Gai-Jin (64 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Perché no? pensò. Cos'ha mai fatto e cosa mai farà per me la Francia?

Niente. Angélique invece, se non crolla da un momento all'altro, potrebbe rivelarsi come una di quelle donne nate cattive che manipolano la verità a loro piacimento, oppure come quelle che si sono trasformate sotto il peso dell'orrore in spietate calcolatrici. La sui serenità è troppo irreale. “Come?”

“Ho bisogno di disfarmi di questo problema, André.”

“Un aborto? Ma siete cattolica!”

“Anche voi. Ma si tratta di una questione tra me e Dio.”

“E la confessione? Dovete confessarvi. Domenica andate in chiesa e...”

“Quella è una questione tra me e un sacerdote, e poi tra me e Dio.

Prima devo disfarmi del problema.”

“E' contro la legge di Dio e quella degli uomini.”

“E' vero, tuttavia si è sempre fatto sin dai tempi del diluvio universale.” La sua voce si indurì. “E voi, André, confessate proprio tutto? Anche l'adulterio è contro la legge di Dio, mi pare. E l'omicidio, non è forse contro ogni legge?”

“Chi vi ha detto che abbia mai ucciso qualcuno?”

“Nessuno, ma è più che probabile che abbiate ucciso o causato la morte di qualcuno. Questi sono tempi violenti. André, e io ho assolutamente bisogno del vostro aiuto.”

“Rischiate la dannazione eterna.” Sì, mi sono disperata e ho pianto fiumi di lacrime, pensò Angélique cupa. Si sforzava di mantenere uno sguardo limpido nonostante l'odio che le suscitavano quell'uomo e la necessità di fidarsi di lui.

Quella mattina si era svegliata presto ed era rimasta a letto a riflettere per l'ennesima volta sul suo piano.

All'improvviso aveva capito di dover odiare tutti gli uomini: padri, mariti, fratelli, figli e preti sono la causa di tutti i nostri problemi. E i preti sono i peggiori di tutti: molti di loro sono famosi fornicatori, pervertiti, bugiardi che usano la chiesa per i loro sporchi fini, anche se è vero che qualcuno è un santo.

Li odio tutti, eccetto Malcolm.

Lui non lo odio, non ancora.

Non so se lo amo davvero, non so che cosa sia l'amore, ma lui mi piace più di qualsiasi uomo abbia mai conosciuto, e mi sembra persino di capirlo.

Quanto al resto, grazie a Dio i miei occhi si sono finalmente aperti!

Guardava André con un'espressione fiduciosa e implorante. Sono costretta ad affidarti la mia vita ma grazie a Dio adesso ti leggo nell'animo.

Malcolm e Jamie hanno ragione, ti vuoi soltanto impadronire della Struan o mandarla in rovina. Ah, doversi fidare di un uomo! Se soltanto fossi a Parigi, o a Hong Kong, là conosco decine di donne alle quali potrei rivolgermi con discrezione e ottenere l'aiuto che mi serve. Ma qui?

Dovrei rivolgermi a quelle due streghe? Impossibile! Mi odiano e sono mie nemiche.

Lasciò spuntare le prime lacrime. “Per favore, aiutatemi.”

André sospirò. “Parlerò con Babcott oggi stesso...”

“Siete matto? Non possiamo assolutamente coinvolgere Babcott.

Neppure il dottor Hoag. No, André, ho riflettuto molto attentamente, non possiamo parlarne a nessuno dei due, dobbiamo trovare qualcun altro.

Una maitresse.” Lui la fissò, la sua voce calma e la sua fermezza lo lasciavano interdetto.

“Intendete una mama-san?” balbettò.

“Chi?”

“Oh... è la donna, la donna giapponese che... che dirige i postriboli, decide i contratti per le prestazioni delle ragazze, stabilisce i prezzi, le sistema... questo genere di cose.” Angélique aggrottò la fronte.

“Non avevo pensato a una di loro. Mi hanno parlato di una casa in fondo alla strada...”

