Sussultò quando sentì un colpo alla porta, poi udì Rolk chiamarla per nome. Quando aprì, con l'agente c'era uno degli addetti alla sicurezza del museo.
«Avete trovato qualcuno?» domandò lei.
Rolk scosse la testa. «Maschera e mantello erano a terra, ma questo è tutto.» Esitò un istante prima di proseguire. «A parte queste.» Sollevò una mano e Kate riconobbe le sue scarpe. «Sono sue?»
Con un cenno di assenso lei le prese. Rolk continuava a guardarla. Scalza non era solo più piccola, ma sembrava anche meno imponente, meno sicura di sé.
«A quanto tempo fa risale... l'incontro?»
Kate scosse la testa. «Cinque minuti, forse dieci.»
Lo vide serrare la mascella. «Sono passato nel suo ufficio prima di venire qui. Maledizione. Se solo fossi arrivato un po' prima.»
Si voltò a guardare l'addetto alla sicurezza. «Chiuda questa porta e ci si piazzi davanti. Non deve entrare nessuno finché non arriva la Scientifica,» ordinò.
Prese Kate per il braccio e s'incamminò con lei lungo il corridoio. «La persona che ha visto,» cominciò. «È in grado di dirmi se era un uomo o una donna? Che età avesse, più o meno? Il colore degli occhi o dei capelli? Insomma, qualcosa?»
Ancora una volta lei scosse la testa. «Sembrava robusta, ma d'altra parte il mantello è molto voluminoso e io ero sdraiata per terra. Il viso poi era completamente nascosto dalla maschera. No, non posso dirle niente con sicurezza.»
«E la mano che impugnava il coltello? Sembrava di un uomo o di una donna? Giovane o vecchia?»
«Non ricordo neppure di averla vista. Ho notato solo il pugnale.»
Rolk serrò le labbra. Troppe volte aveva ascoltato quelle parole, quando lo choc rendeva impossibile alla vittima testimoniare o identificare qualcuno che pure aveva visto con chiarezza. «E le scarpe?» tentò ancora. «Ha notato le scarpe?»
«Mi dispiace,» mormorò Kate con un filo di voce.
«Oh, non si preoccupi. Capita più spesso di quanto possa immaginare. Torniamo nel suo ufficio. Non è escluso che più tardi le torni in mente qualcosa.»
Davanti all'ufficio di Kate si erano radunati Grace Mallory, Malcolm Sousi e padre Lopato; Devlin, che si teneva un po' a distanza, non appena vide Kate e Rolk, si affrettò verso di loro.
«Sono tornato appena ho ricevuto il tuo messaggio,» spiegò a Rolk. Poi si voltò verso Kate. «Credevo che l'offerta fosse nella biblioteca.»
Kate trasalì mentre ricambiava il suo sguardo; non riusciva a capire che cosa intendesse dire. «Infatti,» si limitò a rispondere.
«Allora perché l'ha portata nel suo ufficio? Non sapeva che non doveva toccarla?»
«Piantala, Paul,» interloquì Rolk. «Lei non ha mosso nulla. La prova è ancora in biblioteca. C'è una guardia davanti alla porta, in modo che nessuno possa entrare.»
Il collega lo fissò per un istante, poi tornò a guardare Kate. «Mi dispiace.» E, di nuovo rivolto a Rolk: «In questo caso siamo a quota due. Perché ne ho trovata un'altra sulla scrivania della dottoressa Silverman quando sono passato di lì, circa dieci minuti fa.»
Kate si sentiva come svuotata, le mani che le tremavano vistosamente mentre fissava senza parlare il lungo pugnale con ia lama verde posato al centro della sua scrivania, con un pezzo di carta avvolto attorno all'impugnatura e macchie color ruggine sull'orlo affilato. Non riusciva a staccare gli occhi da quelle chiazze.
Rolk si chinò sul coltello, studiandolo come un ornitologo studierebbe un uccello morto. «È stato spostato?» domandò.
«No,» rispose Devlin. «Quando sono entrato qui e l'ho visto, ho pensato che si trattasse di un'altra offerta. Soprattutto a causa delle macchie sulla lama. A me sembra sangue coagulato.»
«Credo proprio che lo sia. Ma dovremo stabilirlo con certezza.»
«L'arma del delitto?» ipotizzò Devlin.
«Molto probabilmente. E non c'era, quando sono passato di qui a cercare Kate, una mezz'ora fa,» aggiunse Rolk.
La carta avvolta intorno all'impugnatura dell'arma era fermata con un elastico. Da un astuccio di pelle che tirò fuori di tasca Rolk estrasse un temperino e un paio di pinzette. Con cautela sollevò l'elastico e lo tagliò, poi fece scivolare la carta sul ripiano della scrivania. Vi erano tracciati un disegno e un geroglifico.
«Che cosa diavolo significa?» borbottò fra i denti.
Grace Mallory, che insieme con Sousi e padre Lopato si era fermata sulla soglia, lo raggiunse in fretta e si chinò sul foglio. Rolk la sentì trattenere il fiato.
