con sua madre e che insieme avrebbero sgominato i Brock, che lui avrebbe eliminato Norbert, messo fine alla vendita dell'oppio e dei cannoni e convinto Jamie a restare, e che avrebbe diretto la Struan come doveva essere diretta, come avrebbe voluto il primo tai-pan.

Fino al giorno in cui, a tempo debito, non sarebbe riuscito a portare a termine il suo dovere e a fare di nuovo della Nobil Casa la prima compagnia dell'Asia, per lasciarne poi la guida al successivo tai-pan, il loro primogenito che avrebbe chiamato Dirk e che sarebbe stato il primo di molti figli.

Per quanto tempo rimase perduto in quelle fantasticherie non lo seppe mai, ma si sentiva sicuro e sereno, colmo di gioa e in estasi, e stringendola tra le braccia l'amava, respirava con lei, più felice di quanto non fosse mai stato nella sua vita, di quanto avrebbe mai potuto essere.

Le diceva con le labbra che l'amava mentre scivolava a poco a poco nel sonno, dentro un benedetto tepore, lontano dal ricordo di quello straordinario, meraviglioso, disperante, supremo impeto di immortalità che gli aveva dato l'impressione di lacerarlo.

Capitolo 45


 

Mercoledì, 10 dicembre

 

Nell'alba grigia Jamie McFay si affrettava a lasciare il molo della Città Ubriaca.

Quando svoltò l'angolo vide Norbert e Gornt in piedi nella Terra di Nessuno, in attesa sul luogo dell'appuntamento, e notò, senza tuttavia provare alcun interesse, la piccola borsa che Gornt teneva in una mano e che certamente conteneva le due pistole sulle quali si erano accordati.

La zona, un pantano coperto di erbacce e giunchi, era desolata e deserta, fatta eccezione per i tre uomini e milioni di mosche.

McFay non aveva incontrato anima viva eccetto qualche ubriaco rannicchiato a russare nell'angolo, di una baracca o sbracato su una panchina o sulla nuda terra.

E nessuno di loro aveva visto lui.

“Scusate” esordì con il respiro corto.

Come gli altri due indossava un soprabito e il cappello per proteggersi dall'aria fredda del mattino, umida e pesante.

“Scusate se sono in ritardo, ma...”

“Dov'è il tai-pan della Dannata Casa?” domandò rude Norbert sporgendo il mento con protervia.

“Se la sta facendo addosso?”

“Vai a farti fottere” ribatté Jamie, il volto plumbeo come il cielo.

“Malcolm è morto, il tai-pan è morto.”

Vide gli altri due guardarlo con gli occhi sbarrati, increduli. “Sono appena sceso dalla nave. Ero andato a prenderlo prima dell'alba e... be'... ha trascorso la notte a bordo della Prancing Cloud. Era...” Gli mancarono le parole. Gli tornarono le lacrime agli occhi e rivisse il suo arrivo con la lancia: Strongbow sul barcarizzo, pallido e spaventato che gridava prima ancora che lui riuscisse a salire a bordo che il giovane Malcolm era morto, che aveva già mandato la lancia a prendere un dottore ma che per l'amor di Dio era proprio morto.

Poi le scale salite di corsa. Aveva scorto Angélique rannicchiata in un angolo del casseretto, avvolta nelle coperte, il primo ufficiale accanto a lei, ed era passato vicino a loro pregando che fosse soltanto un incubo, poi era sceso di sotto.

La cabina d'onore era piena di luce. Malcolm giaceva supino nella cuccetta. Aveva gli occhi chiusi e il suo volto sembrava calmo nella morte, senza preoccupazioni. Le lenzuola erano state tirate fin sul mento. Jamie era rimasto colpito nel vedere il suo giovane amico così calmo e in pace, come non l'aveva mai visto in vita.

“E' stato... è stato Chen” cominciò a dire Strongbow in preda a una grande agitazione.

“Il suo domestico Chen era venuto a svegliarlo dieci o quindici minuti fa, è stato lui che l'ha trovato, Jamie, lo ha trovato la porta si può aprire anche dall'esterno come in quasi tutte le cabine delle navi, e lui l'ha aperta, e ha visto che dormivano, o così sembrava.

La ragazza dormiva ma Malcolm no e quando l'ha scosso e si è reso conto che non dormiva è quasi morto anche lui per lo spavento ed è corso fuori a chiamarmi e a quel punto lei si è svegliata.

Era sveglia e gridava, poverina, disperata, gridava tanto da far venire la pelle d'oca, perciò l'ho portata fuori e l'ho affidata al primo ufficiale e sono tornato qui ma non c'era niente da fare, povero ragazzo, era come lo vedi adesso, l'unica differenza è che gli ho chiuso gli occhi ma guarda... guarda qui.”

Tremando Strongbow scostò le lenzuola. Malcolm era nudo e la parte inferiore del suo corpo giaceva in una pozza di sangue coagulato che ricopriva quasi tutto il materasso. “Deve... deve aver avuto un'emorragia, solo Dio sa perchè ma credo che...”

“Gesù Cristo” aveva esclamato Jamie, e accasciandosi su una sedia si era abbandonato a un'interminabile sequela di imprecazioni, incapace di accettare la realtà. Malcolm? “Che cosa diavolo faccio adesso?” si chiese disperato.

La voce di Dio riecheggiò nella cabina e gli rispose: “Lo impacchetti nel ghiaccio e lo spedisci a casa!”.

Spaventato, balzò in piedi. Strongbow lo stava fissando perplesso.

All'improvviso Jamie capì che era stato proprio lui a rispondergli perchè, senza volerlo, aveva parlato a voce alta. “E' questo tutto quello che sai dire, per Dio?” gridò.

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