“Mio Dio! Non quella di Naughty Nelly... nella Città Ubriaca? Non ci andrei per mille luigi.”

“Ma non appartiene alla sorella della signora Fortheringill, la famosa signora Fortheringill di Hong Kong?”

“Come sapete di lei?”

“Oh mio Dio, André, credete che io sia una sciocca e bigotta inglese?” reagì Angélique.

“A Hong Kong, anche se fingono il contrario e non ne parlano mai apertamente, tutte le europee sono al corrente dell'esistenza dell'Istituto per Signorine di madame Fortheringill o del fatto che i loro uomini frequentano le case cinesi o hanno amanti orientali.

Quanta ipocrisia. Stupirebbe persino voi ascoltate quello che si dicono le signore nel segreto dei loro boudoir o più semplicemente se non ci sono uomini in giro. A Hong Kong mi hanno detto che sua sorella aveva aperto una casa qui.”

“La casa di qui è diversa, Angélique, è frequentata da marinai, ubriachi e reietti di ogni genere. Naughty Nelly non è sorella della signora Fortheringill, anche se finge di esserlo.

Probabilmente le allunga qualche soldo per poterne usare il nome.”

“Oh! Se è così, dove vanno a “distrarsi” gli uomini qui?”

“Allo Yoshiwara” rispose André.

Quella conversazione franca e senza peli sulla lingua non finiva di stupirlo.

“E voi, prediligete qualche casa? Siete in buoni rapporti con una mama-san?”

“Sì.”

“Benissimo. Andate dalla vostra mama-san questa sera stessa e fatevi dare la medicina che usano da queste parti.”

“Mio Dio, André, siate ragionevole! E' un problema serio e se non lo risolveremo io non diventerò mai la castellana della Nobil Casa e non potrò mai favorire... certi interessi.”

Capì di aver colpito nel segno e se ne compiacque.

“Andateci questa sera stessa e chiedete la medicina alla mama-san. Non a una ragazza, loro probabilmente non sanno come procurarsela. Chiedetela alla maitresse, alla mama-san.

Le direte che “la ragazza” ha un ritardo.”

“Ma non so nemmeno se una medicina del genere esista.” Angélique gli sorrise con benevolenza. “Non siate sciocco, André, ce l'hanno di sicuro, non può essere diversamente” disse mentre sistemava con gesti decisi le dita del guanto sinistro con la mano destra.

“Quando questo problema sarà risolto tutto procederà magnificamente, e mi sposerò a Natale. A proposito, ho pensato che finché non saremo sposati è meglio che io lasci l'appartamento, ora che il signor Struan si sta riprendendo. Tornerò alla Legazione oggi pomeriggio.”

“Ne siete sicura? Non vi conviene stargli accanto?”

“In condizioni normali si, mi converrebbe. Ma, convenzioni a parte, per un paio di giorni dopo aver preso la medicina sicuramente non mi sentirò granché in forma. Quando mi sarò ripresa deciderò se mi converrà tornare. So di poter contare su di voi, amico mio.” Si alzò. “Domani alla stessa ora?”

“Se non avrò trovato niente ve lo farò sapere.”

“No. Incontriamoci qui a mezzogiorno. So di poter contare su di voi.” Il suo volto si aprì nel più accattivante dei sorrisi.

Quel sorriso lo fece sussultare di piacere. Qualsiasi cosa fosse accaduta d'ora in poi, Angélique era legata a lui per sempre. “Gli ideogrammi sul lenzuolo” disse, “li ricordate?”

“Sì” rispose lei, stupita dall'apparente mancanza di logica.

“Perché?”

“Me lì potreste disegnare? Forse sono in grado di interpretarli, forse hanno un significato.”

“Erano sul copriletto, non sul lenzuolo. Scritti... con il suo sangue.” Con un profondo respiro prese la penna e la immerse nell'inchiostro.

“Ho dimenticato di raccontarvi un particolare. Quando mi sono svegliata la piccola croce che portavo al collo da quando ero bambina era sparita. L'ho cercata ovunque senza trovarla.”

“L'ha rubata?”