«Che cosa significa?» ripeté.
«Ho già visto questo geroglifico,» sussurrò la dottoressa. «Per quanto ricordo, è stato all'Altare dei Sacrifici, in Guatemala.» Indicò con il dito l'immagine raffigurante una donna che danzava con un serpente, vicino a un volto deforme che fissava una mano che stringeva un cuore. «La donna che danza con il serpente è la rappresentazione di quanto avviene nel mondo dei morti, l'unione con il serpente piumato. Ho visto un disegno simile su delle offerte mortuarie collocate davanti a una tomba.»
«E questo?» Rolk indicò il geroglifico.
«Nella lingua maya significa: 'Lui permette il sangue',» spiegò Grace.
«Una minaccia, quindi,» commentò Devlin.
«Non proprio,» lo contraddisse la dottoressa. «Più che altro un'offerta a qualcuno che è morto o che morirà.»
«A me sembra una minaccia bella e buona,» scattò il poliziotto.
Grace Mallory sollevò lo sguardo su Kate, lesse la paura nei suoi occhi. «Non possiamo essere certi che fosse destinato a te,» mormorò. «In fondo il tuo ufficio è il più decentrato di tutti. È probabile che chi ha lasciato questi oggetti l'abbia scelto solo perché più sicuro e più accessibile.»
«Ma proprio per questo sarebbe stato più facile per lui... o per
lei
farsi notare,» obiettò Devlin.
Grace si voltò a guardare il giovane poliziotto. Sembrava arrabbiata: non sapeva se fosse a causa delle sue parole che avevano certamente accresciuto l'inquietudine di Kate, o perché lui aveva ipotizzato che il responsabile fosse una donna.
«È possibile che il coltello venga dalla collezione del museo?» domandò a quel punto Rolk.
«Ne dubito,» ribatté seccamente Grace. «Anzi, ha tutta l'aria di essere la copia che ho prestato a Kate per la conferenza.»
«Come fa a dirlo?»
«Be', prima di tutto c'è l'affilatura. Come le ho già detto, nessuno dei nostri manufatti...
nessuno...
viene affilato. Poi l'impugnatura. È ben fatta, ma è nuova. Non posso esserne sicura, certe imitazioni sono praticamente identiche agli originali, ma credo che sia proprio così.»
«Potrebbe trattarsi della vostra arma del delitto.» Era stato Sousi a parlare e Rolk si accorse che sorrideva, come se ancora una volta quegli eventi drammatici e inaspettati lo divertissero.
«Le analisi sono in corso, lo sapremo presto,» si limitò a rispondere.
«Potrebbe anche significare che l'assassino ha deciso di piantarla,» intervenne Grace Mallory, lanciando un'occhiata rassicurante a Kate.
«Perché dice questo?» domandò Rolk.
«Ma perché ha consegnato l'arma, mi sembra chiaro.»
«Sì, è una possibilità. A meno, naturalmente, che per lui non sia un problema procurarsene altre.» Nel silenzio che seguì alle sue parole, Rolk pensò all'arma che aveva preso dalla collezione di padre Lopato, qualche ora prima. Si voltò a guardare il sacerdote, ancora in piedi sulla soglia. «Mi sorprende vederla qui, padre.»
L'altro sorrise nervosamente. «Avevo qualcosa da discutere con la dottoressa Mallory.»
«A proposito di...?»
«Dell'organizzazione di assistenza ai profughi.»
«Oh, questo mi ricorda una cosa, dottoressa Mallory. Quando ha trovato l'offerta votiva in biblioteca, la dottoressa Silverman è rimasta sorpresa nel constatare che era molto simile alla prima.» Rolk fece una pausa prima di continuare. «Questo potrebbe significare che il nostro assassino non ha le idee molto chiare riguardo al rituale. È possibile che un maya... diciamo uno dei profughi... ne ignori certe sfumature?»
Grace Mallory non esitò. «Per molti di loro non sarebbe affatto difficile confondersi; e credo che nella maggioranza siano molto male informati.» Guardò il sacerdote - un'occhiata dura, notò Rolk - poi tornò a rivolgersi a lui. «Deve tenere conto che tutto quanto riguardava il rituale e molti altri aspetti della vita degli antichi maya è sempre stato tramandato per via orale. E come capita spesso in questi casi, molto va perduto o si modifica nel tempo.»
«A parte padre Lopato, qualcuno di voi conosce i membri di questa organizzazione di assistenza ai profughi?»
Fu di nuovo Grace Mallory a rispondere, e senza esitazioni. «Uno soltanto.»
«Grace...» tentò di fermarla il sacerdote.
«Non lo faccia, padre,» lo ammonì Rolk. «A meno che non voglia beccarsi un'imputazione per avere ostacolato la giustizia.» Guardò la dottoressa. «Vada avanti.»