“Credo di sì. Ma non ha preso nient'altro. Nella stanza c'erano altri gioielli, non di grande valore ma sicuramente più preziosi della croce, e non li ha toccati.” Il pensiero di Angélique distesa sul letto, inerme, con la camicia da notte squarciata in tutta la lunghezza e il violentatore che dischiudeva il suo corpo e, forse prima, forse dopo, le strappava la catenina con la croce illuminata dalla luna divenne ossessivo, e molto eccitante.

Turbato André la scrutò da capo a piedi, ma lei si limitò ad abbassare il capo sulla scrivania e a scrivere, incurante della sua brama.

“Ecco” disse Angélique porgendogli il foglio.

André lo fissò. Il sole faceva brillare l'anello d'oro con il sigillo. Gli ideogrammi sembravano non aver alcun significato, “Mi dispiace, non significano niente, non si direbbero neppure cinesi. La scrittura cinese e quella giapponese sono identiche.”

Per un'intuizione improvvisa girò il foglio. Sussultò. “Tokaidò, ecco che cosa vogliono dire!” Sbiancò in volto. “Li avete scritti al contrario. La parola Tokaidò spiega tutto!

Voleva farlo sapere a tutto l'Insediamento. Avremmo subito capito se ci aveste raccontato l'accaduto! Ma perchè?” Sconvolta lei si portò le dita alle tempie.

“Io... non lo so. Forse... non lo so. Ma lui... lui adesso dev'essere morto, il signor Struan gli ha sparato, dev'essere sicuramente morto.” André esitò, incerto se raccontarle la verità. “Visto che ci legano tanti segreti e che sapete sicuramente come mantenerli, sono costretto a mettervi a parte di un altro.” Le raccontò dell'intervento di Hoag.

“Non è stata colpa sua, non poteva saperlo. E' ironico, entrambi i medici hanno consigliato di non parlarvene per risparmiarvi un ennesimo motivo di preoccupazione.”

“E colpa di Babcott e del suo sonnifero se ora mi trovo in questo guaio” borbottò lei con una voce che lo fece rabbrividire. “Allora quell'uomo è vivo?”

“Non lo sappiamo. Secondo Hoag non aveva molte speranze. Ma perchè quel demonio ha voluto metterci al corrente del suo delitto, Angèlique?”

“Sapete altro che io non so su questa storia tremenda?”

“No. Perché avrà voluto che tutti lo sapessero? Per lanciare una sfida?” Angélique rimase a lungo con gli occhi fissi sugli ideogrammi che aveva disegnato, immobile.

Soltanto il petto si alzava e si abbassava seguendo il ritmo regolare del cuore. Poi se ne andò senza aggiungere altro.

La porta si richiuse.

André scosse il capo e tornò a fissare il foglio.

 

Nella casetta accanto alla Legazione britannica che divideva con Babcott, Tyrer faceva esercizio di calligrafia con Hiraga, che conosceva con il nome di Nakama.

“Per favore, dimmi come si dice in giapponese: oggi, domani, dopodomani, settimana prossima, anno prossimo; e come si chiamano i giorni della settimana e i mesi dell'anno.”

“Sì, Taira-san.” Hiraga pronunciò le parole giapponesi distintamente, una a una, e osservò Tyrer mentre le trascriveva in caratteri romani.

Dopo avervi scritto accanto gli ideogrammi lo osservò ancora mentre li copiava.

“Tu bravo studente. Bene seguire sempre stesso ordine per i tratti più facile, così non dimentica.”

“Si, comincio a capire. Grazie, mi sei molto utile” rispose Tyrer.

Leggere, scrivere e studiare il giapponese lo divertiva, lo divertiva anche insegnare l'inglese a Nakama, perchè si stava dimostrando intelligente e molto veloce nell'apprendere. Si esercitò ancora un pò insieme a lui e quando fu soddisfatto concluse: “Bene. Grazie. Adesso per favore vai da Raiko-san per confermare l'appuntamento di domani”.

“Confermare”, prego?”

“Chiedere. Chiedi se l'appuntamento di domani è sicuro.”

“Ah, capisco.” Hiraga si accarezzò il mento già ispido nonostante si fosse rasato la sera prima. “Vado subito a confermare.“

“Sarò di ritorno dopo pranzo. Fatti trovare, per favore, così faremo un pò di conversazione e mi racconterai ancora del Giappone. Come si dice in giapponese?” Hiraga gli suggerì la traduzione. Tyrer la trascrisse sul quaderno degli esercizi, ormai zeppo di parole e intere frasi, e la ripetè più volte. Quando stava per congedare Hiraga improvvisamente gli chiese: “Che cosa vuol dire “ronin”?”.

Dopo averci pensato un istante Hiraga glielo spiegò nel modo più semplice possibile, evitando tuttavia di parlare degli shishi.

“Tu allora sei un ronin, un fuorilegge?”

“Hai.” Sovrappensiero, Tyrer lo ringraziò e lo lasciò andare.

Represse uno sbadiglio.

La notte prima aveva dormito male perchè era rimasto disorientato dall'inatteso rifiuto di Raiko.

Maledetta Raiko, maledetta Fujiko, pensò mettendosi il cilindro e preparandosi a percorrere High Street fino al circolo, dove avrebbe pranzato. Maledetto lo studio del giapponese e tutto il resto, mi duole la testa e non imparerò mai questa lingua così incredibilmente complicata.

“Non essere ridicolo” si disse ad alta voce. Ce la farai, con due buoni insegnanti come Nakama e André.

Questa sera ti concederai una buona cena, una bottiglia di champagne con un amico divertente e andrai a letto presto. Non maledire Fujiko, presto farai di nuovo l'amore con lei.

Oh Dio, lo spero davvero!

Era una bella giornata e la baia era punteggiata di navi. I mercanti convergevano verso il circolo. “Oh, salve, André! Sono contento di vedervi.

Volete unirvi a me per il pranzo?”

“No, grazie” rispose Poncin senza fermarsi.

“Qualcosa non va? State bene?”

“Sì, certo. Sarà per un'altra volta.”

“Domani?” Non è da André comportarsi in modo così brusco, pensò Tyrer. Accidenti, volevo chiedergli come fare per...

“Vi tengo io compagnia, Phillip, se non vi dispiace” intervenne McFay.

“Certo, Jamie. Sembrate reduce da una bella sbornia, vecchio mio.”

“Infatti. Anche voi. E' stata una bella festa, però.”

“Sì. Come sta Malcolm?”

“Non benissimo. Volevo parlarvi anche di questo.” Presero posto a un tavolo d'angolo nella sala fumosa, soffocante e gremita di mercanti.

I servitori cinesi si aggiravano con vassoi di roastbeef, sformati di pollo, zuppe di pesce, pasticci della Cornovaglia, pudding dello Yorkshire, maiale salato, curry e ciotole di riso per i patiti del cibo cinese, oltre a whisky, rum, gin, champagne, vino bianco e rosso e boccali di birra.

Non mancavano le mosche.

McFay agitò lo scacciamosche. “Volevo chiedervi di parlare con Malcolm, ovviamente senza dirgli che ve l'ho suggerito io, per convincerlo a tornare a Hong Kong al più presto.”

“Ma Jamie, sono sicuro che lo farà senza bisogno del mio parere.

Inoltre, perchè mai dovrebbe ascoltare me? Che cosa succede?”

“Sua madre. Temo che non sia più un segreto, in ogni caso non fatene parola con nessuno; mi scrive con ogni postale ordinandomi di costringerlo a tornare.

Ma non posso imporglielo perchè non mi ascolta e quando la notizia della festa del suo fidanzamento sarà arrivata a Hong Kong...” McFay alzò gli occhi al cielo. “Ayeeyah! Pioverà merda da qui fino a Edo.” Nonostante la gravità del tono di McFay, Tyrer rise. “Deve essere già successo perchè una puzza così non l'avevo mai sentita. Il giardino della Legazione è appena stato generosamente concimato.”

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