«Uno dei maya... un uomo di nome Juan Domingo... ha lavorato per noi nel corso di questa mostra come custode.» Questa volta lo sguardo che lanciò al sacerdote fu ancora più tagliente. «E lui non avrebbe avuto difficoltà a trovarsi al Metropolitan la sera della conferenza. C'era ancora un gran disordine, capisce. Per tutto il giorno non avevamo fatto altro che aprire e svuotare casse.»
Rolk si rivolse al religioso. «È di questo che voleva parlare con la dottoressa Mallory? Di Juan Domingo?»
«Sì,» mormorò l'altro, riluttante. Poi la sua espressione si indurì. «Questa gente ha sofferto molto. E quello che noi ci sforziamo di fare...»
«Non m'importa,» tagliò corto Rolk. «A me interessa soltanto trovare la persona che ha ucciso e che evidentemente si prepara a farlo di nuovo.» Teneva gli occhi fissi su Lopato, ma riuscì ugualmente a sentire Kate che si irrigidiva al suo fianco. «E a lei non sarà permesso intromettersi.» Si voltò verso Devlin. «Fa' venire qualche agente a tenere d'occhio la stanza fino all'arrivo della Scientifica. Poi trova questo Juan Domingo. Io accompagno la dottoressa Silverman a casa; darò un'occhiata al suo appartamento, e darò ordine che ci sia sempre un'autopattuglia all'esterno. Quando tornerò in ufficio, voglio trovarci il nostro amico maya.» Guardò Lopato. «E se lei si mette di mezzo, padre, giuro che la sbatto al fresco.»
Kate rimase accanto alla porta d'ingresso mentre Rolk controllava il suo appartamento. Quando ebbe finito, lei versò qualcosa da bere per entrambi e sedette rigida sul divano, gli occhi fissi sul bicchiere.
«Questa storia si sta trasformando in un incubo,» mormorò con voce appena percettibile. «Se il responsabile non è uno dei maya, allora deve necessariamente trattarsi di qualcuno legato al museo, o che comunque vi ha accesso, giusto?»
«O magari di una persona dotata di un senso dell'umorismo piuttosto distorto,» fu la risposta di Rolk.
Per un istante sul viso di lei si accese una luce di speranza, ma svanì subito. «Lo crede possibile?»
«Possibile, sì. Ma non possiamo rischiare. Senta, questo condominio non potrebbe essere più sicuro. Nessuno può entrare nell'atrio senza essere visto e ogni ascensore è dotato di telecamera a circuito chiuso. La sua porta d'ingresso è solida e le serrature ottime. Basterà che non apra a nessuno e non correrà alcun pericolo. Ho già informato il portiere che solo la polizia è autorizzata a salire da lei. E, come ho detto, passerò io stesso a prenderla ogni mattina per accompagnarla al museo finché questa storia non si sarà conclusa.»
«Potrebbe essere soltanto Malcolm Sousi,» mormorò Kate. Parlando, fissava le tende che coprivano la finestra del soggiorno. In quel momento, pensò lui, sembrava terribilmente fragile e delicata. «Lui è l'unico che potrebbe divertirsi a fare uno scherzo del genere.»
Non aveva udito una sola parola di quello che lui aveva detto, limitandosi ad aggrapparsi alla speranza che le aveva offerto.
«Soprattutto se c'è di mezzo una donna,» continuò Kate. «Malcolm detesta le donne. Oh, adora spacciarsi per una specie di playboy, o come diavolo si dice, ma in realtà le donne non gli piacciono affatto e mal sopporta di avere con loro rapporti professionali.»
Seduto davanti a lei, Rolk studiava l'espressione convinta dei suoi occhi. Una bella donna, quasi perfetta, non fosse stato per gli incisivi troppo spaziati. Ma chissà perché, quel difetto la rendeva ancora più attraente. «Se è così, dev'essere dura per lui. Voglio dire, lavora per la dottoressa Mallory, no?»
Kate annuì. «E lei lo tratta quasi sempre come una specie di lacchè, anche se in realtà è uno studioso di grande competenza. E naturalmente lui la odia per questo. Basta vedere come la guarda. L'odio è lì, nei suoi occhi.»
«Ma perché dovrebbe avere architettato uno scherzo così perverso nei suoi confronti solo perché non è in buoni rapporti con la dottoressa Mallory?» obiettò Rolk.
Kate esitò, poi si strinse nelle spalle. «No, non quadra, vero?» Le mani avevano ripreso a tremarle, così posò il bicchiere. «Oh, Cristo. Sono così maledettamente spaventata che mi comporto come un'idiota.» Alzò la testa, sforzandosi di sorridere. «Ma è un fatto che Sousi detesta le donne. Povero Malcolm. Probabilmente dipende da qualcosa che sua madre gli ha fatto o non gli ha fatto.» Si lasciò sfuggire una risatina nervosa. «Eccomi qui, ad accusarlo di avere commesso una cosa orribile solo per potermi sentire meglio. E accuso anche quella poveretta di sua madre! Se penso che io stessa non ho mai conosciuto la mia...» Scosse di nuovo la testa, come a voler togliere ogni peso alle parole che aveva appena pronunciato.